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Giro delle Fiandre 2014: Tre Van e una Locomotiva - Cancellara batte Van Avermaet, Vanmarcke e Vandenbergh: superbo

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Fabian Cancellara precede Greg Van Avermaet, Sep Vanmarcke e Stijn Vandenbergh e vince il suo terzo Giro delle Fiandre © Bettiniphoto

1-1-2-3-2-2-3-1-1-2-1. Vi risparmiamo un po' di calcoli: sono 11 cifre, di cui cinque 1, quattro 2 e due 3. Diamo i numeri? Ovvio che sì. Inebriati non dalla birretta che s'è sgargarozzato prima delle premiazioni, ma dalla sua n-esima impresa ciclistica, riassumiamo in questo modo schematico l'andamento di Fabian Cancellara nelle grandi classiche degli anni '10. Ad ognuna delle ultime 11 che ha portato a termine, il povero bernese ha dovuto aggiungere la fatica supplementare degli scalini che l'hanno condotto sul podio.

Sì, 11 podi monumentali consecutivi, tra Sanremo, Fiandre e Roubaix (che poi rappresentano il suo terreno di caccia d'elezione). Oggi, a Oudenaarde, ha incamerato la terza Ronde Van Vlaanderen in carriera, seconda di fila. E l'ha vinta come non aveva ancora fatto, piegando in una volata ristretta tre valorosi avversari. Non quelli che più ci si aspettava di ritrovare con lui, probabilmente; ma tre fiamminghi ugualmente fortissimi che, nella gara suprema per la loro etnia, si sono inchinati al re venuto dalla Svizzera: neutrale nella sua spietatezza, ha riservato la medesima sconfitta ai tre Van che hanno fatto da cornice a questa magnifica, lucente Locomotiva d'acciaio, non un treno merci né tantomeno un treno mercí, come era stato a volte in passato, quando, per eccessiva generosità, aveva porto la vittoria sul piatto d'argento ad altri avversari.

No, oggi nessuno può ringraziare Cancellara, se non per il fatto di aver reso onore, con la sua vittoria, agli sforzi che loro, Greg Van Avermaet, Sep Vanmarcke e Stijn Vandebergh, avevano profuso per provare a batterlo. Esageriamo: perdere da uno così è quasi bello. Lo potranno raccontare ai nipotini come se fosse stata una vittoria, "quella volta che l'incredibile Fabian fece polpette di me e di quegli altri due, sull'infinito rettilineo di Oudenaarde, alla Ronde del 2014".

Una corsa appassionante, a tratti drammatica e a tratti bellissima, vissuta sull'adrenalina di mille cadute (una purtroppo dai risvolti forse tragici) e dei tanti tentativi da architettare per scardinare la superiorità di una squadra - la Omega Pharma - che sulla carta si presentava come quasi imbattibile, e che alla fine è stata sconfitta non solo dal più forte (titolo che già alla partenza veniva riconosciuto a Cancellara) ma anche da altri rivali, oltre che da alcuni errori tattici e da qualche grammo di energia mancato sul più bello.

Cancellara, ben lontano dai crucci di casa Belgio, vince la sua settima classica monumento (tre Fiandre con tre Roubaix e una Sanremo), andando ad affiancare nella speciale classifica il rivale di sempre Tom Boonen (oltre che Gino Bartali. Primo, inarrivabile, è Merckx con 19 monumento vinte, i "nostri" sono per ora settimi all time), e riaffermando più che mai la candidatura ad un nuovo bis con la Roubaix di domenica prossima, per un'accoppiata già riuscita nel 2010 e nel 2013. E il suo ruolino di marcia si fa via via colossale, in questa maturità atletica infinita, in cui quel po' di potenza e freschezza che inevitabilmente, con gli anni (sono 33 per Fabian) si va perdendo, è perfettamente rimpiazzata dall'accresciuta esperienza, ovvero quella caratteristica che con un altro termine potremmo pure definire "cattiveria".

