Corsivo - Perché scompaiono le corse italiane? - Il punto di Marco Grassi
Versione stampabileTutto vero quello che scrive Roberto Sardelli nel suo corsivo: gli organizzatori italiani devono muoversi, al limite consorziarsi, cercare buone vie televisive, e gli enti locali, così come la tv di stato, devono fare la loro brava parte. Non diamo la colpa di tutti i nostri guai al Pro Tour, che non è ancora neanche iniziato, e deve essere rodato. L'unico punto in discussione è probabilmente quest'ultimo: forse qualche somma si può tirare già ora sulla riforma Uci e sul circolo vizioso che ha innescato. Se nel lungo periodo, non essendo maghi, non sappiamo cosa succederà, per il momento delle distorsioni emergono chiare da subito. Il Pro Tour nasce - almeno ufficialmente - per spingere i corridori forti a scontrarsi sui terreni più prestigiosi. Per ottenere questo risultato, l'Uci ha deciso di passare per le squadre, dando ad esse il diritto-dovere di essere al via di un certo numero di gare (non stiamo neanche più tanto a questionare sul merito della scelta di queste corse, visto che da mesi è terreno di dibattito). Quel che è successo è sotto gli occhi di tutti: 19 squadre, quelle del Pro Tour, si sono rinforzate a dismisura, ingaggiando capitani su capitani, per essere in grado partecipare in maniera degna (ma con corridori diversi) ai grandi giri e alle altre corse. Le squadre medie, non potendo più contare su un gruppo di ottimi atleti, tutti passati alle Pro Tour, ne risultano gravemente depauperate. Hanno dovuto ripiegare (a parte rare eccezioni) su corridori di secondo piano, e se va avanti così sarà sempre peggio, in quanto il mercato di quest'anno non è stato di assestamento, bensì un vero e proprio inizio di una tendenza: sempre di più i corridori forti andranno nelle squadre forti: lasciamo solo il tempo, a quelli delle squadre Professional (o Continental), di capire, quest'anno, quanto è brutto essere fuori dall'eccellenza del ciclismo, non poter correre tutte le corse importanti, e fra dodici mesi ne riparliamo. A questo punto alle squadre di seconda e terza fascia non resta che sperare di tirar fuori qualche bel giovane, per attirare attenzioni e sponsor. In alternativa, è facile pensare che le aziende faranno sempre più fatica a sborsare denari per mantenere una squadra mediocre che partecipa a corse non di primo livello. Ed ecco che il discorso ricade sugli organizzatori. Le squadre Pro Tour, avendo costi di gestione molto più alti che in passato, chiedono compensi enormi per andare a partecipare a un Giro dell'Etna o a un Trofeo Pantalica o a un Giro della Provincia di Lucca. Quindi, se in passato l'organizzatore di turno si faceva forte (nel momento di andare a chiedere le sponsorizzazioni delle aziende o i patrocini degli enti locali) della presenza di un buon gruppo di corridori di rilievo, oggi non se lo può più permettere, visto che quei corridori militano tutti in team che costano troppo. E a me, titolare dell'aziendina, chi me la fa fare di sponsorizzare una corsa in cui non ci sono Cunego e Bettini, e che per questo non sarà seguita come si conviene (l'assenza di tali big allontana anche l'attenzione dei media, si sa) dalle televisioni o dai giornali? Le corse più deboli, perché meno radicate nel territorio o perché più lontane dai centri nodali del ciclismo, scompaiono da subito. Molte delle altre soffriranno una o due stagioni e poi chiuderanno i battenti anch'esse. Nel frattempo le squadre Professional o Continental, respinte dalle corse d'eccellenza, dovranno ripiegare su ciò che passa il convento. Andare a correre nell'altro emisfero? Non sempre è possibile, e francamente forse non è neanche così appetibile. Però (ecco la svolta), se si guarda il calendario di quest'anno si noterà la presenza di un grandissimo numero di gare - in Italia, in Francia, in Spagna - che fin qui erano riservate agli under 23 o agli elite non professionisti. Da quest'anno, liberi tutti, potranno esserci anche le squadre Professional o Continental. Che significa? Che i giovani, messi a confrontarsi con corridori più esperti, vinceranno con più difficoltà, e saranno forse spinti a pratiche più fosche del solito per essere alla pari dei più scafati colleghi. Bel risultato per il Pro Tour, no? Al Giro avremo un Beloki e forse un Vinokourov in più, e questo è certo un bene, ma guardate che prezzo deve pagare il ciclismo che non è di vertice: come si fa a non ritenere responsabile di ciò la riforma dell'Uci? Forse non era il caso di agire sulle squadre, quindi, ma si potevano trovare modi per incentivare direttamente i corridori a partecipare a più corse importanti possibile. Tanto l'Armstrong della situazione farà lo stesso quel che gli pare, Pro Tour o non Pro Tour. E noi, da casa, staremo sempre ad aspettare giorni migliori.




