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Giro delle Fiandre 2016: L'accidentata scalata del Predestinato - Sagan, prima monumento: il Mondiale punto di svolta

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Peter Sagan può finalmente alzare l'ambito trofeo del Giro delle Fiandre © Bettiniphoto

Lubomir Sagan e la consorte Helena hanno un piccolo negozio di ortofrutta a Zilina. A fine anni '80 il blocco sovietico sta conoscendo le ultime settimane di esistenza e con esso la Cecoslovacchia, paese protagonista della rivoluzione di velluto tra il novembre e il dicembre 1989. Il seguente mese di gennaio per i coniugi Sagan porta in dono un altro evento importante per il prosieguo della loro vita: dopo la nascita di Danka, Juraj e Milan, la cicogna recapita un terzo maschietto, a cui venne dato il nome di Peter.

 

Le origini del mito: fra strade sterrate e tanta Italia
Ispirato dal fratello Juraj, Peter inizia a correre in bicicletta per il Cyklistický spolok Žilina quando ha nove anni, alternando la pratica su strada a quella nella MTB. Ed è proprio nel fuoristrada che, qualche anno più tardi, si renderà protagonista di un fatto bizzarro: il giovanotto correrà una manche della Coppa di Slovacchia di MTB con una bicicletta presa in prestito... da sua sorella! Questo perché il suo abituale mezzo venne erroneamente venduto e non vi era sufficiente tempo per ottenerne uno a lui adatto: ciò nonostante, il piccolo Sagan vinse quella prova in sella ad una due ruote con freni malandati e un plateau non adatto.

Il suo nome per la prima volta varcherà i confini della natía Slovacchia nel 2007, quando vince su strada una tappa del Trofeo Karlsberg, prova di Coppa del Mondo juniores che si svolge in Germania. Nel medesimo anno arrivano la prime ribalte internazionali: è prima bronzo europeo juniores nella MTB, quindi, in inverno, ripete il piazzamento all'Europeo juniores di ciclocross, disciplina nella quale coglie l'argento iridato a Treviso. Continua la crescita nel 2008 quando è secondo nella Parigi-Roubaix juniores dietro a Andrew Fenn dopo una gara all'attacco e vince tappe alla Corsa della Pace e al Trofeo Karlsberg. Migliora anche tra le ruote grasse: diventa sia campione europeo che mondiale (prova disputata in Val di Sole).

 

Tre successi al primo anno élite: e le grandi squadre fanno la fila
Nel 2009 Peter firma con la formazione Continental slovacca Dukla Trencin Merida; la prima gara a cui prende parte vede come scenario ancora una volta l'Italia, con il Trofeo Zssdi. Giunge diciottesimo, a poco più di 1' dal vincitore, l'esperto croato Tomislav Danculovic. Lo si rivede in azione in altre corse del Nordest come il Giro del Belvedere (è nono, vittoria a Sacha Modolo) e nel Giro del Friuli Venezia Giulia: qui, su cinque tappe, conclude in due occasioni terzo e in una secondo. È a fine maggio, tornando sulle gare di casa, che riesce a portarsi a casa la prima vittoria tra gli élite: è il Gp Kooperativa, nella quale supera l'ucraino Oleksandr Sheydyk. A cavallo tra luglio ed agosto giungono altre due vittorie, nella seconda e nella quinta tappa del Mazovia Tour in Polonia.

Tre vittorie al primo anno rappresentano un ragguardevole bottino per un teenager e le sue prestazioni non possono che attirare le grandi formazioni internazionali: la prima a fiondarsi su di lui è la Quick Step, con la quale non arriva però a formalizzare un accordo. La delusione per la mancata firma è tanta, basti pensare che avanza propositi di abbandonare la strada per concentrarsi sul fuoristrada. A fare un regalo a tutti quanti ci pensa la Liquigas-Doimo: il direttore sportivo Stefano Zanatta (uno che sarà fondamentale nello sviluppo di Peter), d'accordo con i genitori del ragazzo, gli sottopone un contratto biennale con la possibilità di fare MTB con i colori della Cannondale. È la mossa giusta, che mette tutti quanti d'accordo.