L'inesorabilità del gesto sportivo di Fabian è una delle caratteristiche che resteranno più impresse di questi anni di ciclismo. È quella peculiarità che ti fa pensare che, anche quando il Van Avermaet della situazione ha messo insieme un minuto di vantaggio a 20 km dal traguardo di un Fiandre, nulla è deciso, e tutto deve ancora esplodere, succedere, compiersi. E quando quel tutto, inevitabilmente, esplode, succede, si compie, sai bene che non poteva avere altro (sopran)nome che quello della Locomotiva di Berna.

Piove, Phinney fa prove di Roubaix, e dietro casca il mondo
È stata una Bruges piovosa quella che ha battezzato il 98esimo Giro delle Fiandre, nell'affollatissima mattinata della Piazza del Mercato. Una corsa nata sotto una stella non così benigna, e non ci riferiamo tanto al clima, tendente al miglioramento col passar delle ore, quanto al lungo rosario di cadute che hanno falcidiato il gruppo per quasi tutto il giorno. Una di queste cadute, nel primo terzo di gara, ha purtroppo rovinato la festa di tutti: Johan Vansummeren, in mezzo al plotone lanciato a 50-60 km/h, ha travolto una signora che, su un marciapiede spartitraffico, assisteva al passaggio della corsa. Il corridore della Garmin è stato costretto al ritiro, la donna ha sbattuto violentemente la testa sull'asfalto ed è stata condotta in ospedale con ferite critiche che hanno reso necessario per lei un coma farmacologico.

Gli altri capitomboli, pur nella crudezza dell'impatto, rientrano in più normali dinamiche di corsa, e senza stare a fare il romanzo di ognuno, ci limitiamo a un sommario elenco: Durbridge, Le Bon, Elmiger, Roelandts (terzo l'anno scorso), Rast hanno dovuto abbandonare la contesa ancor prima che si entrasse nel vivo; idem Popovych, andato giù pure lui dopo un contatto con una spettatrice. Meno problematiche le cadute di Vanmarcke, Paolini, Bonifazio, Favilli, Selvaggi, Marangoni, Gallopin. Altri sarebbero ruzzolati più avanti, e ne parleremo allora più avanti.

Anche perché qui urge ricordare che intorno al km 40 (a 219 dal traguardo) ha preso le mosse, dopo un'ora di gara, la classica fuga del mattino, animata da un Taylor Phinney desideroso di mettere chilometri nelle gambe in vista del suo vero obiettivo di inizio stagione, ovvero la Roubaix di domenica prossima. Col simpatico americano della BMC si sono messi in cammino i belgi Wallays, Broeckx, Zingle e Vanlandschoot, gli olandesi Wesley e Raymond Kreder, l'australiano Impey, il bielorusso Kuchynski, e pure due italiani, nella fattispecie Andrea Palini e Davide Appollonio. Quest'ultimo, appiedato da una foratura, è stato il primo a staccarsi, ancor prima che gli altri 10 raggiungessero il vantaggio massimo di 6'07", toccato al km 97.

Col gruppo controllato agevolmente da Trek e Omega Pharma, si è proceduti così fino ai primi muri di giornata; unici spunti di cronaca, a parte le cadute, qualche foratura (anche Sagan ne è stato vittima).

Dal primo pungolo di Boonen all'azione Trentin-Quinziato
Sul Molenberg, quinto dei 17 muri di giornata, Tom Boonen si è voluto stiracchiare un attimo, e ha proposto un allungo, giusto per sentire come rispondevano le gambe (le sue e quelle degli avversari). Mancavano 115 km alla fine, e quindi nulla poteva essere deciso nel frangente. Il capitano della OPQS si è rialzato dopo pochi secondi, rimanendo comunque in posizione troppo avanzata per vedere che nelle retrovie del gruppo una grossa caduta coinvolgeva parecchi corridori, prima del tratto in pavé di Paddestraat. Tra i tanti (tutti comunque destinati a rientrare nel giro di una decina di chilometri), Stijn Devolder ha iniziato il suo personale calvario di capitomboli.

