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Mondiale 2013: Mr. Moho Risin', solo sesto Villella - Lo sloveno Mohoric da solo, a podio anche Meintjes ed Enger

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Lo sloveno Matej Mohoric si aggiudica il Campionato del Mondo Under 23 © BettiniphotoFiesole e Via Salviati. Via Salviati e Fiesole. Nelle settimane d'avvicinamento al mondiale questi due punti del tracciato iridato sono divenuti il principale ritornello su cui ricamare e riporre le speranze di vittoria per molti. Un'azione ben congeniata in salita, uno scatto secco sul dentello a meno di 5 chilometri dalla conclusione ed ecco che il gioco sembrava esser fatto. Alla conclusione della prima giornata dedicata alle prove in linea però la considerazione che possiamo fare è una sola: il tracciato fiorentino non ammette distrazioni ed anche le azioni che all'apparenza sembrano destinate al fallimento possono assumere via via con il passare del tempo sempre più importanza, fino a rivelarsi vincenti.

Servono gambe, scelta di tempo ed anche quel pizzico d'inventiva che può contraddistinguere l'aspirante campione dal buon corridore. Tutto questo mix si è concentrato questo pomeriggio in Matej Mohoric, che adesso appare perfino superfluo presentare come l'ultimo (in ordine di tempo) dei predestinati, dopo aver confezionato un capolavoro di forza e di tattica degno di atleti ben più esperti rispetto quel che dicano i suoi non ancora compiuti 19 anni (li compirà il 19 ottobre prossimo). Ha atteso il giorno più bello per realizzare la prima vittoria nella nuova categoria, lui che si era già vestito d'iride lo scorso anno e che in Italia aveva già trovato un'ideale seconda patria, riuscendo a vincere due corse prestigiose come Giro della Lunigiana e Giro della Basilicata tra gli juniores.

Matej Mohoric che diventa il primo corridore sloveno a vincere il campionato del mondo tra gli Under 23 (ed avendo ancora soltanto 18 anni diventa anche il più giovane corridore di sempre a vestire l'iride in questa categoria), regalando un saggio di classe prima di approdare nella massima categoria nel 2014, dal momento che la Cannondale (anche se il prossimo anno la denominazione cambierà nuovamente), sempre attenta a scovare i più interessanti talenti del panorama nazionale ed internazionale, aveva già deciso da mesi di non farselo scappare e di puntare su di lui. Del resto è inutile che corridori simili rimangano per tanti anni in una categoria dove possono bastare anche poche occasioni (ma che occasioni!) per mostrare segni tangibili delle proprie qualità.

Una vittoria cercata con il coraggio e con la determinazione la sua, assecondata nella prima parte di gara da una tattica di squadra che gli ha consentito di giocare le sue carte al momento giusto e approfittando anche della verve francese che ha tentato in ogni modo di far saltare il banco, pur senza alla fine raccogliere nulla se non gli applausi di chi riconosce giustamente ai transalpini di averci provato fino in fondo. Per l'Italia invece l'epilogo finale non può non lasciare per l'ennesima volta un pizzico d'amaro in bocca, se è vero che con Villella continua la "maledizione del sesto posto" (fatta eccezione per la gara di Valkenburg nello scorso anno, anche Fortin a Copenaghen e Colbrelli a Geelong erano stati i migliori azzurri col medesimo piazzamento) ma di sicuro la mancanza di un sesto uomo rispetto ad alcune delle nazionali più in vista si è fatta sentire, quel sesto uomo che siamo andati ad un passo dal conquistare con una buona prestazione al Tour de l'Avenir, ed ha senz'altro avuto un peso anche sulle tattiche di gara, con un Alberto Bettiol, apparso in ottima forma nelle ultime uscite e che poteva tornare utilissimo nel momento in cui la gara è entrata veramente nel vivo, che si è invece ritrovato a corto di energie per aver lavorato soprattutto nella prima parte di gara assieme ad un ottimo Michele Scartezzini che a quel ruolo era naturalmente designato. L'attendismo ha di sicuro avuto un peso anche sugli insuccessi di Australia e Gran Bretagna, attessissime anch'esse e rimaste giù dal podio, così come anche il Belgio si è visto solo in pochi frangenti a tirare in testa al gruppo.

