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Pagellone 2013: Noi siamo le colonne - Froome, Nibali e Cancellara: i protagonisti della stagione

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Da sinistra: Chris Froome in giallo al Tour, Vincenzo Nibali in rosa al Giro e Fabian Cancellare in azione alla Roubaix vinta - Elaborazione Cicloweb.it © Bettiniphoto

Chris Froome - 9.5
Da gregario di lusso a dominatore del Tour de France. Il capitano del team SKY è diventato in questo 2013 l'uomo di riferimento per le corse a tappe, spodestando il suo capitano Bradley Wiggins dal ruolo e dominando sul vecchio sovrano Contador. Ripercorre il percorso di avvicinamento di Wiggins l'anno scorso, vincendo Oman, Criterium International, Romandia, Delfinato. Nel Tour de France la superiorità è schiacciante e costante: nonostante il team renda sotto le aspettative e in alcune tappe lo lasci praticamente solo, lui non perde mai il controllo della situazione. Gli unici freni alla perfezione sono la sconfitta della Tirreno-Adriatico e il malriuscito finale di stagione. Ciò non basta comunque a togliere all'anglo-kenyano l'immagine di uomo copertina del 2013.

Fabian Cancellara - 9
Lo svizzero ritorna re del pavé, dopo la sfortunatissima annata 2012, dominando come solo lui la fare e dimostrandosi l'unico in grado di annichilire il fenomeno ciclistico degli anni '10, Peter Sagan, col quale sviluppa volontariamente un dualismo accanito che porta entrambi a perdere la Sanremo. Harelbeke, Fiandre e poi la Roubaix, vinta con più fatica, sono i sigilli della locomotiva di Berna. Che riesce a togliersi lo sfizio di battere anche il nuovo re delle lancette, Tony Martin, nella crono di Tarazona alla Vuelta España. Fallisce clamorosamente l'appuntamento mondiale in entrambi i campi, ma ciò non offusca una delle migliori stagioni dell'elvetico.

Vincenzo Nibali - 9
Per lo Squalo dello Stretto è la miglior stagione, e può (si spera), ancora migliorare. Si spera vivamente, perché al momento è l'unico atleta italiano che può fregiarsi del titolo di "campione" ed allo stesso tempo, è uno degli atleti di spicco più combattivi in circolazione. Lo dimostra sin dall'inizio della stagione, dove bilancia il dominio in salita di Froome con la scaltrezza e l'audacia dimostrata a Porto Sant'Elpidio. Il dominio del Giro è macchiato solo dall'insufficienza dei rivali più quotati, quello della Vuelta manca in maniera apparentemente clamorosa, ma la tenacia e determinazione dimostrata sull'Angliru han reso Nibali un vincitore morale. Il mondiale è macchiato dalla sfortuna e da un errore in discesa, ma anche lì Nibali dà praticamente tutto. Il 2014 sarà l'anno della sfida-Tour: qui se Nibali vorrà battere Froome dovrà anche limitare il suo difetto più grande, ovvero quello di non riuscire a gestire le energie quando è in difficoltà, e conseguentemente spegnersi.

Joaquim Rodríguez Oliver - 8.5
«Verrò ricordato come l'uomo che ha perso il Giro e il Mondiale». Signor Purito si rilassi, la sua stagione è stata ancora una volta encomiabile, come da quattro anni a questa parte. Rodríguez aggiunge al suo palmarès un podio al Tour de France, l'unico nei GT che gli mancava, fa quarto alla Vuelta domando alla sua maniera l'Alto del Naranco, e chiude la stagione bissando il successo al Giro di Lombardia con una vittoria-fotocopia rispetto al 2012. Poco male se il 2013 è stato anche un anno ricco di sconfitte: quella della Liegi, certo, ma soprattutto quella Mondiale, resa ancor più amara dal black-out di Valverde. Per Purito, alla soglia dei 35 anni, il tracollo psicologico potrebbe arrivare nella prossima stagione dopo queste sconfitte, ma quello fisico sembra bel lontano dal realizzarsi.

