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L'intervista: Lampre, nel 2015 sarai protagonista - Parla Beppe Saronni: «Con un budget medio facciamo buoni risultati»

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Beppe Saronni, Direttore commerciale della Lampre-Merida © BettiniphotoC'è poco da fare, o piace o non piace, Giuseppe Saronni. Come quando negli anni '80 diede vita ad una rivalità con Francesco Moser capace di metter l'un contro l'altro (sportivamente, s'intende) gli appassionati ed i tifosi, oggi Saronni divide: è netto, deciso, schietto, talora severo, il più delle volte serissimo. Dopo essere stato Team Manager della Lampre-Merida, ha lasciato la carica a Brent Copeland per diventare Direttore commerciale della squadra. Un occhio agli sponsor, ai partner («anche se spesso succede di andare in posti del Mondo che non mi piacciono per niente, e bisogna parlare inglese... Ma è una cosa che ho sempre voluto fare»), senza dimenticare il lato prettamente sportivo del team. Lato che conosce bene, che prova a migliorare anno dopo anno, nonostante spesso piovano le critiche, ma consapevole che seppure con un «budget medio», comunque uno dei più bassi del World Tour, si possono ottenere dei risultati. Saronni è diretto, efficace come quando va in tv, ospite al Processo alla tappa: i concetti espressi sono semplici ma non scontati. In questi giorni sta lavorando assiduamente per il 2015 «e non è mai un brutto segnale se c'è tanto da fare. Significa che le cose stanno andando bene». Lo interrompiamo in un pomeriggio di sole, merce rara: giusto il tempo di trasformare il lei in tu, poi si comincia. È un passaggio fulmineo, quasi come la celeberrima fucilata che sparò a Goodwood, in quel lontano - ma nemmeno poi troppo - 5 settembre 1982.

Partiamo dal bilancio della stagione 2015 . Cosa ti è piaciuto e cosa no, in Lampre?
«Intanto mi fa piacere aver vinto ventisei corse. Ma quello che mi fa più piacere è averlo fatto con tanti ragazzi diversi e con parecchi giovani. Oltre a questo, ci sono molti bei piazzamenti, molti terzi posti. Insomma, siamo abbastanza contenti dell'andamento della stagione. Quello che non mi ha soddisfatto è stato il Tour de France. Un momento sfortunato, con i ritiri di Rui Costa, Modolo. Peccato, perché avevamo vinto al Down Under con Ulissi, al Giro, sempre con Diego, avevamo portato a casa il Tour de Suisse con Rui Costa e poi ci sarebbe stata la Vuelta, con due tappe. Il Tour è stato un passaggio a vuoto sfortunato».

Sei Direttore commerciale, non più Team Manager. Come e perché cambia il ruolo di Saronni?
«Il cambio da Team Manager a Direttore commerciale era una cosa che volevo fare da tempo. Non puoi occuparti di una squadra, dell'organizzazione generale e del settore tecnico e nel contempo andare alla ricerca degli sponsor. In questo momento la relazione con gli sponsor e la ricerca di risorse sono fondamentali. Fortunatamente abbiamo trovato una persona come Brent Copeland come General Manager, quindi io ho molto più tempo - anche se tempo in realtà ne ho ben poco - per cercare questi contatti e queste risorse. Perché senza risorse avanti non si va».

Mi ci porti subito: siete quelli che hanno il budget più basso del World Tour.
«Esatto, diciamo che il nostro è un budget medio, senza entrare nel dettaglio».

La Lampre-Merida tira il gruppo © teamlampremerida.com«Lottiamo contro le corazzate»

Ecco, come si compete con squadroni come Astana, Omega, BMC, per fare tre nomi? Formazioni che limiti quasi non ne hanno.
«Da un lato succede che ti prenda un po' lo sconforto. Confrontarti con certe potenze ti fa dire: "Va bene, questo è il nostro budget, ci scontriamo con chi ha risorse infinite, perché se manca qualcosa c'è qualcuno che rimedia... E vabbè, è così". Però, dopo lo sconforto, penso che comunque riusciamo a rimanere nel mondo del ciclismo, ad avere una licenza World Tour, a non essere tra gli ultimi - perché non siamo in fondo. Ciò non fa che darmi e darci un po' di morale: nonostante il nostro budget siamo bravi a fare delle scelte ed ottenere risultati. Insomma, confrontarci con delle grandi potenze ed avere risultati ci rende anche orgogliosi di quanto facciamo».

Però è una lotta impari, su questo saremo d'accordo.
«Ma noi non ci arrendiamo, dobbiamo trovare risultati con i corridori che abbiamo. Sapendo già, chiaramente, che avremo meno risorse. Meno risorse cosa vuol dire? Vuol dire che se Sky o BMC prendono dieci, quindici corridori che possono vincere, perciò dei leader - poi ogni tanto sbagliano anche loro, perché strapagano dei leader che tali non sono, chiusa parentesi - ecco, noi invece possiamo averne due, tre, quattro. Dobbiamo essere bravi a valorizzare questo, consapevoli che avremo meno punti, questo sì. Se vuoi fare il confronto con il calcio è facile: noi siamo una provinciale, alcuni altri possono vincere la Champions League. Questo però non dev'essere visto come una sconfitta, per noi».

