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Milano-Sanremo 2016: Démare colpisce al 91°, Francia al vertice - Arnaud corona l'ottimo progetto FDJ, il rivale Bouhanni quarto con rabbia

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La gioia di Arnaud Démare dopo la vittoria della Milano-Sanremo © Bettiniphoto

Australia, Belgio, Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Kazakistan, Lituania, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera. Queste le nazioni che si sono spartite (chi più, chi meno o chi con un unico giorno di gloria) le ultime novanta classiche monumento: a questo elenco manca la nazione faro della storia del ciclismo con Belgio e Italia, una nazione che può vantare tredici Milano-Sanremo, tre Giri delle Fiandre, ventotto Parigi-Roubaix, cinque Liegi-Bastogne-Liegi e undici Giri di Lombardia. Una nazione a secco dal Giro di Lombardia 1997, quando sabato 18 ottobre un fenomeno come Laurent Jalabert rovinò il sogno più grande della carriera a Paolo Lanfranchi, andandolo a precedere sul natio traguardo di Bergamo. È la Francia, signore e signori, mesdames et messieurs, che oggi torna finalmente a conquistare qualcosa di pesante con uno dei tanti esponenti della generazione nata a cavallo del 1990. Le premesse per la rinascita c'erano ma, per una cosa o per l'altra, era sempre mancato il centesimo per fare la lira. O meglio, il franco.

 

Arnaud Démare, una carriera da predestinato
Costui, tale Arnaud Démare da Beauvais, è uno che da junior già vinceva in patria e si piazzava a livello europeo (terzo a Hooglede 2009 dietro a Wackermann e Markus) e mondiale (secondo, sempre nel 2009, a Mosca dietro a Stuyven). La prima stagione tra gli under 23 con il CC Nogent-sur-Oise è di ambientamento pur contraddistinta da successi di qualità come al GP de la Ville de Pérenchies o alla Coppa delle Nazioni in Canada. Il 2011 è l'anno dell'esplosione: quindici vittorie stagionali con la perla del mondiale in linea under 23 a Copenhagen, in una doppietta da ricordare con il connazionale e amico Adrien Petit (i due sono stati compagni di squadra sia tra gli juniores che tra gli under 23). A far firmare un ricco (per un ventenne) contratto professionistico ci pensa la FDJ, una formazione che si apprestava a tornare nel World Tour nel 2012 dopo una stagione tra le Professional. E l'avvio, con la squadra diretta da Marc Madiot, è subito col botto.

Alla prima corsa tra i grandi, Arnaud Démare si permette di vincere: avviene il 10 febbraio 2012, nell'ultima tappa del Tour of Qatar. La fame di successi prosegue con il Gp Samyn di fine febbraio e con il Cholet-Pays de Loire di metà marzo. Già al primo anno debutta in una grande corsa a tappe: è il Giro d'Italia, dove coglie quattro piazzamento tra i primi 10. La quarta vittoria arriva nella seconda tappa della Route du Sud mentre sfiora la maglia tricolore, secondo dietro al compagno di squadra e rivale Nacer Bouhanni. Pur così giovane conquista la fiducia di Laurent Jalabert (toh, chi si rivede!), selezionatore della nazionale francese, che lo porta alla prova olimpica come unico velocista (ma non andrà bene). La quinta ed ultima vittoria dell'anno è alla Vattenfall Cyclassics: a neppure ventun'anni diventa il più giovane a mettere il proprio sigillo sulla corsa tedesca, portandosi così a casa il primo successo nel World Tour. Il 2013 lo vede partire con qualche patema di troppo prima di scatenarsi con cinque vittorie fra aprile (Gp de Denain) e maggio (tre tappe e generale alla 4 Jours de Dunkerque). Nel corso dei mesi estivi arrivani inoltre gioie al Tour de Suisse, alla Ride London Classic e all'Eneco Tour prima di mettere il nono ed ultimo timbro al Gp d'Isbergues. Il 2014 è l'anno dal bottino più ricco con ben quindici successi, fra cui il campionato nazionale (davanti a Bouhanni, stavolta), a cui si aggiungono una serie di belle prestazioni nella grandi classiche: è secondo alla Gand-Wevelgem, decimo alla Omloop Het Nieuwsblad e dodicesimo alla Parigi-Roubaix. A far da contraltare arriva la sua prima stagione insufficiente, il 2015: solo due le vittorie (al Giro del Belgio di maggio) e un mondiale di Richmond, dove parte come gregario di Bouhanni, senza alcun acuto.

