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Pagellone 2014: È l'anno di Nibali (ma non solo) - Kwiatkowski iridato, Gerrans si fa temibile. Sagan e Cavendish insufficienti | Cicloweb

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Pagellone 2014: È l'anno di Nibali (ma non solo) - Kwiatkowski iridato, Gerrans si fa temibile. Sagan e Cavendish insufficienti

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Vincenzo Nibali brinda per la vittoria del Tour de France © Bettiniphoto

Michal Kwiatkowski - 8.5
Partiamo nelle valutazioni della stagione 2014 dal giovane polacco, il corridore che ci è piaciuto di più durante tutto l'anno per la sua capacità di essere vincente e al tempo stesso spettacolare, merce rara in questi tempi duri. Emblematico, in questo senso, che la corsa più bella dell'annata nell'ambito delle classiche, la Strade Bianche, porti la sua firma, così come la maglia iridata sia finita sulle sue spalle grazie a una condotta di gara praticamente impeccabile. E curioso quanto il giovane polacco sia il corridore della nuova generazione che trovi più somiglianze in Alejandro Valverde, superandolo però in scaltrezza. Il tempo ci dirà se Kwiatkowski diventerà anche un corridore da GT, per il momento è un più che degno campione del mondo.

Vincenzo Nibali - 8.5
Il messinese è l'uomo che ha risollevato le sorti del ciclismo italiano nel periodo più nero della sua storia, ma alzi la mano chi si aspettava un Tour da dominatore prima del Campionato Italiano. La vittoria di Nibali è frutto di un cinico lavoro di preparazione incentrato sul Tour, un po' in contrasto con quel che Nibali è stato nelle precedenti stagioni. Tuttavia Vincenzo non ha rinunciato a essere se stesso, vincendo ogni qual volta che poteva. Sarebbe stato l'uomo dell'anno, non lo è non tanto perché i suoi rivali principali son stati sconfitti dalla strada (Froome è apparso comunque inferiore e Contador aveva preso un sonoro ceffone sul pavé), quanto per l'inconsistenza del resto della stagione. Ma non importa, altri non vincerebbero il Tour neanche passando il resto della stagione nella Stanza dello Spirito e del Tempo.

Simon Gerrans - 8.5
Il fatto che lo scattista australiano sia diventato l'uomo di riferimento per le classiche la dice lunga sulla qualità generale dei corridori attuali, tecnica ma soprattutto tattica: si approcciano le maggiori classiche a velocità media costante e si arriva in 50-60 all'ultimo giro/ultima salita, dando tutto nella stessa. Non è un caso che proprio in questa stagione siano stati distrutti i record di scalata di Muro di Huy e Cauberg, pur senza grandi prestazioni individuali. Quando la condotta di gara è questa, succede spesso che di quei 50-60 ne restino 10 e tra essi prevalga il più veloce. E qui veniamo al Nostro, che il riferimento lo è stato alla Liegi e nelle due classiche canadesi; lo sarebbe stato anche al Mondiale, se il buon Kwiatkowski non si fosse distinto dalla massa. Tanto di cappello al buon Simon, che in questa annata è stato anche campione nazionale e vincitore del Tour Down Under, ma la sua fortuna risiede soprattutto nell'epoca in cui vive.

Alberto Contador - 8
Il madrileno sta vivendo una seconda vita: nato sulle orme tecnico-tattiche di Armstrong, col ritorno dalla squalifica ed il sostegno del vulcanico patron Tinkov è diventato una macchina da guerra votata allo spettacolo, capace di vincere o arrivare secondo in tutte le corse a tappe alle quali ha partecipato (con l'eccezione dello sfortunato Tour de France). Col trionfo di Guardiagrele, probabilmente la più bella azione stagionale in una corsa a tappe, Contador ha dato spettacolo in un'altra edizione della Tirreno-Adriatico, mentre alla Vuelta si è presentato con un bis ancora più riuscito del capolavoro di pretattica del Giro 2008, quello che gli valse il soprannome di Bagnino. Anche le perplessità riguardo questa stagione non mancano (la sconfitta al Delfinato, la quasi totale assenza alle classiche con Lombardia deludente), ma son fisiologiche di un corridore che fisicamente ha passato gli anni migliori.

