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Futuri distopici: Caro Veneto, #staiserenissimo - Il "gioco" della secessione applicato al ciclismo italiano | Cicloweb

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Futuri distopici: Caro Veneto, #staiserenissimo - Il "gioco" della secessione applicato al ciclismo italiano

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Lo speciale Leone di San Marco, simbolo della Confraternita dei Ciclisti Triveneti © TwitterUn referendum online, alcune azioni dimostrative, Piazza dei Signori di Treviso che in tv appare gremita di gente che protesta contro il governo centrale e vuole la secessione del Veneto dall'Italia. E poi, su un altro fronte, una Tre giorni di La Panne che ci consegna corridori del nord-est in grande spolvero: da Finetto, primo veneto nella classifica finale, a Modolo, vincitore in due occasioni, da Guardini a Gatto, entrambi secondi di tappa. Ce n'è abbastanza per imboccare la via del fantaciclismo più estremo e provare a capire cosa accadrebbe al movimento italiano, se...

In questa distopia primaverile che farà felici gli eredi di Gianfranco Miglio e farà piangere tutti i garibaldini, il ciclismo tricolore ne uscirebbe letteralmente spaccato in due: il Veneto è infatti il cuore pulsante del nostro movimento e stando ai database federali quasi il 20% dei tesserati sul territorio nazionale viene dalla regione leonina. Qui hanno la loro sede alcuni tra i più importanti e storici sponsor in diverse categorie (basti pensare a Zalf, Selle Italia, Pasta Zara, Fassa Bortolo, Forno d'Asolo...). Il ciclismo dilettantistico ne uscirebbe nettamente depotenziato, col calendario (già ridottosi negli anni) che perderebbe un buon terzo delle corse esistenti. Grossi grattacapi creerebbero gli attuali regolamenti italiani, che da una parte limitano la partecipazione delle formazioni straniere alle corse nazionali, dall'altra costringerebbe le formazioni italiane a pagare una tassa alla FCI per correre in Veneto, con somma gioia per le casse federali.

Il Team Friuli ne pagherebbe le peggiori conseguenze, costretto a scegliere tra lunghe trasferte o pagare per correre all'estero, anche si trattasse di San Donà di Piave. Le gare nel resto della penisola diventerebbero manifestazioni più educate e civili: al passaggio sotto al traguardo il pubblico non potrebbe più ascoltare quel simpatico rosario di bestemmie che rendono le gare venete un evento linguisticamente educativo quanto un film di Quentin Tarantino.

La nazionale ne uscirebbe mutilata, mentre dall'altra parte del Lago di Garda si andrebbe a formare una squadra competitiva tanto quanto quella azzurra, sia a livello maschile che femminile. Selezionatore? Per i ragazzi ci sarebbe l'imbarazzo della scelta. Si potrebbe puntare sull'esperienza di chi i corridori veneti li conosce bene, come Luciano Rui, e grandi campioni del passato come Moreno Argentin o Giovanni Battaglin che non sfigurerebbero neanche. Già col bacino di corridori che ha, il Veneto correrebbe ai Mondiali facilmente con almeno 6 atleti, ma per tutelarsi con l'Europe Tour e adattarsi a poter correre all'estero la Federciclo veneta potrebbe spingere la Zalf a costituirsi assieme a Marchiol e Trevigiani come team Continental. Con un gran sospiro di sollievo delle squadre più piccole che tornerebbero ad avere qualche speranza di correre nelle regional... ehm... nazionali venete senza trovarsi contro l'intera armata Zalf.

Insomma, in caso di separazione sarebbe il ciclismo in Italia a disperare, ma in Veneto di certo no. Non mancherebbero i disagi per l'Italia, a cominciare da quelli filosofici riguardanti il Giro d'Italia, che dovrebbe diventare corsa soggetta a pesanti sconfinamenti per finire su alcune delle sue salite storiche, o per poter salire sullo Zoncolan, montagna di un Friuli a quel punto isolato dal resto d'Italia (e magari voglioso di farsi annettere dalla Slovenia). Dall'altra parte, in un'ipotetica nuova repubblica Serenissima, il ciclismo se la giocherebbe col Rugby per essere proclamato sport nazionale: parafrasando l'attuale presidente del consiglio italiano, "Veneto #staisereno, anzi #staiserenissimo!"

