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Critérium del Delfinato 2014: Giovani Giganti, è una festa continua - Nikias Arndt vince in volata su Kris Boeckmans

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Nikias Arndt (a destra) batte di un niente Kris Boeckmans © BettiniphotoSe ci chiedessero qual è oggi la squadra più intrigante del ciclismo di vertice, probabilmente spenderemmo una preferenza per la Giant. Prosecuzione - con altri mezzi e obiettivi - della vecchia Skil-Shimano, approdata al World Tour lo scorso anno (sponsor Argos), ha fatto crescere in queste ultime stagioni diversi giovani che sono via via diventati protagonisti, e non ha mai smesso di sfornare ruote veloci, al punto da riuscire a mandare al successo il quinto sprinter diverso in questo 2014.

L'impressionante batteria di velocisti di casa Giant si compone innanzitutto di quello che al momento è in assoluto il più forte nella specialità, Marcel Kittel (passato come un fulmine al Giro, due vittorie in tre giorni e poi un controverso ritiro), e del suo gemello diverso John Degenkolb (più portato per le classiche ma comunque anche lui un fulmine in volata, 5 successi in stagione tra cui la Gand-Wevelgem, ma di lui va ricordato soprattutto il secondo posto alla Roubaix).

Accanto a loro, si stanno imponendo nomi come Luka Mezgec (vincitore tra l'altro dell'ultima tappa del Giro), Jonas Ahlstrand (per lui un successo al Circuito di La Sarthe) e Ramon Sinkeldam (a segno ancora pochi giorni fa alla World Ports Classic), e oggi in molti avranno scoperto l'esistenza di Nikias Arndt, vincitore della terza tappa del Criterium del Delfinato, a Le Teil, mentre il già più noto Reinardt Janse Van Rensburg si è piazzato al terzo posto.

Ma non è solo nel comparto della velocità che la Giant giganteggia: non è difficile leggere - in prospettiva - nelle attuali prestazioni di corridori come Tobias Ludvigsson e Tom Dumoulin (eccellenti cronoman) dei futuri uomini da GT, così come non saranno passate inosservate le prestazioni dei giovanissimi Daan Olivier e soprattutto Lawson Craddock sulle salite del recente Tour of California: non si sono ancora del tutto affermati nomi quali Warren Barguil (fortissimo) o Georg Preidler (visto al Giro), che già da dietro spingono le nuovissime leve.

Se li contate, abbiamo citato ben 13 corridori: hanno in comune - oltre al colore della maglia - la caratteristica di essere tutti nati dal 1988 in avanti. Se non è una vera e propria nouvelle vague questa, allora quale? Nella Giant sono i giovani ad esercitare il potere, a suon di risultati altisonanti e belle prestazioni. I più anziani - in molti casi veterani del team sin dai tempi della Skil - solitamente fanno i gregari, ma il loro è comunque un bel vivere, se poi il loro lavoro è ripagato in vittorie sonanti dai giovanotti terribili del sodalizio olandese.

La doverosa premessa riguardante la Giant (23 vittorie complessive finora nel 2014) anticipa le due parole da dedicare a Nikias Arndt: 22 anni, tedesco come Kittel e Degenkolb, già a segno nel 2013 al Circolo Polare (in una tappa dell'Arctic Race of Norway), si fece vedere anche nella frazione conclusiva della Vuelta (fu terzo a Madrid), e oggi ha centrato quasi per caso l'affermazione più importante della sua giovane carriera. Mosso dall'intento di dare una mano in volata al compagno Janse Van Rensburg, sul rettilineo conclusivo s'è trovato su un altro lato della strada rispetto al sudafricano, e a quel punto ha sprintato per sé.

E l'ha fatto talmente bene da vincere, al fotofinish, su Kris Boeckmans, rappresentante della Lotto, mentre RJVR si accontentava di un comunque buon terzo posto. Tanta roba (com'è di moda dire), in una tappa che aspettava principalmente Arnaud Démare e Giacomo Nizzolo; ma per i due la giornata non è stata esaltante: il milanese della Trek, coinvolto in una caduta a meno di 70 km dal traguardo (così come l'altro sprinter Leigh Howard e come anche Pozzato, De Marchi, Devenyns e Coppel), è stato costretto al ritiro (solo botte per lui, in particolare alla spalla sinistra, ma pare non ci siano fratture); Démare invece ha pagato un finale a dir poco tortuoso, un chilometro e mezzo conclusivo sviluppato tra una rotonda e una chicane, tra una curva e un restringimento, 1500 metri in cui il treno FDJ si è sfaldato.