Nairo Quintana - 8
L'indio di Tunja verrà ricordato come il ciclista colombiano più forte di tutti i tempi, c'è da scommetterci. Per il momento è il primo ad aver vinto il Giro d'Italia, con un dominio impressionante legittimato da un impresa mai troppo esaltata da gran parte dei media, quella della Val Martello, e solo una doppia caduta alla Vuelta ci ha privato di un interessante duello con Contador, che magari si sarebbe dovuto inventare qualcosa di più spettacolare per batterlo, come ha dovuto fare alla Tirreno-Adriatico. Non ci sarà da sorprendersi se il 2015 sarà l'anno di Quintana: l'età è dalla sua.

Fabio Aru - 8
La rivelazione stagionale per le corse a tappe, a sorpresa, è targata Italia: il sardo di Villacidro conferma tutte le belle promesse fatte da dilettante e firma una stagione da applausi, prendendosi il podio al Giro d'Italia e il quinto posto alla Vuelta, con 3 successi di tappa complessivi. Più dei numeri ha colpito la sicurezza dimostrata in corsa e la scaltrezza che l'ha portato ai successi parziali: Aru è l'erede naturale di Contador, corridore che non nasconde di ammirare sin dalla gioventù. Per il momento però attacca solo a colpo sicuro, chissà che un domani non diventi anche più estroso.

Alexander Kristoff - 8
Crescendo all'ombra di Freire e Zabel può darsi che si diventi cacciatori di classiche monumento, specie quando il meteo è dalla tua. Il velocista norvegese conferma quanto di buono fatto vedere nelle ultime due annate e supera il cosiddetto scalino, portando a casa la Sanremo e arrivando quinto al Fiandre. Il resto della stagione è costellato di successi, ben 14 in tutto, alcuni dei quali importanti (le due tappe al Tour e la Vattenfall Cyclassics), altri meno prestigiosi ma spettacolari: emblematica la vittoria dell'ultima tappa dell'Arctic Race of Norway, un passaggio di consegne col più forte norvegese di tutti i tempi, Thor Hushovd (9 alla carriera), facendo il bello ed il cattivo tempo anche in salita. Arriva al Mondiale un po' appannato e non riesce ad entrare nell'azione buona, ma Richmond potrebbe essere già più adatto alle sue caratteristiche. Il più strombazzato connazionale e coetaneo Edvald Boasson Hagen (4) firma invece un'altra stagione né carne né pesce, senza successi, e retrocede in categoria professional con la MTN, magari alla ricerca dello stesso rilancio che fu di Ciolek.

Alejandro Valverde - 8
Ennesima stagione costantemente ad altissimo livello per il murciano, ma ancora una volta dà la sensazione che avrebbe potuto raccogliere qualcosa di più. L'annata era partita sotto ottimi auspici, con l'Embatido che finalmente aveva vinto osando, alla Roma Maxima, riproponendosi con un successo più canonico alla Freccia Vallone. Il resto della stagione, San Sebastián a parte, lascia l'amaro in bocca: dal secondo posto alla Liegi all'ennesimo podio mondiale, con in mezzo il podio mancato al Tour e quello invece raggiunto alla Vuelta, nonostante il numero già cospicuo di gare ad alto livello alle spalle. Il vero liscio stagionale arriva però al Lombardia, quando perde Daniel Martin nel momento topico: un corridore come Valverde non può chiudere la sua carriera senza vincere almeno una volta la classica delle foglie morte.