173 i chilometri da percorrere con il via dato alle ore 13 da Montecatini Terme e subito, come prevedibile, si sono annotati i primi allunghi nel tratto in linea che prevedeva soltanto una morbida ascesa a Serravalle Pistoiese prima di dirigersi verso Firenze per iniziare i sette giri di circuito, comprendenti l'ascesa a Fiesole e il temuto strappo di via Salviati. A far capire inequivocabilmente le proprie intenzioni è stata subito la nazionale slovena, con Mark Dzamastagic ad operare il primo scatto, prima però di essere ripreso dal gruppo, cosicché si è dovuti giungere all'incirca al decimo chilometro per assistere ad un allungo che avesse finalmente buon gioco, operato da Jaka Bostner, altro esponente del team slavo, e dall'estone Mikhel Räim, che hanno subito preso una ventina di secondi di margine nei confronti del plotone. Drappello che si è ulteriormente arricchito poco dopo, quando la coppia è diventata sestetto, grazie all'arrivo del rumeno Sipos, dell'eritreo Teshome, del bielorusso Shumov e del lettone Flaksis, con quest'ultimo che diveniva sicuramente il corridore più interessante da seguire tra i battistrada.

Situazione quindi ideale per il gruppo, che ha lasciato fare permettendo ai battistrada di guadagnare un vantaggio massimo prossimo ai 5 minuti in occasione dello scenografico passaggio in piazza Duomo. In occasione del primo passaggio sul traguardo il vantaggio dei battistrada è stato di 4'30" su un gruppo in cui è stata proprio l'Italia ad incaricarsi di tirare per ridurre il gap con Michele Scartezzini, con Alberto Bettiol pronto a subentrare e a farsi vedere nelle posizioni buone nei tratti di salita. Iniziati gli ostici 16,5 chilometri del circuito, in cui vi erano da superare i circa quattro chilometri e mezzo di ascesa verso Fiesole (pendenza media del 5% e massima del 9), seguiti da una velocissima e tecnica discesa che portava verso lo strappo secco di 600 metri di via Salviati (pendenze fino al 18%), seguiti da un'altra discesa e dall'ultimo dentello costituito da via Trento (circa 300 metri al 10%), il drappello di testa ha iniziato via via ad assottigliarsi con il passare delle tornate, tanto che nel corso del quarto giro si sono ritrovati solamente in 3 in testa del nucleo originario: la prima ascesa a Fiesole è stata infatti fatale a Räim, quindi è stato il turno di Sipos nella terza tornata e del bielorusso Shumov nella quarta, con i soli Teshome, Bostner e Flaksis a resistere. In tutto questo naturalmente il vantaggio della fuga è calato vertiginosamente passando dai 3'28" al completamento del primo giro di circuito agli 1'19" alla conclusione della terza tornata, in cui il gruppo vedeva ancora gli azzurri tra i più impegnati nell'inseguimento (con Scartezzini e Bettiol soprattutto) mentre Australia, Francia e Gran Bretagna (in cui faceva capolino anche il leader Simon Yates) sornione nelle posizioni buone, specie sui vari passaggi di via Salviati.