 

Una Milano-Sanremo a rincorrere. Finalizzata con una volata regale
È un Démare partito col piede giusto quello visto nei primi tre mesi dell'anno corrente: una tappa al Giro del Mediterraneo e una alla Parigi-Nizza gli garantivano qualche chanche di ben figurare: una squadra tutta a suo supporto e la leggerezza, a differenza di tanti rivali, di non dover portare a casa un risultato di peso. Tutto fila liscio finché, quando mancano 31 km al termine, una caduta nella parte alta del gruppo lo coinvolge assieme ad uno dei grandi favoriti come Michael Matthews. Accanto a Démare pedalano sempre due uomini fondamentale per il suo mini treno, ossia Mickaël Delage (il pesce pilota) e William Bonnet: ed è proprio il trentatreenne che dà al capitano la propria ruota anteriore e lo spinge una volta rimessosi in piedi. Si tratta proprio di quel Bonnet che, nella tappa terminata a Huy al Tour de France 2015, cadde rovinosamente fratturandosi la seconda vertebra cervicale, problema che sembrava potergli impedire un ritorno in sella. Così non è stato, e siamo certi che il desiderio di vivere giornate come quella odierna sia una soddisfazione che faccia andare avanti a dispetto di infortuni così pesanti.

Inizia il lavoro di ricongiungimento, con i passisti Ignatas Konovalovas e Mathieu Ladagnous che hanno dato un importante aiuto nel far sì che avvenisse nel minor tempo possibile: e così è stato, con il ventiquattrenne rientrato sulla salita di Costarainera, anche aiutato da questo punto di vista da un gruppo che ha mantenuto un'andatura costante. A riportarlo avanti all'imbocco del Poggio ci hanno pensato i già citati Konovalovas e Ladagnous con il supporto di Kévin Réza. Nello strappo finale è stato Arthur Vichot a mostrarsi nelle prime posizioni, attento a controllare l'azione di Tony Gallopin. Bravo a salvarsi in salita, Démare si rifà sotto nella discesa e, una volta rientrati sull'Aurelia, è all'altezza dei rivali velocisti: nell'ultima curva ai meno 800 metri è in nona posizione, davanti a Swift e a ruota di Roelandts (a sua volta dietro a Bouhanni).

Quando Roelandts inizia la sua (lunga) volata ai meno 300 metri, Démare si disinteressa del belga e lo lascia andare, mantenendosi all'altezza dell'acerrimo nemico Bouhanni: è all'altezza dei meno 200 metri che inizia la sua progressione, rivaleggiando a pari velocità con lo sprinter della Cofidis, Solutions Crédits. Il quale, suo malgrado, deve fare i conti con un salto di catena ai meno 150 metri: da qui la strada per il successo di Démare è spianata e nulla possono né Roelandts, saltato ai meno 20 metri, né Swift, il cui spunto non è sufficiente per consentire il sorpasso. È un'affermazione netta, quella di Démare, quasi una bicicletta la distanza che lo separa dal primo degli sfidanti. Una vittoria che dà lustro ad un'intera carriera, ma se non hai ancora compiuto venticinque primavere non può che essere il definitivo trampolino di lancio.

