Parigi-Roubaix 2016: Fabian e Tom, addio alle pietre - Un verdetto difficile da accettare per la loro ultima Roubaix
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Vorremmo vederli ancora, tra un anno, a battagliare, fieri e indomiti, guerrieri dalla forza straordinaria e dal talento divino. Vorremmo che le pietre che lastricano quella corsa meravigliosa e unica che da Compiègne va a Roubaix venissero toccate ancora una volta dalle ruote delle bici di Fabian Cancellara e Tom Boonen. Ingenuamente, forse anche egoisticamente, vorremmo che fossero eterni, o forse eternamente dannati a soffrire su quelle benedette e maledette pietre, per il nostro godimento, meno per il loro, perché vincere lì è certamente sublime, ma ad ogni vittoria corrispondono più sconfitte, dolorose sconfitte. E comunque quel tormento fatto di sole e polvere, pioggia e fango lascia il segno indipendentemente dall'esito finale. Vorremmo, ma sappiamo che non sarà così, perché il gladiatore svizzero ha certamente combattuto per l'ultima volta nell'arena del nord, l'idolo belga si è preso una settimana per decidere se ci sarà ancora, ma il cuore qualcosa probabilmente già gli suggerisce.
A Cancellara è andato tutto storto
Una settimana fa, al Giro delle Fiandre, Cancellara aveva pagato un unico momento di disattenzione, e quegli occhi lucidi mostrati sul podio avevano fatto capire quanto lo svizzero avesse immaginato un finale diverso, lo stesso che sicuramente immaginava per oggi, involarsi da solo su un tratto di pavè ed arrivare a braccia alzate al velodromo di Roubaix. Le cose per il capitano della Trek si erano subito messe non bene, con quella caduta che aveva tagliato in due il gruppo, lasciandolo indietro insieme ad altri favoriti della vigilia, ancora, come una settimana fa, costretto a inseguire, a cercare di limitare i danni e il distacco, confidando, forse più sperando, in un'azione che l'avrebbe fatto rientrare su coloro che erano davanti. Abbiamo visto provargli solo parte di quell'azione, la prima trenata di una serie che, chissà, magari gli avrebbe concesso di andarsela a giocare, la sua quarta Roubaix. E invece le pietre l'hanno tradito poco dopo, mandandolo a terra, mettendo fine alla storia di Fabian Cancellara al nord. Commoventi sono stati il suo inseguimento, la sua volontà di dare comunque tutto, il suo saluto al pubblico del velodromo. Con quale spirito Fabian abbia vissuto tutto questo lo sa solo lui, quello che noi sappiamo è che non lo vedremo mai più sul pavè, ed è difficile da accettare.
La commovente generosità di Tommeke
E' ancora più difficile farlo in una giornata, quella odierna, che rimarrà impressa per sempre in coloro che che amano il ciclismo anche perché ha visto il ritorno e forse l'addio dell'altro maggior interprete delle corse al nord dell'ultimo decennio, Tom Boonen. Nel giorno in cui Cancellara cade Boonen risorge, mentre lo svizzero lascia sulle pietre le sue speranza il belga vi scivola leggero. Non è il mangiapietre dei suoi migliori anni, non è quel mostro di forza e classe capace di lasciare tutti gli avversari a 60 chilometri dal traguardo e di arrivare da solo, ma è lì davanti, a lottare, a spingere, a cercare la storia, perché se arrivasse lui per primo a Roubaix sarebbero cinque le sue vittorie nella decana delle classiche, un record che mai nessuno è stato capace di raggiungere. Chi non ha tifato per Tommeke oggi? Chi non ha desiderato ardentemente che entrasse nella storia ancora di più di quanto abbia già fatto, che ottenesse quell'ultima vittoria, dopo anni, i più recenti, passati a soffrire, a ottenere piazzamenti di rincalzo, dopo quell'ultimo incidente che avrebbe potuto fargli abbandonare prematuramente il ciclismo? E invece...secondo.
Quel verdetto così difficile da accettare
ll primo dei battuti, dietro poi un nome che nessuno avrebbe immaginato alla viglia, quel Matthew Hayman già autore di prestazioni convincenti alla Roubaix, ma reduce dalla fuga del mattino, quello che del gruppetto che si è giocato la vittoria meno di tutti ci si sarebbe aspettato la conquistasse. Guardava altrove oggi il Dio del ciclismo, non a due dei suoi più fulgidi campioni. E se in qualche modo è accettabile, seppur difficile da mangiar giù, che Cancellara sia stato condannato a cadere a terra, perché le cadute sono elemento imprescindibile delle corse sul pavè, lo è molto meno la sconfitta di Boonen, il mancato compimento della storia. Certo, anche la sconfitta è ingrediente del ciclismo, ma a questa in particolare verrebbe da ribellarsi, verrebbe da rivendicare chissà quale giustizia, si vorrebbe che l'eroe non più giovane ma ancora bello e magnifico avesse oggi fatto qualcosa che mai nessuno era riuscito a fare. Non è una mancanza di rispetto nei confronti di Hayman, che la sua vittoria l'ha meritata, è un desiderio capriccioso ma comprensibile, ingiusto ma legittimo, infantile ma sincero.
Guardiamo ancora una volta il replay dell'arrivo, e ancora una volta vorremmo che Boonen superasse Hayman. Non succede mai.