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Giro d'Italia 2014: Ulissi, questa sì che ci piace - Diego prima vince da favorito, poi si leva qualche sassolino dalle scarpe

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Vittoria di peso per Diego Ulissi a Viggiano © Bettiniphoto

È un successo stratificato, quello di Diego Ulissi a Viggiano. Una vittoria che ha dentro tante cose, a partire dalla statistica e dal fatto di essere la prima italiana al Giro 2014, nonché la prima della Lampre nella corsa rosa da tre anni a questa parte (la precedente? Quella ottenuta a Tirano da... Diego Ulissi).

Ma quella vittoria del 2011, sancita peraltro da una decisione della giuria che declassò Giovanni Visconti (autore di una volata scorretta proprio ai danni di Ulissi), venne in capo a una fuga, coi big che lasciarono fare e i comprimari del caso che si giocarono la tappa; questa, invece, è arrivata in una giornata in cui gli uomini forti del Giro erano tutti lì davanti, pronti a disputarsi il successo e gli abbuoni annessi, o quantomento intenzionati a non concedere spazio agli avversari in quel finale doppiamente all'insù verso Viggiano.

Chiaro quindi che questa affermazione vale molto più di quella, in termini generali. Ulissi non sa ancora se un giorno potrà curare la classifica in un GT, e quand'anche ciò fosse possibile, non lo scopriremo probabilmente nel Giro in corso; però, nell'esplorazione dei propri margini e dei propri limiti, è molto importante il punticino segnato oggi: è un punticino che dice a tutti "io ci sono, me la gioco con voi alla pari e a volte vi posso pure battere". Non un'asserzione banale, trattandosi di un corridore tra i più annunciati e attesi degli ultimi anni (bicampione del Mondo da juniores, scusate se è poco), il quale fin qui ha mancato qualche appuntamento con le aspettative di appassionati e addetti ai lavori, e per questo è stato a volte (e troppo presto) bollato come "promessa mancata".

Ci si dimentica che Diego approdò poco più che ventenne al professionismo e per questo motivo - oggi che di anni non ne ha ancora 25 - ci sembra già quasi un veterano. Ma di stagioni per far bene, davanti a sé, Ulissi ne ha ancora parecchie; al di là di quanto ha fatto finora, ha insomma tutte le possibilità per diventare quel corridore che ci si attendeva, uno in grado di saper vincere ovunque, e di essere protagonista delle classiche più prestigiose, o magari addirittura di un Giro.

Il toscano è in una fase della sua carriera (un "eterno guado", l'abbiamo definita nell'analisi dei protagonisti della corsa rosa) in cui i miglioramenti da un certo momento in avanti hanno smesso di manifestarsi: le sue prestazioni nelle classiche delle Ardenne sono state un campanello d'allarme, visto che in nessuna delle tre corse della settimana olandese-belga Diego è riuscito a far meglio rispetto all'anno scorso, fallendo in pieno uno degli obiettivi stagionali.

Lui oggi spiega quel passaggio a vuoto con una preparazione in altura finita troppo a ridosso delle classiche: «Per questo ero un po' imballato, ma sapevo che al Giro sarei arrivato in gran condizione». A Viggiano, effettivamente, un certo salto di qualità, un segnale di netta controtendenza, è arrivato: il fatto di essersi messo alle spalle gente come Evans e Rodríguez, Urán e Quintana, Scarponi e Pozzovivo su un traguardo della corsa rosa - il primo un po' impegnativo, con tutti gli avversari freschi e pronti a battagliare - dimostra che certe cose non succedono più solo in gare di secondo piano (quali, ahinoi, sono oggi - a livello di partecipazione o di centralità per chi le corre - una Milano-Torino, una Coppa Sabatini, un Giro dell'Emilia). Possono succedere anche quando tutti i riflettori sono puntati addosso.

Ulissi, peraltro considerato il favorito di giornata dalle quote dei bookmakers, aveva in mente qualcosa già da lontano dal traguardo, prova ne sia l'aver visto la Lampre far capolino in testa al gruppo quando era in atto la fuga del mattino. Sulla rampa di Viggiano Ulissi è stato molto attento a tenere le prime posizioni, sia al primo passaggio (quando ha evitato di rimanere coinvolto o anche solo intruppato nella caduta che ha spezzato in due il plotone), che al secondo, quando ha curato da vicino i vari Evans e Rodríguez, individuandoli come gli uomini più pericolosi.

Il secondo stava facendo lavorare a tutta la Katusha, del primo conosciamo la capacità di essere molto efficace su traguardi del genere. In più mettiamoci lo stimolo aggiuntivo dei secondi d'abbuono per salire (o risalire, nel caso di Purito) in classifica. Ulissi non ha perso una pedalata, ha gestito gli ultimi due chilometri da consumato finisseur, e ha saputo attendere il momento giusto per la sua stoccata, capendo che conveniva far sfogare ai 500 metri Rodríguez, Arredondo e Boasson Hagen, lasciando che fosse poi Matthews a chiudere il buco, per poi colpire di rimessa su Evans: Cadel pensava di poter vincere agevolmente su Arredondo, ma non aveva forse fatto tutti i conti con lo spunto del livornese.

Bravo anche - Ulissi - a sbucare da uno spazietto tra Arredondo e le transenne, mostrando coraggio ma soprattutto grande voglia di portare a casa questa vittoria. Una giornata perfetta, insomma. O quasi. Quel quasi che è venuto fuori nelle interviste post-gara, nelle quali Diego, pur riconoscendo di aver deluso nelle classiche, non ha perso occasione per lanciare una mezza invettiva contro i critici, quelli che l'hanno bollato troppo presto, quelli che dicono che nelle gare di oltre 200 km lui si perde: «Ricordo a tutti che quella di Tirano era una tappa di 240 km, e avevo solo 21 anni».

Comprendiamo che questo sfogo gli bruciasse talmente tanto, dentro, da non riuscire ad essere trattenuto: alla prima occasione buona, Ulissi s'è tolto i classici sassolini dalle scarpe. Ma era davvero la prima occasione buona? No, perché la vittoria di oggi è sì bellissima, ma non risponde alle critiche relative alla sua impalpabilità nelle gare più lunghe e dure. Sì, la tappa di Tirano era di 240 km, ma quel giorno non ci fu lotta col coltello fra i denti da parte degli uomini più forti.

In sintesi, fin qui Ulissi ha dimostrato di saper vincere oltre i 200 km quando i big lasciano fare; e di saper vincere entro i 200 km contro chiunque o quasi. Saper vincere oltre i 200 km contro chiunque o quasi è una sintesi che non gli è ancora riuscita. Quando gli riuscirà (in una Liegi, un Lombardia, una Sanremo, un'Amstel, magari un Mondiale), potrà ben dire che i critici non capiscono niente. Fino ad allora, al massimo potrà chiedere di aver pazienza, e nel frattempo regalare a tutti qualche bella perla come quella di oggi.

Marco Grassi

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