Non sarebbe il caso di rendere i budget delle squadre World Tour più equilibrati?
«Più equilibrio c'è e più c'è spettacolo. Le squadre sarebbero complete, ci si divertirebbe di più. Però adesso non è così. Se vuoi farmi dire che sarei d'accordo, lo sono. Cambiare? Per cambiare dovrebbero esserci squadre che la pensano come te: su diciotto ci sarebbero cinque o sei che hanno le nostre esigenze, altre cinque o sei che ne hanno altre, con le prime che ne hanno altre ancora. Nel ciclismo il grande problema sono sempre state le squadre, è difficile trovare l'accordo tra club. Magari c'è anche chi mi dice: "Sono d'accordo con te, bisognerebbe fare così", ma si devono cambiare le regole, e non è sempre facile».

Il World Tour ha fallito, nel complesso, e con la riforma UCI dal 2017 potrebbe essere anche peggio. Un circuito sempre più chiuso.
«Vero, ma consideriamo anche un'altra cosa: già ad oggi, con queste regole del World Tour, le squadre che restano in alto non sono tante ma come vedi l'UCI sta ritardando la conferma delle licenze. Perché? Perché vuole convincere la IAM ad entrare. Non stiamo parlando di un circuito con diciotto squadre World Tour ed altre dieci che vogliono entrare. No, non è così».

Della riforma, in linea generale, che cosa pensi?
«La riforma è stata sbandierata, poi modificata qua e là: ci sono momenti in cui sembra che debba partire e quindi fa dei passi avanti, altri in cui si ferma. Io ad oggi non darei così per scontato che si attui realmente questa riforma, visto che devono ancora vedersi per decidere come sarà strutturata».

Sta di fatto che per chi vorrà iniziare da zero non sarà semplice.
«Sì ma tutto sta nel trovare corridori con i punti. Un caso lampante è quello di Alonso. Lui è da due anni ai margini del nostro mondo, se voleva entrare con una licenza bastava acquistare i corridori con i punti, ma qui l'impressione è che ci abbia presi un po' tutti in giro. Quindi è un mondo chiuso, sì, ma non troppo. Chi può entrare entra. Se poi parliamo della riforma, se mi piace o meno, certe cose sì, altre no».

Cosa ti piace e cosa cambieresti.
«Mi piace la diminuzione degli atleti di un team da trenta a ventidue atleti. Mi piace la squadra sviluppo. Non mi piacciono però tutti i costi che si vengono a creare, per quanto riguarda l'organizzazione, la logistica. Ci sono cose buone e cose meno buone, ecco».

E riguardo ai nuovi calendari, cosa pensi?
«Il ciclismo deve innanzitutto ridurre gli appuntamenti, e questa è una cosa da fare. Non esiste uno sport importante che abbia tanti impegni. Però se si farà una selezione scompariranno tante corse italiane, tante corse storiche, che hanno fatto la storia, chiamale come vuoi. È spiacevole però si dovrà fare. Bisogna però dire che per organizzare una gara si devono avere competenze: l'80% delle corse che devono ancora restituirci rimborsi sono italiane».

Ecco, il ciclismo in Italia cola a picco. Siete rimasti l'unica squadra italiana nel World Tour, e forse è il meno.
«Ma il problema non è che non ci siano più risorse per lo sport professionistico. Il problema è che non ce ne sono più per il ciclismo giovanile, sta morendo tutto. Non ci sono più gli appassionati che portano avanti i vivai. Se la mia squadra chiude domani, io non ne ho problemi, troverò qualcos'altro. Ma un giovane? Che cosa fa un giovane corridore? Lo dico da anni, ma non basta dirlo. E fa male».

Parlando di giovani, voi in Lampre ne avete un bel po'.
«Costruire una squadra giovane è quello che devono fare coloro i quali hanno un budget come il nostro. Dobbiamo coltivare i giovani un po' per necessità, ma devo anche dire che vederne crescere tanti e far risultati dà una soddisfazione immensa».

Damiano Cunego in gara con la Lampre-Merida © Bettiniphoto«A Cunego servono nuovi stimoli»

L'esempio vivente di questa crescita potrebbe essere Damiano Cunego: con voi da sempre, dopo ben dieci anni vi lasciate.
«Cunego per cercare un nuovo entusiasmo personale, stimoli nuovi, ha cambiato squadra, ma è chiaro che era arrivato il momento di farlo. Potrà concentrarsi, essendo in una dimensione diversa, su una serie di corse di livello leggermente inferiore (anche se poi correrà il Giro, la Sanremo) e magari potrà ottenere ancora buoni risultati. Potrà avere un nuovo entusiasmo dovuto ai nuovi sponsor, alla nuova realtà, entusiasmo che con noi chiaramente non avrebbe più avuto».