 

I primi passi tra i grandi, e sono subito grandi successi
I dirigenti del team, il preparatore Paolo Slongo e lo staff medico guidato da Roberto Corsetti rimangono stupefatti: nei test questo slovacco fa segnare delle performance incredibili. L'impressione è confermata anche nel primo training camp invernale quando, con le amate bici da MTB, si produce in prestazioni mirabolanti; a rimetterci sono i mezzi, molti dei quali da buttare dopo gli sforzi che hanno dovuto subire. Peter, invece, non si fa neppure un graffio: è da qui che gli viene affibbiato il soprannome di Terminator. Il debutto nel Pro Tour arriva subito con il Tour Down Under e, all'inizio, l'impatto non è dei migliori: Peter cade rovinosamente nella seconda tappa facendosi male ad un braccio e ad una coscia.

Uno sbarbatello quasi ventenne verrebbe colpito psicologicamente da un così difficile debutto, pensando magari ad abbandonare la corsa. Ma, come forse si è intuito, questo è un tipo particolare: il giorno seguente è ottimo quarto dietro a Manuel Cardoso e due campioni scafati come Alejandro Valverde e Cadel Evans. Due giorni dopo, nella tappa regina di Willunga, è ottimo quinto dietro a Luis León Sánchez, Luke Robert e i già citati Valverde ed Evans. Dopo una capatina in Italia fra Etruschi e Laigueglia e il primo viaggetto serio sulle pietre tra Omloop Het Nieuwsblad e Kuurne-Bruxelles-Kuurne, ecco arrivare la Parigi-Nizza.

L'unico aggettivo che possa spiegare la sua prestazione nella settimana francese è strabiliante: vince ad Aurillac e Aix-en-Provence, è secondo a Limoges e a Tourrettes-sur-Loup, è quinto nel prologo, chiude sedicesimo nella generale e conquista anche la maglia verde. Giusto per ribadirlo, questo è un ragazzino di vent'anni che si permette di battere in agilità vincitori di grandi giri, di classiche monumento e di mondiali. La squadra gli fa conoscere anche l'aria che si respira alla Parigi-Roubaix prima di dirottarlo al Giro di Romandia e al Giro di California: nel primo caso vince una tappa, si piazza secondo in due e chiude undicesimo mentre oltreoceano fa doppietta di successi, con un altro secondo posto e un ottavo nella generale a guarnire il tutto. Le corse in Nord America gli piacciono, come si può vedere dal secondo posto al Gp di Montréal dietro a Robert Gesink; nel frattempo nell'estate europea è stato settimo al Gp di Plouay, secondo sotto il diluvio al Giro del Veneto (dove fa vincere il compagno di squadra Daniel Oss) e quarto al Giro di Romagna.

 

2011, arrivano le tappe alla Vuelta e il dominio in Polonia
Cinque vittorie al primo anno sono già terreno per pochi eletti. Se poi, nel secondo anno, triplichi il numero di affermazioni, ecco che si è coscienti di avere a che fare con uno che può scrivere la storia di questo sport. Quattro successi (tre tappe e la generale) arrivano dal Giro di Sardegna. Piazzamenti ma non vittorie questa volta dalla Parigi-Nizza, a cui fa seguito la prima Milano-Sanremo dove è diciasettesimo. Fa la Campagna del Nord e poi l'Amstel, ma è ancora presto per combattere in questo tipo di gare. La tarda primavera vede un affermazione al Giro di California e due al Giro di Svizzera, prima di indossare a fine giugno la maglia di campione nazionale in linea. Nell'agevole Giro di Polonia mette a segno la prima vittoria in una corsa a tappe: si impone con 6" su Daniel Martin, dopo aver staccato l'irlandese e tutti quanti gli altri a Cieszyn nella quarta tappa, a cui segue il giorno dopo la vittoria nella stazione sciistica di Zakopane.

È giunta l'ora di schierarsi al primo grande giro della carriera, la Vuelta a España: secondo con la squadra nel prologo di Benidorm, è nella frazione di Córdoba che conquista il primo successo in questo tipo di gare al termine di un fantastico attacco della Liquigas (oltre allo slovacco si muovono Valerio Agnoli, Eros Capecchi e capitan Vincenzo Nibali, con l'intrusione dell'esperto Pablo Lastras). Il giorno dopo è secondo nella volata di gruppo vinta da Marcel Kittel. Si rifà negli sprint prima a Pontevedra e poi nella frazione conclusiva di Madrid: altre due vittorie, portando così a tre il bottino nella prima corsa di settimane corsa in carriera. Negli ultimi venticinque anni, impresa impossibile per tutti quanti. E il bello che Peter non è neppure stanco: una settimana dopo vince il Gp di Prato, prima di chiudere dodicesimo al mondiale di Copenhagen.

