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Tour de France 2015: Rodríguez scala il Muro, Froome la classifica - A Huy vittoria per Purito, Chris è già in giallo; Nibali si difende meglio di Contador, Pinot vede le streghe | Cicloweb

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Tour de France 2015: Rodríguez scala il Muro, Froome la classifica - A Huy vittoria per Purito, Chris è già in giallo; Nibali si difende meglio di Contador, Pinot vede le streghe

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La vittoria di Joaquim Rodríguez su Chris Froome a Huy © Bettiniphoto

Oh no, questo non l'avevamo messo in conto! Che ci fa Chris Froome in maglia gialla già al terzo giorno di Tour de France? Avrà mica voglia di monologare da qui a Parigi, mandando in vacca tutte le nostre grandi speranze di spettacolo sulle strade della Boucle? Ma non doveva, l'anglokenyano, patire le prime frazioni e poi al limite provare a recuperare sulle montagne il terreno perduto tra vento e pavé?

Il fatto che il capitano della Sky si ritrovi al comando della classifica così presto rischia di gettare una colata di gelo sull'effervescente lapillare di aspettative per un Tour scoppiettante. La squadra britannica, si sa, è nemica dello spettacolo, e brava come nessuna ad addormentare le corse, in attesa della stoccata del suo uomo forte. Non sia mai che ciò avvenga già dall'inizio della prima vera settimana di gara!

I tanti interrogativi che abbiamo testè sintetizzato sarebbero sufficienti a mandare in depressione i più pessimisti tra noi. E invece diciamo: animo! Ché da qui ai Pirenei ce ne sono ancora, di belle variabili che possono rivoltare come un calzino la corsa. Il pavé di domani, altro vento atteso sulla strada per Le Havre giovedì, Mûr-de-Bretagne venerdì, e poi, certo, la cronosquadre di sabato...

L'importante è che gli avversari del Katemoss del ciclismo (come lei magro all'inverosimile, e in grado di ribaltare tutti gli schemi dello stare in passerella/in sella) non dimentichino la missione per cui sono in gara: rendere ogni singolo chilometro del Tour imprevedibile, ingiocabile, al limite improbabile. Che facciano a loro volta saltare tutte le architetture messe in cantiere da quella barba di Team Sky. Se alla fine Froome vincerà lo stesso, tanto di cappello, ma almeno ci saremo divertiti abbastanza.

 

Purito Rodríguez, l'uomo delle rampe impossibili
Mettiamo - come si vede - un chilometro di mani avanti, lo stesso chilometro che misura il Mur d'Huy, perché là in cima tutto abbiamo visto meno che qualcosa di imprevedibile: abbiamo visto vincere (con gran merito, sia chiaro) uno dei piccoli grandi uomini del ciclismo dello scattino, Joaquim Rodríguez detto Purito.

Un magister della rampa da garage come pochi se ne sono visti, uno le cui possibilità di vittoria aumentano proporzionalmente alle percentuali di pendenza di una salita, e che quando aveva visto, in ottobre, che il Tour sarebbe arrivato sul Mur d'Huy, era direttamente andato in ejaculatio praecox (mettiamola in latino che pare meno brutale).

Aveva ragione di pregustare il successo, il mitico Purito, e aveva pure ragione di confidare molto in un Tour nel quale ha tutte le carte in regola per ritagliarsi il suo bravo posto al sole. Ignorato in malo modo in sede di pronostico, lasciato in seconda fila (se non in terza), ben distante dall'hype emanato da quelli che sono stati chiamati Fab Four, o Fantastici Quattro, o Poker d'Assi, o tutte le facili metafore che si sono susseguite in queste ultime settimane... ma occhio, perché JRO non è solo chiacchiere e rampe al 20%, è un diesel e sulla distanza sarà facile che ce lo ritroveremo a giocarsi il podio, nella terza settimana. Per il momento, con la vittoria di Huy, mette già il suo Tour in positivo.

 

Fuga senza speranze, corsa spezzata dalla caduta
Che a Huy abbia vinto il corridore più adatto a vincere a Huy, non significa che la tappa sia stata tutta prevedibile come l'ordine d'arrivo. La terza frazione della Boucle, dopo le grandi sventagliate della domenicale Zelanda, si preannunciava un po' più ordinaria: sì, quelle côte nel finale a richiamare la Freccia Vallone promettevano un po' di movimento, ma i primi 100 km avrebbero dovuto scorrere senza sussulti.

