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Parigi-Roubaix 2016: Tom a un passo dal tripudio, Kristoff ancora respinto - Pagelle: Sky protagonista, Vanmarcke non concretizza | Cicloweb

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Parigi-Roubaix 2016: Tom a un passo dal tripudio, Kristoff ancora respinto - Pagelle: Sky protagonista, Vanmarcke non concretizza

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Quanta grinta per Tom Boonen! Ma al belga è mancato poco per entrare nella leggenda © Bettiniphoto

Mathew Hayman - 10
Non doveva neppure correrla questa Parigi-Roubaix. Ma non perché l'australiano sia un corridore chiamato all'ultimo momento per sostituire qualche compagno di squadra acciaccato; quanto perché, a fine febbraio, si era rotto il gomito alla Omloop Het Nieuwsblad. E così, alla quindicesima (ma non ultima, poiché ha un contratto anche per il 2017) partecipazione, il decano dei partecipanti è riuscito a portarsi a casa qualcosa che era al di là di ogni sogno. Fuggitivo della seconda ora (nelle prime fasi il continuo rimescolamento ha impedito lo stabilizzarsi di una qualsivoglia azione), riesce a resistere agevolmente nei primi tratti in pavé, mantenendosi in testa anche una volta che viene raggiunto dal gruppo Boonen. Fa un po' di fatica nel settore di Camphin-en-Pévèle ma si riporta sotto prima del Carrefour de l'Arbre, nel quale si gestisce bene riuscendo a restare assieme a Boasson Hagen, Boonen e Stannard. Nell'emozionante sequenza di attacchi nel tratto finale si mantiene sornione, sparando una sola cartuccia ai meno 2.5 km, contrattaccando al tentativo di Boonen; è anche momentaneamente capace di distanziare il belga, che rientra poco prima della flame rouge. Nel giro e mezzo di velodromo tiene la prima posizione, anche quando Stannard e Vanmarcke si riaffacciano davanti; la volata, lunga e di potenza, è da sprinter di razza e non da affaticato passista dopo una giornata spesa all'arrembaggio. Un successo che cambia la vita ad un onesto ed umile gregario benvoluto in gruppo, e che porta in carniere alla Orica GreenEDGE la terza monumento, dopo le affermazioni di Simon Gerrans alla Milano-Sanremo e alla Liegi-Bastogne-Liegi.

 

Tom Boonen - 9,5
Partiamo dalla fine: ai microfoni ha dichiarato di prendersi una settimana per capire con calma se questa sia stata la sua ultima esibizione in una classica del Nord. Nel probabile caso in cui il belga dovesse ritirarsi, il ciclismo mondiale perderebbe uno dei più grandi talenti espressi in oltre cento anni di storia. Tommeke oggi è stato fantastico, sublime, perfetto fino agli ultimi 200 metri: protagonista dell'attacco orchestrato dal fido Tony Martin nel settore di Maing, il leader della Etixx-Quick Step (che chiude la campagna con il solo successo a Le Samyn, un po' pochino) si danna l'anima per cercare di sorprendere i favoriti della vigilia Cancellara e Sagan. Riuscendoci alla perfezione, aiutato certo dagli accidenti susseguitisi; ma come scrisse Machiavelli, al Principe (in senso largo, non parliamo nel caso né di Damiano Cunego né di Gianni Savio) servono virtù e fortuna, elementi oggi presenti nella gara del campione di Mol. Capace di rintuzzare quasi sempre in prima persona gli attacchi di Vanmarcke e Stannard, Boonen prova il colpo da maestro con l'accelerata alle porte di Roubaix; malauguratamente per lui, oggi ha trovato sul cammino per la leggenda Mathew Hayman, la cui giornata perfetta ha strozzato in gola l'urlo dei belgi e di buona parte del mondo ciclistico. Ma non è una vittoria in più o in meno che definisce quanto sia (stato?) importante Tom Boonen nella storia del ciclismo.