Peter Sagan - 8.5
Con 22 successi il buon "Peto" è l'uomo più vincente dell'anno, ma la sua ascesa agonistica e mediatica va oltre i freddi numeri: con le sue impennate al traguardo e la tanto discussa palpatina sul podio del Giro delle Fiandre Sagan si è rivelato anche al pubblico extraciclistico. Sagan è un personaggio da coltivare e da cullare, perché con la sua spontaneità e la sua faccia di gomma (caratteristiche che ricordano un po' ciò che per l'atletica è Usain Bolt), può diventare l'uomo che tornerà a far osservare il ciclismo come uno spettacolo, e non come lo sport del doping per eccellenza. Detto questo, dal lato tecnico i progressi si vedono: arrivano finalmente le vittorie (e che vittorie!) nelle classiche del World Tour (Wevelgem e Montréal), ma è soprattutto la costanza dei risultati a crescere, vedendo Sagan per la prima volta protagonista in tutta la stagione prima di spegnersi al Lombardia.

Rui Alberto Faria Da Costa - 8.5
Alla fine di una stagione già notevole Rui Costa è meritatamente il Campione del Mondo, il primo portoghese della storia. Difficile pensarlo fino a tre anni fa, quando il ragazzo dovette giustificarsi per una positività accidentale a uno stimolante e rischiò di perdere il contratto con la Movistar. La squadra gli ha ridato fiducia e questa gli è stata ampiamente ripagata anche quest'anno, col bis al Tour de Suisse, il podio al Romandia e soprattutto il doppio successo di tappa al Tour de France, tra Gap e Le Grand Bornand. Arriva al Mondiale senza la Vuelta nelle gambe e nonostante ciò è sufficientemente pimpante per tenere secondo, terzo e quarto della corsa spagnola in salita. Il successo arriva però grazie a un capolavoro tattico dello stesso, che riesce a bluffare e gestirsi quel tanto che basta. Nel 2014 potrà frenarlo solo la maledizione dell'iride.

Nairo Alexander Quintana Rojas - 8.5
Lo scalatore colombiano è la rivelazione della stagione 2013 e dimostra di avere anche la solidità necessaria per confermarsi negli anni. Stupisce tutti battendo gli SKY alla Vuelta al País Vasco nella crono finale, poi nella perplessità generale stacca un mese passandolo in Colombia per tornare al Tour: è l'ultimo a staccarsi da Chris Froome dopo un feroce duello sul Ventoux ed è meritatamente il secondo classificato. Arriva un altro bel successo alla Vuelta Burgos, dopodiché sembra capace di far bene anche al Mondiale ma svanisce nel diluvio di Firenze. Quintana non sembra una meteora, ed un giorno potrebbe esser davvero il primo colombiano a vincere il Tour de France. O il Giro d'Italia...

Tony Martin - 8
Il passistone tedesco è da ormai un po' di anni il re delle crono, ma questa sua stagione è stata la più significativa, dal punto di vista del dominio dimostrato. 10 vittorie su 11 nelle Time Trial di quest'anno, l'unica sconfitta arriva a Tarazona in una crono difficile dal punto di vista altimetrico. Non solo crono individuali: Martin è anche l'artefice principale della vittoria nel mondiale per squadre. La sua prova individuale poi è sopraffina, come da pronostico. Ma ciò che colpisce di più l'immaginario collettivo è la sua prestazione nella sesta tappa della Vuelta, in fuga solo contro il gruppo: quegli ultimi 10 km sono uno stati uno dei momenti più appassionanti (inaspettatamente) della stagione 2013.

Chris Horner - 8
Horner aveva già fama di "tardone" per eccellenza, assieme a Jens Voigt, per i suoi continui successi da over 35 e la sua ostilità all'idea del ritiro. Con l'impresa della Vuelta a 42 anni suonati è entrato però in un'altra dimensione, ed è diventato un personaggio che divide, oggetto di discussione tra garantisti e cacciatori di streghe. E non può non esserlo, visto che non è un corridore comune: è nato ad Okinawa, l'isola dagli abitanti più longevi al mondo, mangia hamburger in barba ad ogni nozione nutrizionista corrente e pedala in salita costantemente sui pedali, sorridendo alla strada che si inerpica. Tornando all'aspetto puramente tecnico, Horner ha corso poco e non è una sorpresa che sia arrivato alla Vuelta più fresco degli altri rivali, su tutti Nibali che ha domato con intelligenza tattica. Resta da trovare un contratto a Nonnhorner per il 2014: chi si offre per puntare su un rampante 43enne?