 

FDJ, il lavoro paga. E non è ancora finita la crescita
Tale affermazione, la sesta in stagione, conferma ancora una volta di più come sia enormemente migliorata l'intera formazione per cui milita il velocista piccardo: la FDJ, da squadra spesso cenerentola del World Tour, ha dimostrato che, pur non avendo i grandi budget dei team più affermati, si può arrivare al successo mettendo in pratica dei semplici accorgimenti. Creando, ad esempio, una struttura di preparatori di primissima qualità, capitanata da Frédéric Grappe, docente di scienza dello sport all'Università di Besançon, che ha basato il suo lavoro su allenamenti di qualità piuttosto che mirati alla quantità. Importanti sono stati i ripetuti test in galleria del vento e il supporto di Lapierre: l'azienda fornitrice di biciclette ha raccolto la sfida ed ha sensibilmente ridotto il gap rispetto alle concorrenti, progettando un mezzo molto più redditizio per l'attività agonistica.

Questi miglioramenti sono stati facilmente visibili nelle crono della Tirreno-Adriatico: nella prova a squadre di Camaiore arrivò il terzo posto dietro alle corazzate BMC Racing Team e Etixx-Quick Step, in quella individuale di San Benedetto del Tronto Johan Le Bon fu secondo dietro a Cancellara (e davanti a Martin) mentre tre scalatori come Geniez, Reichenbach e Pinot conclusero rispettivamente sesto, diciottesimo e diciannovesimo. Il fatto di avere una rosa mediamente assai giovane (su trenta atleti, dieci hanno meno di venticinque anni) permette di lavorare sul lungo periodo e, anche per merito dello sponsor, senza necessità di fare risultati ad ogni costo. Per il team di Marc Madiot si tratta della seconda vittoria in una classica monumento dopo la Parigi-Roubaix 1997 vinta sorprendentemente da Frédéric Guesdon (ora direttore sportivo del team) nell'anno del debutto tra i professionisti del sodalizio transalpino.

 

Bouhanni manca sul più bello, conferma Gallopin. Ma la Francia è tanto altro
Ad un certo punto sembrava che fosse lui, il favorito: ma Nacer Bouhanni è mancato sul più bello, con una inopinata disavventura con il cambio, dovendosi accontentare di un quarto posto che migliora il sesto di un anno fa. Stavolta il retrogusto è ben più amaro: la vittoria poteva essere sua in una sfida testa a testa con Démare, nemico la cui rivalità è spesso andata sopra le righe nei quattro anni assieme alla FDJ. Conoscendo poi il caratterino del capitano della Cofidis, Solutions Crédits vorrà subito lavorare per migliorarsi: ma intanto, come spesso fa nei giorni in cui perde, ripenserà per tutta la sera su cosa avrebbe dovuto fare. E, sempre in base all'esperienza recente e non, sarà per qualche giorno intrattabile con compagni di squadra e amici: c'è chi reagisce alle sconfitte pensando subito alla gara seguente, lui invece diventa intrattabile, prima di tutti con sé stesso. Questo, però, è un segnale di un carattere e di una fame con pochi eguali nel ciclismo moderno. Anche per lui arriverà il giorno giusto; e non dovrebbe mancare molto.

Altro francese in mostra oggi è Tony Gallopin: il corridore della Lotto Soudal ha provato un allungo sul Poggio ma, a differenza di altre occasioni, il suo tentativo è stato sin da subito poco incisivo. Anche per lui ci saranno altre recite dove poter essere il primo della classe. Il ciclismo francese, dopo troppi anni di stanca, non ha solo Bouhanni, Démare e Gallopin come gioielli della corona: per le corse a tappe Romain Bardet e Thibaut Pinot sono già tra i migliori al mondo, così come Julian Alaphilippe lo è per le classiche vallonate. In rampa di lancio ci sono i talentini Alexis Gougeard uno che, con le sue fughe da lontano, è pronto a raccogliere l'eredità di Thomas Voeckler (e tornando più indietro, di Jacky Durand); per le salite c'è Pierre Latour, altro predestinato. Senza contare poi nomi come Warren Barguil, Bryan Coquard e il ritrovato Arthur Vichot di questi ultimi mesi. Non c'è che dire, la Nouvelle Vague del ciclismo d'Oltralpe si è ufficialmente presa il proscenio.

Alberto Vigonesi

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