La possibile separazione tra Lampre e Damiano ha spesso tenuto banco, negli ultimi anni.
«Ha deciso sempre Damiano, se restare con noi o meno. Il discorso di trovare stimoli nuovi l'abbiamo già fatto, sono tre anni che lo facciamo. Lui ci ha sempre risposto: "No, no, voglio rimanere con voi". E l'abbiamo accontentato. Chiaro che ha attraversato momenti buoni e momenti meno buoni. Andando avanti è andato spegnendosi agonisticamente. Cosa gli abbiamo detto, quest'anno che era in scadenza? Gli abbiamo detto: "Damiano, è oggi che devi fare queste scelte, è oggi che devi trovare questi stimoli nuovi, altrimenti siamo un po' al limite". Ma al limite per lui, non tanto per noi. Quindi, negli ultimi hanni ha sempre deciso lui di rimanere. Quest'anno, visto che si era arrivati a questo bivio, ha deciso di cambiare».

Ha vinto molto all'inizio, ma col tempo non s'è più confermato a certi livelli.
«La sua è un po' la mia storia: sono passato professionista molto presto ed ho subito fatto grandi risultati. Anch'io, dopo qualche anno, vuoi un po' l'entusiasmo, vuoi un po' lo spirito di sacrificio, non ho reso come agli inizi. È qualcosa di fisiologico».

Completamente agli antipodi è Chris Horner, 43enne che vi lascia, ma dopo solo un anno.
«Quella di Horner è tutta un'altra storia. L'abbiamo preso perché era senza squadra e noi avevamo un posto libero. Ci serviva un corridore che facesse una mezza classifica al Giro d'Italia e magari un'altra mezza classifica alla Vuelta, corsa che aveva vinto l'anno prima. Eravamo indecisi se prenderlo, poi il corridore ha insistito, sai come sono... "Non so se smetto, magari corro ancora un anno, datemi questa possibilità...", e va bene».

Ma alla fine che impressione vi ha fatto?
«Siamo rimasti molto soddisfatti perché è un professionista, è serio, sa il fatto suo. È un corridore che avremmo dovuto scovare cinque o sei anni prima, allora sì che sarebbe stato tutto molto più interessante. Tra l'altro è un ragazzo che ha voglia di insegnare ai giovani. Li consiglia, dice loro: "Guarda che in corsa hai sbagliato, qui dovevi aspettare a scattare". Purtroppo è stato sfortunato, tra incidenti ed altro».

Già, l'incidente in primavera, mentre si allenava, e lo stop precauzionale pre Vuelta l'hanno condizionato. A proposto, cosa pensi del MPCC, il Mouvement Pour un Cyclisme Crédible?
«Tutte le squadre dovrebbero essere associate per avere delle regole comuni. Però sai, è un discorso complicato. Ci siamo trovati ad avere troppi organismi, troppe regole, troppa confusione... Anche da questo lato bisognerebbe sfoltire gli organismi, ce ne sono troppi e tutti con regole diverse. Ognuno difende le proprie norme, o il proprio mandato, o la propria associazione. Però chi ci va di mezzo sono sempre le squadre e soprattutto i corridori che devono sottostare a qualsiasi organismo ed a qualsiasi regola che si presenti. Non dico che non si debba fare una lotta, ma quanto meno un corridore dovrebbe alzarsi la mattina sapendo quali sono le regole che deve rispettare».

Per non esser fatto partire, Horner non poteva essere direttamente sostituito da Valerio Conti, alla Vuelta?
«Chris aveva avuto una polmonite, allo Utah s'è un po' trascurato perché era a casa e voleva fare bene. Nel tentativo di recuperare in vista della Vuelta, ha forzato troppo. Però finché non vengono svolti gli esami, l'équipe medica non conosce i valori dell'atleta. Per l'UCI era a posto Horner eh, ma per l'MPCC no. O decidi di non portarlo neanche alla partenza (non sarebbe stato nemmeno carino nei contronti dell'atleta, che s'era preparato), o rischi di fare una figura non bella e devi mandare a casa un corridore. Ma finché non vengono fatti questi esami specifici non lo puoi sapere».

Parli di équipe: a cos'è dovuta la mancata conferma del ds Matxin?
«Come si cambiano i corridori, si cambiano i direttori sportivi. Abbiamo dei giovani anche a livello tecnico, come Marco Marzano e Daniele Righi: stanno crescendo e facendo esperienza. Hanno fatto l'abilitazione, i direttori sportivi li abbiamo in casa nostra, quindi non ce ne servono di più lontani, diciamo. Tra l'altro è anche una questione pratica, organizzativa: se siamo tutti vicini organizzi trasferte, viaggi, progetti, programmi. Se sei lontano non lo puoi fare».

Ciò non toglie che cambiate spesso personale.
«Abbiamo fatto turnover di direttori sportivi e personale, ma non più di altri. Purtroppo, ti dico, perché a volte cambiare è importante. Guardo le altre squadre e siamo tra quelli che cambiano personale meno di tutti. Ripeto, ogni tanto i cambiamenti fanno bene, vorrei poterne fare di più».