Richie Porte - 7.5
Stagione di crescita per il corridore australiano, apparso sotto tono in salita e nelle corse a tappe negli ultimi due anni, sempre ripiegato sul ruolo del gregario. E gregario è stato anche quest'anno, ma di lusso e anche vincente: stupisce con una mostruosa prestazione sulla Montagne de Lure e porta a casa la Parigi-Nizza vincendo anche sul Col D'Éze. Sembra aprirsi in casa SKY un ulteriore possibile dualismo per il Tour, ma non ci sarà doppietta: la determinazione dei rivali di Froome schianta l'australiano a Bagnères de Bigorre. Restano comunque i podi al Delfinato e al País Vasco, oltre che un gran lavoro per Froome, mentre la seconda parte della stagione è in netto calo da sovraccarico (cosa che per gli atleti SKY è accaduta spesso nelle ultime due stagioni). Per la prossima stagione, si profila un Porte voglioso di successo al Giro d'Italia.

Daniel Martin - 7.5
Anno d'oro per l'irlandese, che mette nel suo palmarès la classica più ambita per i corridori del suo stampo, la Liegi-Bastogne-Liegi. Il successo arriva dopo un esaltante testa a testa con Joaquim Rodríguez, che già aveva battuto alla Vuelta Catalunya. La stagione è impreziosita anche dalla vittoria di tappa al Tour de France, nella pazza frazione di Bagnères de Bigorre, dai piazzamenti a Freccia Vallone e Lombardia e dal secondo posto al Tour of Beijing, nel paese dei panda, l'animale che in versione antropomorfa l'aveva benedetto sulle rampe di Ans.

Roman Kreuziger - 7.5
Il ceco, una volta enfant prodige, oggi spesso accusato di non avere abbastanza fame, ha ricevuto una cura efficace e soddisfacente in casa Saxo. Conquista la classica più prestigiosa della sua carriera, giocando d'anticipo all'Amstel Gold Race; poi riesce a salire sul podio per la terza volta in carriera al Giro di Svizzera (seppur perdendo molto terreno nella crono finale di Flumserberg) e soprattutto si rivela fedele compagno di Contador al Tour, conquistando un inatteso quinto posto finale proprio alle spalle del capitano. La Vuelta sarebbe tutta per lui, ma arriva spompato e deve chiudere anticipatamente la stagione con un ritiro.

Daniel Moreno Fernández - 7.5
Da uomo-ombra di Purito Rodríguez a corridore da classiche il passo non sarebbe così breve, ma Dani Moreno ci ha già dimostrato l'anno scorso di essere corridore di qualità, se solo credesse più nel suo potenziale. Vince un po' a sorpresa la Freccia Vallone, la corsa più prestigiosa attualmente nel suo palmarès, ma poi rifiuta un ruolo di capitano al Giro per non soffrire la pressione. Si presenta al Delfinato salendo sul podio e poi segue il capitano a Tour e Vuelta, concludendo entrambe le corse nei primi 20. Alla Vuelta si scatena nella prima settimana vincendo due tappe, arrivando a conquistare la Roja per un giorno, e suscitando il sospetto che la Katusha stesse usando Purito come specchietto per le allodole: ma non replicherà il quinto posto della scorsa stagione.

Zdenek Stybar - 7.5
Alla terza stagione da professionista il passaggio del ceco dal fango alla strada si rivela più che azzeccato: è autore di una fantastica Roubaix, frenata solo da uno sfortunato incidente con uno spettatore. Le pietre gli portano bene ed infatti fa il diavolo a quattro anche all'Eneco Tour, dove vince due tappe e sfila all'ultimo la maglia di leader a Tom Dumoulin, garantendosi in solitaria l'applauso della platea su un teatro storico e spettacolare come Geraardsbergen. La ciliegina sulla torta arriva alla Vuelta, dove sfruttando con astuzia il lavoro di un indiavolato Gilbert la spunta a Mairena de Aljafare.