I battistrada intanto perdevano pezzi: staccati i due Kreder e Palini sui primi muri, sul Valkenberg (strappo numero 7) è saltato Wallays, e sul successivo Kaperij (a meno di 80 km dalla fine) ha iniziato a soffrire Vanlandschoot, che è comunque rimasto attaccato coi denti al drappello. Il gruppo veniva percorso da scariche elettriche di voglia di fare, e in particolare abbiamo notato un certo attivismo da parte della BMC, con Schär prima, e con Manuel Quinziato poi.

Il bolzanino è scattato sul Kanarieberg, muro numero 9 (ai -71), quando i 6 battistrada (Phinney, Broeckx, Zingle, Impey, Kuchynski e Vanlandschoot) conservavano non più di 2' di vantaggio. Alla ruota di Quinziato si sono incollati due colleghi che a vario titolo potremmo definire suoi corregionali: il trentino Matteo Trentin (da sud) e l'austriaco Bernie Eisel (da nord). Faceva specie, al tifoso italiano, vedere due azzurri all'attacco quando il Fiandre iniziava a entrare nel vivo. D'altro canto, non si poteva non notare la grande presenza di alcune squadre che iniziavano a muovere pedine sempre più interessanti (la citata BMC per Manuel, la Omega per Matteo e la Sky per Bernhard). Dal gioco dei team restava esclusa, per la già consumata perdita di troppi uomini, la Trek di Cancellara, mentre la Cannondale, pur facendo capolino a tirare il gruppo, badava a salvaguardare ogni energia possibile in vista dell'aiuto da dare più avanti a Sagan.

Il terzetto uscito dal Kanarieberg ha guadagnato una ventina di secondi sul plotone (nel quale continuavano a cadere corridori come birilli: prima Isaichev, Fischer, Bennett, Debusschere contro un palo della luce; poi Reimer e Drucker a fondo gruppo, con Devolder rallentato nell'occasione); la Omega, con Trentin a stoccare, poteva traccheggiare, lasciando che fossero le varie Astana, Belkin, Giant a fare un po' di lavoro in testa. Il giovane Kenneth Vanbilsen, giusto per fare atto di presenza, ha proposto uno scatto prima del secondo passaggio sull'Oude-Kwaremont, ma non ha fatto gran differenza.

Sul muro appena citato (affrontato subito dopo i 200 km di gara, ai -55), Zingle, Vanlandschoot e Kuchynski si sono staccati da Phinney, Impey e Broeckx (giovane e promettente, a quanto visto oggi), mentre Eisel ha perso le ruote dei due italiani del secondo drappello; purtroppo Quinziato ha forato proprio sull'O-K, uscendo ingloriosamente di scena, ma anche Trentin non è sopravvissuto granché, dato che il gruppo, riportandosi su di lui appena dopo lo scollinamento, ha resettato la situazione di gara tra i big.

Sul Koppenberg la corsa si infiamma
Greg Van Avermaet, uno dei possibili protagonisti di giornata, ha scelto un infausto angolo della discesa del Kwaremont per operare un cambio ruote con un compagno. Coi due BMC a bordo stradina, prenderli in pieno è stato gioco facile da parte di alcuni poco attenti atleti sopraggiungenti: primo di costoro, di nuovo Devolder (che giornataccia!), ma pure mezza Tinkoff (con in testa Bennati) è stata coinvolta nello scontro. Di sicuro Van Avermaet, sbalzato sull'erba a bordo via, ha perso diversi secondi prima di potersi riassestare e rimettere in marcia, ma è stato bravo perché è riuscito a riportarsi sulla coda del gruppo ai piedi del Koppenberg, in meno di 10 km.

Nel frattempo la corsa era transitata sul Paterberg (ai -52), senza che fosse accaduto nulla di che, se non che il margine dei 3 battistrada (sfilacciatisi sul muro e poi ricompostisi) era sceso sotto al minuto. Il durissimo Koppenberg, mai così vicino al traguardo (posto ai -45 da Oudenaarde) prometteva sfracelli. Con la OPQS in testa, Boonen si è sentito in dovere di dare una scossa seria, con l'aiuto di Terpstra: e la corsa è effettivamente entrata in una nuova fase.