Damiani non è restato con voi, a suo tempo. Qualcosa non ha funzionato?
«Damiani non è che non ha funzionato. Aveva un contratto biennale, quand'è scaduto abbiamo preferito far crescere i giovani ds. Servivano soprattutto figure come quella di Brent Copeland, dal passato agonistico importante: è stato anche in MotoGP, quindi sa gestire determinate situazioni. Oggi il ciclismo non si disputa più a livello regionale ma è globale, mondiale, e abbiamo bisogno di persone che sappiano rivestire i diversi ruoli a livello globale. E lo dico io che sono nazionalista».

Nazionalista italiano o cinese, taiwanese?
«Ma guarda, il futuro del ciclismo è asiatico, soprattutto cinese, e centroafricano».

Il cinese della Lampre-Merida Xu Gang © teamlampremerida.com«Xu Gang? RCS lo vorrebbe al Giro»

Però i vari Feng e Xu Gang, in squadra con voi, cos'hanno più di un giovane gregario italiano?
«Ti spiego che cos'hanno: RCS solamente pochi giorni fa ci ha chiesto espressamente, ufficialmente, di portare Xu Gang al Giro d'Italia. Con un cinese che disputa il Giro, la corsa può trovare accordi con le televisioni e promuovere il Giro in Cina. Guarda. Se vado a vedere la conferenza stampa di presentazione di Feng, primo taiwanese nel World Tour, mi viene male. Non ti dico quanti telegiornali e televisioni, quanti milioni di persone hanno seguito questa cosa. Quando noi siamo relegati ad un giornalismo... Non farmi dire delle cose...».

Sarà.
«Bisogna essere là, bisogna parlare là per capire cosa sta succedendo. Xu Gang al Giro di Pechino lottava con quell'altro cinese - non ricordo il nome - e sai che per le televisioni di là la corsa non era su chi vinceva, ma su chi dei due cinesi arrivava per primo?».

Lo credo. Quindi, dal lato prettamente sportivo, Xu Gang al Giro ha già occupato una casella, in Lampre.
«Aspetta, aspetta. Mi fa piacere che RCS abbia chiesto di portare Xu Gang al Giro, però porteremo corridori utili tecnicamente per far fare risultati alla nostra squadra. L'indicazione di RCS mi fa capire che la politica intrapresa è quella giusta, però non abbiamo detto che ci sarà Xu Gang al Giro».

Restando all'Asia, pescate molto là, avete tanti sponsor che vi sono radicati, a cominciare da Merida.
«Sai, le squadre hanno tre o quattro campioni. E gli altri venticinque corridori cosa sono? Giovani che vanno integrati. Non possono essere tutti campioni. Teniamo in considerazione il risultato prima di tutto, ma c'è da dire un'altra cosa ancora: se non troviamo le risorse, come facciamo a trovare i leader ed i giovani da far crescere?»

A proposito di leader, scorro il vostro roster e mi fermo al nome di Pozzato: cosa mi dici?
«No, se mi parli di leader, Pozzato no! I nostri leader sono Modolo, Ulissi e Rui Costa».

Grande fiducia in Pippo.
«Ma vedi, i leader si hanno se arrivano dei risultati. Pozzato potrebbe essere un potenziale leader ma in questo momento di risultati, come sa anche lui, non ce ne sono. Me lo dicono anche i ds: è un potenziale leader, ma inespresso».

Ti sei fatto un'idea del motivo, dopo due anni che è con voi?
«Per fare dei risultati bisogna dedicarsi, allenarsi duramente, fare dei sacrifici. Quando è riuscito a fare questo ha ottenuto anche dei risultati. Quest'anno alla Vuelta, facendo i carichi di lavoro giusti, la condizione l'aveva trovata. Poi Cassani non l'ha portato a Ponferrada, e va bene. Ma lui dovrebbe trovare questa condizione in primavera, quando deve correre le classiche. Non dico niente di anormale».

Non è come se, avendo un corridore soprattutto da classiche, ma che non rende, sprecaste un posto in squadra?
«Noi diamo molta fiducia ai corridori. Quando un corridore ti dice: "Non preoccupatevi, sono pronto, fidatevi", beh, noi per due anni l'abbiamo aspettato. Ad esempio sono convinto che l'anno prossimo, alla terza stagione con noi ed in scadenza di contratto, potrà trovare risultati migliori. Ne sono sicurissimo, guarda».

Sacha Modolo batte Peter Sagan al Tour de Suisse © Bettiniphoto«Modolo trovi continuità. E Ulissi...»

Che dire invece di Modolo?
«Modolo è un bel corridore, ha dei numeri. È il primo anno che corre molte gare World Tour, o comunque di un certo livello. Sta soffrendo un po' questo cambiamento ma potenzialmente, su certi tipi di arrivi, su certi percorsi e con una buona condizione, non ha paura di nessuno. È chiaro che deve trovare un po' più di continuità, anche se contro quella schiera di velocisti non è facile. Però Modolo i suoi spazi li può trovare».

Spesso si ha l'impressione che parta bene, in stagione, che s'impegni, ma negli appuntamenti clou un po' manchi.
«Tieni presente che viene da una squadra in cui non ha potuto fare in modo continuo un certo tipo di attività. Per lui quest'anno è stato non dico l'anno zero, ma un'esperienza importante in gare di quella qualità e contro quei corridori. Ovviamente l'anno prossimo deve correggere il tiro, ci aspettiamo molto di più. Lui dice: "È stato un anno importante, ho imparato molto ma ho sbagliato molto". Bene, speriamo che dagli sbagli impari».