Rafal Majka - 7.5
Il ciclismo polacco non è solo Kwiatkowski. Riis si conferma un ottimo conoscitore di talenti, lanciando nel professionismo il giovane della Piccola Polonia che era passato dall'Italia dilettantistica facendosi notare, ma senza risultati ecclatanti. Più del Giro corso migliorando di una posizione il risultato dell'anno scorso, colpisce il Tour corso in maniera rocambolesca come sostituto di Kreuziger; perso anche il capitano, si reinventa uomo da maglia a pois (dopo tutto, chi più di lui sarebbe degno di vestire la polka dot jersey?) e dimostra di essere anche il migliore in salita dopo Nibali. Non pago, tira dritto e domina anche il Giro di Polonia. Nella prossima stagione Contador dovrebbe correre Giro e Tour (pare che invece salterà la Vuelta), ma non necessariamente da capitano: chissà che con una spalla di lusso Majka non riesca a togliersi qualche soddisfazione più grossa.

Daniel Martin - 7.5
Per l'irlandese coi panda nel cuore questa poteva essere una stagione memorabile: ma nel ricordo dei tifosi resterà soprattutto la sua caduta sull'ultima curva alla Liegi-Bastogne-Liegi, che gli ha fatto mancare un clamoroso bis. Replica la stessa tattica al Lombardia e stavolta non ci sono imprevisti a frenarlo. Una cosa è certa: dei corridori in attività è uno di quelli con la sparata più velenosa nei metri finali. Dell'annata appena conclusa si registra anche il secondo posto alla Freccia Vallone dietro Valverde (dopo aver cominciato in ritardo e molto in sordina la sua stagione) e al Tour of Beijing, dove nella tappa regina ha colto il secondo successo stagionale ed il settimo alla Vuelta: per la prima volta in carriera è riuscito a far classifica in un GT, nonostante sia nato proprio come scalatore puro e corridore da corse a tappe.

Jean-Christophe Péraud - 7.5
Una grandissima stagione per l'attempato ingegnere, che giustifica totalmente il suo passaggio dalla MTB alla strada. Non solo il secondo posto al Tour de France: durante l'annata Péraud è riuscito a vincere il Critérium International e la tappa del Mont Faron al Giro del Mediterraneo, nonché a piazzarsi terzo nel Giro dei Paesi Baschi e quarto ad una durissima Tirreno-Adriatico. Un raro esempio di atleta che nella vita è riuscito a essere tutto, anche argento olimpico (a Pechino). Purtroppo l'età non è dalla sua.

Sir Bradley Wiggins - 7.5
Romanticismo, determinazione, forza di volontà: sono queste le doti che distinguono un baronetto dalla plebaglia. Sembrava ormai sul viale del tramonto, Sir Bradley, ed invece, pur stando lontano dalle corse a tappe (e non per sua volontà, sia ben chiaro), inanella una delle sue più belle stagioni, per gli obiettivi impossibili che si è prefissato di raggiungere: la Parigi-Roubaix ed il Campionato del Mondo a cronometro. E nella prima, tra lo stupore generale, riesce a essere competitivo fino all'ultimo, più di quanto il nono posto finale dica. A dispetto di tutti i puristi del ciclismo moderno, il mese successivo vince il Giro di California, una delle poche corse a tappe nelle quale gli è stata concessa la possibilità di correre da capitano. Ma il capolavoro lo consegue a fine anno, battendo contro ogni pronostico Tony Martin nel Mondiale a cronometro. Il grande cuore di Wiggo dev'essere da esempio per chi oggi si approccia a questo sport. E l'anno prossimo, le previsioni meteo dicono team satellite della Sky a suo nome e Record dell'Ora, in attesa di Rio 2016.

Niki Terpstra - 7.5
Dopo Devolder, un altro gregario di lusso deve una grande classica a Tom Boonen (5, troppo poco una Kuurne-Bruxelles-Kuurne per un campione come lui), e non si può dire che il buon Niki non se la sia pienamente meritata: quando alla Roubaix ha piazzato l'attacco decisivo, gli avversari erano ormai tutti troppo consumati, anche grazie alle fiammate di Tommeke. Uno dei più presenti e vincenti al nord quest'anno, porta a casa anche Tour of Qatar e Dwaars Door Vlaanderen, mentre ad Harelbeke s'inchina solo a Sagan. Pura passerella il resto della stagione dopo il campionato nazionale.

