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DéTour 2014: La tradizione è sacra, Hollande in corsa - Lo facciamo anche al Giro? Meglio di no...

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Il presidente francese François Hollande ospite in ammiraglia del Tour de France © BettiniphotoStando a quanto (più o meno) dicono da sempre gli organizzatori, non sono re e presidenti a fare grande il Tour de France, ma è il Tour de France a fare grandi re e presidenti. Ovvio quindi che ci sia la fila allo sportello "accrediti vip" per presenziare all'evento ciclistico più importante dell'anno. Tantopiù in tempi in cui l'andare in bici ha assunto caratteristiche di vera e propria "moda sociale", l'essere associati a chi il pedalare lo fa di professione ha sempre ricadute positive a livello di immagine.

Abbiamo visto i tre giovani principi d'Inghilterra sia alla partenza che all'arrivo della tappa d'apertura, e ieri è toccato al presidente francese François Hollande fare l'abituale visita alla Grande Boucle. Che il padrone di casa dell'Eliseo vada al Tour è peraltro una tradizione ben radicata. Il generale De Gaulle fu il primo presidente ad assistere al passaggio della corsa, ma del resto soleva dire a Jacques Goddet, all'epoca patron del Tour: «Io sono presidente dei francesi per 11 mesi, lei per un mese». Saputo che De Gaulle avrebbe assistito al passaggio della carovana, al Tour del '60, Goddet avrebbe voluto organizzare un omaggio particolare, magari facendo fermare la corsa, ma il presidente disse qualcosa del tipo "fate pure come se non ci fossi" e così fu.

Anche François Mitterrand amava assistere al passaggio del Tour direttamente da bordo strada, mentre il suo predecessore Valéry Giscard d'Estaing era più introdotto nella macchina organizzativa (ma sol perché più appassionato di ciclismo): fu lui a lanciare l'usanza di presenziare anche sul palco delle premiazioni, e dopo aver lasciato la carica fu più volte al seguito di qualche tappa a bordo di una moto dell'organizzazione.

Con Jacques Chirac e Nicolas Sarkozy si è poi istituzionalizzato il "giretto in ammiraglia" di cui ieri ha beneficiato anche il diversamente scooterista Hollande. In un paese con l'ultradestra in forte crescita e con metà dell'elettorato ammaliato dalle parole dure di Marine Le Pen, il presidente socialista - eletto solo 2 anni fa - sembra già il capo di una riserva indiana, ridotto alla marginalità e circondato da nemici da tutti i lati. La crisi economica picchia in ogni direzione e il voto di protesta perde i connotati di presenza residuale per diventare vera e propria maggioranza rumorosa.

In più Hollande un anno fa ci ha messo di suo il bravo scandaletto-di-letto, con tradimento alla moglie e conseguente ricovero in clinica di lei per esaurimento nervoso, e si capisce che anche presso le famiglie la sua immagine si sia un tantino offuscata. Non recupererà certo consensi apparendo al Tour e stringendo qualche mano strada facendo, ma quantomeno una giornata di stacco dalle quotidiane preoccupazioni di un presidente se l'è presa.

Ogni volta che vediamo un Hollande (o un Sarkozy, o uno Chirac) al Tour, peraltro, ci viene in mente la solita domanda: perché in Italia il Giro non gode invece delle stesse attenzioni da parte delle istituzioni? Perché non vediamo mai un presidente scendere dal Quirinale (o almeno da Palazzo Chigi) per andare un po' in corsa, magari indossando un nastrino rosa? L'amarezza di tale constatazione si stempera però subito, non appena ci si sofferma a pensare al disastro che sarebbe una cosa del genere, alle nostre latitudini.

Il Giorgio Napolitano della situazione verrebbe tirato dalla giacchetta da ogni parte, avremmo torme di giornalisti politici a voler capire l'aria che tira, in collegamento con le trasmissioni del mattino, e lo psicodramma permanente che è la nostra politica si trasferirebbe per un giorno alla corsa rosa, con ricadute non propriamente positive per noialtri. Nel caso precipuo di Napolitano, poi, sarebbe spiacevole sentirlo invitare i corridori a cercare in corsa delle larghe intese: già si attacca poco, nel ciclismo contemporaneo, figurarsi se arriva un monito del genere, si può dire addio pure alle magate in stile Quintana giù dallo Stelvio...

Non ipotizziamo poi neanche da lontano che la passeggiata rosa la debba fare un capo del governo. In passato ci sarebbero stati enormi problemi per salvaguardare le miss di tappa dalle allupate avance di un noto ex premier, ma pure quest'anno non avremmo scherzato: ne accreditano per tempo uno, poi quello viene fatto fuori dal compagno di partito e vai a rifare l'accredito... poi, tanto per cambiare, anche nel 2014 - come ogni anno - in Italia si è votato, e proprio a maggio tra l'altro, quindi per par condicio avere il capo del PD al Giro avrebbe reso obbligatoria la presenza degli altri leader ad altre manifestazioni sportive, dagli Internazionali di tennis ai playoff di basket e volley, dal meeting di equitazione di Piazza di Siena alla finale della Coppa Italia di calcio (ops, ma il presidente del consiglio ci è stato, ahilui, alla finale della Coppa Italia di calcio! Ci dev'essere qualcosa che non torna, nel nostro ragionamento).

Infine, diciamo la verità, l'amato (da qualcuno) Matteo Renzi sbuca già di suo da ogni angolo che sia possibile occupare sui media. Che si riesca a non vederlo almeno nel Processo alla tappa e in GiroSera non è, tutto sommato, il peggiore dei nostri mali...

Marco Grassi

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