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Il mio Giro - di Paolo Viberti: Je suis Charly: e fu Bondone - Gaul domò sotto la neve la montagna di Trento e vinse il Giro 1956

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Paolo Viberti, classe 1956, 35 anni a Tuttosport, un palmarès visivo ed emotivo di nove Olimpiadi, 28 Giri d'Italia, 8 Tour de France, innumerevoli Mondiali o Europei di ciclismo, basket, sci, fondo, slittino, baseball... Innamorato della bici, ha scalato da solo tutte le vette di Giro e Tour. Ha scritto quattro libri per la Sei: L'Ultimo Avversario, Coppi Segreto, Storia delle Olimpiadi e Storia delle Olimpiadi invernali. Si è visto riconoscere i seguenti attestati: - Premio Coni Ussi 2013 per la "stampa scritta-cronaca e tecnica" - Premio Coni per la saggistica 2012 per il libro "Storia delle Olimpiadi, gli ultimi immortali" - Premio Coni-Primo Nebiolo 2012, Regione Piemonte, quale miglior giornalista - Premio Fisi-Coni, premio Sala Stampa 2004 quale protagonista del giornalismo degli sport invernali. Oggi è freelance, ha adottato un cane da un canile e ha iniziato la seconda parte della sua vita, quella della testimonianza.

 

 

GROSSETO. Quasi alla conclusione della prima settimana di corsa, il 98° Giro d'Italia propone una lunghissima frazione che ha come sede d'avvio Grosseto, città dalla quale partì anche una tappa della Corsa Rosa del 1956, l'edizione che sarà eternamente ricordata per la "tempesta di neve sul Bondone", che rivoluzionò totalmente la classifica a due sole giornate dal termine.

Parlare del Giro '56 significa riplasmare la figura di Charly Gaul, uno dei più grandi scalatori della storia, un lussemburghese nato a Pfaffenthal l'8 dicembre del 1932 e in grado di riproporre le gesta di due suoi grandi connazionali: il possente François Faber, primo al Tour 1909 e poi ucciso al fronte nella Grande Guerra, e lo straordinario Nicolas Frantz, in trionfo nella Grande Boucle del 1927 e capace di bissare l'anno successivo, restando in testa alla classifica dalla prima all'ultima tappa.

Vinse due Giri d'Italia e un Tour, Charly Gaul, ma legò il proprio nome soprattutto all'impresa leggendaria che seppe portare a termine nella tappa del Bondone di quel Giro d'Italia 1956.

 

Alla vigilia di quella terz'ultima frazione in rosa, la classifica vedeva in testa Pasqualino Fornara, mentre "Sciarlì Gòl" (come lo chiamavano i francesi) era soltanto 24° con un distacco abissale di 16'05". Dopo quella micidiale frazione dell'8 giugno, la generale avrebbe visto in testa proprio il lussemburghese con 7'44" su Alessandro Fantini.

Quel Giro sarà proprio di Gaul con 3'27" di vantaggio su Fiorenzo Magni. Ma che cosa accadde in quella Merano-Monte Bondone che comprendeva le salite di Costalunga, Rolle, Gobbera e Brocon, prima dell'ascesa ai 1654 metri della montagna che sovrasta Trento? Ecco la cronaca di una giornata da tregenda.

 

Charly Gaul impegnato sul Monte Bondone © www.veloveneto.com

 

Pioggia intensa al via, addirittura neve salendo verso il Rolle e primi rischi lungo la successiva discesa:  Gaul rischiò di finire in un burrone per la rottura dei freni e fu costretto a puntare i piedi sullo sterrato, fermandosi a pochi centimetri dal parapetto.

Tutti insieme i corridori più attesi affrontavano il Brocon, allorquando il direttore sportivo del lussemburghese, il grande Learco Guerra, ebbe un vero e proprio colpo di genio: anticipò la corsa in ammiraglia, entrò in una casa di Levico Terme e convinse la padrona di casa dietro lauto compenso ad accendere la stufa e a preparare due tinozze di acqua bollente.

Uscì nuovamente aspettando il passaggio del suo corridore sul ciglio della strada, lo prese di peso e prima che lo stesso Gaul capisse che cosa stesse accadendo lo spogliò e lo buttò nella tinozza colma di acqua calda, mentre la gentile signora gli asciugava gli indumenti sulla stufa.