Nacer Bouhanni - 7.5
Grande salto di qualità per il velocista francese, che inizia la stagione con una bella notizia (anche per i rivali): corregge la sua miopia col laser. Di conseguenza vince, e tanto (11 gare), dominando le volate al Giro con 3 tappe e la classifica a punti, ma soprattutto nella seconda parte di stagione sviluppa resistenza in salita, prendendosi i galloni di capitano della nazionale francese al Mondiale dopo aver vinto due tappe alla Vuelta. Uno smacco per il compagno-rivale Arnaud Démare (7), più vincente (addirittura 15 successi) ma meno appariscente rispetto al collega negli appuntamenti clou, soprattutto al Tour de France, dove ha deluso molto. Si toglie però la soddisfazione di soffiargli la maglia di campione nazionale, dopo esser giunto secondo alla Gent-Wevelgem ed aver dominato da campione la 4 giorni di Dunkerque. L'anno prossimo, com'è giusto che sia, le loro strade si separeranno definitivamente.

John Degenkolb, Marcel Kittel - 7
Se in casa FDJ la convivenza si è rivelata insopportabile, nella Giant-Shimano tra i due velocisti di punta c'è simbiosi perfetta. Kittel pensa solo ai traguardi facili e si conferma il più forte sprinter mondiale vincendo in 4 occasioni al Tour de France, dopo aver portato a casa le prime due tappe del Giro d'Italia (abbandonato in fretta e furia con non troppa eleganza). Una stagione da piazzato di lusso invece per il buon John: con ben 16 secondi posti ha il primato stagionale incontrastato in questa particolare graduatoria. Quelli che bruciano di più, probabilmente, sono quelli conseguiti in terra francese, tra Parigi-Roubaix e Tour de France. Non è stata però una stagione avara di successi: sono stati 10, ed alcuni anche abbastanza pesanti. Nel carniere di Degenkolb entra la Gand-Wevelgem, mentre le 4 tappe con conseguente classifica a punti della Vuelta sono una riproposizione dell'exploit nel 2012. Non c'è stato il grande botto, ma non si può neanche parlare di stagione interlocutoria.

Philippe Gilbert, Tim Wellens - 7
I giorni migliori sono ormai alle spalle per il campione di Verviers, ma la stagione appena trascorsa ha riscattato una mediocre annata iridata. Torna soprattutto a vincere sulle sue Ardenne, rifacendo la doppietta Brabante-Amstel che riuscì già nel 2011. Corre da protagonista a Ponferrada e al Lombardia ed a fine anno si toglie lo sfizio di vincere una corsa a tappe WT, il Tour of Beijing. La sua eredità verrà raccolta dal 23enne della Lotto, sbloccatosi alla grande a fine stagione dopo esser già andato vicino al successo in due occasioni al Giro. Porta a casa l'Eneco Tour con una cavalcata solitaria sulle strade della Liegi: da lì in poi è protagonista nelle classiche, andando vicino ad affondare il colpo a Plouay e soprattutto al Lombardia, concluso quarto.

Rigoberto Urán - 7
Il cambio di casacca con relativo aumento di libertà giova allo scalatore colombiano, che può permettersi di confermare il secondo posto al Giro d'Italia anche in maglia Omega: per lui arriva anche la maglia rosa dopo una spettacolare affermazione nella crono di Barolo, l'unica stagionale. Alla Vuelta sembra sulla stessa scia, ma poi molla la presa nella terza settimana.

Thibaut Pinot - 7
«L'unica cosa che devi fare è massacrare le tue paure» (Marta sui Tubi - L'unica cosa). Thibaut le ha massacrate ben bene, andato persino a provare le macchine da rally in inverno. Paura dell'alta velocità, gli avversari lo sapevano bene e l'anno stressato anche durante il Tour. Ma il talentino francese ha resistito (sebbene non si possa dire guarito dal suo blocco psicologico) ed è meritatamente salito sul podio della Grande Boucle, cosa impensabile fino all'anno scorso. Talento sbocciato, in attesa che Romain Bardet (6.5), coetaneo più completo, porti a casa qualche traguardo ancor più importante.

