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Parigi-Roubaix 2014: Chi saprà emulare Fabian e Tom? - I protagonisti da pavé del dopo Cancellara-Boonen

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La forza di John Degenkolb scaricata sul pavé © Bettiniphoto

Boonen e Cancellara, Cancellara e Boonen. Negli ultimi dieci anni i due campioni si sono spartiti sette Roubaix, con il belga a precedere di un'unità lo svizzero. In quest'edizione l'elvetico ha portato a casa la sesta top 3 nella regina delle classiche (dodicesimo podio nelle ultime tredici monumento disputate e quindicesimo nelle trenta corse in carriera) mentre il fiammingo, autore di una prova indomita, ha contribuito al successo del compagno di squadra Terpstra. I due campioni, al termine di questa Campagna del Nord, torneranno sulle loro amatissime pietre quando avranno compiuto entrambi 34 anni, avviati quindi alle fasi finali delle rispettive, luminosissime, carriere.

Chi può aspirare a prendere il loro posto? Semplificando la ricerca, potremmo dire che gli emuli di Cancellara dovrebbero essere trovati nei passisti potenti capaci con doti di resistenza, cambio di ritmo e spunto veloce. I discepoli di Boonen invece dovrebbero essere dei velocisti puri trasformatisi, con la naturale maturazione, in resistenti uomini veloci e abili quando la gara supera i 250 km di lunghezza.

Per quanto riguarda la prima categoria all'orizzonte ci sono solo un paio di atleti ascrivibili ad essa. Il primo è senza dubbio Sep Vanmarcke, nome ormai sempre presente ai piani nobili in questo tipo di corse. Di Kortrijk come Devolder e Hoste, Vanmarcke ha già ora caratteristiche migliori rispetto a quelle avute dai concittadini al loro massimo della carriera, protagonisti (soprattutto al Fiandre) negli ultimi dieci anni. Nella prova odierna, a dimostrazione dell'importante reputazione che ha già nel plotone, è stato sempre marcato da Cancellara, che non ha risposto agli attacchi dei vari Boonen, Hushovd e Sagan, rispondendo sempre presente alle azioni del fiammingo.

Se il capitano della Belkin, classe 1988, ha già battagliato per la vittoria, un altro prossimo protagonista di queste corse sarà Guillaume Van Keirsbulck. Su Gvk, nipote del campione del mondo 1963 Benoni Beheyt (vincitore a Ronse tradendo il capitano Van Looy), l'occhio lungo e scafato di Patrick Lefévère si è posato molto presto, mettendolo sotto contratto come stagista a soli 19 anni. Ora che di primavere ne ha 23 il talento dell'Omega Pharma deve tirare il freno nelle corse più importanti, dove la triade Boonen-Stybar-Terpstra detta legge, mentre ha carta bianca nelle altre corse. Come Cancellara ama l'esercizio della cronometro (anche se, va detto, non al livello di Spartacus) e ha buona familiarità sulle lunghe distanze. Come si suol dire, se son rose fioriranno.

Sono più numerosi, invece, gli apprendisti Boonen. Il primo della lista, e non solo per l'ordine alfabetico, è John Degenkolb. Sia come caratteristiche e sia analizzando la prova odierna, il tedesco assomiglia molto al giovane Tommeke in maglia Us Postal, con la probabile considerazione che il panorama odierno è maggiormente livellato per quel che riguarda i primi rispetto a dodici anni fa. Il velocista della Turingia, regione che fu il serbatoio ciclistico della Ddr, si sta sempre più trasformando da velocista puro (ruolo comunque coperto con profitto in casa Giant da Kittel e Mezgec) a classicomane di rango. Come ha dichiarato in conferenza stampa «è un gran momento, secondo alla Roubaix a soli 25 anni; chi lo sa cosa mi riserverà il futuro, comunque sono giovane ed ho ancora tempo per migliorare» il ragazzo è conscio di non essere arrivato. Anche perché, battuta la sfortuna che lo ha bersagliato alla Sanremo (malasorte ripresentatasi oggi ancora sotto forma di foratura), l'obiettivo per il futuro sarà la vittoria di una monumento. Mentre intanto si sta abituando ad alzare le braccia nelle classiche di rango come Amburgo, Tours e buon'ultima la Gand.