La frustata degli uomini di Lefévère ha prodotto una bella selezione, e lì davanti con Tom e Niki son rimasti un altro Omega (l'atteso Stybar), un paio di Sky (Boasson Hagen e Thomas), i consueti belgi da Fiandra (Vanmarcke e Leukemans, nell'occasione), due francesi non del tutto attesi (Gallopin e Minard), l'immancabile Cancellara, e tre velocisti come Kristoff (!), Degenkolb e ovviamente Sagan. Il plotoncino ha raccattato via via i resti della fuga (ultimo ad essere ripreso, Impey), ma era ancora presto perché si pensasse di andare - in quella conformazione - dritti al traguardo, sicché qualche attendismo di troppo ha permesso parecchi rientri da dietro (tra i vari, riecco Pozzato, Langeveld, Nicki Sørensen, Vandenbergh, Devenyns e altri ancora, non ultimo un lodevole Van Avermaet).

Ma ormai la situazione era tale per cui la rapida sequenza di muri non avrebbe più lasciato respiro a chi stava già faticando: lo Steenbeekdries (13esimo strappo del giorno, a 39 km dalla fine) ha nuovamente ricacciato indietro tutta una serie di gregari (con grave disappunto di Sagan, che è rimasto pericolosamente solo), ma anche uomini del calibro di Pozzato, Thomas, Gallopin, Kristoff. Dopodiché la Omega ha ripreso in mano la situazione, sganciando in avanti Vandenbergh, avvantaggiatosi con Devenyns (uomo di fiducia di Degenkolb) e Boasson Hagen, mentre Van Avermaet, in seconda battuta, provava a partire con Trentin, Vanmarcke e Minard.

Sul Taaienberg (14esimo muro, ai -37) Boasson Hagen ha forzato davanti e Van Avermaet dietro, ma dopo lo scollinamento c'è stato un nuovo ricongiungimento, con 13 uomini che poi erano quelli pronti ad andare a giocarsi la corsa: ben quattro Omega Pharma (Boonen, Stybar, Terpstra e Vandenbergh), due Giant (Degenkolb e Devenyns), e poi, senza compagni, Cancellara, Sagan, Vanmarcke, Leukemans, Van Avermaet, Minard e Boasson Hagen. Con una simile situazione di superiorità per i padroni di casa della OPQS, era quantomai necessario inventarsi qualcosa per sparigliare. E laddove si parli di sparigliare, Van Avermaet è uomo che si presta volentieri alla cosa.

L'attacco di Van Avermaet e gli errori della Omega Pharma
Dopo un breve tentativo di Devenyns stoppato da Vandenbergh, si è mosso per l'appunto Van Avermaet, disposto a giocarsi il tutto per tutto con un attacco a 31 km dalla conclusione. Sul capitano della BMC si è portato, ancora una volta, Vandenbergh, ovvero il meno vincente del quartetto OPQS: a posteriori, diremo: perché non Terpstra, che avrebbe avuto senz'altro più carisma e chance del pur bravo compagno? O perché non Stybar, spauracchio per molti ma garanzia per la formazione in superiorità?

Forse non c'era tutta questa gamba, nelle fila lefévèriane, o forse i tre galletti (Niki, Zdenek e Boonen) hanno giocato troppo a fare ognuno il capitano di se stesso. Fatto sta che l'azione di Greg&Gregarione ha lentamente preso quota. Per il drappello inseguitore, sono stati momenti di pura adrenalina, tra uno scatto e l'altro, su e giù dal Kruisberg, prima che un grande torpore calasse per i 10 km successivi, prima del nuovo approdo al Kwaremont.

Sagan ha dato una mezza sgasata sul Kruisberg, tanto per far rimbalzare indietro Sørensen (che poco prima era rientrato tutto solo) e per far vedere i sorci verdi a un Degenkolb fin lì inappuntabile; dopo di ciò, i più convinti nel tentare di evadere da quello scomodo gruppetto sono stati Vanmarcke (senza fortuna), Stybar (senza fortuna), Minard (senza fortuna) e Leukemans, stavolta (ai 25 km) con fortuna. Partito il corridore della Wanty, gli altri si sono adagiati sugli allori, lasciando che il margine degli attaccanti salisse a dismisura: tanto che ai -20 i cronometri contavano 1' di vantaggio per Van Avermaet e Vandenbergh, e 35" per Leukemans.