Tony Martin - 7
Altra stagione da rullo compressore per Panzerwagen, supremazia tecnologica tedesca. Non solo cronometro col padellone: va molto vicino alla conquista del Tour de Suisse e al Tour mette distacchi siderali a Mulhouse tra sé e gli altri fuggitivi. Sulla valutazione finale pesa però tremendamente in negativo il doppio smacco subito al Mondiale di Ponferrada: sconfitto nella cronosquadre, ma soprattutto nella crono individuale.

Tom Dumoulin - 7
Continua la crescita del passista olandese, specialmente a cronometro, dove conquista i suoi primi 4 successi da professionista. Crescita che culmina con l'inatteso podio mondiale, ma è presente in diverse classiche (specie quelle canadesi) e fa classifica nelle corse a tappe brevi (Suisse ed Eneco Tour): un erede più esplosivo di Tony Martin?

Sonny Colbrelli - 7
Lontano dai fasti di Nibali e Aru, è stata un'altra stagione avara di soddisfazioni per ciclismo italiano, specie nelle classiche dove veniamo bastonati persino nelle corsette di casa. Qualche piccola speranza di riscatto arriva dai giovani, in particolare dalla nuova bandiera della Bardiani-CSF, autore di una stagione costantemente ad altissimo livello con 5 successi. Più delle vittorie, conta l'averlo visto protagonista alla Sanremo e l'essere stato una ruota veloce affidabile a Ponferrada. Segnaliamo anche l'ottimo esordio da professionista di Davide Formolo (6.5), competitivo in Turchia, Svizzera e Canada, spettacolare nel tenere testa a Nibali ai campionati nazionali.

Andrew Talansky - 6.5
È autore di un ribaltone memorabile al Delfinato, che lo rende capace di far fuori Contador e Froome in un colpo solo in una tappa molto pazza. Poi però si sfrange al Tour e manca i grandi appuntamenti. Inoltre, emerge un suo grosso limite caratteriale, l'incapacità pressoché totale di far squadra, tant'è che a Oyonnax i compagni lo lasciano solo: se tale limite non verrà superato, difficilmente lo vedremo far classifica in un GT.

Rui Alberto Faria da Costa - 6.5
La maledizione dell'iride gira alla larga dal portoghese, sebbene debba aspettare il Tour de Suisse (e 6 secondi posti) per potersi sbloccare. Nonostante le uniche due vittorie arrivino solo nella sua corsa, interpretata magistralmente, disputa una stagione costantemente ad alto livello: secondo alla Parigi-Nizza e a Montréal, terzo al Romandia e in Lombardia. Sfigura solo al Tour, dove si pianta alla terza settimana dopo aver inseguito la top ten.

Cadel Evans - 6.5
La carriera dell'australiano può dirsi conclusa (ultimi atti a gennaio), l'ultima stagione è un saggio di quanto fatto vedere durante gli anni: un campione che non è un fuoriclasse, ma raccoglie tutto ciò che può con generosità e determinazione. Le più belle soddisfazioni in Italia: sa di non essere competitivo per il Giro e allora anticipa la preparazione, vince il Trentino e si prende la maglia rosa per 4 giorni durante la seconda settimana. A corredo di ciò, un Tour Down Under ceduto a Gerrans per un soffio e due bei successi al Tour of Utah. Un corridore che decisamente ci mancherà.

Fabian Cancellara - 6.5
Primavera all'altezza delle aspettative per la locomotiva di Berna, a segno al Fiandre e vicino al colpaccio alla Sanremo. Terzo anche alla Roubaix, nonostante non sia più quello di una volta ed invecchiando diventi anche parecchio brontolone. La seconda parte della stagione è decisamente sottotono, specie per quanto riguarda il Mondiale dove avrebbe dovuto essere uno degli attaccanti nel finale.