Proprio nel corso della quarta tornata, quando il vantaggio del terzetto superstite si andava ormai spegnendo pian piano si sono registrati notevoli movimenti in gruppo: dapprima sono usciti all'inseguimento il bielorusso Mytsko e l'ecuadoriano Paspuezan, in grado però di guadagnare non più di una trentina di secondi sul gruppo, mentre, subito dopo lo scollinamento a Fiesole, ci sono state le prime chiare testimonianze delle intenzioni francesi con l'allungo di Gougeard poco prima di via Salviati, dove è stato il ceco Hnik ad esaltarsi sullo strappo, con Simon Yates e Howson nell'avanguardia del gruppo che comprendeva anche gli azzurri Formolo e Bettiol a vigilare assieme a Villella. Gougeard ci ha riprovato con più convinzione nel successivo tratto di discesa, portandosi appresso lo sloveno Mikelj ed entrambi sono transitati sul traguardo con un distacco dei 38" dai battistrada (in cui anche l'accordo iniziava a scarseggiare) e 45" su un gruppo in cui erano le maglie del Belgio a farsi vedere per la prima volta in testa al gruppo (all'arrivo mancavano in quel momento 50 chilometri).

La quinta tornata ha visto dominare ancora la Francia, che ha iniziato a scatenare il suo attacco frontale sulla salita verso Fiesole dove dapprima Gougeard e Mikelj avevano raggiunto i primi (ma gli sloveni e Flaksis hanno alzato presto bandiera bianca) mentre l'ottimo Scartezzini continuava a tirare di buona lena il gruppo e poi, all'inizio del tratto più impegnativo dell'ascesa, è stato Chevrier a piazzare uno scatto deciso, seguito dallo statunitense Brown, con cui è riuscito a riportarsi nel volgere di poco tempo sul connazionale Gougeard e Teshome, raggiunti in discesa mentre il gruppo era scollinato con circa 10". Un'azione, questa che è andata ad esaurirsi proprio su via Salviati dove australiani e transalpini hanno finito per rimescolare le carte, prima di un nuovo deciso attacco di un corridore in casacca bleu, ovvero Flavien Dassonville che è andato a scattare proprio al culmine dello scollinamento dallo strappo, allungando poi in discesa. Un'azione che naturalmente ha costretto ad una nuova risposta il gruppo e che ha visto muoversi tre pedine molto interessanti come l'olandese Dylan Van Baarle (punta della nazionale orange), il tedesco Jasha Sütterlin e lo svedese Fredrik Ludvigsson, che hanno raggiunto il francese proprio in prossimità del passaggio, andando a comporre un interessante quartetto che ha momentaneamente spiazzato il plotone, transitato con 45" di ritardo sotto l'arrivo e con la reazione organizzata unicamente dalla nazionale kazaka.

La penultima scalata a Fiesole però si è rivelata troppo ostica sia per Ludvigsson che per Sütterlin (il tedesco però ha mollato proprio in prossimità dello scollinamento) ma ha decisamente acceso la miccia in gruppo dove si sono registrati alcuni allunghi come quello del lettone Skujns (con Howson e Adam Yates presenti nell'avanguardia) prima della fiammata annunciata di Julien Alaphilippe, che andava così a completare la grande preparazione della nazionale francese: il giovane talento, già in evidenza nel ciclocross e prossimo al passaggio al professionismo in maglia Omega Pharma-Quick Step, è scattato proprio in prossimità dello scollinamento a Fiesole per sfruttare le sue fenomenali doti di discesista, che gli hanno permesso di divorare nel breve volgere di 3 chilometri i 17" di ritardo accusati in cima e di riportarsi quindi sul connazionale Dassonville (impegnato pertanto a spingere al massimo) e a Van Baarle, con Sütterlin che pure era già rientrato sulla testa.