 

Ian Stannard - 7,5
Manca ancora il primo successo per il Team Sky in una classica monumento. Oggi l'armata britannica era stata perfetta nella prima metà di gara, ben rappresentata nell'azione rivelatasi poi decisiva. Qualche patatrac di troppo ha riposto giocoforza su Ian Stannard il ruolo del capitano; oggi il due volte vincitore della Omloop Het Nieuwsblad non è però parso al top della condizione soprattutto nei tratti di pavé, come dimostrato nella faticosa resistenza a Camphin-en-Pévèle e sul Carrefour de l'Arbre. Decisamente meglio nella parte successiva in asfalto; va a lui infatti il merito di aver ripreso Vanmarcke e di aver permesso al quintetto di giocarsela nel giro e mezzo di pista. In volata si deve accontentare della terza piazza ma la sua è una prova che va ben oltre la sufficienza. Buona anche la prestazione di Luke Rowe che, verosimilmente, avrebbe dovuto fungere da leader; la caduta provocata da Gianni Moscon lo ammacca ma non lo abbatte, tanto che riesce a rientrare sul gruppo di testa sacrificandosi per Stannard prima ci Camphin-en-Pévèle. Alla fine è quattordicesimo ma il futuro è tutto dalla sua parte.

 

Sep Vanmarcke - 7
Il "Paperino" del ciclismo attuale fa fede al suo soprannome, forando prima del tratto iniziale in pavé. Ma non è tutto, perché lo sgonfiamento di un copertoncino si ripresenta quando fa parte del gruppo Boonen; complice la folta presenza di uomini del Team LottoNl-Jumbo (alla fine sarà l'unica formazione a terminare la prova con tutti gli otto effettivi) rientra senza patemi e dimostra di essere il più in palla della compagnia. Sul Carrefour de l'Arbre Vanmarcke fa il diavolo a quattro e riesce a distanziare i quattro rivali, uscendo dal temibile settore con una decina di secondi di margine. Ma la sua azione non sortisce buon esito, causa il recupero propiziato da Stannard. Nella parte conclusiva appare in sofferenza ed è sempre costretto a rincorrere; la volata, nella quale si infila all'ultimo, non lo vede protagonista, costingendo a bissare il quarto posto ottenuto nel 2014 e sprecando una buona occasione di conquistare la prima classica monumento della carriera.

 

Edvald Boasson Hagen - 7
Il suo nome era relegato nelle retrovie dei favoriti, complici le precedenti prestazioni poco convincenti. Ma oggi l'ex prodigio del ciclismo internazionale ha battuto un colpo nell'Inferno del Nord, riuscendo ad essere presente nell'azione buona e mantenendosi a galla fino nel finale. A dirla tutta non è stato di gran compagnia per gli altri fuggitivi, dato che i suoi turni in testa al drappello erano scarsi e di ridotta durata, pronosticando per il possente EBH una buona riuscita allo sprint. Ma il campione nazionale si perde nelle battute finali, non riuscendo ad arrivare alla volata e accontentandosi della quinta posizione, che comunque rappresenta di gran lunga la sua migliore performance in una grande classica (nelle precedenti venti monumento disputate non era mai andato oltre alla decima piazza). Per la Dimension Data era in gara anche Mark Cavendish, pimpante nelle prime fasi e poi trentesimo al traguardo.

 

Bert De Backer - 6,5
Sulle sue spalle splendeva il dorsale numero uno, eredità dell'assente John Degenkolb; un anno fa De Backer fu gregario fondamentale per l'affermazione del tedesco e dunque, chi meglio di lui poteva ricevere tale onore? La sua è stata una prova più che positiva, capace di formare con il compagno di squadra Ramon Sinkeldam (a lui va medesimo voto) una bella coppia; il belga De Backer è anche l'unico che resiste alla progressione di Cancellara e Sagan ad Orchies e poi, assieme a Sinkeldam, si mantiene nel gruppetto Sagan dopo le vicissitudini avvenute a Mons-en-Pévèle. Alla fine saranno quindicesimo l'olandese e diciassettesimo il belga; due così ad un Degenkolb fanno e faranno molto comodo.