Come non bastasse, da dietro - anticipato di poco da Paolini - è rientrato quel nutrito gruppetto che si era disperso dopo lo Steenbeekdries: manna per Sagan, che ha potuto mettere alla frusta un paio di uomini (Sabatini e Gatto, per la precisione), immolatisi per ridurre parte del distacco prima del Kwaremont. Un atto da loro dovuto per il bene del capitano Cannondale, ma certamente apprezzato anche da altri pezzi da novanta (un nome a caso? Cancellara!), che altrimenti avrebbero dovuto sudare non poco per togliere da sé le castagne dal fuoco.

Sul Kwaremont partono Cancellara e Vanmarcke, si forma il quartetto definitivo
Vandenbergh, dopo essere rimasto passivo per 15 km alla ruota di Van Avermaet, aveva iniziato timidamente a collaborare giusto prima del Kwaremont, quando forse era troppo tardi per impedire che da dietro qualcuno riemergesse con prepotenza. Il segnale, però, parlava chiaro agli avversari della OPQS: se il lento lungagnone nativo di Oudenaarde (arrivava a casa sua e ci teneva ovviamente a far benissimo) entrava in azione, forse forse i suoi compagni di squadra non erano così in palla come era dato presumere alla vigilia.

La risposta ce l'hanno data direttamente Boonen, Stybar e Terpstra, allorquando sull'O-K, a 17 km dal traguardo, nessuno di loro ha saputo rispondere all'attesa sparata di Cancellara. Il capitano della Trek, partito dopo che il lavoro dei Cannondale aveva dimezzato il distacco dai battistrada, e dopo che un breve forcing di Kristoff aveva risucchiato il buon Leukemans, è stato tenuto dal solo Vanmarcke: né un Omega, né Sagan, né nessun altro è riuscito a reagire all'azione del campione uscente, che si è così involato con l'uomo col quale s'era già giocato la Roubaix 2013.

All'uscita dall'Oude-Kwaremont non rimanevano che 15", alla coppia di testa, su quella contrattaccante; il drappello di Sagan, Terpstra, Kristoff, Stybar, Leukemans e Boasson Hagen era a 26" dai primi e a 11" dai secondi. Ancor più indietro, Boonen, Thomas, Degenkolb e Langeveld, che però sarebbero rientrati sul gruppo Sagan di lì a poco.

Non rimaneva che il Paterberg, come muro da affrontare prima della volata verso Oudenaarde: sul tratto più duro del 17esimo e ultimo strappo di giornata, a 14 km dalla conclusione, Van Avermaet si è disfatto della compagnia di Vandenbergh, ma Stijn è stato bravo a gestirsi e ad accodarsi al sopraggiungente trenino Cancellara-Vanmarcke. Tra questi ultimi, addirittura il capitano della Belkin è parso più brillante in salita rispetto al maestoso Fabian, che a quel punto ha forse capito che era il caso di non fare colpi di testa, ma di arrivare al traguardo con un bel ragionare.

Il ricongiungimento tra i tre inseguitori e il solitario Greg era praticamente questione di minuti, una volta scollinato il Paterberg, e si è concretizzato a poco più di 11 km dalla fine, quando si è composto il quartetto che sarebbe arrivato a giocarsi la vittoria: tre Van e una Locomotiva. Inutile dire che a quel punto i favori del pronostico sorridevano già all'uomo venuto da Berna.

Il gran finale, la cattiveria di Cancellara e la sua terza Ronde
Gli sorridevano per una serie di considerazioni: da dietro era da escludere che qualcuno potesse ormai rientrare, vista la dispersione che si era manifestata sul Paterberg: ci ha provato tutto solo, per un pezzetto, Kristoff, davvero bravissimo a confermarsi ad altissimi livelli dopo la vittoria sanremese (ma un anno fa il norvegese chiuse il Fiandre al quarto posto: non è insomma un parvenu di queste corse), ma destinato a rimbalzare nel momento in cui i quattro davanti hanno trovato un lapalissiano accordo. Sul corridore della Katusha si è poi portato Terpstra, uscito meglio degli altri dall'ultimo muro, ma la situazione non è più cambiata, se non in peggio per chi inseguiva.