Fu in quell'attimo che Charly vinse la tappa del Bondone, perché salendo sulla montagna di Trento la temperatura si abbassò notevolmente e i corridori furono flagellati da una bufera di neve. Molti andarono in ipotermia in salita, il lussemburghese "soltanto" al traguardo!

 

All'arrivo il termometro segnava -8°, due terzi dei corridori si ritirarono, altri salirono furtivamente su camion e auto per poi ridiscendere in vista dell'epilogo. La classifica ufficiale della tappa indicò Gaul primo con 7'44" secondi su Alessandro Fantini e 12'15" su Fiorenzo Magni. Il lussemburghese era diventato nuovo leader e due giorni dopo trionfò in quel Giro a soli 23 anni.

Ci vollero 40 minuti dopo il traguardo prima che Gaul si staccasse dalla bicicletta: le sue mani erano gelate e facevano presa sul manubrio, mentre la maglia si era appiccicata alla pelle in una situazione drammatica. Riscaldato da tre coperte di lana, la nuova maglia rosa si "risvegliò" da quello stato di trance soltanto dopo mezz'ora, ignaro dell'accaduto.

 

Anche nel Giro d'Italia del 1957 il monte Bondone fu decisivo per Gaul, che però quella volta perse lassù la maglia rosa che indossava. A Ospitaletto, infatti, aveva commesso l'errore di fermarsi a fare pipì senza avere un gregario al suo fianco. Quel suo stop fisiologico scatenò la bagarre condotta dai francesi Bobet e Geminiani, che convinsero gli italiani Nencini e Baldini a collaborare nella fuga.

Gaul inseguì follemente per 130 km ma quello sforzo lo prosciugò di ogni energia, mandandolo in crisi sulla salita del Bondone, al termine della quale accusò 8'36" da Bobet che risalì al secondo posto della generale, con un ritardo di soli 19" dal nuovo leader Gastone Nencini.

Ancora bagarre il giorno dopo lungo la discesa del Rolle. Sei fuggitivi all'avanguardia: Gaul, Bobet, Geminiani, Baldini, Nencini e Impanis. Come nel '55 verso San Pellegrino, Nencini forò due volte in discesa, i francesi Bobet e Geminiani si scatenarono ancora una volta. Ma tra lo stupore generale Gaul tirò i freni e aspettò Nencini, aiutandolo a rientrare.

«Le français ne gagnera pas», disse Charly allo stupito toscano, riferendosi a Bobet. Al momento del riaggancio, il lussemburghese rise in faccia al rivale Louison prima di aggiudicarsi anche la tappa, memore dell'attacco di Ospitaletto. E Nencini vinse quel Giro dopo averne perso uno con una beffa simile due anni prima per il blitz di Fiorenzo Magni, in quell'occasione aiutato da Coppi.

 

Come accennato, Gaul vinse anche il Tour del 1958, togliendo la maglia gialla all'italiano Vito Favero, e il Giro del '59, mandando in crisi Jacques Anquetil lungo le rampe del Piccolo San Bernardo.

In montagna l'incedere di Charly ricordava molto quello del suo successore più genuino, Marco Pantani, entrambi accomunati anche da una profonda solitudine nella vita di tutti i giorni.

Gaul andò... in fuga anche da tre mogli, quindi rimase vittima dell'alcol e a bordo del suo camper iniziò a ripercorrere da solo tutte le montagne che gli avevano regalato la gloria ciclistica. Nel 2002, quando il Giro d'Italia transitò nel suo Lussemburgo, abbracciò il Pirata in un incontro commovente e lo definì il suo vero grande erede. Scomparve di nuovo per due anni, poi si ripresentò all'improvviso per i funerali di Marco nel febbraio 2004, con la schiena curva e la barba incolta. Pianse a lungo da solo, al cimitero.

 

Tornò in Italia per l'ultima volta il 16 ottobre 2005 in cima al Bondone, ospite d'onore della Gran Fondo organizzata a suo nome. Non camminava più, era costretto a muoversi su una carrozzina, lui che quasi 50 anni prima aveva domato quella vetta sotto una bufera di neve.

Due mesi dopo quella rimpatriata sulla salita di Trento rimase vittima di una caduta in casa. Venne ricoverato in un ospedale di Lussemburgo dove il 6 dicembre 2005 chiuse gli occhi per sempre, vittima di un'embolia polmonare. Due giorni dopo Charlie Gaul, l'angelo della montagna, avrebbe compiuto 73 anni.

Paolo Viberti

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