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Parigi-Roubaix 2014: Il giorno magico di Terpstra - Momenti di grande spettacolo. Degenkolb e Cancellara a podio | Cicloweb

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Parigi-Roubaix 2014: Il giorno magico di Terpstra - Momenti di grande spettacolo. Degenkolb e Cancellara a podio

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Niki Terpstra, vincitore in solitaria della Parigi-Roubaix 2014 © Bettiniphoto

Ah, la saggezza delle nonne! Di quelle donnine che, da bimbo, ti consigliavano di frequentare le compagnie giuste e gli amici più bravi di te, che di sicuro così facendo non correvi rischi e anzi magari te ne veniva qualcosa di buono. Nonna Terpstra avrà senz'altro suggerito al piccolo Niki una cosa del genere, c'è da scommetterci. E lui, bravo piccino, ha preso in parola i consigli della vecchina, li ha messi in pratica ed oggi si ritrova, alle soglie dei 30 anni, con una bella classica monumento nel palmarès. Ovvero un risultato che un corridore bravo ma non in assoluto eccellente può raggiungere solo in presenza di determinate condizioni.

La prima di queste condizioni è quella di star bene in salute e in ottima forma fisica, ciò è addirittura scontato; ma la seconda è proprio quella di essere nel giro giusto, ovvero in quello il cui valore complessivo fa sì che le occasioni di successo siano talmente tante che prima o poi, gira che ti rigira, potrà arrivare anche quella buona per te. Nel ciclismo dei Merckx e dei De Vlaeminck un discorso del genere avrebbe lasciato il tempo che trovava, visto che all'epoca vincevano quasi sempre i capitani. Ma oggi (da un bel po' di anni, in realtà) le cose sono cambiate, e può succedere che sia il capitano designato ad andare all'attacco da lontano, e a lasciare spazio ai propri luogotenenti per la stoccata finale.

Perché diciamo che Niki Terpstra è un corridore bravo ma non in assoluto eccellente? Oddio, non lo diciamo noi, ma un palmarès che, accanto a un paio di titoli nazionali olandesi, non reca nota di grosse affermazioni: più numerosi i piazzamenti (e non casualmente quasi tutti in zona fiamminga), ma quest'anno il secondo posto di Harelbeke (e il quinto alla Het Nieuwsblad, e il quarto a La Panne, e il sesto al Fiandre), per non parlare della seconda vittoria (dopo quella del 2012) nell'Attraverso il Fiandre, lasciavano intravedere un ulteriore miglioramento nella sua capacità di finalizzare o di essere comunque presente nei momenti importanti.

Poi a furia di attraversarle, queste Fiandre, finisce che una Parigi-Roubaix te la porti a casa: dopo il podio già assaporato 12 mesi fa (fu terzo), Terpstra raggiunge oggi lo zenit di una carriera iniziata in pista, passata da un team tedesco (la Milram) con la cui maglia il ragazzo si è formato come stradista, e culminata con l'approdo nella corazzata di Lefévère, squadra nelle cui fila ha affinato l'attitudine a muri e pavé, la capacità di supportare in corsa un capitano come Tom Boonen (da lui aiutato a vincere la Roubaix 2012, per esempio), e la prontezza nell'approfittare delle occasioni che - come diceva la nonna, e com'è capitato giustappunto oggi - qua e là si presentavano.

Non sarà mai un Cancellara, Niki (men che meno un Boonen), ma siccome non smetterà di pedalare domani, si può star certi che le sue brave soddisfazioni continuerà a togliersele per diversi anni ancora, ogniqualvolta le pieghe della corsa gli offriranno lo spiraglio di un bersaglio da centrare. E sappiamo tutti che in gare come il Fiandre o la Roubaix, tali spiragli sono più frequenti di quanto non si pensi.