Cosa vi aspettereste da Sacha, già nel 2015?
«Ci aspettiamo qualche tappa in gare World Tour, anche se ha già vinto una frazione al Tour de Suisse davanti a Sagan e Degenkolb, e non si vince lì per caso. Però in quella categoria di corse deve portare a casa qualcosa di più».

Dolenti note, passando a Diego Ulissi. A che punto siamo?
«È una situazione molto dannosa per noi. Sono sei mesi che non corre, purtroppo. Una situazione un po' assurda e tutto per un prodotto a restrizione d'uso, ma se per questo prodotto, che è appunto a restrizione d'uso, me lo devi fermare sei mesi... Ormai stagione finita, e vabbè... Abbiamo saputo che verso fine mese verrà sentito da questa commissione di Swiss Cycling. Verso fine novembre o inizio dicembre si saprà qualcosa, verrà presa una decisione».

Sarà difficile anche fare programmi per il 2015, con Diego in questo limbo.
«I programmi per il 2015 si stanno già facendo, il problema è che con Ulissi fai dei programmi ipotetici. Spero di aver subìto già il grosso del danno, ossia che possa riprendere la sua stagione, fare le corse che più gli si addicono, eccetera. È una situazione che s'è creata per un prodotto a restrizione d'uso, come dicevo, ma è molto controverso. E per questo stiamo subendo un danno... Senza contare che la cosa peggiore è non sapere mai dove e quando andrai a finire».

Peccato, anche perché fino al Giro era stato un buonissimo Ulissi.
«Sì, certo, è andato bene fino al Giro, ma l'unica cosa in cui deve migliorare sono le tappe di un certo chilometraggio. Lui in determinati arrivi è davvero molto bravo, deve migliorare un po' sulla resistenza, anche per cercare qualche risultato nelle classiche. E le classiche di una certa importanza sono tutte sopra i 220 km. Non saranno tantissime, però che fai? Ha anche 25 anni, però non s'è mai confermato su quelle distanze».

Lo si aspetta spesso ad una Liegi, ma è ancora "troppo lunga" per lui.
«Sì, certo, la Liegi potrebbe essere la sua corsa, così come la Freccia. A patto che prenda confidenza su quelle distanze».

Rui Costa in azione al Tour de France © maisfutebol.iol.pt«Rui Costa vuole far bene al Tour»

Arriviamo al vostro corridore forse più importante: Rui Costa. Preso con gran fiuto prima che diventasse Campione del Mondo.
«Per Rui Costa avevamo trovato l'accordo a fine luglio dell'anno scorso: siamo stati fortunati visto che ha vinto il Mondiale, ma che era un buon corridore lo si vedeva. Oggi è il terzo o quarto corridore al mondo, è nel pieno della sua maturazione fisica. Ha sbagliato il Tour, s'è preso una bronchite, ma è un buon atleta. Certo, non è italiano, ma se trovi un corridore di un certo livello, te lo tieni ben stretto».

Ci mancherebbe.
«Sai cosa? Galbusera ha un'azienda in Portogallo (Lampre Portuguesa, n.d.r.) ed insisteva perché prendessi dei corridori portoghesi. Ogni anno me lo chiedeva, e io: "Ma no, Mario...". Sempre così eh. Poi abbiamo ingaggiato Rui Costa, aveva vinto lo Suisse, tappe al Tour e arriva il Mondiale. Il bello è stato che all'indomani Galbusera è venuto da me: "Saronni... Io te l'avevo detto cinque anni fa che Rui Costa era buono...". Allora gli ho risposto: "Mario, accontentiamoci di questo, perché se l'avessimo preso cinque anni fa, oggi l'avremmo perso. E invece è nostro"».

Ha corso il Tour, è stato ammalato, sfortunato. Ma può davvero lottare per la classifica di un GT?
«Su questo si sta testando, vuol provare a vedere. Tieni conto che allo scorso Tour s'è ritirato con una polmonite, dopo una primavera corsa tutta sotto l'acqua. Ha vinto lo Suisse ed aveva già questa polmonite, ha corso il Tour e quand'è andato a casa aveva un focolaio al polmone destro. Non ha potuto quindi vedere quale sarebbe stato il suo piazzamento, il suo risultato, nella classifica generale. Non ti sto dicendo che questo è un corridore che può vincere il Tour. Però dico - purtroppo - che mentre nel "mio" ciclismo contava vincere le corse e non contavano le classifiche, nel ciclismo di oggi contano molto le classifiche. Avere un Rui Costa che è continuo ed al Tour può piazzarsi nei primi quattro o cinque diventa qualcosa di veramente importante».

