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Vuelta a España 2015: Aru, il sorriso sconfinato di un campioncino - Fabio all'attacco, demolisce gli avversari e va in roja. Crisi Froome, débâcle Quintana. Ma Dumoulin...

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Fabio Aru è il nuovo leader della Vuelta 2015 © Bettiniphoto

25 anni, reduce dal secondo posto al Giro d'Italia dopo essere stato terzo nel 2014; struttura da scalatore, grinta da guerrigliero, testa da grande tessitore: Fabio Aru è il leader della Vuelta a España 2015 dopo la più dura delle frazioni, 138 km in cui erano concentrati 5000 metri di dislivello, e su salite su cui era lecito aspettarsi imprese dai vari Froome e Quintana, e che invece hanno finito per sorridere al sardo dell'Astana, in una giornata completata - per il team kazako - dal successo di tappa di Mikel Landa.

Aru ha vinto la sfida coi rivali di classifica grazie a una determinazione senza pari, a una freschezza figlia del fatto di aver avuto il tempo di staccare dopo il Giro (cosa che invece i reduci dal Tour non hanno potuto fare), a una condizione fisica che è addirittura migliore di quella palesata nella corsa rosa (il cui avvicinamento non fu esente da intoppi - vedi alla voce virus intestinale). Se già l'anno scorso Fabio aveva dimostrato in Spagna di non patire alcun timore reverenziale rispetto a corridori abituati a frequentare i podi della Grande Boucle, oggi conferma di essere un serio candidato a entrare nel club dei vincitori di GT. E la consapevolezza di sé, dopo la giornata di oggi, non potrà che crescere e mettergli ulteriormente le ali ai piedi: gli avversari proveranno a non dargli tregua (ci sarà di mezzo pure una crono un po' indigesta per l'italiano), ma sanno già che sarà tutt'altro che facile mettere in difficoltà il giovanotto issatosi oggi in vetta alla Vuelta.

 

La giornata disastrosa di Froome
Tra quelli che già sanno di non poter opporre più nulla ad Aru, c'è Chris Froome. La giornata è cominciata malissimo per l'anglokenyano, che dopo pochi chilometri ha incocciato in uno spartitraffico, in salita, tutto solo, è andato per terra e si è fatto male. Tra nervosismo, bestemmie (rigorosamente nella lingua di Dante: il ragazzo per un periodo ha vissuto in Toscana dove si è fatto una cultura in merito) all'indirizzo della motoriprese, un inseguimento su e giù per la Collada de Beixalis (prima delle sei scalate della tappa), solo al km 20 il capitano della Sky (ottavo della generale a 1'18" da Tom Dumoulin) si è ricongiunto col gruppo, tirato sin dall'inizio dall'Astana.

Dopo il Coll d'Ordino, secondo Gpm in programma, è passata a tirare proprio la squadra di Froome, abbassando il ritmo rispetto ai kazaki e permettendo così alla fuga in atto di prendere un discreto margine. Con questo stato di cose è passato in cavalleria anche il terzo colle di giornata, la Rabassa (Gpm a 66 km dalla fine), senza che tra i big si muovesse foglia. L'andatura andava bene a Froome che intanto continuava a fare l'inventario di ossa e muscoli indolenziti. Ma era chiaro che la passeggiata del plotone non avrebbe potuto continuare a lungo in quel modo. E qualcuno pronto a raccogliere le redini della gara dalle ruote degli Sky c'era: era l'Astana.

 

Sulla Gallina Chris salta come un pulcino bagnato
A metà della quarta scalata della frazione andorrana, la Collada de la Gallina (la più dura delle 6), il cambio di marcia è stato imposto da Dario Cataldo. E non appena l'abruzzese si è messo a tirare il gruppo, a 45 km dalla conclusione, Froome (imitato da Samuel Sánchez) è andato letteralmente a gambe all'aria. Il britannico ha dato da subito l'impressione di non riuscire quasi a proseguire, e di essere sul punto di ritirarsi (anche se poi avrebbe concluso la tappa, a 8'41" dal vincitore Mikel Landa, e a 7'19" da Fabio Aru).