André Greipel - 6.5
È il plurivittorioso stagionale (16 successi), ma le uniche vittorie pesanti sono una tappa al Tour, il Campionato Nazionale e la Brussels Cycling Classic. Continua, purtoppo per lui, a mancare nei grandi appuntamenti, limite ormai difficile da superare a 32 anni. Da segnalare una bella vittoria, in fuga da lontano, nell'ultima tappa del Giro di Lussemburgo.

Chris Froome - 6
Involuzione e ridimensionamento per l'anglo-kenyano. La prima parte di stagione è falcidiata dagli infortuni, ma ciò non gli impedisce di portare a casa Tour of Oman e Romandia. Al Delfinato va in crisi, al Tour de France non riesce a stare in piedi e molla coi polsi sfasciati prima di fare ulteriori figuracce. Riscatto per lui alla Vuelta, dove però Contador si dimostra superiore in classe ed intensità, pur proveniendo anch'egli da un infortunio. Un bell'enigma valutare ora Chris Froome: è già l'inizio della fine o tornerà a vincere risolvendo i suoi annosi problemi fisici?

Sylvain Chavanel - 6
Il GP Plouay vinto a fine agosto sembra proprio il canto del cigno per un'onorevole carriera, nella quale ha dato il meglio quando correva da gregario: questa doveva essere la sua stagione da capitano, ma al nord ha deluso le attese della IAM ed al Tour de France si è dimostrato sottotono, specie nelle fughe. La sua stagione non è però malvagia, porta a casa 6 successi dei quali ben 3 a cronometro, dove ha dato l'impressione di poter dire la sua anche al Mondiale, salvo poi sciogliersi negli ultimi chilometri della prova.

Greg Van Avermaet - 6
Il suo bel faccione è stampato sotto la voce looser, in qualche almanacco di ciclismo. I 3 secondi posti della stagione 2014 sono tutti emblematici: brucia tanto quella della Omloop Het Nieuwsblad, dopo un testa a testa con Stannard, un po' meno quello del Giro delle Fiandre, visto il pieno merito di Cancellara. Sa di beffa quello del Tour nella tappa di Sheffield vinta da Nibali (quando gli ricapiterà di mettersi dietro Kiwiatkowski e Sagan allo sprint?). Però è una stagione costante ad altissimi livelli ed è dura bocciarlo, specie per la conclusione, coi 3 successi conseguiti in casa (il più importante quello dell'Eneco Tour, nel tempio di Geerardsbergen) e un Mondiale da protagonista e miglior belga in campo, con persino Gilbert al suo servizio.

Bauke Mollema, Lars Boom - 6
Emblema del vivaio Rabobank, autoclave che negli ultimi 10 anni ha pompato professionisti come nessun altro, ma i suoi fiori all'occhiello spesso deludono le attese iniziali, specie se sono tulipani. Tra Robert Gesink (s.v.) bersagliato dalla malasorte nelle maniere più crudeli possibili, per fortuna con un lieto fine, e uno Steven Kruijswijk (4) lontanissimo dai fasti del Giro 2011, quando duellava per la maglia bianca, altri uomini rappresentativi conquistano piccole soddisfazioni, ma è meno di quanto si sperasse. Mollema è secondo a San Sebastián, terzo al Tour de Suisse e quarto alla Freccia Vallone, mentre al Tour si trascina fino alla fine per uno stiracchiatissimo decimo posto; Boom non ha mai convinto in primavera (men che meno quest'anno) ma si porta a casa la tappa di Arenberg e sfiora il bis all'Eneco Tour, battuto solo dall'estro di Wellens, lanciando così il corridore da nord solo per la stagione estiva. Il prossimo della lista è Wilco Kelderman (7), per ora partito sulla scia di Kruijswijk, magari al Tour già l'anno prossimo.

