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Tour 2016: Un Tour per scalatori ma senza le vere Alpi - Tourmalet, Ventoux ed uno strano disegno nell'ultima settimana | Cicloweb

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Tour 2016: Un Tour per scalatori ma senza le vere Alpi - Tourmalet, Ventoux ed uno strano disegno nell'ultima settimana

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Christian Prudhomme presenta il Tour de France 2016 © Bettiniphoto

Un Tour intrigante e aperto a molti scenari, quello 2016. Molto esterofilo, dati i tre sconfinamenti previsti fra Spagna, Andorra e Svizzera. Molto montagnoso, fra Pirenei, Alpi, Giura e il ritorno del Massiccio Centrale. Resta, rispetto al recente passato, la ridotta distanza in prove contro il tempo, in quest'occasione due con il ritorno della cronoscalata; manca la cronometro a squadre come nel 2014, anno in cui si partì dallo Yorkshire con una prova in linea. Tour quello vinto da un italiano dell'Astana, per la cronaca; ecco, tanto il Giro 2016 pare disegnato su Vincenzo Nibali quanto il Tour 2016 non può certo dispiacere a Fabio Aru. E a Chris Froome e a Nairo Quintana.

 

Partenza normanna, attenzione alle insidie del vento
Già nota la prima tre giorni di corsa da disputarsi interamente nel dipartimento della Manica: si parte dall'incantevole scenario di Mont-Saint-Michel per arrivare dopo 188 km ad un altro luogo noto e simbolico della zona, vale a dire Utah Beach, una delle spiagge teatro dello sbarco in Normandia del 6 giugno 1944 delle truppe Alleate. Anche se la tappa sarà interamente piatta non si tratterà di una sorta di passerella di benvenuto: gran parte della frazione si svolgerà lungo la costa, teatro di frequenti quanto potenti raffiche di vento. Attenzione ai ventagli quindi che potrebbero scavare un solco importante sin da subito: per informazioni chiedere a Nibali, Quintana e Valverde, il cui ricordo della giornataccia fra le dighe olandesi è ancora vivo in loro.

Se quantomeno sabato 2 luglio l'altimetria non ha dato insidie, non altrettanto si può dire per la giornata di domenica 3: si parte da Saint-Lô e si arriva dopo 182 km a Cherbourg-Octeville. Formalmente, perché la linea del traguardo è posta in cima alla côte de La Glacerie, salita di 3 km con punte al 14%. A giocarsi la tappa saranno quanti punteranno alla classifica generale con l'aggiunta di qualche uomo da prove vallonate. Il gruppo dirà au revoir alla Manica lunedì 4, con la Granville-Angers di 222 km dedicata ai velocisti, con l'arrivo posto nel centro della città. Poco da segnalare anche per la Saumur-Limoges, se non per il fatto che con i suoi 232 km sarà la tappa più lunga: l'arrivo sarà allo sprint nonostante un rettilineo conclusivo che tira leggermente all'insù.

Dopo quarantuno anni dalla vittoria di Michel Pollentier si torna ad arrivare a Le Lioran, stazione sciistica del Cantal sita sul Massiccio Centrale: da Limoges la carovana percorre i 216 km che separano partenza e arrivo, con gli ultimi 36 km particolarmente intriganti soprattutto per i fugaioli. Insidioso il Pas de Peyrol, lungo 5.4 km all'8.1% medio; da lì 13 km di discesa sino all'inizio del Col du Perthus, lungo 4.4 km al 7.9%. I successivi 6 km di discesa portano alle pendici dell'ultima ascesa di giornata, il Col de Font de Cères; quest'ultima, lunga 3.3 km e al 5.8% medio, non permette di fare una grossa selezione. Altri 2 km pressoché in falsopiano prima dell'ultimo km al 6% che porta all'arrivo. Tappa da fughe, come detto, poco significativa in chiave generale.

 

Pirenei duri, ma percorso che lascia qualche dubbio
Giovedì 7 luglio tappa per velocisti da Arpajon-sur-Cère a Montauban, 187 km senza grossi problemi. Venerdì 8 cambia lo scenario e i Pirenei si prendono il palcoscenico nella tappa da l'Isle-Jourdain a Lac de Payolle di 162 km: prima metà di giornata tranquilla fino ad Arreau dove iniziano i 12 km che portano in vetta al Col d'Aspin, salita non difficile ma costante nelle sue pendenze (6.5% medio). A decidere il vincitore di giornata non sarà tanto l'ascesa quanto la seguente fase di discesa con i 6 km insidiosi che possono creare gap fra i concorrenti. A questo punto si svolta verso il Lac de Payolle con un leggero falsopiano di 2 km che porta al traguardo. Giornata non durissima, se paragonata alle seguenti, ma che potrebbe mietere vittime, come spesso accade nella prima salita della corsa a tappe.