A ben vedere, la vittoria di Terpstra è anche la migliore notizia per il ciclismo italiano, oggi (anche perché il fatto che per trovare uno dei nostri - Pozzato - si debba scorrere l'ordine d'arrivo fino alla 50esima posizione è francamente incommentabile), e lo è perché anche noi non abbiamo certo un Cancellara (e men che meno un Boonen), ma se stasera dobbiamo analizzare le possibilità di ottenere dei successi in questo tipo di gare (15 anni dopo Tafi alla Roubaix, "appena" 7 anni dopo Ballan al Fiandre) dobbiamo iniziare a fare il conto delle necessità di cui far virtù. E nel fare questi conti, ci accorgeremo che uno dei più portati, tra gli azzurri, per le classiche del pavé, milita proprio nella stessa Omega Pharma in cui c'è Terpstra: si tratta di Matteo Trentin, ancora giovane (quella in corso è la sua 24esima primavera), solo 95esimo oggi, ma facente parte a pieno titolo della squadra oggi vincitrice. Continui a crescere, a imparare, perché se la ruota girerà per lui, girerà di conseguenza per tutti gli appassionati del Belpaese.

Fuga senza italiani, Kristoff primo big out, e quanto scalpita Boonen!
Nel corso di una prima ora di gara volata via a 48.6 di media, la fuga dei comprimari ha preso forma al km 23, composta da 8 uomini: tre francesi (Koretzky, Boucher e Jarrier), due belgi (De Troyer e Dehaes, il più esperto di tutti), un americano (Murphy), un ceco (Kolar) e un tedesco (Schillinger). Italiani? Non pervenuti.

Mentre gli otto guadagnavano fino a 10' (margine toccato al km 60), in gruppo si segnalava giusto qualche foratura (tra le altre una di Boonen, addirittura due per Démare), quando però ancora la corsa non era entrata nel vivo. Peggio è andata a Sagan, che si è ritrovato la gomma a terra a pochi chilometri dalla Foresta di Arenberg. Il tempo di rientrare per lo slovacco (aiutato soprattutto da Marangoni) che, superato il tratto di pavé numero 19 (quello di Haveluy, il primo su cui l'andatura è aumentata, su impulso degli Sky), si è approdati direttamente ad Arenberg.

Qui il drappello di testa ha perso la metà dei suoi componenti (Boucher, Dehaes e Koretzky per foratura, Kolar per fuorigiri), mentre il plotone, guidato dai Wanty di Leukemans (e con Pozzato, Degenkolb, gli Sky nelle prime posizioni), vedeva la fine della festa per Kristoff, vincitore della Sanremo, appiedato a sua volta da una foratura. Prima di una serie di sfortune per il norvegese, che di lì a 10 km avrebbe forato una seconda volta, e sarebbe poi caduto, ritirandosi a 85 km dal traguardo.

La fase delle grandi cadute, inaugurata dal corridore della Katusha, è culminata con un brutto capitombolo innescato a 83 km dalla fine da Hayden Roulston, andato giù nel tentativo di fare una manovra azzardata (il gregario di Cancellara stava scendendo da un marciapiede): il corridore della Trek si trovava nelle prime posizioni del gruppo, e nell'occasione ha fatto cadere anche il compagno Irizar e diversi altri corridori, rallentandone molti altri, a partire proprio da Fabian.

Ma gli avversari dello svizzero, nell'occasione, non hanno dato l'impressione di voler infierire, e solo quando il vincitore del Fiandre si è rimesso in scia, sul tratto in pavé numero 16, a Hornaing, la Omega Pharma ha - come si suol dire - aperto le danze: Boonen, in coppia con Terpstra, ha dato la prima frustata (a 80 km dalla fine!), nello stesso momento in cui Trentin accusava un problema meccanico. L'azione dei due OPQS ha selezionato un drappello con - tra gli altri - Boom, Ladagnous, Phinney, Keukeleire, Van Avermaet, Hushovd, Vanmarcke: c'era di che andare al traguardo, se non fosse mancato così tanto alla fine; intanto, mentre Cancellara riordinava le idee e Sagan continuava a correre di rimessa dopo aver inseguito a causa della foratura, altri protagonisti se la vedevano con ruote bucate: tra tutti, Pozzato e Degenkolb.

Un Hushovd ritrovato, un Boonen determinatissimo
All'uscita dal settore di Hornaing, Hushovd ha dimostrato che non si trovava lì davanti per caso. Un suo primo allungo ha chiamato alla risposta Boom, Chainel, Keukeleire, Lemoine, Bonnet, Van Emden, Sergent; alla reazione del gruppo, Thor è ripartito sul settore di pavé numero 15, ai -74, ma nonostante un momento propizio (a causa di una foratura che aveva rallentato Boonen), questa nuova azione non ha catalizzato forze sufficienti a una sortita vera e propria.