Peter Sagan - 5.5
Fosse stato un altro, il suo bilancio 2014 sarebbe più che lusinghiero: per lui è una battuta d'arresto. "Solo" 7 vittorie, la più importante il Gp Harelbeke, e "solo" la maglia verde al Tour, con "solo" 4 secondi posti ed il record di 7 piazzamenti nei 5 nelle prime 7 tappe. Ma più che i numeri, a deludere è un po' tutta la stagione dello slovacco, sin dal principio: non lo si era mai visto perdere cedendo di schianto come alla Strade Bianche, non quando era al 100%. Ha corso in affanno tutte le classiche monumento alle quali ha partecipato e nella seconda parte di stagione è stato nullo, presentandosi non competitivo alla Vuelta e in forma scadente al Mondiale. Potrebbe trattarsi di un problema a monte col nuovo preparatore Weber, visto che anche gli altri pezzi forti della Cannondale per le classiche, Marco Marcato (4.5) e Oscar Gatto (5) hanno deluso al nord, non vorremmo proprio pensare che a 24 anni il talento slovacco stia già scendendo la china. In ogni caso, l'anno prossimo si passa sotto Tinkov: il magnate russo avrà piani stellari per Sagan, non potrà deludere le aspettative.

Joaquim Rodríguez - 5.5
La fase calante è iniziata per il forte catalano, riferimento del movimento spagnolo assieme a Valverde e Contador negli ultimi 10 anni. La spallata del Mondiale di Firenze, ultima di una lunga serie di delusioni, potrebbe averne minato le motivazioni, così come i 35 anni che porta sul groppone, fatto sta che la stagione di Purito non è stata all'altezza delle precedenti: dopo la seconda vittoria della Vuelta a Catalunya, cade nelle Ardenne ed al Giro d'Italia, dove abbandona. Partecipa ancora precario al Tour con l'obiettivo di conseguire la maglia a pois ma è solo terzo. Entra in condizione per la Vuelta, ma fior di campioni gli impediscono di salire sul podio, e neanche al "suo" Lombardia riesce ad incidere, complice il cambio di percorso. Stesso voto per il fido scudiero Dani Moreno, anch'egli reduce da una stagione così così, ad alto livello ma senza vittorie.

Mark Cavendish - 5
Da quando è iniziata la sua ascesa al ciclismo di vertice, mai era successo che il velocista britannico non ottenesse neanche una vittoria nei GT. A dir la verità ci è stato proprio lontano, con l'unico appuntamento incrociato, il Tour de France, interrotto sul nascere da una lussazione alla spalla. È una stagione comunque ricca di successi minori (11 in tutto), brucia un po' l'essere arrivato in fondo ad una Sanremo resa dura dal maltempo senza affondare il colpo allo sprint.

Carlos Alberto Betancur - 5
Sarebbe stata un'annata dorata per il ciclismo colombiano, se si fosse limitato a fare il corridore. Le premesse per una stagione fantastica c'erano tutte, col successo alla Parigi-Nizza. Invece Betancur ha pensato bene di tornare a casa e sparire, evidenziando tutti quei limiti caratteriali finora apparsi ma rimasti marginali nella sua carriera. Ha praticamente buttato via un Tour de France che avrebbe potuto vederlo tranquillamente salire sul podio (e dare qualche grattacapo a Nibali, visti i compagni di squadra a disposizione). Ha dato invece sfoggio di un finale di stagione imbarazzante, nel quale ha corso la Vuelta sovrappeso e in coda al gruppo. Speriamo abbia imparato la lezione.

Richie Porte - 4.5
Simbolo di un Team Sky che prende i corridori, li spreme come dei limoni e poi li butta via come se fossero stracci vecchi. L'anno scorso alla Parigi-Nizza sembrava in grado di diventare la terza punta della squadra, quest'anno doveva partire coi galloni di capitano al Giro ma non se n'è fatto più nulla; è andato al Tour venendo eletto capitano dalla strada ma ha presto deluso qualsiasi aspettativa. Difficile rivederlo al vertice. Stagione inesistente anche per Sergio Luis Henao (s.v.), ma in questo caso sono un misteriosissimo problema legato al passaporto biologico (prevenzione di una sospensione?) e un brutto incidente al Tour de Suisse a trascinare quest'annata nel dimenticatoio.

Nicola Stufano

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