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Corsivo - Bettini e le secchiate: chi tutela i ciclisti? | Cicloweb

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Corsivo - Bettini e le secchiate: chi tutela i ciclisti?

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Ciò che è successo all'inizio della terza tappa della 41a Tirreno-Adriatico, la frazione che ha portato il plotone da Avezzano a Paglieta, che ha visto la caduta di Bettini e il ritorno alla vittoria di Freire dopo quasi un anno, non deve essere catalogato come un incidente di percorso.
Riepiloghiamo i fatti, seguendo la cronaca riportata dalla Gazzetta sabato 11 marzo, a beneficio di chi non ha seguito come si deve la vicenda e legge solo questo corsivo:
• Al ritrovo di partenza di Avezzano i direttori sportivi decidono di chiedere a Mauro Vegni, direttore di organizzazione di Rcs Sport, quali siano le condizioni del percorso intorno al Valico Forca Caruso, vetta che i ciclisti dovranno affrontare dopo 25 km: Vegni rassicura i ds, e i ds accettano le rassicurazioni. Si parte.
• Al momento dell'incolonnamento, Bettini e Di Luca - in rappresentanza della totalità del gruppo - chiedono a Vegni di spostare la partenza a Popoli, al km 64, evitando così la pioggia ed il freddo (ad Avezzano c'erano 4° C), rispettando comunque gli sportivi di Avezzano svolgendo una sorta di "parata" per 3 km. Accanto a Bettini (che parla al telefono con Amedero Colombo, presidente dell'ACCPI, ma la Gazzetta non riporta lo scambio di battute tra i due) arrivano Rebellin, Pozzato, Van Petegem e Jaksche. La "rosea" sottolinea l'atteggiamento di Basso e Petacchi: in disparte il primo, assente il secondo.
• Nel momento di stop, alla fine del giretto per Avezzano, la confusione: Piovani, ds Lampre, dice che i suoi correranno; Stanga, tm Milram, lamenta un ritardo dell'iniziativa e stabilisce l'inutilità di un atteggiamento simile; Vegni e il presidente di giuria, il francese Deschaseux, avvertono della decisione di squalificare dalla corsa chi non prenderà il via regolarmente. Poi, la doccia fredda di Parsani (immaginiamo lo stato d'animo di Bettini in quel momento): «E allora in Belgio - domanda retoricamente il ds Quick Step - annulliamo tutte le corse quando comincia a piovere? Ci ricorderemo di voi il prossimo mese, quando dovremo mandarvi lo stipendio». Inutile sottolineare la gratuità dell'ultimo "avvertimento" (le dita ci prudono e ci rimandano più alla parola "minaccia", ma vogliamo provare a pensare che anche il buon Serge fosse un po' frastornato dalla situazione).
Bettini va su tutte le furie: «(…)Siete sempre pronti a lanciarci secchiate di merda in faccia», tuona l'olimpionico Paolo contro il suo ds, sedendosi in macchina con la volontà di non partire.
• Nel plotone qualcuno si muove alla partenza, Astarloa e Freire aspettano Bettini che, amareggiatissimo, confessa: «Il ciclismo è finito qui. Non c'è più rispetto dei corridori. Siamo stanchi di essere trattati così».
• Al km 81 di corsa, tratto che i ciclisti avrebbero affrontato comunque anche partendo da Popoli, il campione di Danimarca Lars Bak cade e Bettini non può evitarlo; Paolo viene portato in ospedale.
• Bettini, in ospedale - in presenza di Parsani - dichiara: «(…)Quello che mi fa male è che il ciclismo anche stavolta ha fatto una figura di merda. L'unica arma di certe persone è la minaccia di togliere lo stipendio. A me frega poco, ma con i più deboli per forza che funziona. Anche gli organizzatori hanno girato la frittata, ma a me per il culo non mi prendono. Ci sono i soliti che per fare bella figura mandano avanti i loro gregari. Con Argentin e Moser sarebbe andata diversamente (…)».
• Freire, dopo la vittoria di tappa, si allinea a Bettini: «Come sempre, si è visto come noi corridori non contiamo niente. Eravamo tutti d'accordo per saltare la prima salita, ma alla fine non è successo niente, e ci siamo divisi. E poi guardate i direttori sportivi, non sono mai d'accordo con noi: è proprio vero che in macchina si sta sempre meglio(…). Troppi corridori non decidono nulla perché hanno pressioni fortissime di tecnici e sponsor. È il motivo per cui l'immagine del ciclismo sta scendendo sempre più giù».