La fase interlocutoria, tra un mezzo scatto e l'altro, è durata fino al rifornimento dei -67, dove il rallentamento generale ha permesso a qualcuno di rientrare (ad esempio a Démare, reduce dalla terza foratura della giornata) e alle forze in campo di ricomporsi, e ha di fatto dato il via alla vera e propria sfida tra i big. Una sfida iniziata con un attacco di Thomas, Ladagnous e Tankink (a cui si sono accodati Fouchard, Saramotins, De Backer, Gaudin, Tjallingii e Yannick Martinez) prima dell'ingresso nel settore numero 13 (Beauvry-la-Forêt), e proseguita con l'immediata reazione di chi? Di Tom Boonen, che sul pavé ha aperto il gas (togliendosi Wiggins di ruota) andando all'attacco a 65 km dalla fine: follia? Esagerazione? O piuttosto un movimento mirato e tarato sulla condizione dei vari componenti della Omega Pharma?

Mentre Boonen andava alla ricerca di fortuna, una caduta toglieva di mezzo - almeno per la lotta di vertice - Luca Paolini, e con lui molte delle speranze di vedere un italiano piazzarsi nei quartieri alti dell'ordine d'arrivo. Per la Katusha, già orfana di Kristoff, una vera disdetta.

Con Boonen sempre più convinto nei panni dell'animatore dell'attacco, il drappello dei 9 ha raggiunto i tre superstiti della fuga, ovvero De Troyer, Jarrier e Schillinger (Murphy, vittima di una foratura, si era staccato da una decina di chilometri), ma non è riuscito a guadagnare troppo su un gruppo tirato dalla BMC (con Quinziato protagonista dell'inseguimento). Troppi pesi morti a traino, alle spalle di Boonen; e allora Tom, sul settore di Orchies (-60), è ripartito in contropiede, selezionando il drappello (con lui son rimasti solo Thomas, ottimo collaboratore nel tirare, e poi Ladagnous, Martinez, Gaudin e De Backer).

Nonostante la nuova versione del plotoncino al comando, più snella e funzionale, Tom non riusciva ad aprire un varco importante. Quinziato continuava a tambureggiare in testa al gruppo, e all'ingresso del settore 11 (Auchy-lez-Orchies, a 54 dalla fine) il ricongiungimento pareva cosa fatta. Ancora Boonen ha detto di no, ripartendo fortissimo e trascinando con sé i soli Thomas e De Backer (lì presente in qualità di luogotenente Giant).

Allora Hushovd ha a sua volta rotto gli indugi, uscendo tutto solo dal gruppo e riportandosi, nel giro di un chilometro, su Tom, Geraint e Bert (sui quali era pure riuscito a rientrare nuovamente Martinez). L'arrivo del norvegese ha per un attimo congelato i piani di Boonen: portarsi appresso un'altra ruota veloce, o fermarsi e rinviare tutto a futuri attacchi? È stato lo stesso Hushovd a risolvere la questione, mettendosi in testa e ripartendo lui di slancio: a quel punto Boonen non ha potuto far altro che seguire l'avversario, ridando nuovamente fiato all'azione, a cui hanno continuato a rimanere accodati Thomas, De Backer e Martinez, e nella quale si reinseriva anche Tankink, compagno di Vanmarcke.

In un inseguimento sempre a un passo dall'essere compiuto, ma sempre frustrato sul più bello, Cancellara - fin lì abbastanza disinteressato alle vicende che gli si animavano intorno - ha capito che era il caso di iniziare a a fare atto di presenza, lì davanti, e ha messo uno dei suoi (Boy Van Poppel) a tirare, prima del settore numero 10, quello - durissimo - di Mons-en-Pévéle.

Boonen e Hushovd ci credono, ma Vanmarcke rimescola tutto a Pont-Thibaut
Veder girare Tom e Thor in testa al gruppetto, sul pavé, era piacere puro per gli occhi dell'appassionato. E anche Thomas non ha mai fatto mancare il suo apporto (mentre il compagno Wiggins presidiava ottimamente il gruppo degli altri big); con alcune delle squadre principali rappresentate davanti, dietro non si capiva bene chi avrebbe assunto il compito di tirare: la Trek traccheggiava, la Cannondale vedeva un Sagan all'apparenza non esaltante, le altre squadre erano presenti con pochi uomini... su Mons-en-Pévéle tanto netto è stato il rallentamento del gruppo, che da dietro sono rientrate decine di corridori staccatisi sul settore 11: tra i vari gregari, anche qualche nome eccellente (Degenkolb, ad esempio).