 

Heinrich Haussler - 6,5
Di solito lo si vede inquadrato dalle telecamere quando è a terra dopo una caduta; oggi siamo tutti contenti del contrario. "Heino" riesce finalmente a correre una gara lineare, senza imprevisti di sorta. Non riesce a restare con i migliori a Camphin-en-Pévèle ma, gestendosi, pagherà 1' dal vincitore vincendo lo sprint per la sesta piazza. Questa può e deve essere una nuova partenza per un corridore talentuoso ma troppo incostante. In casa IAM Cycling (che oggi è stata tutt'altro che la tradizionale cenerentola, visto che ha piazzato tre elementi tra i primi tredici - unica a farlo) molto bene anche il lettone Aleksejs Saramotins, ottavo e valido scudiero per Haussler. Menzione anche per il belga Oliver Naesen, tredicesimo che si migliora dopo il ventiduesimo posto del Giro delle Fiandre.

 

Imanol Erviti - 7,5
Pare che abbia chiesto all'ufficio anagrafe di cambiare le proprie generalità in Imanol Van Erviti. Semplicemente spaziale in questa ultima settimana l'esperto gregario navarro, fidata spalla di Alejandro Valverde nei grandi giri e, a tempo perso, partecipante alle prove sulle pietre. Il trentaduenne dopo anni e anni di oscuro gregariato vive due monumento da protagonista assoluto; a conti fatti, è l'unico con Vanmarcke a piazzarsi tra i primi 10 sia al Giro delle Fiandre che alla Parigi-Roubaix. Oggi Erviti coglie ancora una volta la fuga giusta e riesce a restar in testa fino ai meno 25 km dal traguardo; alla fine sarà nono, migliorando di cinquantatré posizioni il piazzamento di dodici mesi fa.

 

Peter Sagan - 6
Il campione del mondo non riesce ad aggiungersi nel club di quanti hanno tagliato per primi la linea bianca del velodromo André-Pétrieux; contro di lui giocano la estrema debolezza della squadra (con Maciej Bodnar ai box e con Oscar Gatto caduto e ritirato nella fase iniziale, nessuno lo ha sostenuto adeguatamente) e la poca attenzione nel tratto decisivo in cui è partita l'azione di Boonen e co.. Da par suo ci prova con Cancellara ad Orchies, ma è un fuoco di paglia; a Mons-en-Pévèle lo slovacco si destreggia come solo lui sa fare per evitare la caduta provocata da Cancellara. Da qui è costretto ad alzare bandiera bianca, nonostante il tentativo di inseguimento con la coppia del Team Giant-Alpecin. L'undicesimo posto, che non entrerà negli annali, lo fa andare via dalla zona d'arrivo con lo sguardo arrabbiato e con poca voglia. Ma suvvia Peter, di occasioni ne avrai tante, ora goditi un meritato periodo di riposo (anche se, accidenti, l'Amstel sarebbe proprio adatta a te...).

 

Fabian Cancellara - 5,5
Così così l'ultima esibizione di Cance nel Nord della Francia; prima si fa sorprendere, ma non è il solo, dal rivale di sempre Boonen. Poi prova il disperato rientro con Sagan ad Orchies ma il guadagno è poco. Infine, a Mons-en-Pévèle, si erge come protagonista di una scivolata sul fangoso tratto, provocando la fine dei sogni suoi, di Sagan, di Terpstra e di molti altri. La parata finale (è quarantesimo, ma è un elemento superfluo) di uno dei grandissimi da storia è bellissima, con gli applausi raccolto dai tanti spettatori a bordostrada e sulle tribune. Che non fosse proprio giornata lo si è capito con il capitombolo bis nel giro d'onore in pista, condita da una fragorosa risata. A cercare di salvare la situazione per l'elvetico nel corso della gara ci ha provato un fantastico Jasper Stuyven, capace di mantenere per un lungo tratto il medesimo ritmo di Tony Martin. In casa Trek-Segafredo è stata l'ultima recita della carriera per Yaroslav Popovych, fido gregario che oggi si è tolto la soddisfazione di entrare per primo nella Foresta di Arenberg.