L'inesorabile progressione di Cataldo fino alla vetta della Gallina ha comunque mietuto vittime a iosa, tanto che in cima (ai -40) non rimanevano che 18 uomini nel drappello dei migliori. Tra di essi, faceva sensazione la presenza di un Tom Dumoulin mai realmente in difficoltà, e decisamente pronto a difendere coi denti la sua maglia rossa. L'olandese ha però commesso un errore da ragazzino subito dopo il Gpm, attardandosi a indossare la mantellina (nel frattempo aveva iniziato a piovigginare e occorreva ripararsi), e ritrovandosi così qualche metro indietro rispetto a dove avrebbe dovuto essere: fatto che non ha mancato di causargli alcuni guai.

 

Attacchi e inseguimenti in discesa
Sulla discesa della Gallina i corridori di casa (Alejandro Valverde e soprattutto Joaquim Rodríguez), che ne conoscevano bene i trabocchetti, hanno allungato rispetto agli altri uomini di classifica. Dumoulin, nel frangente, si è ritrovato intruppato alla ruota di Domenico Pozzovivo, certo non il miglior apripista per quel tipo di percorso, e ha perso ancor più terreno di quanto non ne abbiano perso Fabio Aru, Nairo Quintana, Rafal Majka, Esteban Chaves, Gianluca Brambilla, sui quali a fine discesa Valverde e Rodríguez avevano guadagnato mezzo minuto.

I due rivalissimi del ciclismo spagnolo nell'occasione si erano giovati dell'aiuto di Dani Moreno (rimasto sempre al fianco del suo capitano) e Alberto Losada (trovato strada facendo: si era staccato dalla fuga della prima ora) per quanto riguarda casa Katusha, e di Imanol Erviti (altro ex fuggitivo) per quel che concerne la Movistar; ma anche dietro i vari luogotenenti dei big si erano organizzati, sicché un superlativo Cataldo ha aiutato Aru (e quelli che erano con lui) a rifarsi sotto: nel momento in cui, ai -24, questo drappello si è riportato su Valverde e Purito, il gruppo Dumoulin-Pozzovivo (con Nieve, Dombrowski e Meintjes tra gli altri) pagava ancora 40". Il fondovalle e i primi facili chilometri dell'Alto de la Comella (quinta salita di giornata) sono però stati amici della maglia rossa, che ai -20 ha chiuso il gap, certo spendendo più del lecito. Superata di slancio - e nuovamente tutti insieme tranne Froome - la Comella, i big si sono presentati ai piedi dell'ascesa finale, verso Cortals d'Encamp, laddove tutto si sarebbe deciso.

 

Fabio Aru all'assalto della Vuelta
I 9 km della salita conclusiva, alternando tratti durissimi a leggere spianate, si presentavano come location ideale per attacchi e contrattacchi. A dar fuoco alle polveri ci ha pensato Fabio Aru, che ha finalizzato a 8.5 km dalla vetta una lunga trenata del suo compagno Luis León Sánchez. L'azione del sardo ha subito separato il grano dal loglio: JRO e un formidabile Moreno si sono accodati al capitano dell'Astana, così come Majka e la coppia Movistar formata da Quintana e Valverde. Ma alla seconda rasoiata di Aru, poco dopo, solo i due Katusha hanno resistito, mettendosi poi a fare la loro parte per distanziare il più possibile gli altri.

Aru però ne aveva decisamente di più: a poco meno di 6 km dal traguardo è ripartito fortissimo, e stavolta ha davvero fatto il vuoto. Rodríguez ha lasciato che fosse il fido Moreno a tirare per la maggior parte del tempo per inseguire l'italiano, ma la differenza di falcata tra l'uno e gli altri era visibile a occhio nudo.