John Degenkolb, Marcel Kittel - 7.5
Il duo tedesco dell'Argos-Shimano fa segnare una stagione magnifica. Degenkolb è "il duro": presente nella classiche primaverili, anche se raccoglie meno di quanto si potesse aspettare (9° al Fiandre il suo risultato migliore), poi si presenta al Giro e porta a casa la tappa di Matera, anche grazie all'harakiri del compagno Mezgec. Al Tour affianca un Kittel superlativo, capace di cogliere quattro successi: tale risultato permette al velocista di Erfurt di strappare, dopo tanti anni, lo scettro di re velocista a Cavendish. La seconda parte di stagione è di nuovo tutta per Degenkolb: vince cinque corse, tra cui la Vattenfall Cyclassics e la Paris-Tours, disputata rintuzzando in prima persona le fughe.

Mark Cavendish - 7.5
La stagione 2013 ci restituisce un bel Mark Cavendish, un degno indossatore dell'iride conquistato su un percorso fin troppo facile due anni prima. Ha vinto un Qatar meno ventoso e dunque più facile del solito, poi abbiamo apprezzato la sua tenacia nelle classiche, specie alla Milano-Sanremo e alla Gent-Wevelgem tra le edizioni più fredde della loro storia, e al Giro d'Italia, corso da imbattibile vincendo cinque tappe e portando a casa una meritatissima maglia rossa che era mancata per un punto l'anno scorso. Notevole la sua tenuta in salita, vincente in una tappa ostile come quella di Cherasco. La ciliegina sulla torta arriva però in patria, dove vince un difficile campionato nazionale correndo da attaccante: un altro Cavendish, insomma. Al Tour de France ne vince "solo" due, ma chiude comunque la stagione con la bellezza di 19 successi, quota che non raggiungeva dal 2009.

André Greipel - 7
Con un'altra stagione da applausi il velocista tedesco si conferma l'uomo di punta in casa Lotto, il salvatore della baracca viste le controprestazioni di Vanendert e un Van den Broeck in netto calo. Greipel è costante su tutta la stagione, conquistando 13 successi tra gennaio e settembre: i più prestigiosi sono il campionato nazionale, la tappa al Tour di Montpeiller e la Brussels Cycling Classic (un tempo nota come Parigi-Bruxelles), vinta davanti al connazionale Degenkolb in quel momento quasi imbattibile.

Gerald Ciolek - 7
Riscatto inatteso per il predestinato di Colonia, che vinse il campionato nazionale a 19 anni battendo Forster e Zabel, dopo aver cominciato a correre appena un anno prima. Dopo anni di vivacchiamento tra Milram e Omega Pharma, approda in MTN e conquista un successo preziosissimo per la squadra sudafricana, beffando i litiganti Sagan e Cancellara in una durissima Sanremo. Nel complesso cinque successi stagionali spalmati su un calendario non trascendentale, che è ciò che la MTN poteva permettersi, e una bella rivincita sui detrattori.

Rigoberto Urán Urán - 7
Il boyacense abbatte un muro storico: è il primo colombiano a salire sul podio del Giro d'Italia, dopo che per anni i suoi connazionali erano stati relegati al ruolo di scalatori da maglia verde, oggi blu. A dir la verità neanche lui partiva da capitano, ma da metà corsa in poi, quando si intuisce che non è Giro per Wiggins, ha carta bianca e festeggia vincendo sul Montasio. Da lì in poi il suo Giro è fatto, visto che non ha né la possibilità di mettersi contro Nibali, né i corridori dietro di lui sembrano insidiarlo per il secondo posto. Torna alla Vuelta, quasi vince ad Aramon Formigal, ma lo sguardo è rivolto al Mondiale: una caduta in discesa gli ruba il sogno di un altro risultato clamoroso dopo il podio olimpico.

Pieter Weening - 7
L'olandese è stato tenuto poco in considerazione, ma i suoi risultati ne han fatto l'uomo di punta dell'Orica per questa stagione: spicca la vittoria del Polonia, conseguita grazie alla regolarità delle prestazioni (alla fine il suo miglior piazzamento sarà un sesto posto, anzi tre, conseguiti in tutte le tappe chiave), e dopo aver iniziato la stagione col 2° posto al Tour de Langkawi è finito nei 10 anche al Giro dei Paesi Baschi, Amstel Gold Race ed Eneco Tour. La stagione migliore per il mediano olandese, alla pari col 2011, quando vinse con uno splendido assolo a Orvieto e indossò la maglia rosa per quattro giorni.