E siamo sicuri che sia all'altezza dei primi cinque di un Tour de France?
«Nei primi quattro o cinque ci può arrivare. È un corridore molto completo, adatto alle classiche ed alle piccole corse a tappe, molto costante. Brent Copeland sta lavorando con Rui per migliorare l'aspetto dei GT. A lui piace il Tour, vuole ripresentarsi in Francia con obiettivi leggermente diversi, ovvero: portare a casa qualche tappa, perché al Tour è importante, ma nella sua testa c'è l'idea di provare a far classifica, questo è certo. Diciamo che non vuole perdere, avendola, l'occasione di puntare ad una tappa o due, perché sa di essere in grado di farlo. Però non vuole neanche perdere l'occasione di testarsi per la classifica generale. Fino a prova contraria, anche noi ci dobbiamo credere. Anche se poi, sai, si parla di vincere il Tour...».

A proposito di Tour e di GT, una battuta sulla sfida lanciata da Tinkov.
«Penso che questo Tinkov, prima di lanciare qualsiasi sfida, dovrebbe parlare col suo corridore, visto che il suo corridore ha detto che il Giro non lo fa e vuole fare Tour e Vuelta».

Ma chi, Contador? E quando avrebbe deciso di non fare il Giro, dieci minuti fa?
«Contador, Contador! Lui ha detto che non farà i tre grandi giri, Froome farà Tour e Vuelta, Nibali ha in programma il Tour... E allora che si tenga il milione di Euro».

Insomma, non consideri molto questa proposta.
«Non la considero molto, a meno che non venga fatta in un modo diverso. Detta così, no. Uno può dire ai migliori tre, quattro, cinque, o non lo so, si decide. Insomma, si può mettere un premio a chi corre i tre GT e con la somma dei tempi, o dei piazzamenti, chèl che l'è, viene fuori il migliore nei tre GT. Allora sì. Ma il premio andrebbe al migliore di una classifica ipotetica, organizzata, studiata, non lo so... Per far fare a questi corridori i tre GT, che al giorno d'oggi non si possono programmare, ci vuole un premio al primo di un'ipotetica classifica. Non so da chi possa essere accettata, però quando c'è di mezzo una cosa del genere, qualcuno viene anche invogliato».

L'accorciamento di Giro e Vuelta, in funzione anche di questa sfida, ti farebbe ricredere?
«No, perché alla fine c'è chi programma un Giro, chi un Tour, chi una Vuelta - diciamo che la Vuelta è un po' la corsa di riparazione, anche se quest'anno si sono trovati dei grandi corridori come partecipazione. Non è però diminuendoli di qualche giorno che invogli un corridore a disputare una gara a tappe. Uno o la programma o non la programma».

Tre GT in un anno sono impossibili, quindi.
«Il problema è questo: non si può arrivare in tre momenti della stagione con un picco di forma eccezionale. Poi se uno ci riesce, è bravo, è capace, complimenti... Ma da quanto mi dicono è difficilissimo. Poi non si torna mai al passato».

Ma tu sotto sotto...
«Guarda, da tifoso tornerei al vecchio ciclismo in cui tutti corrono tutte le corse. Io non ero adatto a quella corsa lì? Va bene, però la correvo perché era una gara importante. Sarebbe bello vedere tutti i migliori corridori nelle migliori corse, però la specializzazione, purtroppo - e dico purtroppo - non ti consente questo».

È quello che molti vorrebbero, giustamente.
«Ogni corridore ha un programma per il suo momento, per il suo tipo di corse... Ma addirittura, c'è una tale specializzazione che non esiste più il velocista. Dici velocista: sì, ma quale? Ce ne sono due o tre categorie! Quello puro per l'arrivo in pianura, à la Cavendish; quello un po' più grosso, un po' più potente, poi quello che si esprime meglio quando c'è un arrivo al 4%, su una piccola salitella. A seconda di una crono o due, al Giro al Tour o alla Vuelta, tu favorisci un corridore piuttosto che un altro; se c'è una salita o se ce ne sono due c'è il corridore più adatto e quello meno. È talmente tanta la specializzazione che come fai a farli correre tutti nelle stesse corse?»

Beppe Saronni e Francesco Moser © bikeraceinfo.com«Non si torna mai al passato, però...»

Insomma, non si torna al passato ma quando correvi tu era più bello.
«Ai nostri tempi era bello perché gli appassionati Saronni, Moser eccetera li vedevano sempre e dovunque! In qualsiasi gara ci si confrontava. Poi Moser andava più forte sul pavé e vinceva, mentre io perdevo. Io ero più forte in salita o in volata e allora era lui a perdere. Però lo scontro diretto c'era in tutte le corse, adatte o non adatte all'uno ed all'altro. Il tifoso vedeva ad ogni gara il proprio corridore. Erano tutti Campionati del Mondo: la Tre Valli Varesine, la Bernocchi... Tutte le nazionali le correvano in vista del Mondiale. Chi le vinceva lo so anch'io che era il probabile Campione del Mondo, perché tutti i migliori si confrontavano. C'erano poche corse. Oggi ci sono, a livello mondiale, almeno quattro o cinque attività, più o meno importanti, che disperdono corridori più o meno buoni. Non si torna al passato, di sicuro è meglio oggi, è più internazionale, con corridori più allenati, più preparati, più professionali, non so, chiamali come vuoi. Ma per il tifoso allora era il massimo! Oggi come fai a stabilire un confronto tra corridori che vincono corse disperse chissà dove?».

