Giro d'Italia 2016: Il Giro ha il suo padrone: è Steven Kruijswijk - L'olandese vola nella cronoscalata, è l'uomo da battere. Giornata no per Nibali: perde più di 2'
Versione stampabileDopo due settimane di corsa, il Giro ha finalmente un padrone. Anche se quel padrone, non è esattamente uno di quelli che ci eravamo prefigurati alla vigilia: si tratta di Steven Kruijswijk, 28enne olandese che col Giro d'Italia ha un legame forte, che questo maggio non farà altro che rinforzare. Più del tappone dolomitico di Corvara, è stata la cronoscalata Casterlotto – Alpe di Siusi a sancire la superiorità netta del Roscio di Neunen (è il paese dove Van Gogh dipinse I mangiatori di patate), secondo di tappa per un’inezia, ma nettamente superiore, soprattutto in completezza, a tutti gli altri rivali per la generale, in primis quel Vincenzo Nibali che doveva essere il principale rivale oggi, e invece ha preso una mazzata che andrà somatizzata e trasformata in energia positiva per la terza settimana.
Ma chi era Steven Kruijswijk prima del Giro 2016?
La domanda è legittima, visto che la storia recente dell’olandese non spiega una maglia rosa e un dominio così netto. Per scoprire il talento di Kruijswijk, bisogna andare indietro nei ricordi, al suo primo anno da professionista. È il 2010: la Rabobank dovrebbe presentarsi al Giro con Oscar Freire, ma un infortunio impedisce alla stella del team di presentarsi. Steven viene chiamato d’urgenza a rimpiazzarlo: non ci si aspetta molto, ma fa un’ottima terza settimana chiudendo 18esimo in classifica generale ed entrando nella fuga della tappa di Peio Terme, dove arriva terzo.
Facciamo un salto in avanti di un anno: alla Conegliano – Gardeccia del 2011, universalmente ritenuta la tappa più dura del Giro negli ultimi 10 anni. Sulla Marmolada, a 31 km dall’arrivo, è Alberto Contador in persona ad attaccare, per dare la mazzata finale ai rivali della generale, Nibali e Scarponi. Ne l'uno, ne l'altro, rispondono al suo violento attacco, ma il primo che va alla sua ruota ad agganciarsi, con molta facilità tra l’altro, è il sorprendente 24enne della Rabobank. Capirà dopo 2 km che stava facendo il passo più lungo della gamba, quel giovanotto: il Passo Fedaia è qualcosa di molto esigente. Ma nonostante fosse arrivato al limite, non affonderà e concluderà quel Giro d’Italia in ottava posizione, rivelandosi come terza punta per le corse a tappe della Rabobank assieme a Robert Gesink e Bauke Mollema; di lì a poco, il primo successo da professionista, l’arrivo in salita a Malbun del Tour de Suisse, concluso in terza piazza.
Gli anni difficili di un corridore alla scoperta di sè
Verrebbe ora da chiedersi cosa è successo nei tre anni che seguirono. Errore nella scelta degli obiettivi? Forse il Tour de France non era la corsa ideale sulla quale puntare, almeno nel 2012. Incapacità di reggere la pressione da capitano o vice? Probabile, dopotutto il ciclismo è uno sport che richiede il massimo equilibrio psicofisico, qualunque cosa che turbi preprazione e alimentazione è una rovina. Consideriamo poi che il ragazzo, avendo cominciato praticamente a 16 anni e venendo dall’Olanda, non avrà avuto molto tempo nelle categorie giovanili per scoprire i suoi limiti, pur venendo dal vivaio Rabobank che comunque gira molto il mondo coi suoi ragazzini. Fatto sta che 2012 e 2013 sono stagioni orribili, e nel 2014 sembra che la sua carriera si evolva verso quella del cacciatore di tappe e gregario di lusso, registrando un 15° posto finale al Tour e la vittoria dell’Artic Race of Norway. Qualcosa cambia nell’ultimo Giro d’Italia, ed è ancora Contador il talismano che attiva la magia: il Giro sembra comincia male, ma man mano che si corrono le diverse tappe di montagna Steven evidenzia un gran passo e rientra in classifica. L’apice è la Pinzolo-Aprica, dove al terribile contrattacco di Contador sul Mortirolo resistono solo lui e Landa, e Steven avrà l’onore di passare in testa alla celebre vetta lombarda, permettendogli di indossare per qualche giorno la maglia blu. Al termine della tappa, il Pistolero parlerà di Kruijswijk come “vincitore morale”. Il successo dell’anno scorso ha permesso al Nostro di ritrovare la consapevolezza dei propri mezzi, e ad arrivare a oggi, col Giro (la corsa che ama di più, tra l’altro), preparato a puntino con tanto di training a Tenerife, nel palmo di una mano.
Qui Nibali: mix letale di gambe legnose e nervosismo
Chi nel palmo della mano rischia di avere un pugno di mosche a fine giro è invece Vincenzo Nibali, autore di una della prova sicuramente più brutta di tutto il suo Giro, e comunque di una delle cronometro più brutte di tutta la sua carriera. Una cronometro cominciata non bene (30” presi in una parte iniziale che dovrebbe essere congeniale alle sue caratteristiche è già indicativo) e finita molto peggio; quando lo svantaggio da Kruijswijk si era stabilizzato attorno al minuto, la catena scende ed il cambio di bici è praticamente necessario per evitare di perdere altro tempo. In questo frangente si vede che la concentrazione è ormai andata; se la prende facilmente con i tifosi meno composti, togliendo più volte le mani dal manubrio. L'incidente ed il calo di concentrazione hanno permesso al passivo finale di risultare ancor più pesante, da un ipotetico 1’15-1’30” ad un complessivo 2’10” che fa parecchio male, vista la quantità di gente finita davanti. Un mix di sforzo non recuperato (d’altronde la tappa di ieri non è rimasta sulle gambe al solo Nibali) e calo di concentrazione, che per il momento è fatale per il secondo posto, e verrà preso in considerazione nel conteggio finale dei tempi a Torino.
Da martedì toccherà attaccare. Coi Movistar?
Non tutto il male vien per nuocere, però. Sappiamo bene che Nibali è il tipo di corridore che tira fuori la grinta dopo essere stato messo in ginocchio. L’abbiamo visto al Tour e al Lombardia dell’anno scorso. Ha una squadra completa con uomini anche in grandissima condizione (Scarponi ha concluso quinto oggi, salendo con la pipa in bocca: corresse per sè sarebbe da top 5 del Giro) ed ha un rivale che dopo le ultime due giornate è diventato un potenziale alleato: Alejandro Valverde e la sua Movistar (che ha come miglior uomo al momento un altro storico ex-rivale, Giovanni Visconti: forse non tutti sanno del dissidio a Poggio alla Cavalla nel 2004, quando i due rappresentavano le due più forti squadre dilettantistiche toscane, la Finauto di Scinto e la Mastromarco, e finirono alle mani al termine di una gara. Dopo 12 anni ormai quella storia è acqua passata). Se anche Andrey Amador riuscirà a recuperare dallle fatiche del weekend, i due team più forti a questo Giro potrebbero coalizzarsi per mettere in difficoltà Kruijswijk, che dal canto suo ha una squadra pressochè nulla (i soli Roglic e Battaglin potrebbero dare una qualche mano in salita), provando a farlo saltare.