Alejandro Valverde - 7
A seguito del Mondiale gettato alle ortiche, qualcuno storcerà il naso di fronte a una valutazione così lusinghiera del murciano: tuttavia non si può dimenticare che ha corso un'annata di altissimo livello, come sempre, che l'ha visto protagonista da febbraio a ottobre. Comincia con quattro successi, in Catalunya si ritira da leader per una caduta, poi finisce due volte sul podio sulle Ardenne e corre un Tour da vero combattente, sconfitto però dai ventagli a Saint-Armand Montrond. Ancora secondo a San Sebastián, riesce a soffiare il podio a Purito alla Vuelta e poi ancora, per la quarta volta (record senza vittorie) sale sul podio dei Mondiali, concludendo la stagione secondo al Lombardia. Da un certo punto di vista, Valverde mai come quest'anno è un perdente, ma è stato sconfitto da sé stesso solo al Mondiale, mentre nei GT si è fatto valere.

Beñat Intxausti - 7
Stagione di svolta per il basco, finora troppo poco costante nel rendimento. Finisce in maglia rosa quasi per caso a Pescara, ed è un bel traguardo, ma soprattutto porta a casa una tappa all'attacco a Ivrea e finisce il Giro ottavo. Dopo aver aiutato Valverde alla Vuelta, un po' a sorpresa è lui a imporsi in salita al Tour of Beijing concludendo con un successo World Tour la stagione. Ha ancora dei limiti da sistemare, probabilmente più mentali che fisici: da un passista come lui è lecito attendersi di meglio di un 41° posto a cronometro come è successo a Saltara, quando era in maglia rosa.

Sylvain Chavanel - 6.5
Uomo squadra, presenza costante, attaccante nato: Sylvain Chavanel è l'anima dell'Omega Pharma nei suoi successi più prestigiosi, e decisamente mancherà come pedina nello scacchiere di Lefevre nella prossima stagione. Una stagione sempre da protagonista, con cinque successi, dei quali ben tre a cronometro, dove è diventato praticamente uno specialista nelle distanze medie: vittoria alla tre giorni di La Panne con relativa classifica finale, campionato nazionale e vittoria all'Eneco Tour, senza contare il determinante apporto nella cronosquadre mondiale, dove le sue traiettorie in curva han fatto guadagnare all'Omega i secondi vincenti sull'Orica. In linea manca qualcosa, l'unico acuto è arrivato in uno sprint alla Parigi-Nizza, corsa conclusa con un lusinghiero quinto posto, ma tanti sono i piazzamenti di rilievo, a cominciare dal quarto posto alla Sanremo.

Robert Gesink, Bauke Mollema, Tom Jelte Slagter - 6.5
Il tridente Belkin porta a casa qualche bel successo, ed è positivo, specie per i primi due che da ex-giovani rampanti devono in qualche modo ritagliarsi il loro spazio. Gesink lo fa in una corsa con la quale ha trovato un certo feeling, il GP de Québec: terzo nel 2010, secondo nel 2011, vincente quest'anno con un’inusuale volata. Più visibile nelle corse a tappe Mollema, che finisce secondo il Giro di Svizzera e conclude il Tour de France con un lusinghiero sesto posto, oltre a ottenere piazzamenti in molte altre corse a tappe continentali. Il vero numero lo fa però a Burgos, durante la Vuelta, vincendo da finisseur puro una tappa condizionata dai ventagli. Slagter è invece il nuovo che avanza, e lo dimostra vincendo il Tour Down Under. Quali sono esattamente i suoi margini non si sa, visto che quest'anno non ha corso GT.

Cadel Evans - 6.5
I segnali di cedimento sono ormai evidenti, ma grazie agli dei del clima riesce comunque a portare a casa il podio al Giro che era l'unico nei GT che mancava alla sua carriera. Al Tour poi arriva un prevedibile crollo. Per il resto un solo successo stagionale, una tappa al Tour of Alberta, e un bell'interrogativo sul ruolo in cui correre nel 2014.