Torniamo non al passato ma al capitolo cessioni Lampre: Wackermann, bel prospetto, va alla Neri.
«Wackermann è andato alla Neri per un motivo molto semplice: tu fai passare quattro o cinque corridori. Dopo però cosa succede? Che un neo professionista deve esprimersi ma alla fine tu sei obbligato a fare delle scelte: rinnovare alcuni giovani che hanno dimostrato allo staff tecnico di avere delle potenzialità, rinunciare purtroppo a degli altri. Gli investimenti vanno fatti ma purtroppo non lo puoi fare con tutti, devi scegliere».

Anacona fa parte dello stesso discorso, immagino.
«Per Anacona stesso discorso, ma con un'aggravante, e qui mi sento di dirlo: è un corridore dalle grandi potenzialità ma è anche un lazzarone pigrone. Detto in modo simpatico eh... In due stagioni con noi, a parte il 2013 in cui ha avuto un incidente, il primo anno alla Vuelta teneva le ruote di Contador e compagnia. Però è un lazzarone pigrone».

Intendi che non fa la vita?
«Ma no, ma no. Lui è un corridore che quando ritiene di dover trovare la condizione, qualche volta la trova, ma non è detto che coincida con le esigenze della squadra o con quelle dei compagni. È un corridore che ha enormi potenzialità. Lo sopporti - lo dico sempre in modo buono, affettuoso - poi ti vince una tappa alla Vuelta, gli offrono tre o quattro volte di più di quello che potresti dargli e quindi anche lì vanno fatte delle scelte».

Alla Vuelta, dopo a vittoria di Valdelinares, è stato preso dalla Movistar.
«Una volta che ha vinto la tappa, è stato contattato da Movistar, visto che loro hanno Quintana, che come Anacona è colombiano. Ci sono anche queste situazioni, vanno pure capite».

Restando in tema Colombia, il giovane Estrada correrà con voi?
«Estrada è sotto nostra osservazione: non sappiamo ancora se metterlo in prima squadra o posizionarlo per farlo crescere ancora, dato che non è molto maturo, e deve imparare tanto. Però sì, è sotto la nostra osservazione, anche se la nostra impressione è che sia ancora troppo giovane, non pronto al passaggio».

Si è parlato anche di un interessamento a Fabio Duarte e Samuel Sánchez.
«Ho sentito anch'io qualche rumor su Duarte, ma il nostro organico è già abbastanza definito. Samuel Sánchez no, assolutamente. Sono tutti corridori in cerca di un posto, magari c'è anche qualcuno che merita: forse qualche sogno i nostri ds lo fanno, poi guardi i costi, il budget e devi rientrare nella realtà. Siamo in venticinque, dovremmo confermare qualcosa nei prossimi giorni ma in linea di massima siamo a posto. La possibilità di fare dei contratti c'è sempre e non escludo che ci possa essere qualche corridore interessante più avanti. Ma oggi no».

Non sarà dei vostri invece Andrea Palini, in evidenza al Tour of Hainan.
«Palini non è stato rinnovato perché abbiamo velocisti come Bonifazio, Modolo, Ferrari, Richeze, Cimolai, quindi il pacchetto è abbastanza completo. Anche qui sono scelte. A me un pochino dispiace però sono scelte. Palini è uno di quei tanti appesi ad un filo, senza contratto. E tieni presente che se andrà in porto la riforma UCI, con gli organici delle squadre World Tour che scenderanno da trenta a ventidue corridori, ci sarà ancora un'ulteriore riduzione».

Hai citato Niccolò Bonifazio: che ne pensi?
«Bonifazio è un bel talento, un ragazzo molto originale. I ragazzi veloci e di talento sono originali, ma fa parte delle loro caratteristiche e guai se non fosse così. Ha già dimostrato di poter vincere, è un ragazzo giovane, deve imparare ancora molto. Deve fare tanta esperienza. Poi, visto che abbiamo costruito una squadra anche attorno a Modolo, qualche volta anche i più esperti, così come i più giovani, saranno a disposizione di Sacha. Ma per far loro imparare il mestiere».

Giovanissimo anche Ilia Koshevoy, da un po' nella vostra orbita.
«Koshevoy è un ragazzo che ci hanno segnalato un paio d'anni fa. È stato stagista con noi, ha gareggiato al Tour of Utah, che è una corsa dura, ed era l'unico corridore che stava a fianco ad Horner nel finale di tappa. È molto giovane, tutti cercano dei buoni scalatori che diano una certa garanzia. Speriamo che sia così».

Rubén Plaza invece è un regalino per Rui Costa, che te lo chiedo a fare.
«Plaza è un uomo di grande esperienza e sì, ci è stato segnalato da Rui Costa. Serve a mantenere coperto il leader in gruppo, ha esperienza, per questo è stato preso».

