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Giro d'Italia 2014: Chi corteggerà la nuova Rosa? - Da Rodríguez a Quintana, da Porte a Urán. Aspettando che Nibali decida

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Joaquim Rodríguez e Nairo Quintana, possibili protagonisti del Giro d'Italia 2014 © BettiniphotoFacciamo un discorso egoistico: conviene, al Giro d'Italia, che il Tour de France riscopra una certa vocazione alle salite, alle tappe di montagna, ai traguardi in quota, andando contro a una tradizione che vuole la Grande Boucle sì durissima, massacrante, ma non particolarmente tendente a sorridere - nel percorso - agli scalatori? No, non conviene. Perché se il Tour è di per se stesso il centro pulsante della stagione ciclistica, il Giro è la gara che passa per essere la più difficile, altimetricamente parlando. Diciamo che ci eravamo abituati, nel tempo, a vedere in azione in Francia i grandi specialisti da GT (in particolare i passisti scalatori che iniziano ad ammazzare la corsa nelle cronometro e finiscono col conquistarla rivelandosi i più resistenti quando la strada sale), ma di aspettarci nella corsa rosa i più esaltanti duelli in montagna.

Che poi questo senso di attesa venisse appagato o meno dalla realtà della gara, è un discorso che non ci interessa qui approfondire, visto che questo è un articolo - per l'appunto - che parla di attesa: nello specifico, chi ci aspettiamo di vedere all'opera al Giro, posto che i più forti sulle tre settimane si daranno appuntamento in Francia?

Da italiani, vantiamo storicamente un'importante presenza degli atleti di casa al via della più importante gara a tappe del nostro paese: è molto raro che il nostro numero uno salti il Giro. Ricordiamo giusto il caso di Gianni Bugno 20 anni fa o giù di lì, mentre più di recente Ivan Basso ha saltato sì la corsa rosa del 2004 per concentrarsi sul Tour, ma in quel momento non era ancora il corridore italiano di riferimento per i GT. L'anno prossimo probabilmente vivremo una simile situazione, con Vincenzo Nibali, campione uscente del Giro, orientato a buttarsi a capofitto sulla Grande Boucle, nella speranza di vincerla. Nel 2012 fece una scelta simile, puntando al podio del Tour ma lasciando - nella sua stessa squadra - i gradi di capitano per il Giro a un Basso che era ancora, sulla carta, l'uomo da battere. Stavolta sarà diverso, perché il siciliano è diventato, col suo successo rosa ma anche, nel tempo, col suo generoso modo di correre (basti ripensare all'ultimo Mondiale), di gran lunga il ciclista più amato al di qua delle Alpi: la sua assenza, quindi, sarà un vuoto difficilissimo da colmare, nel momento in cui verrà confermata (per ora Nibali e il suo staff fanno sapere che c'è ancora uno spiraglio, ma gli indicatori che abbiamo avuto fin qui ci dicono che Vincenzo non sarà tra gli atleti al via da Belfast venerdì 9 maggio 2014).

Come provare, quindi, a non partire con l'handicap di un'assenza tanto pesante? Bella questione per gli organizzatori, tantopiù nel momento in cui chi aveva operato bene nell'ambito della partecipazione al Giro - Michele Acquarone - è fuori da RCS Sport, nell'attesa che si chiariscano le sue responsabilità in una brutta storia di ammanchi nelle casse della società milanese.

Il pedale italico stavolta non fornisce, almeno sulla carta, grossi paracadute: ci saranno sì corridori popolari e con un ottimo seguito, ma si tratta principalmente di atleti stagionati (Ivan Basso ci riproverà a 37 anni, Michele Scarponi a 35), o che hanno già in passato dimostrato di non avere la caratura per vincere il Giro (pensiamo a Domenico Pozzovivo) o perlomeno di non avercela più (Damiano Cunego). Nell'attesa di capire se qualche corridore della generazione più o meno di mezzo (Damiano Caruso, Diego Ulissi, Ivan Santaromita, Stefano Pirazzi) avrà la capacità di reinventarsi uomo da classifica per tre settimane, conviene più sperare nella buona stella che faccia esplodere di colpo un giovanissimo: se non Diego Rosa, se non Manuel Bongiorno, se non Stefano Locatelli, almeno Fabio Aru potrebbe corrispondere all'identikit del corridore che incarna il nuovo che avanza e coinvolge il pubblico italiano.