Tony Gallopin - 6.5
Col numero di San Sebastián questo 25enne conferma tutto ciò che si dice sul suo talento, proveniente dalle vene nobili di papà Alain. Manca ancora il feeling con la vittoria, questo è stato l'unico successo annuale ed è fermo ancora a quattro complessivi.

Simon Gerrans - 6.5
Pur non ripetendo exploit tipo quello dell'anno scorso alla Sanremo, l'australiano si prodiga in una stagione ricca di successi pesanti, tutti e quattro in prove WT: la tappa regina di Willunga Hill al Tour Down Under, una tappa in Catalunya e nel País Vasco, ma soprattutto la tappa di Calvi del Tour battendo nientemeno che Sagan, e la maglia gialla indossata per due giorni grazie alla grande prova dell'Orica nella cronosquadre.

Diego Ulissi - 6.5
I numeri dicono che Diego Ulissi è un fenomeno in crescita, con sei vittorie tra cui una corsa a tappe (Coppi & Bartali), una vittoria WT (la tappa di Madonna di Campiglio al Polonia) e due classiche prestigiose (Milano-Torino e Giro dell'Emilia). Non male per la sua età, ma preoccupano per il futuro i suoi limiti: il suo cronico scioglimento oltre i 200 km e il suo impacciamento in discesa su qualsiasi terreno, limiti che gli impediranno di diventare un campione se non riuscirà a superarli.

Michele Scarponi - 6.5
Buona stagione per l’aquila di Filottrano, che invecchia ma non molla: grazie a un'azione nell'ultima tappa riesce a ottenere il podio alla Vuelta Catalunya, poi è quinto alla Liegi e costretto al quarto posto al Giro d'Italia (ma senza gli annullamenti poteva superare Evans).Prova il tutto per tutto ai campionati nazionali, ma Santaromita si rivela più forte; anche alla Vuelta deve arrendersi a Geniez a Peyraguides. Il primo successo stagionale arriva così al GP Costa degli Etruschi, poi mette un segno positivo in più alla sua stagione rivelandosi pedina fondamentale nello scacchiere italico ai Mondiali.

Filippo Pozzato - 6
Niente a che vedere col Pozzato registrato appena un anno prima in maglia giallofluo: la sua campagna del nord è una debacle senza appello, nonostante la stagione fosse iniziata col successo al Laigueglia. Si presenta al Giro e fa ancora peggio, diventando un fenomeno d'intrattenimento da social network. Si riscatta nel finale di stagione, vincendo l'Agostoni e il GP Plouay. Tutto in ottica mondiale, dove però viene respinto da un terreno obiettivamente troppo ostico per lui. Questa stagione è un altro tassello per il suo ritratto di corridore incompiuto.

Greg Van Avermaet - 6
È il corridore più presente nelle classiche per la BMC e gliene va dato atto, ma anche in questa stagione, nonostante tanta generosità, manca l'acuto: eppure è uno dei più costanti al nord, l'unico a piazzarsi nei 10 a Wevelgem, Roubaix e Fiandre. Terzo e quarto in Canada in vista di Firenze, ma anche per il suo Mondiale vale il discorso fatto per Pozzato. Le uniche soddisfazioni stagionali sono il Giro della Vallonia e una tappa in Utah.

Thomas Voeckler - 6
T-Blanc invecchia, di conseguenza il suo Tour de France è uno dei più anonimi di sempre, senza neanche un piazzamento. Per uno come lui, che sul Tour ci ha costruito un impero, è un grosso smacco. Ma non sono mancate le sorprese positive: due corse a tappe portate a casa, la Route du Sud e il Tour du Poitou Charentes, conquistato vincendo la cronometro (!), nonché una tappa al Delfinato e la gloriosa quanto velleitaria cavalcata del Lombardia che non aggiunge nulla al palmarès, ma molto alla nobiltà del personaggio.