Alla terza Roubaix in carriera (la prima corsa da leader) Peter Sagan ha probabilmente disputato la miglior classica monumento della sua giovane e già trionfale carriera. Partendo, una volta tanto, senza l'obbligo di far risultato, lo slovacco ha condotto una gara aggressiva e all'attacco come sa fare, provando a giocarsela in modo molto interessante dal punto di vista tattico. Non essendo sicuro di poter restare con i migliori sul Carrefour de l'Arbre, Sagan si è avvantaggiato nei km che precedevano il tratto solitamente chiave della gara, tenendo fino alla fine le ruote dei quattro che l'avevano superato. Anch'egli sfortunato (si è fermato tre volte per cambiare la bici, la seconda delle quali prendendo quella del compagno Marangoni), nel finale è stato colpito da crampi. Il capitano della Cannondale è, probabilmente, meno lucido fisicamente dei rivali quando il chilometraggio si fa più importante, unica caratteristica che questo campioncino deve migliorare per diventare, finalmente, il primo slovacco a vincere una grandissima classica. E, come si è visto oggi, anche la Roubaix può tranquillamente essere nel mirino del ventiquattrenne.

Chi oggi è stato bersagliato dalla sfortuna è Alexander Kristoff. La prima disavventura del norvegese è capitata nella Foresta di Arenberg quando ha forato. Dopo pochi minuti la storia si è ripetuta, costringendolo a mettere piede a terra per cambiare il tubolare. Infine, come in un crescendo rossiniano, una caduta (contro un trattore!) l'ha messo definitivamente fuori gioco. Rispetto agli altri qui esaminati Kristoff si differenzia per tre aspetti: il primo è che, anagraficamente, è il più maturo, visto che compirà 27 anni a Leeds, nel giorno della partenza del prossimo Tour. La seconda difformità rispetto ai colleghi è che una monumento l'ha già vinta, conquistando la Sanremo come outsider; questo punto è anche il terzo elemento divergente, visto che, almeno sinora (e la tendenza è continuata nell'ultima settimana), il suo è un nome poco considerato dai rivali come un protagonista di primissima fascia, lasciandolo quindi meno controllato nel plotone. Nonostante il primo norvegese vincitore di una monumento sia lui e non i più celebrati Boasson Hagen e Hushovd.

Tre forature sono il bilancio odierno di Arnaud Démare. Nonostante ciò il piccardo si è sempre rimesso in pista, concludendo alla fine al 12° posto a 47" da Terpstra. Questo per lui è stato il primo segno della sua breve carriera da professionista nel pianeta pavé in cui, da Under 23, aveva fatto intravedere qualche segnale, pur dovendosi accontentare come miglior risultato di un 4° posto alla Roubaix 2011 vinta da Sinkeldam (in quell'occasione secondo fu Stuyven, oggi distintosi fra i pochi Trek capaci di aiutare Cancellara). Démare è il velocista più puro fra quelli qui esaminati ed è anche quello con meno esperienza, dovuta non totalmente al fatto di essere il più giovane. La sua strada è quella meno prevedibile ma, allo stesso tempo, la più intrigante da analizzare. E in Francia le spinte andranno sicuramente in direzione di un futuro da classicomane, considerati sia i diversi talenti presenti fra gli sprinter (Bouhanni, Coquard e, in prospettiva, Alaphilippe e Boudat) e sia l'assenza di veri nomi di prestigio fra gli uomini da classiche. Anche perché l'ultima classica monumento per i transalpini è datata 1997, con il Giro di Lombardia targato Jalabert. Da allora, a secco da 83 gare.

In conclusione, le indicazioni lasciano presagire che i prossimi vincitori della Roubaix potranno più facilmente essere dei velocisti trasformatisi in paveari rispetto ai passisti più naturali. Tom ha già gli eredi pronti a vincere, altrettanto non si può dire per Fabian. Stesso discorso, aprendo una breve parentesi, per l'Italia: i talenti pronti a vincere latitano. A meno che non esca qualche coniglio dal cilindro (improvviso colpo di coda di Pozzato, crescita esponenziale di Puccio e Trentin), bisognerà verosimilmente attendere la maturazione di chi, fra Under 23 (Ignazio Moser) e Juniores (Flippo Ganna), ha doti naturali per queste corse. Ma il futuro immediato...

Alberto Vigonesi

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