 

Debutto (sfavillante) al Tour nel 2012, anno in cui si piazza nelle monumento
Da qui in poi la carriera di Peter prende la strada che tutti conoscono, fra copertine e vittorie una dietro l'altra nelle corse più importanti al mondo. La prima gioia dell'anno è nella seconda tappa del Giro dell'Oman; la seconda è forse una delle più belle della carriera ed è stata ottenuta a Chieti, durante la Tirreno-Adriatico, sul difficile muro che porta al centro del comune abruzzese. Alla Milano-Sanremo è quarto, alle spalle degli attaccanti Simon Gerrans, Fabian Cancellara e Vincenzo Nibali. Sale sul podio nella piazza d'onore alla Gand-Wevelgem dietro a Tom Boonen e vince due gironi dopo la ptima tappa della 3 Giorni di La Panne. Al successivo Giro delle Fiandre si schiera come uno dei favoriti e termina quinto, non avendo tenuto il ritmo del terzetto Ballan, Boonen e Pozzato sui muri finali. Sulle Ardenne sfiora il successo all'Amstel Gold Race, beffato dalla durezza del Cauberg da Enrico Gasparotto e Jelle Vanendert. Butta giù l'amarezza nel modo migliore, vincendo: cinque tappe, di quattro in fila, al Giro di California e altre quattro, fra cui il prologo dando la paga a Fabian Cancellara, al Giro di Svizzera.

Il bis al campionato nazionale anticipa il via al Tour de France, ed è subito show a Seraing: sulla côte finale va via con Cancellara (si è capito che sarà il rivale designato?) e, dopo essersi messo a ruota dell'elvetico, lo supera agevolmente allo sprint. Due giorni dopo, altro arrivo in salitella a Boulogne-sur-Mer: anche in questo caso è vittoria e spettacolo assicurato. Altri tre giorni e si va a Metz, in una frazione funestata da tantissime cadute: si giunge in volata e Peter, in versione Tourminator, fra tris davanti ad André Greipel. Tre secondi posti gli garantiscono di arrivare a Parigi con la prima maglia verde della carriera. L'Olimpiade di Londra non è felicissima, così come il Mondiale di Valkenburg. Ma in un anno con sedici vittorie si possono tranquillamente chiudere entrambi gli occhi.

 

2013 e 2014, ecco le prime semiclassiche (e qualche sconfitta indigesta)
L'anno successivo vede il cambio di nome del team, con gli americani di Cannondale a subentrare alla Liquigas come main sponsor. Non muta la fame di successi del nostro, con due tappe al Giro dell'Oman e il GP di Camaiore in Febbraio; a marzo è secondo alla Strade Bianche dietro al compagno di squadra Moreno Moser e porta a casa due vittorie ala Tirreno-Adriatico, prima a Narni e poi a Porto Sant'Elpidio, in una giornata da tregenda dove va via con Vincenzo Nibali e Joaquim Rodríguez. Alla Milano-Sanremo è l'uomo da battere: nel gruppo di sei chi si gioca la corsa subisce però la cocente delusione della rimonta da parte del sorprendente Gerald Ciolek, accontentandosi di un amarissimo secondo posto. Stesso piazzamento ad Harelbeke, ma lì Cancellara è imprendibile per tutti. Va meglio alla Gand-Wevelgem dove nel finale si avvantaggia ed arriva a braccia alzare; dopo un'altra tappa alla 3 Giorni di La Panne è l'ora del Giro delle Fiandre. Anche in questo caso è secondo, schiantato dalle accelerazioni di Cancellara. Sulle Ardenne si consola con la Freccia del Brabante vinta davanti al campione del mondo Philippe Gilbert mentre non incide a Amstel e Freccia.

La seconda parte di stagione si apre con le consuete visite in California e Svizzera, con due tappe vinte in ciascuna delle prove. Solito titolo nazionale e si ritorna al Tour: questa volta si deve accontentare di una tappa (ad Albi, con la squadra a tirare a tutta per metà gara) e della maglia verde, a cui si aggiungono quattro secondi posti e due terzi. Altro giretto al di là dell'Atlantico con quattro vittorie allo USA Pro Challenge, tre all'Alberta e la vittoria al Gp de Montréal prima di tornare in Europa per il Mondiale di Firenze, dove è sesto ma non da mai l'impressione di giocarsi la vittoria.