Il fatto che il gruppo si sia rinfoltito non ha però fatto sì che da dietro si recuperasse su Boonen e soci, tutt'altro: il trenino dei sei battistrada procedeva sempre più spedito, tanto da arrivare ad avere un vantaggio di oltre 50" a poco meno di 40 km dalla fine, all'ingresso del settore di pavé numero 8, da Pont-Thibaut a Ennevelin. È stato a questo punto che la Belkin, dopo aver fatto tattica ostruzionistica per 10 interminabili chilometri (aveva Tankink davanti e fingeva che ciò le andasse bene), ha cambiato ritmo, preparando il terreno per l'attacco di Vanmarcke.

La frustata dell'ottimo Sep ha fatto saltare il tappo: pronta la reazione di Van Avermaet, Keukeleire, Boom e soprattutto Cancellara. Accettabile quella di Wiggins e Stybar; più faticosa quella di Boasson Hagen, Sagan, Langeveld; inesistente quella di Pozzato, che nell'occasione ha fatto ciao con la manina e ha salutato definitivamente la compagnia dei migliori. L'aumento vertiginoso del ritmo di Vanmarcke e soci è costato ai battistrada la bellezza di mezzo minuto di vantaggio (il margine è sceso appena a 23" a 36 km dalla fine), e ciò ha nuovamente tranquillizzato gli inseguitori, che di fatto si sono rialzati un'altra volta.

A questo punto Sagan, stufo di soffrire a ogni cambio di ritmo sul pavé, ha deciso di giocare d'anticipo ed è partito all'attacco, inseguito da Wynants. Intanto Boonen tentava un allungo solitario ai 35 km, ma Thomas era bravo a chiudere. L'inerzia della gara però a questo punto era in favore di chi era dietro: e così, prima Sagan e Wynants sono rientrati sul gruppo Boonen (ai -25), quindi - malgrado un nuovo tentativo di affondo di Tom sul settore di Bourghelles, ai -24 - anche diversi altri uomini si sono rifatti sotto ai 21 km: prima Keukeleire con Boom, quindi Vandenbergh (rinforzo per Tom) con Ladagnous (intanto Van Avermaet e Burghardt finivano per terra su una curva a destra, a completare una frittatona BMC).

Sagan, ancora non contento della situazione che si profilava, ha anticipato una seconda volta, avvantaggiandosi sul gruppo formatosi in testa, ed è rimasto da solo ad affrontare il settore di Camphin-en-Pévéle, sul quale Boonen e soci, mollati da Sagan, venivano pure raggiunti dai big del secondo gruppo. Vanmarcke, incontenibile nell'occasione, è ripartito subito, provando a sorprendere Cancellara, e riuscendo col suo allungo a selezionare un quartetto comprendente Fabian, Degenkolb e Stybar. Le gambe di Boonen, nell'occasione, chiedevano un time-out.

La grande incertezza, il grande scatto di Terpstra
Quando il quartetto formato da Vanmarcke, Cancellara, Degenkolb e Stybar (ottimamente assortito, quindi) ha chiuso i 15" di gap da Sagan sul terribile Carrefour de l'Arbre, ai -15, all'inseguimento si andava coagulando un secondo drappello con Boonen e Terpstra, Thomas e De Backer, Langeveld e Wiggins. Tra i due plotoncini, 15" o poco più. Inezie, quindi: tutto rischiava di essere più che mai aperto.

L'ha dimostrato anche Sagan, che sul finire del Carrefour si è staccato dagli altri 4, ma si è gestito ottimamente ed è riuscito a rifarsi sotto con un balzo felino, all'ingresso del settore di pavé numero 3, il Gruson (a 14 km dalla fine). Discorso a 5? No, discorso a 11. Perché da dietro tornava a manifestarsi il sestetto inseguitore, tirato da un inesauribile Thomas (al lavoro per Wiggo) e da un volenteroso Terpstra (al servizio di un Boonen non ancora domo, e indifferente al fatto che davanti ci fosse Stybar: evidentemente le chance del ceco contro le ruote veloci di Degenkolb e Sagan non erano valutate troppo, in casa OPQS).