Edvald Boasson Hagen - 5.5
Certamente il suo gregariato al Tour e nelle altre corse viene apprezzato, peccato che il norvegese sia nato per vincere. Il suo spazio sono le classiche del nord, ma performa poco rispetto al meno talentuoso compagno e coetaneo Stannard. Arrivano quattro vittorie, tre delle quali in casa (Tra Giro di Norvegia e Campionato Nazionale a cronometro), ma spiccano più i successi mancati tra Tour e Vuelta.

Alberto Contador - 5
Magari Oleg Tinkov avrà un po' esagerato nell'esprimere su Twitter il suo disappunto verso la stagione di Contador, ma non ha tutti i torti nel ritenersi deluso. Più del quarto posto al Tour, fa male l'assoluta incapacità di controbattere a Froome e gli altri rivali. L'impressione è che il Contador del dopo squalifica sia veramente un altro. Neanche nel finale di stagione s'impegna più di tanto. Alla fine un solo successo, nella prima corsa, al Mirador del Sol del Tour di San Luis.

Philippe Gilbert - 5
Si potrebbe parlare di maledizione dell'iride, non fosse che la stagione 2013 di Gilbert ha fatto il paio in tutto e per tutto con quella 2012, eccezion fatta per il Mondiale. Gli unici momenti di rilievo della stagione sono la Freccia Brabante persa da un grande Sagan e la Vuelta, con la bella azione di Mairena de Aljafare ed il successo a Tarragona. Un Gilbert che esce parecchio ridimensionato e incapace di tornare il dominatore che era.

Bradley Wiggins - 4.5
Quando si sale in alto, più fragoroso è il tonfo che si fa cadendo in basso. Wiggins nel 2012 ha vinto tutto ciò che doveva vincere, è tornato nel 2013 con l'obiettivo di far suo anche il Giro, forse per accontentare la squadra che voleva spingere Froome al Tour ed evitare un dualismo difficile da gestire. Col senno di poi, questo ragionamento è sembrato più un modo per salvaguardare il Tour e l'integrità della squadra: il crollo di Wiggins al Giro è stato anche fisico, ma soprattutto psicologico. Scene come quella di Treviso sono di quelle che non si vorrebbe mai vedere, se il protagonista è stato il vincitore del Tour de France. La carriera di Wiggins da corridore da corse a tappe si direbbe già finita, guardando al futuro e ai numeri di quest'anno: due successi in crono individuali e un secondo posto al Mondiale, davanti a Fabian Cancellara, sono numeri incoraggianti. E per Rio c'è già l'idea di tornare in pista.

Ryder Hesjedal - 4.5
Doppio fiasco per il canadese tra Giro e Tour. Dopo una campagna delle Ardenne incoraggiante, e l'ottima azione di Marina di Ascea, l'ex-biker e vincitore del Giro 2012 abdica clamorosamente a Firenze. Torna al Tour ma anche lì è pressoché impalpabile. L'unico buon momento della stagione sono le corse di casa, e onora il GP Montréal con un podio.

Tom Boonen - 4
Pessima stagione per il campione di Mol, forse la peggiore di sempre. Si ritira alla Sanremo facendo polemica, si presenta alla Wevelgem combattivo ma una caduta lo taglia fuori da questa e dalle restanti classiche. Ritorna, dà qualche segno di vita in Belgio ma dopo aver vinto una tappa in Vallonia, a fine luglio decide già di fermarsi per ulteriori problemi fisici. Il perfetto contraltare della stagione 2012, speriamo di rivederlo competitivo.

Ivan Basso - 4
Più che una stagione, un coito continuamente interrotto: dev'essere protagonista al Giro ma un fastidio al soprasella lo costringe ad abdicare. Tutta la preparazione è spostata verso la Vuelta, le corse nel mezzo fanno poco testo, almeno nella sua testa. Il risultato è che alla Vuelta arriva sì con un ottima condizione e addirittura in vista di un possibile podio, ma al primo imprevisto (il grande gelo di Port d'Envalira) si blocca e non si riprende più. L'Ivan Basso di oggi è una macchina decisamente troppo fragile per risultare competitiva, e poi un corridore che guarda con agonismo a solo due o tre corse, seppur prestigiose, non può che trovarsi con un voto negativo quando chiude la stagione così, completamente con le pive nel sacco.

Nicola Stufano

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