Sabato classico tappone pirenaico di 183 km, come testimoniano le località di partenza (Pau) e di arrivo (Bagnères-de-Luchon), con il Tourmalet da Luz-Saint-Saveur come primo, difficile impegno; discesa e poi subito la non impossibile Hourquette d'Ancizan, stavolta da un versante inedito. Scenario che si ripete con discesa e poi salita del Col de Val Louron-Azet, a cui fa seguito discesa e poi subito l'ultimo gpm di giornata, il Col de Peyresourde. Come il giorno precedente non ci sarà l'arrivo in salita, con i 15 km di discesa sino alla nota località termale. Giornata questa sì potenzialmente ardua; ma, come sempre, tocca ai corridori prendere il toro per le corna e non anestetizzare un percorso molto interessante.

E il terzo giorno il Tour andò all'estero. Fra Vielha Val d'Aran e Andorra Arcalis saranno 184 km divisi tra Spagna e Andorra con cinque gpm. Tuttavia, a bocce ferme, questa tappa appare deludente: molto buona la partenza in salita, con 13.7 km al 6.1% fino al Port de la Bonaigua, troppo esteso (quasi 30 km) il successivo tratto pianeggiante, così così la seconda salita, il Col d'El Cantò, sì lunga (19 km) ma al 5.4%. Lunga è anche la successiva discesa fino ad un altro tratto in falsopiano che porta allo sconfinamento nel Principato. Terza breve salita è la Côte de la Comella, dura con il suo 8.2% medio di pendenza. Assai interessante la presenza quasi in sequenza al Col de Beixalis, 6.4 km all'8.5% medio. Qui però altra scelta poco che risulta poco convincente: fra la fine del quarto gpm all'inizio dell'ultima salita trascorrono ben 17 km di discesa e falsopiano. Il rischio di trovarsi un gruppo ancora sostanzioso è ben presente: i 10 km finali al 7.2% medio non garantiscono potenzialmente grandi differenze, come avvenuto nel 2009. Allora il solo Contador guadagnò 21" di margine sui rivali, in un gruppo di undici atleti in cui era presente un sorprendente Tony Martin.

 

La seconda settimana con Ventoux e crono come spartiacque
Dopo un giorno di riposo, martedì 12 si riparte sempre da Andorra, nella stazione termale di Escaldes-Engordany. Si parte subito forte con il lungo e impegnativo Port d'Envalira per rientrare nell'Esagono in una frazione di 198 km che si presta alle fughe. Gli ultimi 6 km a Revel saranno terreno di caccia per i puncheur più esplosivi del gruppo. I velocisti sorridono mercoledì 13 quando si daranno battaglia nella Carcassonne-Montpellier, tradizionale tappe di trasferimento del Tour. Come tradizionale è trovare una tappa chiave per la classifica il 14 luglio: come nell'edizione 2013 è il Mont Ventoux il luogo prescelto per far vivere a tutti i francesi un giorno di festa con la loro corsa. La Montpellier-Mont Ventoux di 185 km si presenta senza grossi problemi sino a Saint-Estève quando inizieranno i 15.7 km all'8.8% che portano sino all'osservatorio del Monte calvo. Tappa disegnata per Chris Froome, che proprio su queste rampe compì il 14 luglio 2013 una delle sue azioni più sorprendenti. Il britannico ha una particolare predilezione per la festa della Bastiglia: nelle due occasioni in cui ha vinto il Tour (2013 e 2015) il keniano bianco ha vinto le tappe disputatesi in questa data. Non c'è due senza tre?