Con Fabian c'erano un uomo molto stanco per aver tirato per gran parte dei 20 km tra i -30 e i -10 (Van Avermaet); uno molto lento (Vandenbergh); e uno già battuto in passato, come ricordato più su (Vanmarcke). L'unico problema per Cancellara sarebbe stato il dover inseguire da solo gli scatti a turno degli altri tre, ma intanto quelli non erano tanto brillanti da proporre tattiche troppo garibaldine; e poi proprio Fabian non aveva l'intenzione di spendersi per inseguire questo e quello, dopo le mazzate prese in passato per aver attuato una tattica del genere. Tant'è vero che, quando ai 3.5 km è partito Vandenbergh, a chiudere è stato un generosissimo Van Avermaet; e quando Stijn ci ha riprovato ai 900 metri, la falla è stata tappata da Vanmarcke.

Era anche ovvio che le cose andassero così, del resto: tra un corridore che ha vinto tanto quanto lo svizzero, e altri dal palmarès piangente, non v'era dubbio su chi avesse maggiore interesse ad arrivare a giocarsi allo sprint ristretto quel benedetto traguardo. Le ultime centinaia di metri, dopo che è stato annullato il secondo (velleitario) tentativo di Vandenbergh, sono state un inno al surplace: il quartetto, in prolungata fase di studio, ha proseguito lentissimo praticamente fino ai 200 metri, ma ciò è avvenuto senza che si corressero grossi rischi di rientro degli immediati inseguitori (che avevano accumulato in quei chilometri finali un sostanzioso ritardo).

Cancellara, da vero padrone del vapore, ha fatto e disfatto a piacimento, prendendo la volata esattamente da dove voleva lui (cioè dalla quarta ruota), scattando a poco meno di 200 metri dallo striscione, e respingendo senza grossi problemi il disperato tentativo oppositivo di Van Avermaet, relegato nettamente al secondo posto (risultato che rappresenta comunque il primo podio in una monumento per lui). Terzo ha chiuso Vanmarcke, che ha comunque bel tempo davanti a sé per vincere corse di questa importanza; e quarto, l'applauditissimo eroe di casa, Vandenbergh.

Kristoff, volata lunga, ha portato a casa un pesante quinto posto (a 8" dai primi), Terpstra ha chiuso al sesto posto a 18", quindi ben oltre il mezzo minuto di ritardo Boonen ha preceduto Thomas per il settimo posto, e ancora più indietro Leukemans e Langeveld hanno completato la top ten. A seguire, Jérôme, Burghardt, Sørensen e Devenyns alla spicciolata hanno preceduto un drappello in cui Degenkolb ha vinto su Sagan e Pozzato la mesta volata per il 15esimo posto. Ancora nei 20, Stybar, Chavanel e Minard. L'Italia ha piazzato pure Gatto al 25esimo posto, Paolini al 36esimo, Sabatini al 41esimo, Selvaggi al 45esimo, e altri non conviene citarli, visto che sono oltre la 50esima piazza.

Indubbiamente sconfitti, i nostri colori (d'altronde se il migliore non fa meglio del 17esimo posto c'è poco da festeggiare), ma oggi fa senz'altro più scalpore la disfatta della Omega Pharma, che però ha a disposizione una buona occasione di riscatto già domenica prossima alla Roubaix; più pesante la situazione di Sagan, che ha fallito di nuovo l'appuntamento col monumento, e che se non s'inventa qualcosa di grosso rischia di vedersi passare davanti agli occhi un'altra stagione senza vittorie eclatanti: perché, è inutile negarselo, per lo slovacco ormai il livello Gand/Harelbeke risulta strettino, e la regressione rispetto al Fiandre di 12 mesi fa è al contempo evidente. Il salto di qualità decisivo è più che mai necessario: quando ce lo regalerai, Peter?

Marco Grassi

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