Una fase di gara pertanto molto delicata e che si è probabilmente rivelata decisiva per gli esiti dell'Italia, con Scartezzini che naturalmente aveva già esaurito il suo lavoro e con Bettiol, l'uomo che probabilmente sarebbe stato più adatto ad entrare in azione in un simile frangente, che ha cominciato ad accusare la fatica del vento in faccia preso nei giri precedenti ed ha iniziato a perdere terreno. In questo modo l'onere dell'inseguimento è stato lasciato tutto sulle spalle degli azzurri, con Formolo, Villella e Zordan a trainare il plotone all'imbocco di via Salviati. Alaphilippe, sfruttando le ultime trenate del compagno ha continuato nella sua azione conservando 10" in cima a via Salviati, dove nel frattempo Villella ha provato un timido allungo seguito prontamente da Simon Yates e la successiva discesa sembrava il momento ideale per portare via un gruppetto in grado di raggiungere il transalpino. Gruppetto che però non si è organizzato ma con un atleta che ha deciso ugualmente di prendere la palla al balzo per lanciarsi con decisione nella picchiata, vale a dire Matej Mohoric. Lo sloveno si è prodotto in uno sforzo notevole ma, superato lo strappo al 10% di via Trento, è piombato su Alaphilippe a due chilometri dal passaggio (-18 km alla conclusione) andando a costituire una coppia temibilissima, costituita da due atleti in grado di far valere notevolmente anche le proprie doti sul passo. 20 sono stati i secondi di vantaggio racimolati dal duo in occasione del suono della campana nei confronti del gruppo che ha visto tirare in testa la nazionale norvegese, sempre più convinta di poter portare allo sprint il proprio leader Enger e con l'Italia ancora ben presente in testa.

Il passo di Alaphilippe e Mohoric è proseguito con sicurezza anche nel corso dell'ultima ascesa a Fiesole ma alla progressione potente dello sloveno faceva seguito la visibile stanchezza che iniziava ad attanagliare il transalpino dopo lo sforzo profuso nel giro precedente (il loro vantaggio è comunque giunto prossimo ai 30") mentre in gruppo è diventata ormai chiarissima la tattica azzurra che indicava in Davide Villella il capitano unico: se infatti il forcing di Formolo era assai prevedibile viste le poche possibilità che avrebbe avuto il veronese in un'ipotetica volata, l'avvicendamento di Zordan, ovvero l'uomo considerato più veloce tra gli italiani e che, in teoria, avrebbe dovuto essere preservato per lo sprint conclusivo, in testa al gruppo ha fatto eloquentemente capire che anche il campione italiano sacrificava in quel momento le proprie possibilità in funzione del bergamasco della Colpack. Quando anche Zordan ha esaurito le proprie energie Villella ha cercato di scattare per ridurre il gap nei confronti dei primi due, che conservavano ancora una quindicina di secondi ma in quel momento sarebbe stata necessaria sicuramente qualche alleanza in più per il corridore bergamasco, trovata momentaneamente in due ottimi passisti quali Damien Howson ed il vincitore del Liberazione, ovvero il bielorusso Koshevoy.

Nel tratto più duro dell'ascesa di Fiesole Alaphilippe ha ammainato la propria bandiera e non è più stato in grado di procedere al ritmo imposto da Mohoric, mentre dal plotone è stato il sudafricano Meintjes ad attuare uno scatto volto a cogliere tutti di sorpresa. La pensata dell'atleta della MTN è stata buona ma riuscire a raggiungere Mohoric si è rivelata impresa assai ardua, nonostante proprio in prossimità dello scollinamento fosse giunto a pochissimi metri dallo sloveno. Le capacità in discesa di Mohoric hanno poi fatto il resto, dilatanto il vantaggio nei confronti dell'inseguitore anche grazie ad un'insolita pedalata mentre era piegato ad uovo (posizione peraltro molto rischiosa). Meintjes è così rimasto ad una decina di secondi di distacco mentre il gruppo con Villella, che pure in cima era a soli 5" di margine ha visto il proprio ritardo raggiungere i 20", gap sempre più difficile da colmare.