Dice: è mai possibile che la presenza o meno di un solo atleta, Nibali nel nostro caso, sposti di tanto gli equilibri? Certo che è possibile, perché questo è il discrimine che divide la possibilità per noi di vincere il Giro da quella di essere "uccellati" dall'Hesjedal di turno (con tutto il rispetto). Ma se a vestirsi di rosa a Trieste il prossimo 1° giugno dovrà essere (com'è più che probabile) uno straniero, tanto meglio se si tratterà di un top rider, piuttosto che di uno che trova un po' per bravura e un po' per grazia le tre settimane perfette.

Su questo fronte, dopo il colpaccio del 2013 (con Wiggins, campione uscente del Tour, venuto a sfidare Nibali), la sinusoide andrà fatalmente giù. E se degli 8 uomini finiti sul podio di Giro, Tour e Vuelta 2013 dovrebbero essere presenti solo in 4, mancheranno tutti e tre i vincitori. Di Nibali abbiamo detto, Froome (vincitore del Tour) ha già fatto sapere che non ci sarà, mentre Horner (primo alla Vuelta) non sa nemmeno se correrà ancora. Ci saranno invece Rigoberto Urán e Cadel Evans, secondo e terzo all'ultima corsa rosa, ma se il primo è in ascesa, il secondo è in netto calo, dal punto di vista prestazionale. E ci saranno (a quanto è dato sapere oggi) pure i due terzi del podio del Tour, con Joaquim Rodríguez che verrà a dare forse l'ultimo assalto alla maglia rosa (ma il catalano non ha mai vinto un GT in carriera) e soprattutto quel Nairo Quintana che, stando ai si dice di casa Movistar, verrà dirottato sul Giro per lasciare a Valverde la piena facoltà di fare il capitano (per l'ultima volta?) al Tour.

Ora, Quintana è effettivamente un nome grosso, uno che non sfigurerebbe affatto nell'albo d'oro della corsa rosa: giovane e potenzialmente vincente pure al Tour, ha già fatto vedere grandi cose, ed è forse il migliore tra i colombiani della nuova generazione (a proposito di Colombia: con Urán e Nairo non ci saranno stavolta Henao o Betancur, in compenso potrebbe far bene Darwin Atapuma).

Chi andrà allora a contendere a Nairo la possibile vittoria, oltre ai citati? Assenti i vari Contador, Wiggins, Schleck, Kreuziger, le maggiori attenzioni potranno concentrarsi su Richie Porte, terzo uomo di casa Sky che sogna un futuro da vincitore di grandi giri, e che è anche un credibile alter ego per il colombiano: se il sudamericano è fortissimo in salita, l'australiano va molto meglio a cronometro, quindi con loro due avremmo di che riempire le due caselline cardinali: ovvero quella di chi attacca e quella di chi difende (con percorso che premia l'attaccante).

Daniel Martin ci sarà (si parte dall'Irlanda, non può mancare) ma non dà le massime garanzie di tenuta sulle tre settimane (anche se migliora di stagione in stagione), più solido forse suo cugino Nicolas Roche il quale, in accoppiata con Rafal Majka, tenterà di ripetere le buone prestazioni Saxo di quest'anno tra Giro e Vuelta. E poi... e poi c'è poco altro, onestamente, posto che un Robert Kiserlovski (ci sarà) è un piazzato ma non certo un vincente, e che un Wilco Kelderman è forte ma forse troppo acerbo per recitare da primattore. Qualcosa migliorerebbe nel caso che la pattuglia francese (con Thibaut Pinot o almeno Warren Barguil) fosse in qualche modo competitiva per la generale, ma al momento non abbiamo alcuna certezza sulla presenza di qualche transalpino di grido (si sa che loro preferiscono ovviamente il Tour).

E questo è quanto, a meno di 6 mesi dalla grande partenza di Belfast, in merito ai nomi da mettere sul cartellone rosa. Se mai Nibali dovesse decidere di azzardare una sua partecipazione, naturalmente cambierebbe ogni prospettiva, ma allo stato dei fatti il cast del Giro (in tempi in cui comunque non c'è una grande disponibilità di attori di grido) è buono ma non di quelli che facciano il colpaccio al botteghino: per quello, servirà una sceneggiatura di ferro; e soprattutto servirà che i protagonisti recitino in maniera divina.

Marco Grassi

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