Ebbene, il ciclismo - come dicono Bettini e Freire (non gli ultimi arrivati, anzi) - ha di nuovo fatto «una figura di merda», e ne siamo tutti consapevoli. Per carità, non stiamo discutendo sulla caduta di Bettini, non c'interessa stabilire se sarebbe avvenuta lo stesso o meno; le cadute, si sa, fanno parte del ciclismo, e noi che ci lamentammo per l'assenza nel 2005 della Foresta di Arenberg nella Parigi-Roubaix non vogliamo di certo cambiare bandiera in questa occasione.
No, il punto focale è un altro: è la tutela dei ciclisti.
Il punto focale è che tutto il gruppo, non per "capriccio" o per assenza di "machismo", ha posto una richiesta legittima al direttore d'organizzazione di una corsa - la Tirreno-Adriatico nella fattispecie - e questi se ne è lavato le mani, scortato dai direttori sportivi. Siamo certi che Vegni sappia fare con minuzia e passione il proprio lavoro, ma allora perché prima ha trovato un compromesso coi ciclisti (partenza a Popoli, km 64, con "parata" di 3 km all'interno di Avezzano) e poi ha "avvertito", al momento di risalire in ammiraglia per raggiungere la nuova sede di partenza, che i corridori che non fossero partiti da Avezzano sarebbero stati squalificati ed esclusi dalla corsa? Perché prendere in giro persone che svolgono una professione, seppur sportiva?
Ricordiamo che gli spostamenti di partenza, o i tagli di percorso, sono sempre avvenuti anche nel recentissimo passato, soprattutto ad inizio stagione: la scorsa Parigi-Nizza, edizione 2005, che si corre quasi in contemporanea alla Tirreno, ha subìto ben tre tagli di percorso (nella 2°, 3° e 4° tappa) che hanno evitato al gruppo rispettivamente "neve e freddo" (La Châtre - Thiers, da 191 km a 46,5 km, evitando 5 Gpm), "neve" (Thiers - Le Chambon-sur-Lignon, da 174 km a 117,5 km) e "maltempo" (Le Chambon-sur-Lignon - Montelimar, da 180 km a 104,5 km). Di neve, almeno "cadente" (se ce n'era, era presente a bordo strada), non se ne parlava sul Valico Forca Caruso, ma di maltempo proprio sì, visto che è smesso di piovere a metà discesa.
Ma per non varcare i confini d'oltralpe ed evitando di cambiare organizzatori, la stessa Rcs Sport l'anno scorso fu "protagonista" di ben due tagli di tappa: il primo - in ordine temporale - proprio nella scorsa Tirreno, quando la 3a tappa Tivoli - Torricella Sicura fu portata a 215 km dagli originari 228 km per causa "neve", mentre il secondo episodio - lo ricorderete - avvenne nella 15a tappa del Giro d'Italia, frazione che portava Savoldelli & C. da Livigno a Lissone; ebbene, in quell'occasione il primo Gpm di giornata, la Forcola di Livigno, posto dopo 12,5 km di corsa, fu annullato a causa delle avverse condizioni climatiche. La tappa, di 205 km, alla fine fu tagliata di 47 km (partenza a Madonna di Tirano, a fine discesa) per un chilometraggio finale di 158 km.
Nessuno si scandalizzò, ci pare. Perché ci saremmo dovuti scandalizzare ora? Perché l'organizzazione si è dovuta impuntare, proprio quest'anno? Ci saranno pur state determinate condizioni di sicurezza, ma proprio sicuri che non si poteva andare incontro ad una richiesta, totale, portata dal plotone, in questo caso rappresentato dal leader della corsa?
L'altro aspetto sconvolgente arriva dalle dichiarazioni di Parsani: le classiche in Belgio, caro Serge? Non le risulta, per caso, che l'Omloop Het Volk nel 2004 fu annullata proprio per le condizioni climatiche? Attenzione: noi siamo contrari a determinate manfrine derivanti dalle dichiarazioni di alcuni corridori sulla pericolosità del pavè della Roubaix, delle discese di Cipressa e Poggio ed addirittura dai rischi che si corrono in volata. Sappiamo che la neve ci ha regalato quella leggendaria tappa di Gaul sul Monte Bondone e che la pioggia sul Galibier ci ha concesso la straordinaria cavalcata di Pantani. Non ci fraintendete, per carità.
I gran premi della montagna dopo 12,5 km, o dopo 25 km, ecco... quelli ci fanno un po' sorridere già in fase di progettazione, anche se sono "denti" che ci possono stare, per carità. Tagliarli, quindi, evitarli - se si può - farne a meno, insomma, mettetela un po' come più vi piace, non ci pare un'eresia. Ad inizio tappa, si sa, non succede poi molto, e perlopiù Gpm posti dopo pochi chilometri sono spesso seguiti da tappe pianeggiati o con profili altimetrici livellati verso il basso, e quindi non sono certamente fondamentali. Ripetiamo: perché, Signor Vegni e Signor Deschaseux, incaponirsi ed intestardirsi in codesta maniera? Serviva davvero?
