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Tour de France 2014: Ancora ruzzoloni, TJVG in ritardo - Per Atapuma e Fränk fratture al femore

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La caduta che ha coinvolto Tejay Van Garderen e altri corridori a 16 km dal traguardo © Bettiniphoto

Niente, inutile cercarne: tappe da affrontare in modalità "pilota automatico" al Tour non ce ne sono, e la settima frazione, da Épernay a Nancy, non ha fatto che confermare l'assunto. Una tappa che si è conclusa con meno di 30 corridori nel primo gruppo, con un bollettino di caduti degno dei giorni peggiori e con alcuni di questi caduti che - uomini di classifica - si ritrovano con variegati ritardi conteggiati nella generale. Niente male per una frazione lunga, sì, ma priva di visibili difficoltà sul percorso, non volendo ovviamente considerare degli spauracchi le due salitelle che hanno punteggiato il finale.

Eppure proprio sulla prima di queste due salitelle, la Côte de Maron, già il ritmo imposto dalla Orica (che puntava al colpaccio con Gerrans) ha sfoltito parecchio il gruppo, con quasi tutti i velocisti - a partire da Kittel e Greipel - che hanno perso contatto. Ma ci si è messa di mezzo la solita caduta a far danni: dopo il Gpm la strada non era subito in discesa, ma proseguiva per un po' in falsopiano, e proprio in quel tratto (a 16 dalla conclusione) Tejay Van Garderen s'è arrotato con José Joaquín Rojas ed è finito per terra (vedendosi pure passare un collega sulla mano).

Quel che è più grave, l'americano della BMC ha tirato giù tra gli altri pure il suo compagno Darwin Atapuma, che ha avuto decisamente la peggio, riportando la frattura del femore. Van Garderen ha poi ripreso con la bici passatagli da Peter Velits, ma il gruppo a quel punto non poteva certo fermarsi ad aspettarlo, né la battaglia del finale ha facilitato il compito per Tejay, il quale alla fine si è dovuto per forza accontentare di non aver riportato danni peggiori di 1'03" di ritardo dal vincitore. Il che significa che dall'undicesimo posto a 2'11" da Nibali, il quasi 26enne del Montana scivola al 18esimo a 3'14"; ritrovandosi, come detto, senza uno dei più importanti gregari per la salita: se non è una giornata da buttare nel dimenticatoio questa, allora quale?

Prima delle disavventure di Van Garderen la tappa aveva visto in movimento una fuga a 6 con Busche, Pichot, Edet, Delaplace, Elmiger e Huzarski (gli ultimi due sono stati i primi a partire e gli ultimi ad essere raggiunti, sulla Côte de Maron), dopo la vicenda del corridore BMC la lotta si è invece infiammata per la vittoria di tappa, con un attacco di Gautier sulla Côte de Boufflers (a 6 km dalla fine; sulla côte precedente aveva tentato un allungo il suo compagno Voeckler), rintuzzato dalla Tinkoff che pareva stesse preparando una stoccatina di Contador.

Quella stoccatina non è arrivata, e il proscenio se lo son presi invece gli uomini da classiche: Van Avermaet ha attaccato con Sagan in cima alla salitella, i due hanno dato l'impressione di poter addirittura arrivare al traguardo, ma in vista dell'ultimo chilometro sono stati raggiunti, con Richie Porte che ha tentato il contropiede di fiele. Kwiatkowski ha lavorato bene per chiudere, operando a beneficio del compagno Trentin, ma ai 900 metri una nuova caduta, sull'ultima curva (a destra) del percorso, ha spezzettato ulteriormente il primo gruppo.

Tra i coinvolti in questo ruzzolone, Jurgen Van den Broeck ha infilato la terza caduta in tre giorni, e anche se non si ritirerà di certo, aggiungere botte a botte non è mai un buon viatico per far bene sulle montagne; oltre al belga della Lotto, giù anche Mathias Fränk (abbastanza malconcio, è andato in ospedale per radiografie dopo aver finito la tappa: esito, femore fratturato anche per lui!), Ten Dam, Scarponi, Kangert, Jeannesson, Machado, Albasini, Zubeldia, Molard, Brice Feillu, König e Voss. Una bella infornata, insomma.

Ma per chiudere il bollettino di giornata mancava ancora una caduta, ed era quella - quasi incredibile - che ha coinvolto Andrew Talansky a un passo dalla linea d'arrivo: un attimo prima che Gerrans, impegnato nella ricerca del pertugio migliore in cui infilarsi per fare la volata, tagliasse il rettilineo finale da sinistra verso destra, l'americano della Garmin (un po' distratto) stava percorrendo il senso opposto, spostandosi da destra verso sinistra. Peccato che facesse questa manovra non guardando dove andava a finire, ovvero dritto sul retrotreno dell'australiano. Talansky è così rimbalzato per terra, e anche se per lui (così come per i corridori coinvolti nella caduta dei 900 metri) il ritardo - essendo maturato per un incidente nei 3 km finali - è stato neutralizzato, le botte anche in questo caso come in quello di Van den Broeck, rimangono.

E rimangono - lo accennavamo più su - alla vigilia di un'importante frazione: la prima che possiamo definire di salita, anche se certo non ancora di alta montagna. Le quote che si toccheranno domani sui Vosgi (nella Tomblaine-Gérardmer, 161 km), non raggiungono i 1000 metri, e il dislivello complessivo supera di poco questa quota. Ma il finale è parecchio interessante, tre salite infilate negli ultimi 30 km, con tratti anche molto duri qua e là. Magari non si arriverà uno per cantone, ma in gruppetti non troppo folti. Nibali, attentissimo anche oggi, comanda la classifica coi soliti 2" su Fuglsang, i 44" su Sagan e i 50" su Kwiatkowski. Finora è stato una maglia gialla inattaccabile: vedremo se domani inizierà a prendere bene confidenza con le montagne, terreno su cui da qui a 10-12 giorni si giocherà il suo Tour de France.

Marco Grassi

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