 

Tony Martin - 8
Garona quella del Panzerwagen: mandato a tirare sin dal primo terzo di gara, il tedesco è l'artefice dell'attacco decisivo che, in combutta con una caduta, frantuma il plotone. Ottima la consueta serie di trenate in testa per una lunga fase di gara che permette a Boonen di andare a giocarsi il potenziale quinto successo a Roubaix. In casa Etixx-Quick Step leggero miglioramento rispetto alle altre classiche: incolpevole Niki Terpstra caduto assieme a Cancellara, ma era apparso un gradino sotto allo svizzero e a Sagan. Molto male invece Zdenek Stybar, letteralmente trasparente (sarà 110° su 119 arrivati ad oltre 18'). Assai incolore la prova di Matteo Trentin, avulso dalle dinamiche di gara.

 

Gianni Moscon - 7
Gran bel debutto sulle pietre per il neoprofessionista trentino del Team Sky che riesce a rimanere con i migliori per buona parte della gara e agendo da gregario scafato per Rowe e Stannard. A rovinare la giornata arriva una caduta da lui innescata a Mons-en-Pévèle che tira giù anche Rowe; entrambi ripartono, con Moscon sconfortato per quanto avvenuto. Ma il talento tricolore non si deve abbattere: di occasioni ne avrà a bizzeffe e la prima impressione ha lasciato tutti estremamente favorevoli. In casa Sky buona prova anche di Salvatore Puccio, prima fuggitivo (uscito per primo dalla Foresta) e poi valente gregario, ma anche lui incappato in uno scivolone pochi metri dopo quello del compagno di squadra.

 

Daniel Oss - 5
Poteva giocarsi, in contumacia di capitan Greg Van Avermaet, una chance di lusso per cogliere finalmente qualcosa di buono in una gara di livello assoluto. Ma il riccioluto trentino è sprofondato, crollando più di gambe che di testa, come ammesso nel dopotappa. La sua gara è finita anzitempo con un ritiro; ha concluso la sua fatica Taylor Phinney, ma anche per lo statunitense vale il medesimo discorso sulla completa inconsistenza di gara (sarà quarantanovesimo). Per entrambi un passo indietro in vista del futuro; i giovani Gerts e Küng sono in rampa di lancio e loro, chiamati a dare risposte, non le hanno minimamente fornite.

 

Jurgen Roelandts - 5,5
Coinvolto nella caduta avvenuta nella Foresta di Arenberg, Roelandts ha visto spegnersi le sue opportunità di outsider, lui che aveva dichiarato di puntare ad una top 5 se non al podio. Non pervenuto, ma per lui valgono le attenuanti delle botte patite al Giro delle Fiandre, il giovane Tiesj Benoot; innocuo pure André Greipel, che una settimana fa aveva ben impressionato. A salvare la baracca ci pensa chi meno ti aspetti, il gregario di lungo corso Marcel Sieberg: il lungagnone riesce a districarsi e a concludere con un ottimo settimo posto in una delle poche giornate di libertà dell'intera carriera.

 

Alexander Kristoff - 4,5
Vero, ha sempre faticato alla Roubaix. Vero, non è al top della forma. Vero, non ha una squadra irresistibile nel suo complesso (partita in 7 con l'assenza in extremis di Jacopo Guarnieri). Vero, è stato vittima prima di una foratura in un momento poco adatto e poi di una caduta in cui è incolpevole. Ma caspita, anche oggi non ha mai inciso, e per un campione come lui non è il massimo della vita. Chiude una primavera globalmente sotto la sufficienza: non gli si chiedeva di ripetere lo splendido 2015, ma di certo qualcosa in più avrebbe dovuto metterlo in campo.

 

Lars Boom - 5
Il suo nome era in grande ascesa, dopo l'ottimo Giro delle Fiandre lui che è più roubelista. Ma a metterlo fuorigioco sin da subito è lo stato di salute: fra starnuti, colpi di tosse e scatarrate varie, è difficile pedalare con i migliori e, infatti, lo si vede sempre e solo nelle parti conclusive del gruppo. Peccato, avrebbe potuto sfruttare un'Astana Pro Team sembrata competitiva nelle settimane precedenti, ma che oggi si è mostrata sonnacchiosa.

Alberto Vigonesi

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