L'aggancio tra i due drappelli si è consumato ai 9 km, poco prima del penultimo settore di pavé, quello di Hem. Passato, questo tratto, in cavalleria, coi battistrada intenti a studiarsi. Prima che la ridotta andatura del nuovo gruppetto a 11 facesse venire idee strane ad altri inseguitori (il margine sul secondo gruppo era di poco più di 20"), è avvenuto quello che era logico accadesse: il rappresentante di una delle squadre in superiorità doveva rompere gli indugi. Non l'ha fatto la Sky (Wiggins, pur bravo, non ha saputo prodursi in un allungo); non l'ha fatto la Giant (De Backer aveva già dato tutto, Degenkolb aspettava l'eventuale volata); e allora l'ha fatto la Omega Pharma, non con Boonen (stanco dopo una gara mostruosa per coraggio e dedizione alla causa), non con Stybar (cauto), ma col terzo uomo, Terpstra.

L'olandese è partito a poco più di 6 km dal traguardo, e ha subito preso margine. Cancellara si è guardato bene dal muoversi per inseguire: l'ultima cosa che voleva era di chiudere sull'attaccante e di esporsi ad altri contropiede, o peggio, alla sconfitta in volata dal Sagan della situazione. Ci ha provato allora De Backer, e gli ha dato qualche cambio il commovente Thomas, ma le forze erano ormai esaurite: e da 10" ai 5.5 km, il vantaggio di Terpstra si è dilatato fino ai 15" dei 3.5 km. E ancora, a salire, fino ai 20" dei -2.5. A quel punto nessuno avrebbe più potuto raggiungere Niki, lanciato verso la vittoria che vale una carriera.

Senza intoppi, il quasi 30enne di Beverwijk è entrato nel Vélodrome, e si è goduto come meglio non avrebbe potuto quel giro e mezzo di apoteosi. Sicuro che più nulla e nessuno gli avrebbero potuto togliere quell'affermazione. Alle sue spalle, a 20" di distanza, Degenkolb si è tolto almeno la soddisfazione di vincere (esultando) la volata per il secondo posto, davanti a Cancellara che con la terza piazza allunga a 12 la serie di podi consecutivi nelle classiche monumento portate a termine negli ultimi 4 anni: un ruolino sempre più mostruoso.

Giù dal podio ma nei 10 Vanmarcke, Stybar, Sagan (sesto coi crampi), Thomas, Langeveld, Wiggins e Boonen. 11esimo a 26" l'esausto De Backer, quindi il gruppetto successivo è arrivato a 47" ed è stato regolato - per il 12esimo posto - dal tenacissimo Démare su Eisel, Turgot, Leukemans, Vandenbergh, Van Avermaet e Van Emden; Hushovd ha chiuso al 19esimo posto a 1'05", davanti a Drucker e Boasson Hagen; Phinney, uscito di scena sul più bello (rallentato anche da una foratura sul Carrefour), non ha fatto meglio del 30esimo posto; di Pozzato 50esimo (a 6'44") abbiamo fatto menzione all'inizio. Paolini - tanto per citare anche lui - ha chiuso al 74esimo posto.

Una gara che ha alternato tratti entusiasmanti con fasi di studio, ma che ha contenuto tutto quello che è il bello del ciclismo, l'azzardo e la tattica, il gioco di squadra coniugato col rischio (vedi Belkin) e quello destinato alla sconfitta (casa BMC), il cuore (di tanti) e il tempismo (di pochi, su tutti: Terpstra). Una gara che, nella sua durezza estrema, resta la summa di ciò che è questo sport, e rappresenta come ogni anno uno degli apici della stagione.

Da qui in avanti si volta già pagina, domenica prossima saremo già sulle Ardenne (con l'Amstel Gold Race) per un gruppetto di gare in cui - se non succedono cataclismi - l'Italia dovrebbe giocare un ruolo più di primo piano. Non diciamo che ci dobbiamo aspettare vittorie o podi, ma quantomeno tra Nibali e Cunego, Ulissi e Scarponi, Gasparotto e magari qualche altro nome che si farà trovare ben in palla, qualche piazzamento di valore potrebbe venir fuori.

Marco Grassi

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