Sul rettilineo conclusivo Démare, partendo da posizione molto arretrata, ha provato a rimontare qualcosa ma la sua rincorsa s'è dovuta fermare quando i due che erano davanti a lui, ovvero Yannick Martinez e RJVR, legittimamente impegnati nella propria volata, gli hanno chiuso la via stringendosi l'uno verso l'altro. A quel punto il talentuoso piccardo ha dovuto smettere di pedalare, salutando per oggi ogni ambizione (solo un ottavo posto per lui). Contemporaneamente, Arndt respingeva il ritorno di Boeckmans con uno strepitoso colpo di reni, vincendo davanti al belga, a Janse Van Rensburg e a Martinez passati nell'ordine; quinto - giusto davanti a un volitivo Jens Keukeleire - s'è piazzato Davide Cimolai, migliore degli italiani (abbiamo messo pure Marco Marcato al decimo posto), ma non certo l'unico a farsi vedere in questa frazione di transizione della corsa transalpina.

In partenza di tappa era stato Cesare Benedetti, indole da gran fuggitivo, a mettersi in movimento insieme a due africani, Blel Kadri (francese di passaporto e di nascita ma algerino di origini) e Natnael Berhane (uno dei migliori eritrei sulla piazza), in un terzetto sintomatico dell'ormai imprescindibile commistione di ciclismo vecchio e nuovo (dalla tradizione dell'italiano alla novità dell'eritreo, passando dal franco-algerino che incarna perfettamente proprio la compenetrazione di questi mondi diversi).

Gli attaccanti hanno avuto sì un vantaggio che ha toccato i 7'30" (km 57, a 137 dalla fine), ma non hanno mai dato realmente l'impressione di potercela fare, visto che il gruppo ha un po' giocato con loro, finendo col riprenderli a 23 km dal traguardo (intanto Berhane aveva fatto in tempo a passare in testa ai due traguardi Gpm di giornata, togliendo punti a possibili avversari del suo compagno Kévin Réza, in maglia a pois di migliore scalatore dopo la messe di punti raccolta nella fuga di ieri).

Meno ha potuto giocare, il plotone, con un secondo - e per certi versi meno atteso - attacco, ordito da quel vecchio combattente di Jens Voigt ai 20 km: il 42enne della Trek è partito con Imanol Erviti, Nicolas Edet, Andriy Grivko e Pim Ligthart, e sul quintetto è presto rientrato un altro terzetto con Kristijan Koren, Alexis Gougeard e un ritrovato (e ci fa piacere) Elia Favilli. Per diversi chilometri - complice un tantino di disorganizzazione del gruppo - gli 8 hanno continuato a guadagnare, arrivando ad avere 41" di margine a meno di 15 km dal traguardo.

È toccato alla Omega Pharma (in azione per Gianni Meersman, che all'arrivo sarebbe stato solo nono) muoversi potentemente per ricondurre l'azione di Voigt e soci a più ragionevoli proporzioni, e alla Katusha (all'opera per Alexey Tsatevich, poi settimo a Le Teil) finalizzare l'inseguimento, riprendendo tra i -7.5 e i -6 tutti i contrattaccanti (ultimi a cedere: Edet e Favilli).

Per quel che riguarda la classifica, nessuna novità rispetto a quanto fissato dall'arrivo di ieri al Col du Béal: Chris Froome è sempre primo con 12" su Contador, 21" su Kelderman, 33" su Talansky, 35" su Van den Broeck e 50" su Vincenzo Nibali. Qualcosa potrebbe cambiare però domani, visto che la Montélimar-Gap (167 km) presenta nel finale il Col de Manse, quasi una riedizione (perlomeno negli ultimi 60 km) della frazione vinta al Tour de France 2013 da Rui Costa con una bella azione personale. Non tanto la salita quanto la picchiata dalla vetta (ai -12) fino alla periferia di Gap è interessante e potrebbe stimolare l'attacco di qualcuno voglioso di recuperare qualche secondo in classifica. Un Vincenzo Nibali, tanto per non fare nomi.

Marco Grassi

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