Così è stato, in fondo: fuga di 4 peones partiti al km 0, vantaggio mai superiore ai 3'55" (margine toccato al km 40, a 120 dalla fine), e azione annullata molto presto, ai -60. I quattro erano Bryan Nauleau, che ha dato il la all'azione; e poi Jan Barta, già all'attacco ieri (e quindi premiato come supercombattivo di giornata); e ancora Serge Pauwels e Martin Elmiger.

La loro fuga è finita un attimo prima della caduta di cui tutti parlano: una mega-fajolada i cui dettagli approfondiamo a parte, supercapitombolo che ha spezzato in due la corsa, provocando una neutralizzazione seguita da un vero e proprio stop (non c'erano ambulanze a seguire la gara e a garantire la sicurezza: erano tutte ferme a soccorrere i caduti), seguito da un altro po' di neutralizzazione.

 

I ventagli e il quasi nulla di fatto
Appena la tappa, a 45 km dalla fine, si è effettivamente rimessa in moto, il gruppo è transitato in una zona di folate. Immediatamente Astana (Nibali aveva il dente appena appena avvelenato per aver perso un minuto e mezzo ieri) e Tinkoff (come sempre in questi casi) ci hanno dato dentro per creare un po' di ventagli. La loro azione ha dapprima isolato al comando una trentina di uomini, poi subito ci sono stati molti rientri a rendere meno affascinante la sortita.

Dietro rimanevano comunque personaggi di un certo rilievo: la maglia gialla Fabian Cancellara (caduto nel big crash, indi dolorante), Wilco Kelderman (anche lui andato giù), Rui Costa (idem), e i soliti distratti di queste circostanze, ovvero Alejandro Valverde, Thibaut Pinot e Romain Bardet.

Questi ultimi tre sono rientrati sul gruppo migliore mettendosi in coda a una superba azione di Greg Van Avermaet ai -32, ma di lì a poco son rientrati anche tutti gli altri, sicché quella fase che pareva promettere nuovi colpi di scena si è esaurita, in attesa delle côte che caratterizzavano il finale.

 

Le côte e la sofferenza di Pinot
La prima di queste salitelle, la Côte d'Ereffe, ai -20, ha solo sfoltito il gruppo da molti velocisti e da tanti di quelli caduti ai -59: tra questi, ahilui, Cancellara, rassegnato a dire addio alla maglia gialla.

Più interessante la successiva Côte de Cherave, ai -7. È stato Rafal Majka a tirarla tutta fino in cima: per sfiancare gli avversari del suo capitano Contador? La storia della tappa ci ha poco dopo insegnato che forse l'interpretazione giusta era quella opposta: il polacco era lì per tenere un ritmo buono ma non esagerato e impedire che i suddetti avversari del Pistolero promuovessero qualche attacco che il madrileno avrebbe mal digerito.

Tale ritmo di Majka è stato però sufficiente per svuotare le gambe di Pinot, in giornata nera: il capitano della FDJ si è staccato nei pressi della cima e non ha più recuperato, vivendo sul successivo Mur d'Huy momenti di alta sofferenza. Non era mica caduto, Thibaut, semplicemente era in riserva piena. Non un buon viatico per il prosieguo di un uomo che era atteso (principalmente dai suoi connazionali) come il predestinato per riportare il Tour in Francia a tre decenni di distanza da Hinault. Cioè, magari Thibaut lo rimane, predestinato; ma forse per quest'anno ancora non se ne parlerà.

 

A Huy sale in cattedra Rodríguez
La Sky aveva lavorato abbastanza nell'avvicinamento alle ultime côte (anche con Froome in prima persona a tirare il gruppo nella discesa della Cherave); ma quando al triangolo rosso dell'ultimo chilometro Giampaolo Caruso ha preso prepotentemente il comando delle operazioni, si è capito che il suo capitano Joaquim Rodríguez non aveva nessuna intenzione di fare prigionieri.