Nel 2014 la prima vittoria arriva, come ormai da tradizione, in Oman così come una è l'affermazione (ad Arezzo) alla Tirreno-Adriatico: in mezzo il secondo posto alla Strade Bianche dietro a Michal Kwiatkowski, coetaneo e rivale prediletto nelle categorie giovanili. Fallisce l'appuntamento con la Milano-Sanremo dove è decimo ma si riscatta subito con la vittoria ad Harelbeke; è poi terzo alla Gand-Wevelgem e vittorioso per la terza volta di fila nella prima tappa della 3 Giorni di La Panne. Buca completamente il Giro delle Fiandre dove è sedicesimo e si riscatta alla Parigi-Roubaix con un sesto posto frutto di una gara d'attacco. Una vittoria in California, una in Svizzera e il campionato nazionale portano al Tour de France dove si deve accontentare della terza maglia verde di fila: non riesce a vincere alcuna tappa, con ben quattro secondi posti che gli fanno storcere la bocca. Per preparare il Mondiale di Ponferrada si presenta alla Vuelta, dove non incide; altrettanto si può dire della gara iridata, vinta dal nemico Kwiatkowski e con lui triste e sconsolato quarantatreesimo.

 

Tinokff, Mondiale e matrimonio: un 2015 da incorniciare. E siamo ai giorni nostri
Complice la chiusura del team di Roberto Amadio, Peter accetta la corte a suon di rubli di Oleg Tinkoff che lo vuole nel suo team sotto la direzione (per poco, invero) di Bjarne Riis. Stavolta non arriva la vittoria in Oman e alla Strade Bianche scoppia nel tentativo di seguire i migliori; per il primo successo con la nuova maglia bisogna attendere la sesta tappa della Tirreno-Adriatico, quella di Porto Sant'Elpidio. Alla Milano-Sanremo è ai piedi del podio mentre va male ad Harelbeke (dove scoppia ancora una volta nel finale) e alla Gand Wevelgem; il riscatto potrebbe arrivare al Giro delle Fiandre ma si fa sorprendere dall'attacco di Alexander Kristoff e Niki Terpstra, cercando di porre rimedio sul Paterberg. Alla fine, anche qui, mastica amaro con un quarto posto. Non va bene neppure alla Parigi-Roubaix, conclusa fuori dai venti. La medicina giusta si chiama Giro di California: alle due vittorie di tappa (fra cui la cronometro) si aggiunge la classifica generale dopo una strenua resistenza nell'arrivo in salita di Mount Baldy e con l'abbuono conquistato grazie al terzo posto nell'ultima frazione.

Due vittorie anche al Giro di Svizzera e ai campionati nazionali (c'è anche la novità della prova a cronometro) prima del Tour de France: undici piazzamenti tra i primi 7, di cui cinque secondi posti, ma nessuna vittoria, se non la quarta maglia verde di fila. Dopo una lunga pausa torna alla Vuelta, dove si impone nella terza tappa; l'avvenuta spagnola termina con una brutta caduta nell'ottava tappa per colpa di una moto dell'organizzazione che lo tira giù. La preparazione al Mondiale di Richmond non è dunque delle migliori: in North Carolina, come tutti sanno, il risultato più importante arriva con un assolo di rara potenza e qualità. È una gioia che ripaga per le tante arrabbiature e le troppe delusioni dell'annata, che lo fa sbloccare definitivamente e che lo pone fra i grandi degli ultimi anni: al successo nel campo lavorativo va di pari passo anche la vita privata, con il matrimonio con l'amata Katarína Smolková celebrato a novembre.

Il 2016 con i colori dell'iride si apre con troppi piazzamenti: secondo di tappa al San Luis, secondo dietro a Greg Van Avermaet alla Omloop Het Nieuwsblad, settimo alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne, quarto alla Strade Bianche, secondo in due tappe e nella classifica della Tirreno, sempre con Van Avermaet come giustiziere. La Milano-Sanremo lo vede tagliato fuori dalla volata finale a causa della caduta davanti a lui di Fernando Gaviria; arriva anche il quinto secondo posto dell'anno ad Harelbeke con Kwiatkowski che lo uccella nel finale. Pare essere sempre lì lì per il successo ma vuoi per un motivo o vuoi per l'altro c'è qualcosa che si frappone tra lui e l'agognata gioia: la prima dell'anno alla Gand-Wevelgem, vincendo da favorito, passa sotto silenzio, arrivando in una delle giornate più nere del ciclismo recente. La seconda, quella di oggi, è una perla di cui si narrerà anche nei prossimi anni. Ne ha fatta di strada, questo giovane figlio di due verdurai.

Alberto Vigonesi

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