Corsivo - Il doping uccide, l'omerta anche
Versione stampabileRicapitoliamo: quel protagonista e autore di sgradevolissima televisione che è Maurizio Costanzo, volendo continuamente dimostrare che al peggio non c'è mai fine, qualche sera fa ha mandato in onda delle immagini di Denis Zanette risalenti al 2001, nelle quali il corridore si faceva iniettare delle sostanze misteriose nel braccio e poi pagava il medico che aveva fatto l'iniezione. La sequenza era tratta da una serie di riprese effettuate con una microcamera nascosta dalla Guardia di Finanza.
La questione delle immagini rubate diffuse in tv ricade, dal punto di vista della forma, nell'ambito del personale buon gusto (se non del buon senso), e se uno il buon gusto non ce l'ha non se lo può dare (e i programmi del Nostro sono quotidianamente lì a testimoniare che "Costanzo" e "buon gusto" non possono convivere all'interno di una stessa frase). Quindi ecco che tali immagini - di una persona che disgraziatamente non c'è più - in televisione passano, con la consapevolezza che qualcuno ne sarà turbato o scioccato o disgustato. E l'obiettivo è centrato.
Detto questo, però, è bene passare al piano sostanziale della vicenda. Il legale della moglie di Zanette ha diffuso un comunicato in cui, oltre a dare l'ovvio annuncio di eventuali iniziative "a tutela della mia assistita", precisa che "Zanette è morto il 10 gennaio 2003 per cause naturali, come accertato dai periti del p.m. di Pordenone".
Del resto, aggiungiamo noi, anche il cancro ai polmoni è una causa di morte naturale, eppure più di un medico è solito ricordare che fumare non aiuta certo a prevenire la terribile malattia. Come dire: c'è una relazione tra il comportamento in vita e le cause naturali di morte di una persona? Sì, spesso.
Il ciclismo è uno sport meraviglioso, divertente, affascinante, ma è anche uno sport di struzzi. Struzzi che mettono la testa sotto la sabbia e fingono di non sapere. Avessimo sentito una voce levarsi dall'ambiente per dire che anche quando i ciclisti muoiono per cause naturali, come è successo diverse volte nel 2003, può essere che il doping abbia una responsabilità primaria. No, tutti struzzi, tutti a dire che tutto va bene, tutti a fingere di non vedere che il re è nudo.
Noialtri, invece, il partito dei realisti, diciamo cose diverse. Intanto che è impossibile che tanti cuori smettano di funzionare così, all'improvviso, in atleti giovani e controllatissimi dal punto di vista della salute: non può trattarsi sempre di coincidenze.
Poi diciamo (da anni) che il doping esiste e pervade il ciclismo, così come tutti gli altri sport, e che, non potendo batterlo (troppi interessi contrari), ci si dovrebbe limitare a seguire lo sport con occhi disincantati, prendendosi solo il divertimento del momento (fine a se stesso) e non elevando a status di idoli gli atleti. Se non altro per non ricevere, un domani, delusioni umane cocenti.
Infine, ma questo siamo proprio in pochi a dirlo, non ci illudiamo che la società in cui viviamo, la società delle scorciatoie e delle raccomandazioni, dei mezzucci e dei condoni, possa creare autonomamente gli anticorpi culturali al doping.
Però non vuol dire che questo stato dei fatti ci renda allegri e soddisfatti. E ci si stringe il cuore a pensare a quanti giovani si accostano al doping ogni giorno, rovinandosi la salute e forse la vita nell'illusione di poter raggiungere il successo sportivo. Forse qualcuno di loro, capendo che di doping, in un modo o nell'altro, per vie dirette (Tommy Simpson) o traverse (l'elenco è impossibile da stilare), si può morire, potrebbe anche cambiare idea e decidere di non drogarsi.
Ma perché questi ragazzi capiscano questa verità, ci sarebbe bisogno di più coraggio e meno omertà. Un mondo inconcepibile, vero?