Corsivo - Il doping sconfitto? È solo un illusione
Versione stampabileIl Giro d'Italia, dopo due edizioni tormentate, è vissuto senza sussulti extrasportivi, ma il doping nel Belpaese non può dirsi seriamente sconfitto. E non solo per la positività del lituano Rumsas che vive e corre da sempre in Italia. Vale la pena di ricordare brevemente la sua storia. Il corridore della Lampre per la seconda volta in meno di un anno è rimasto coinvolto in un brutto affare legato al doping. Al termine del Tour dello scorso anno, chiuso al terzo posto, sua moglie fu fermata al confine con l'Italia per un normale controllo. Mel suo bagagliaio fu trovata una vera e propria farmacia. Oltre trenta diverse sostanze dopanti. La povera Edita si fece quasi tre mesi di carcere senza che il marito andasse mai a trovarla (con ogni probabilità sarebbe stato arrestato appena passato il confine). Qualche giorno fa la notizia della positività di Raimondas per un controllo effettuato al termine della tappa di Avezzano al Giro.
Ma una rondine non fa primavera. Un solo caso recente tra i professionisti, dopo i cicloni del passato, potrebbe anche far pensare che i corridori hanno finalmente capito che non è più tempo di scherzare. Invece non è così. Nelle categorie minori il doping sembra una pratica più che mai frequente. Negli ultimi giorni ben cinque corridori under 23 sono risultati positivi, tutti all'Epo, a controlli a sorpresa. Il più famoso è Antonio Quadranti, vincitore lo scorso anno del Giro delle Regioni, la seconda corsa a tappe più importante del calendario italiano dopo il Giro.
E proprio Quadranti è recidivo. Sempre nella passata stagione, mentre era in raduno con la nazionale, fu escluso perché i suoi valori erano anomali. Il corridore si lasciò andare a parole di fuoco contro la Federazione e i controlli: aveva torto. Con lui sono risultati positivi Guido Balbis, Gabriele Barengo, Andrea Rinaldini e Cristian Tosoni. Quest'ultimo, tra l'altro, era sospeso già dallo scorso 6 giugno perché ad un controllo del Coni era risultato positivo ai metaboliti della cocaina.
Un'ultima considerazione: i controlli della Federciclismo (che sono costosi) non sono molti. Forse per questo qualcuno è indotto a "provarci". Evidentemente il fenomeno è lontano dall'essere debellato. E forse non basta la repressione.
Resta una consolazione. Se il codice recentemente concordato tra gli organismi istituzionali (Federazione, gruppi sportivi, Associazione corridori) dovesse seriamente essere applicato, non vedremo mai Under23 positivi fare il salto tra i professionisti.