La prima cronometro del Tour, da Bourg-Saint-Andéol a La Caverne du Pont-d'Arc, arriva dopo un giorno che avrà certamente fatto danni a molti; ripartire con una cronometro di 37 km ondulata fino ad un certo punto potrà dare noie agli scalatori più puri. Giorno di gloria per gli sprinter quello di sabato 16 con la frazione da Montélimar a Villars-les-Dombes di 208 km. Particolare la tappa di domenica 17, da Bourg-en-Bresse a Culoz: corta, con i 159 km, ma con salite in serie. Il clou di giornata sono le due ascese al Grand Colombier da due versanti diversi. Al termine della seconda scalata mancano 7 km di discesa e ulteriori 8 km di pianura. Stante la tendenza del ciclismo attuale, poca previsione di grande spettacolo. La seconda settimana di corsa si chiude con lo sconfinamento in Svizzera nella tappa che parta a Moirans-en-Montagne e termina dopo 206 km a Berna: giornata per velocisti, prima del riposo nella capitale della Confederazione nell'anno in cui si festeggia il cinquecentenario del Trattato di Friburgo con cui la Svizzera iniziò la sua pace perpetua.

 

Alpi e Giura, dove il Tour si decide. Torna la cronoscalata
Probabile tappa rivelazione del Tour, quella elvetica: mercoledì 20 la Berna-Finhaut Émosson di 184 km lo spettacolo sarà riservato negli ultimi 30 km in cui si alterneranno 13 km di salita a 7 km di discesa per finire con 10 km di salita. Il Col de la Forclaz è una brutta gatta da pelare: nei 13 km al 7.9% medio pare una ascesa disegnata al computer, dato che non si scende mai sotto al 7% di pendenza e non si sale mai sopra al 9% medio. Discesa comoda e quindi inedita salita finale molto dura nella seconda metà: gli ultimi 2 km sempre sopra al 10% saranno una degna conclusione per una tappa da segnalare con il famoso circoletto rosso.

Molto interessante la tappa del giorno dopo, la Sallanches-Megève: il Tour torna ad avere una cronoscalata, prova che mancava dalle strade di Francia dal 2004 (vittoria di Armstrong nell'ascesa de L'Alpe d'Huez). Ma non si tratta di una classica gara costantemente in salita, anzi: primi 4.5 km in pianura fino a Domancy dove inizia un'ascesa di 2.5 km al 9.4% medio. Un km di falsopiano e poi 7 km di salita non dura. Per finire 2.5 km di discesa sino al traguardo, in una tappa di 17 km difficile da decifrare anche per i corridori stessi.

La ultima due giorni di salita si apre venerdì 22 con l'Albertville-Saint Gervais Mont Blanc. Quattro gpm distanti fra loro: la salita conclusiva di 9.8 km all'8% medio parte subito in modo arduo, con pendenze che per un breve tratto superano il 13%. Parte centrale di respiro che fa il preludio ad una parte finale che torna dura. Sabato 23 la Megève-Morzine presenta la stessa distanza del giorno precedente e ha il medesimo numero di gpm: nell'ordine verranno affrontati Col des Aravis, Col de la Colombière, Col de la Ramaz e Col de Joux Plane prima dell'insidiosa discesa finale fino a Morzine. Non si tratta delle mitiche salite alpine come Galibier, Izoard, Alpe d'Huez e via dicendo ma messe in serie le quattro che verranno affrontate possono dare l'ultima occasione per recuperare il terreno dalla maglia gialla.

Trasferimento rapido nella regione parigina per la passerella conclusiva, da Chantilly fino al tradizionale circuito sugli Champs-Élysées con 113 km di sgambata o poco più. Percorso non semplice quello del Tour numero 103, ma neppure insormontabile per chi abbia sogni di gloria. Forse un po' troppo affaticante per chi ha in mente di puntare all'oro olimpico di Rio de Janeiro al termine di un percorso molto duro, simile a una frazione di alta montagna. Interessante la "non" cronoscalata, un po' sacrificati come al Giro 2016 gli specialisti delle prove vallonate (per loro un anno da incubo, fra un'Olimpiade troppo dura e un Mondiale piatto).

Spazio alle statistiche ora: nove tappe pianeggianti, nove di montagna di cui quattro (Andorra, Ventoux, Finhaut-Emosson e Saint-Gervais in salita), una tappa accidentata e due cronometro individuali per un totale di 3519 km. Come l'anno scorso prima verranno affrontati i Pirenei e poi le Alpi, cambiando una ormai tradizionale alternanza fra le due catene montuose. Come quest'anno gli abbuoni sono di 10, 6 e 4 secondi ai primi tre di ogni tappa in linea. Due milioni e duecentomila euro il montepremi totali, 450 mila euro la cifra spettante al vincitore della classifica generale. Che potrà essere ancora Chris Froome, o il canto del cigno di Alberto Contador o la prima volta di Fabio Aru, Nairo Quintana o quant'altri.

Alberto Vigonesi

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