Il veneto ciclistico risalterebbe molto di più la sua identità, mentre sponsor e organizzatori veneti, gasati dall'avere una legislazione veneta (ma soprattutto dall'avere una propria Federciclismo!) potrebbero puntare a rilanciare le proprie manifestazioni, ripristinando il tradizionalissimo Giro del Veneto e magari aumentando di livello le corse che esistono già, basate sull'abbinamento coi prodotti tipici: attualmente c'è un gran brand da potenziare come il Trittico del Prosecco, che comprende Trofeo Piva, Giro del Belvedere e San Vendemiano, ed a questo punto perché non consacrare definitivamente la vocazione alcolica del veneto per riavvicinare i giovani ai pedali, e istituire un bel Trofeo Spritz a Padova, con circuito cittadino sui duri ciottolati tra Ghetto e Riviera Paleocapa (roba da far gola a Fabian Cancellara), con finale tra Prato della Valle e Sant'Antonio, o un bel Circuito del Grappa con arrivo a Bassano, e in entrambi i casi premi alcolici pari al peso del vincitore (ok, gli scalatori pesano meno... ma berreste 50 litri di grappa con la stessa facilità che concedono 70 di spritz?).

"Apperòl!" è il commento lapidario alla nostra proposta della Sacra Confraternita dei Ciclismi Triveneti, loggia massonica che muoverebbe agilmente le fila nell'ipotetica Federciclo nazionale veneta. D'altronde, i fiamminghi insegnano che il connubio ciclismo-alcool ben si sposa con un circuito di (super)prestigio; e dal Leone delle Fiandre al Leone di San Marco il passo è breve. La Federciclo veneta potrebbe gestire al meglio, senza il peso delle attuali tasse federali, le manifestazioni esistenti, come la Coppa Veneto di MTB che prevede già prove evocative delle radici locali come la "Prosecchissima" o la "24 ore della Serenissima". E a proposito di 24 ore, provate a immaginare il potenziale della 24 ore di Feltre, un esempio più unico che raro di corsa che prevede una classifica per Bar.

Ma proviamo ad essere ancora più estremi nel fantaciclismo: e se il Veneto ciclistico tentasse di anticipare le scelte della politica, e creasse una sua identità da World Tour, magari con un "Team Veneto" o giù di lì? Non è un'ipotesi tanto balzana, qualcosa del genere nel ciclismo è già avvenuto e si chiamava Euskaltel: e non è stata un'esperienza passeggera, anzi possiamo parlare di uno dei brand più noti e rinomati degli ultimi vent'anni. Inoltre il Veneto può contare su un bacino di atleti ben più ampio e competitivo del corrispondente iberico, e portare magari Pozzato, Gatto e Bandiera sulle classiche del pavè, Pellizotti, Rebellin e Marcato sulle Ardenne, Cunego in un qualche GT in attesa che cresca Formolo o Zardini. Sarebbe soprattutto una squadra molto competitiva nelle volate: tra Guardini, Viviani e Modolo c'è l'imbarazzo della scelta, e con passisti come Boaro e Coledan una eventuale World Tour della Repubblica Serenissima sarebbe superiore anche alla Giant-Shimano riguardo a potenza del treno. Come poi la Euskaltel accoglieva corridori francesi provenienti dalle regioni basche, il team Veneto potrebbe aprire le sue porte ai bresciani, visto che la provincia faceva parte dell'antica serenissima, o anche solo ai veneti d'acquisizione: uno su tutti, Taylor Phinney (che tra le 158 lingue conosciute e parlate, vanta anche - soprattutto! - il dialetto veneto).

Di alto livello anche il settore tecnico (che sia questo il vero "Rossato team" del quale si parlava lo scorso autunno?). La Mg.kvis-Trevigiani potrebbe diventarne il team satellite continental, scatenando la feroce polemica dei sostenitori zalfisti; auspicabile anche un team femminile, magari diretto da Lucio Rigato o da Luisiana Pegoraro, e con dentro Guderzo, Cauz, Scandolara, Tagliaferro e Berlato tra le altre. Se la Cannondale dovesse effettivamente sciogliersi (e in effetti, in caso di Team Veneto, è auspicabile che perda quasi tutti i suoi pezzi italiani) anche Amadio, Zanatta e buona parte dello staff offrirebbero la loro esperienza.

Dal punto di vista del materiale tecnico, ci sarebbe solo l'imbarazzo della scelta: le ditte venete riforniscono già mezzo mondo ciclistico, farebbero a gara per avere l'esclusiva anche sul team Veneto. Chi fornisce invece le biciclette? Qui la scelta non si fa facile: c'è Pinarello, che però attualmente è legata da un forte contratto con Sky, più agevole invece puntare sulla Wilier - Triestina di Bassano, che già rifornisce l'Mg.Kvis. Ci sarebbe solo un piccolo problema: Wilier è l'acronimo di "W Italia Libera e Redenta". Vista la prospettiva sotto la quale nasce il progetto, un nome tale creerebbe più di qualche imbarazzo e l'ironia del web. Ma niente paura: la Sacra Confraternita si sta già adoperando per far cambiare il nome della società da "Wilier" in "Wivler". E nel caso gli eredi di Pietro Dal Molin si manifestino reticenti al cambiamento, il piano B è già pronto: l'occupazione militare della sede centrale di Rossano Veneto con dei Tank...a pedali, ovviamente.

Nicola Stufano

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