Il vantaggio acquisito ha permesso a Mohoric, per nulla in difficoltà, di affrontare con maggior tranquillità l'ultima ascesa a Via Salviati, in cui il ritardo di Meintjes si è mantenuto pressoché immutato mentre nel gruppo è stato Caleb Ewan a tentare finalmente la stoccata, cercando di riuscire a portar via un gruppetto in grado di raggiungere lo sloveno, seguito a breve distanza da Simon Yates e Villella. In cima però i 14" di ritardo accusati rappresentavano un divario che a meno di 5 chilometri dal traguardo poteva essere considerato sufficiente e le ultime discese e curve affrontate con molta attenzione e grinta da Mohoric hanno portato lo sloveno all'ultimo chilometro, dove la certezza della vittoria è stata finalmente acquisita. Applausi meritatissimi per lui e incredulità, con festeggiamenti iniziati con largo anticipo, tanto che Meintjes ha potuto avere ancora il miraggio del ricongiungimento. Secondo titolo mondiale nelle ultime due stagioni per lui (tra l'altro anche il primo a riuscirci da esordiente nella nuova categoria) e avvenire che si prospetta sempre più luminoso per lui. A 3" Louis Meintjens ha testimoniato ancora una volta la grande crescita del movimento africano proprio nell'anno in cui la MTN-Qhubeka (la squadra in cui milita) è riuscita a passare presto dall'essere una piacevole sorpresa a divenire una splendida realtà e la medaglia d'argento ottenuta può sicuramente mitigare la delusione per non essere riuscito per pochi attimi ad agganciare il treno irripetibile.

Restava pertanto da assegnare soltanto la medaglia di bronzo, finita al collo del norvegese Enger (anche per lui futuro da professionista alla Belkin) che con un grande spunto ha anticipato il grande favorito Ewan, il lettone Skujins ed il nostro Davide Villella, a cui restava il sesto posto e un po' d'amarezza. A completare la top-ten nel drappello giunto con un ritardo di 13" sono stati l'attivissimo Van Baarle, il tedesco Herklotz (anche lui molto atteso ma mai visto se non nel piazzamento finale), il generosissimo Alaphilippe e l'austriaco Konrad (presenti in questo gruppo anche Chevrier, Brown e un Simon Yates non andato oltre la diciassettesima posizione). Dal mondiale esce indubbiamente sconfitto anche il Belgio (Stuyven ha chiuso staccato di 1'44"), qualche sprazzo dalla Colombia (Sebastian Henao 18esimo, miglior classificato), poca gloria anche per il Kazakistan.

Detto del piazzamento di Villella, che in una simile situazione avrebbe trovato comunque avversari ben più veloci allo sprint, resta il rammarico soprattutto per non aver giocato una carta importante nella penultima tornata, ovvero lì dove è scaturita l'azione decisiva ma, come detto, un atleta adattissimo come Bettiol era stato già speso nelle fasi precedenti, portando a termine il mondiale con un ritardo di 6'36" in compagnia di un generoso Formolo. Zordan neppure ha potuto giocare le proprie carte ma nel momento in cui è stato chiamato a lavorare per Villella ha compiuto il suo dovere, chiudendo poi a 1'45". Non ha completato invece la prova Michele Scartezzini ma l'atleta della Trevigiani si merita senza dubbio la palma di miglior azzurro per aver tirato per tantissimi chilometri nell'avanguardia del gruppo nella prima fase di gara e se c'è un rammarico è senz'altro quello che il corridore veneto non ha trovato grandissimi alleati strada facendo, sobbarcandosi così un lavoro enorme di cui altre nazionali (Francia e Slovenia in primis) hanno indubbiamente beneficiato.

Domani mattina saranno di scena gli Juniores guidati in ammiraglia da Rino De Candido, che lungo i 139 chilometri del tracciato (5 i giri del circuito previsti) affideranno principalmente a Simone Velasco il compito di riuscire ad ottenere un buon risultato. Le possibilità di vittoria, però, contro nazionali fortissime (Francia, Australia, Danimarca, Belgio, Olanda solo per citarne alcune) appaiono però decisamente ridotte.

Vivian Ghianni

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