Prima vittoria da pro' per Valerio Conti al GP Beghelli © Bettiniphoto«Conti e Cattaneo da corse a tappe»

Valerio Conti è giusto un pelino più giovane di Plaza.
«Valerio Conti mi piace perché è svelto. Molto svelto, molto svelto... Ovviamente è giovanissimo. I preparatori mi dicono che ha delle enormi potenzialità e tra l'altro è un corridore che potrebbe essere forte nelle corse a tappe: si difende in salita, va forte a crono ed è anche veloce, il che non guasta. Quindi, senza dire di più...».

Anche per un pizzico di scaramanzia, magari. Invece Cattaneo come sta?
«Cattaneo ha avuto qualche problema. Ha corso poco ma ora sta bene ed è un giovane in cui crediamo. Ci aspettiamo buone cose da lui. Tieni presente che il 2014 era effettivamente il suo primo anno. È un bel corridore e ci aspettiamo molto da lui. È anche lui uno da corse a tappe, tiene in salita e va bene a crono».

Che obiettivo avete per il 2015. Cosa vorrebbe vincere Saronni con la Lampre-Merida?
«Vedi, la nostra squadra non è come Sky o BMC che per forza di cose devono avere degli obiettivi. La nostra squadra ha come obiettivo primario essere protagonisti. Quando vediamo i nostri corridori che lottano nel finale, che sono protagonisti (se vincono facciamo i salti di gioia, per l'amor di Dio), va già benissimo. Ma l'obiettivo è essere protagonisti nelle corse principali: abbiamo degli sponsor per i quali non per forza di cose dobbiamo vincere. Per noi è importante vedere una crescita, un miglioramento, e soprattutto essere nella corsa. Quando sei in corsa, sei protagonista e ti muovi bene, rischi anche di fare dei risultati».

A volte la Lampre non sembra muoversi così bene, oppure è solo un'impressione?
«Quando si vede tirare la nostra squadra è per un solo motivo: c'è un nostro corridore veloce e gli stanno tirando la volata, oppure stanno inseguendo una fuga. Il difetto che ha la nostra squadra è che deve imparare ad essere più vicina al leader. Siamo sempre un po' sparsi, e si vede, non c'è niente da fare. La nostra squadra deve imparare ad essere unita ed a stare a fianco al nostro uomo».

Non è che a volte il leader, tolti quei tre o quattro nomi che mi hai detto prima, proprio non c'è?
«Vorrei che fosse così! E invece è diverso. A volte succede quello che succede perché il leader non si sa ancora. Cioè: tante volte dev'essere il leader vero che chiama a raccolta i compagni di squadra, magari in modo non dico cattivo, ma deciso. Ecco, i nostri leader probabilmente devono imparare a gestire meglio la squadra ed i compagni, questo sì».

Il futuro della Lampre, ultima italiana del World Tour, quant'è indirizzato ad Est?
«Chiaro che le squadre World Tour devono essere più internazionali possibile. Ci sono bravissimi atleti in giro per tutto il mondo, gli sponsor sono internazionali, quindi più internazionalità c'è, meglio è. Non è una cosa brutta ma una cosa reale. C'è la Cina che ha un bacino naturale immenso, prima o poi uscirà un corridore competitivo nelle grandi corse. E chi lo trova, trova una miniera d'oro. Detto questo, non è che perché c'è questo marchio siamo tutti alla rincorsa di avere quindici cinesi in squadra. Noi abbiamo un cinese e un taiwanese, gli altri stanno arrivando lì, dove c'è questo grande bacino di atleti. Un grande corridore ci sarà, resta solo da capire quando».

Tu credi?
«In Cina hanno sulle sette, otto corse a tappe, altre gare importanti a livello internazionale. È impossibile, è im-pos-si-bi-le che nell'arco di due o tre anni non ci sia un grande corridore che arriva da lì».

A proposito, avete corso un bellissimo Tour of Hainan. Si dice che possa entrare presto nel World Tour.
«Hainan - e diciamo che abbiamo sentito dire, girano voci - potrebbe chiedere di diventare gara World Tour. Poi non è che noi siamo andati là per questo. È un'isola, ci sono bei posti, è un po' come la Sardegna. E sì, c'è questa possibilità sul World Tour, non credo che i cinesi si lasceranno scappare l'occasione. Comunque penso che nella prossima primavera si saprà qualcosa di più su questa trattativa».

All'inizio abbiamo parlato di budget ma se non avessi un limite, chi prenderesti al volo?
«Sono libero di prendere chi voglio? E allora un corridore già grande è Contador, uno che sta crescendo ed ha enormi potenzialità è Aru».

Tempo fa dicesti che Contador è un buon corridore, ma battibile.
«Difatti l'hanno battuto. Adesso sono tornato a vedere, alla Vuelta ed in primavera, il Contador che avevo visto qualche anno fa. Perché dopo la squalifica sarai d'accordo con me che non l'abbiamo visto così brillante. Invece nel 2014 ho rivisto quel Contador».

Niente Nibali in questa lista dei sogni?
«E poi ovviamente c'è Nibali, ma di corridori forti ce ne sarebbero per così. Se parliamo di corse a tappe dico Contador ed Aru».

Francesco Sulas

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