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Grand Prix Cerami 2014: La seconda vita dell'uomo volante - Petacchi, una vittoria speciale. Tanta Italia nella top ten

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Alessandro Petacchi si aggiudica il Grand Prix Cerami © Mario Stiehl

Hao Hao e Xing Hui sono due panda giganti e, come tali, a rischio di estinzione. Dallo scorso febbraio sono ospiti del Pairi Daiza, grazioso giardino zoologico-botanico di Brugelette; vi resteranno per 15 anni, secondo accordi diplomatici con la Cina, di cui sono originari. Anche Alessandro Petacchi fa parte di una specie da proteggere: quella dei corridori italiani che sanno vincere.

Coincidenza o destino, i due ghiottoni di bambù e il velocista nativo di La Spezia si sono quasi sfiorati, oggi, circa tre ore prima della eccezionale affermazione sportiva di un uomo di 40 anni e 3 mesi, potenziale padre di almeno mezzo gruppo e al tempo stesso più giovane di tanti, troppi scalmanati sbarbati. Vigilia di Roubaix e, interpellando la memoria, non è casuale neppure questo dettaglio: sulle pietre della Francia settentrionale, Petacchi pedalò per l'ultima volta, una primavera fa.

Poi, quella originale variante di "ritiro condizionato", sorta di time out per ricaricare le pile, ritrovare stimoli, raccogliere nuove energie. Ed accettare, infine, di tornare a limare nel ventre del plotone, curandosi di trasmettere a Mark Cavendish tutta la propria sterminata riserva di esperienza e di esperienze. E infine, che cosa ha più logica di ricucire il fil rouge della vittoria, in età da pensione (agonistica), se non nella corsa intitolata e dedicata al più maturo ad aggiudicarsi una tappa del Tour de France, ovvero quel mezzo siciliano e mezzo belga di Pino Cerami?

Il primo successo in due anni di Petacchi (aveva smesso di esultare - e chissà, forse pure di divertirsi - il 27 maggio 2012, frazione numero cinque del Giro della Baviera), in un certo senso suggerito dalla quarta piazza conquistata mercoledì allo Scheldeprijs, squarcia il blu notte del ciclismo nostrano, e non da solo.

Perché c'è molto verde-bianco-rosso nell'ordine d'arrivo di una gara sì minore, senz'altro poco complicata (200 chilometri ondulati appena nella prima parte, e senza neanche più l'arcigno strappo della Tienne du Dragon ad indirizzarne l'esito), affollata di seconde e terze linee (solo due World Tour al via: Omega, appunto, e Lotto-Belisol).

Alle spalle del campione uscente e uscito, Jonas Vangenechten, è spuntato infatti Daniele Colli (Neri Sottoli); 13esima (sic!) presenza stagionale tra i primi 10 per Sonny Colbrelli (Bardiani), 5°; mentre settimo è arrivato un quasi coetaneo di Petacchi, Danilo Napolitano (Wanty), e decimo Kristian Sbaragli (MTN-Qhubeka).

Tricolore sbandierato non solo all'arrivo, c'è da aggiungere: la fuga di giornata è stata promossa e condotta da altri due italiani, Angelo Pagani (Bardiani) e Giorgio Cecchinel (Neri Sottoli), sortiti dopo 50 km, capaci di accumulare fino a otto minuti di margine ma inesorabilmente ripresi quando al traguardo mancavano 22 km.

Poco prima del ricongiungimento, il gruppo si era frazionato in più parti, e in testa si erano avvantaggiati in tredici (tra cui Barbin e Canola di una Bardiani davvero senza freni). Conti fatti senza l'Omega, nonostante avesse uno dei suoi in avanscoperta (Martin Velits): i preparativi per la volata avevano inizio nei conclusivi 6000 metri, con Renshaw impeccabile maestro di cerimonie per uno che Renato Zero canterebbe come un "vecchio sì, ma con quello che hai da dire..."

Dario Desio

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