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Mondiale 2013: Rodríguez, quanto male fa questo rovescio - Spagna, errore indifendibile di Valverde

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Joaquim Rodríguez non riesce a trattenere amare lacrime di delusione sul podio di Firenze 2013 © Bettiniphoto

Come consolare le lacrime inconsolabili di Joaquim Rodríguez, dopo la fine del Mondiale di Firenze e con esso dei suoi sogni? A ben vedere abbiamo già risposto: in nessun modo. Quelle lacrime sono l'inconsolabile bilancio di chi, dopo aver reagito da campione a diversi rovesci negli ultimi anni (ha perso un Giro e una Vuelta che sentiva già in tasca, nel 2012), pensa forse di non avere la forza per riprendersi da questa delusione iridata. Perché stavolta, a differenza delle altre, sente di aver subìto un'ingiustizia, e lo dice con la voce rotta, «ormai Joaquim Rodríguez è un nome che viene associato alla sconfitta».

Il clamoroso rovescio della Spagna, che si era trovata nell'ultimo giro del Mondiale in una posizione di invidiabile superiorità, e con due uomini in grado di portare a casa la corsa sui quattro che erano andati a giocarsela nei 10 km conclusivi, entra di diritto nel libro nero degli orrori tattico-ciclistici della storia. Tutto si è consumato dopo la salita di Via Salviati: Purito, che si era avvantaggiato con Nibali in cima a Fiesole e che poi era rimasto da solo al comando lungo la discesa, stava subendo il ritorno di un terzetto formato dallo stesso Nibali, dal portoghese Rui Costa e da Alejandro Valverde, l'altro capitano spagnolo, il quale correttamente stava al coperto, in attesa di intervenire qualora fosse stato raggiunto il battistrada.

Quando JRO è stato ripreso, a 4 km dal traguardo, le cosa ipotizzabile era una: che Purito si mettesse a tirare il gruppetto nell'attesa della volata in cui Valverde avrebbe vinto senza troppe ciance (data la sua superiorità allo sprint); inimmaginabile assistere a un gioco di scatti a turno tra i due spagnoli, vista la ritrosia che lo stesso Alejandro ha nei confronti del concetto di "attaccare". Rodríguez ha invece voluto spingere il proprio azzardo oltre ogni limite, partendo una seconda volta e ritrovandosi di nuovo al comando della corsa, tutto solo.

Regolare, se sentiva che la gamba gli permetteva un simile tentativo, era giusto da parte sua farlo, a patto che tutto fosse chiaro con Valverde: se mi riprendete, vinci in volata, altrimenti vinco io, e sempre arriba España. Ma era tutto così chiaro? JRO ha sostenuto di aver chiesto a Valverde di coprirlo, ovvero: se qualcuno parte al mio inseguimento, mettiti alla sua ruota così lui si ferma, o se non si ferma vinci lo stesso tu in volata.

La più classica delle tenaglie, insomma, giochino ciclistico che esiste dalla notte dei tempi, ma che oggi non ha trovato una sua applicazione pratica: perché quando il qualcuno della situazione (Rui Costa) è effettivamente partito, a 1800 metri dal traguardo, Valverde s'è guardato bene dal francobollarlo, preferendo rimanere alla ruota di Nibali, e lasciando così che il destino infausto di Purito si compisse: il portoghese è rientrato infatti su Rodríguez, e poi l'ha uccellato allo sprint, mentre Alejandro si è accontentato del terzo posto, valevole per un bronzo che è la quinta medaglia mondiale di Valverde, il che è un record (ma gli manca la più importante: non ha mai vinto l'iride).

Si potrà discutere a lungo se Rodríguez abbia fatto bene a imporre un nuovo proprio tentativo, scavalcando così di fatto Valverde dalle gerarchie della selezione spagnola, o se non avesse dovuto piuttosto porsi al servizio del veloce murciano. Ma c'è un piccolo particolare: la scelta di Joaquim stava portando la Spagna alla vittoria, e qualora fosse stata supportata al meglio da Valverde, l'obiettivo sarebbe stato centrato (magari con Alehandro d'argento anziché di bronzo); la scelta di Valverde, invece (parliamo di scelta perché nemmeno per un istante il murciano ha provato a inseguire Rui Costa), portava dritta al tracollo per le Furie Rosse, visto che il rischio che il portoghese rientrasse sul battistrada e lo superasse allo sprint era palese. Eppure Valverde ha ugualmente deciso di far morire Sansone con tutti i filistei. Perché?

Si parla di rivalità interne, di una squadra che non riesce più ad essere unita come ai bei tempi del ct Antequera, quando le ambizioni di ciascuno confluivano spesso in una vittoria di Freire. I personalismi hanno da tempo preso il sopravvento (e lo stesso Freire lo scorso anno, non supportato come avrebbe voluto nel finale di gara a Valkenburg, si lasciò male con l'ambiente della nazionale), e il nuovo ct Javier Mínguez, oggi al suo esordio, dovrà lavorare molto in futuro per cambiare l'atteggiamento interno alla sua selezione. Ha voluto dare un segnale rinunciando a ricevere uno stipendio per il ruolo di commissario tecnico, ma il senso di solidarietà che promana dalla sua scelta non si è esteso a coinvolgere i suoi atleti.

Valverde, dal canto suo, si avvia alla fase finale della carriera con un netto e progressivo ribasso di popolarità, visto che non a troppi piace il suo modo di correre sparagnino; ma se quando era più giovane aveva un surplus di freschezza che gli permetteva di volgere a proprio favore molti finali di gara (nel 2004 ad esempio ottenne 15 vittorie) e che gli conquistava comunque parecchie simpatie, oggi, a 33 anni, rischia di rimanere solo col suo esasperato tatticismo, e con pochi sorrisi (solo 4 successi in questa stagione).

Marco Grassi

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