Tornando a Parsani, l'ultima parte delle sue dichiarazioni è assolutamente censurabile, e le parole di Bettini a riguardo sono una delle risposte più degne che si potessero formulare.
E qui si apre il capitolo dedicato ai ciclisti, infine, e alla loro tutela: abbiamo titolato così questo pezzo, e c'è un motivo. Il giorno prima di cotanto fattaccio, l'ACCPI e la CPA (Associazione Corridori Professionisti Italiani e Associazione Corridori Professionisti), nelle persone di Colombo e Moser - rispettivi presidenti - si erano affrettate nello scrivere un comunicato stampa dove si diceva «No!» alla vetrina dei test ematici effettuati senza alcuna privacy, senza condizione d'igiene e - aggiungiamo noi - senza condizione di relax (sappiamo che l'ematocrito può essere innalzato da uno stato di agitazione emotiva), avvisando l'Uci che i corridori, da mercoledì 8 marzo, non accetteranno più condizioni simili di controlli e di prelievo.
Ottimo, per carità. Bisogna iniziare a farsi sentire.
Poi, il giorno dopo, il "patatrac". Noi - e nessuno al di fuori dei due diretti interessati - non possiamo sapere cosa si sono detti Bettini ed Amedeo Colombo al telefono venerdì mattina, ma sappiamo con certezza quel che dopo è accaduto. I ciclisti - Bettini e Freire lo sottolineano più volte, e si accodano anche Rebellin, Di Luca ed Astarloa - non contano niente.
Tali associazioni (sia italiana, sia internazionale), allora, a cosa servono? E, soprattutto, a chi servono? Chi sono gli associati che tutelano? Di chi salvaguardano i diritti? E nel caso in cui tali richieste fossero illegittime (ma non lo sono), perché un plotone può decidere - caso ipotetico - di boicottare una corsa mettendosi semplicemente d'accordo al suo interno? Come dite?! In quel caso le associazioni funzionerebbero?! Ah, sì, vero... questo particolare probabilmente lo avevamo depennato dalla lista degli accadimenti possibili.
La «secchiata di merda» sul volto probabilmente era diretta verso Bettini, è vero, ma l'olezzo e il sudiciume ha investito tutto il gruppo, in particolar modo chi non ha preso posizione. E Bettini - nonostante la "prima linea" - è stato uno dei pochi ad averla evitata.
Dal basso della nostra posizione, ci sentiamo di dare un consiglio al simpatico e carismatico Paolino: crei un gruppo di dialogo e di ascolto, magari partendo dai nomi su citati (Freire, Astarloa, Di Luca, Rebellin, Van Petegem e altri), e crei uno zoccolo duro all'interno del plotone, in rappresentanza dei propri diritti e di quelli dei "più deboli". Si faccia eleggere come portavoce dei ciclisti italiani, se vuole anche internazionali insieme magari a Boonen, Zabel e Freire (tre che di carisma ne hanno da vendere), ed inizino a farsi sentire davvero.
Perché qui ci si vuol far credere che l'unico problema del ciclismo, e dello sport, rimane il doping; invece non ci si accorge che la componente maggiore dello sport - gli atleti, appunto - non è affatto tutelata e che molti dei problemi derivano dallo sfruttamento di tale situazione da parte di dirigenti avvoltoi, che spesso favoriscono questa non-tutela degli atleti. Per invertire la rotta, c'è bisogno che gli stessi atleti si attivino in tal senso.
Per invertire la rotta, c'è bisogno di persone - e personaggi, e campioni - come Paolo Bettini. Ma non solo.

P.S.: È freschissima la notizia che l'arrivo in salita a San Giacomo, sui 1105 metri dei Monti della Laga non ci sarà. Zomegnan e Vegni, in accordo con le amministrazioni locali, hanno stabilito l'impraticabilità ("neve") della salita, e si è deciso un arrivo in circuito a Torricella Sicura, 428 metri s.l.m., da cui doveva partire l'ascesa verso Imposte, tagliata anch'essa dal nuovo tracciato. Per caso, magari anche distrattamente, ci vedete qualche incoerenza col comportamento di venerdì scorso? Perché una partenza non si può modificare e un arrivo sì? «Sicurezza», ci diranno, ed avranno anche ragione. Con la stessa distrazione, però, gli stessi signori che hanno fatto questa scelta, accompagnati dai direttori sportivi, potrebbero fare ammenda su certi toni, comportamenti e decisioni. Magari ci scappa anche una bella figura.

Mario Casaldi

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