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Diario d'Algeria: Un ciclismo diverso visto da chi corre - Marco Fiorilla racconta il suo Tour d'Algerie

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Ecco qui il nostro eroe Marco Fiorilla con la maglia del Team Greens @ FacebookNel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai a correre una corsa Uci 2.2 dell'Africa Tour. Tutto merito della mondializzazione del ciclismo e del Team Greens, il più forte club ciclistico della piccola Malta, che da 3 anni a questa parte viene sempre invitato a correre la gara in questione, il Tour d'Algerie.

L'autore di questo pezzo, infatti, alla soglia dei 33 anni ha avuto la fortuna (o sfortuna, lo vedremo nei prossimi giorni) di trasferirsi stabilmente a Malta e di aver ripreso la vecchia passione per il ciclismo pedalato, ritrovandosi quasi inconsapevolmente catapultato ai nastri di partenza di una corsa seria, fianco a fianco con chi il ciclista lo sta facendo per mestiere.

Ognuno dei sei corridori del Team Greens invece per vivere fa un altro lavoro. E c'è anche chi ne fa due. Abbiamo un professore, un ingegnere della fabbrica dei Playmobil e c'è anche un infermiere. Io che faccio il copywriter per un bookmaker (oltre a seguire di tanto in tanto delle corse per il sito che state leggendo) mi ritrovo in camera con un architetto che si è subito lamentato della disposizione dei balconi dell'hotel che ci sta ospitando alla periferia est di Algeri. Insomma, tutta gente che per prepararsi a fare in media 140 km al giorno per 7 giorni ha dovuto per tutto l'inverno uscire o all'alba o al tramonto fissando sulla propria bici degli impianti di illuminazione.

Obiettivo comune per tutti: portare il culo all'arrivo ogni giorno senza finire fuori tempo massimo! Il profilo altimetrico di ogni tappa lo si studia così con un altro spirito. Non per capire dove attaccare ma dove stringere i denti cercando di restare con un gruppetto.

Grosse pretese non ce ne sono, e anche tanti altri team non ne hanno. Lo dimostra anche l'atteggiamento tenuto il giorno prima dell'inizio della corsa quando si consuma il rito del montaggio/lavaggio bici: c'è infatti chi ha dovuto solo pedalare per 90 minuti di sgambata perché al resto pensavano i meccanici della squadra (la nazionale del Rwanda è quella che più fa al caso di questa categoria), e poi ci sono i team come il nostro dove con la buona volontà di tutti si riesce a fare ugualmente grandi cose. Quindi ieri, reduce da un viaggio durato quasi 12 ore di cui la metà di scalo a Fiumicino, il sottoscritto ha montato i copertoncini nuovi e lavato la propria bici incrostata di fango maltese. Però poi senza l'intervento del meccanico della squadra (Charlie, titolare del supermarket che dà il nome al Team di cui è anche presidente e Team Manager) non avrei potuto riparare il filo del cambio lievemente danneggiato, e senza l'impareggiabile professionalità di Joseph, massaggiatore ufficiale dei Greens e di mezza Malta, non avrei potuto preparare le mie gambe alla battaglia.

Insomma, lo staff competente ce lo abbiamo anche noi Greens, non solo i rwandesi. Solo che loro alle 10 erano già pronti per l'uscita mattutina da effettuarsi rigorosamente scortati dalla polizia, mentre noi e una squadra olandese abbiamo mancato l'appuntamento e siamo stati costretti a fare un'ora scarsa nei dintorni dell'hotel senza poterci allontanare più di tanto. I rischi di una sgambata del genere non erano però connessi alla mancanza di scorta ma alla testardaggine degli olandesi i quali, tra un selfie e l'altro, non capivano che per diversi chilometri abbiamo percorso una strada molto trafficata in senso opposto.

Superate queste prime difficoltà di ambientamento a un mondo finora solamente osservato in qualità di giornalista, adesso si comincia a fare sul serio. Oggi pomeriggio Circuito di Algeri (criterium che fa da prologo alla corsa a tappe) su un circuito di 2.5 km da ripetere 34 volte e domani mattina prima tappa con partenza alle ore 9 direzione Ain-Defla. Posso farcela. Devo solo riuscire a nascondermi in mezzo al gruppo allo stesso modo in cui sto nascondendo la mia tensione.

Marco Fiorilla

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