Intanto alle spalle di questo terzetto si consumava la tragedia movistariana: Quintana, partito - pare - con qualche linea di febbre, non era il miglior Nairo della storia; dapprima è rimasto con Valverde, Majka e Nieve, poi il polacco della Tinkoff si è a sua volta involato col superstite Sky, ed è sembrato di rivedere un film già visto al Tour, con Quintana bloccato nelle sue ambizioni per non lasciare Valverde in balia della difficoltà. Da dietro però rinvenivano Dumoulin (che aveva patito il cambio di ritmo ma esibiva un'eccellente capacità di gestione delle proprie forze) e Chaves (al contempo, a Pozzovivo si spegneva definitivamente la luce), e allora a 7 km dalla vetta Nairo ha rotto gli indugi, ha abbandonato a se stesso Valverde e si è riportato su Majka e Nieve.

Ha però chiesto troppo a se stesso, lo sciamano inca, e dopo non troppe pedalate si è nuovamente staccato da Majka e Nieve, è stato quindi raggiunto da Valverde-Dumoulin-Chaves e ha perso pure le ruote di questo trenino di salvaguardia. Giornata nera, Nairo.

 

Débâcle Quintana, Dumoulin fa paura

Mentre Aru continuava a ballonzolare sghembo (com'è il suo stile) e a guadagnare secondi su secondi su tutti i rivali, Dumoulin saliva regolare e finiva per mettere in croce Valverde, che ha dovuto dar fondo a tutto il bagaglio di esperienza per non saltare per aria pure lui.

Aru avrebbe avuto grosso giovamento se Landa (rimasto solo al comando della corsa) si fosse fermato per aspettarlo, in cambio della garanzia del successo di tappa? Sì, forse, magari un paio di decine di secondi in più le avrebbe conquistate; ma il risultato è giunto ugualmente, e bello grosso: all'arrivo Fabio ha chiuso al secondo posto a 1'22" dal riottoso compagno, ma quel che qui conta è misurare i distacchi che ha inflitto al resto della Vuelta: 35" a Moreno, 37" a Rodríguez, 48" a Majka e Nieve, 1'37" a Chaves e Dumoulin, 1'42" a Valverde, 1'57" a Meintjes e Quintana, 4'03" a Brambilla, 4'34" a Pozzovivo, addirittura 7'19" a Froome.

In classifica Aru era quinto a 1'13" da Dumoulin (e a 16" da JRO), e ora è primo: seconda maglia di leader di un GT dopo quella (sin troppo transitoria) conquistata al Giro alla vigilia del Mortirolo. La generale è tutto meno che cristallizzata, ma guidarla è una grande soddisfazione per il campioncino di Villacidro. Rodríguez è secondo a 27", un Dumoulin comunque stratosferico anziché pagare salato il conto del tappone andorrano salva la terza posizione a 30" dalla nuova maglia roja. Majka è quarto a 1'28" (ma chissà se Tinkov lo lascerà in gara o se davvero - come twittato dai mari della Grecia - ritirerà la squadra in seguito all'ennesimo ko di un suo corridore - Paulinho dopo Sagan qualche giorno fa - a causa di una moto al seguito della carovana); Chaves è quinto a 1'29", Valverde sesto a 1'52" davanti a Moreno (1'54"), Nieve (1'58"), Quintana (ben 3'07") e Meintjes (onorevole decimo a 4'15"); Pozzovivo è uscito dalla top ten, ora è 11esimo a 5'19", mentre un buon Brambilla sale al 13esimo posto a 6'42".

Siamo appena a metà Vuelta, rimangono 10 tappe ma Aru oggi ha dimostrato di avere tutte le carte in regola per continuare a fare la voce grossa. Ora dovrà gestire, se possibile aumentare il margine sugli avversari, ma ha davanti a sé molti arrivi che potrebbero sorridergli. Dipenderà da lui.

Marco Grassi

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