Nibali non era lontano dalle primissime posizioni, ma non essendo sul suo terreno preferito non ha mai dato l'impressione di poter fare la voce grossa. Stessa sensazione la davano Contador, e pure Quintana. Al contrario, Froome non si faceva pregare per fare addirittura a spallate con gli uomini più propriamente adatti alle classiche valloni (ai 600 metri Chris la metteva appunto sul piano fisico con Tony Gallopin, per passargli alla destra e guadagnare la prima fila).

Al centro della scena però ci stava JRO: incurante di quanto avveniva intorno a sé, il catalano della Katusha è partito ai 400 metri (o qualcosa meno). Per un po' Gallopin e Froome l'hanno tenuto, ma poi prima Chris ai 300 metri, quindi Tony ai 200, son rimbalzati; più indietro, Alexis Vuillermoz saliva bene, Tejay Van Garderen teneva il punto, gli altri arrancavano un po' di più.

 

Vittoria a Purito, maglia a Chris
Con una delle azioni che l'hanno reso celebre, Froome - che un attimo prima pareva alla canna del gas - ha ritrovato baldanza e si è rifatto sotto ai 150 metri, saltando un Gallopin scoppiato e rivedendo la scia dello spagnolo. Ma era ormai troppo tardi per pensare di superare Rodríguez, che già si predisponeva a festeggiare la vittoria.

Non tardi però per annullare il buco (in termini di cronometro) da JRO, fattore importantissimo per la generale: venendo infatti classificato con lo stesso tempo del vincitore, Froome si ritrova in maglia gialla, per appena un secondo su Tony Martin (a cui proprio non riesce di issarsi sulla testa della classifica). Se a Froomy fosse stato conteggiato un secondo di ritardo da Purito, sarebbe stato il Panzerwagen a ritrovarsi al comando della generale... considerando che Tony era già stato beffato ieri a Neeltje Jans (dove per pochi centimetri Cavendish si era fatto soffiare l'abbuono che serviva a Cancellara per scavalcare in graduatoria appunto Martin), la Etixx ha fatto un po' la chioccia, presentando un pietoso ricorso (ovviamente respinto) affinché i cronometristi affibbiassero quel fantomatico secondo di ritardo al capitano Sky. Fatto sta che Froome è in giallo, e così ce lo dobbiamo godere almeno per 24 ore.

 

La classifica degli altri
Scorriamo l'ordine d'arrivo, allora: Vuillermoz si è preso un bel terzo posto a 4" dai primi due, Dan Martin ha chiuso quarto a 5", Gallopin rinculando ha fatto quinto a 8"; a 11" gruppetto con Van Garderen, Nibali (tutto sommato non disprezzabile il suo settimo posto, lui che non è propriamente uomo da rasoiate brucianti su codeste rampe), Simon Yates, Quintana, Bauke Mollema e Valverde.

Contador, un po' in affanno, ci ha rimesso 18"; altri ritardi per uomini di classifica: 22" per Robert Gesink, 24" per Péraud e Barguil, 34 per Urán, 36" per Rolland e Bardet, 40" per Hesjedal e Talansky (e Tony Martin e Sagan), 1'33" per Pinot, 1'59" per Kelderman.

La classifica è sempre corta ma inizia ad essere delineata: Froome guida con 1" su Tony Martin, 13" su Van Garderen, 26" su Gallopin, 28" su Van Avermaet, 31" su Sagan, 34" su Urán, 36" su Contador. Altri uomini interessanti: Barguil è a 1'07" da Chris, Mollema a 1'32", Nibali (13esimo) a 1'38", Gesink a 1'39", Valverde a 1'51", Quintana a 1'56", Rodríguez a 2', Dan Martin a 2'06", Péraud a 2'07", Talansky a 2'39", Bardet a 2'54", Pinot a 2'58", Hesjedal a 6'15", Rolland a 6'42", Kelderman a 6'49".

Domani tutti questi numeri potrebbero essere fuffa, visto che il pavé verso Cambrai potrebbe ribaltare ogni cosa. O forse potrebbe accentuare questi distacchi: inutile dire che non vediamo l'ora di gustarci questo nuovo capitolo del romanzo giallo.

Marco Grassi

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