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Federciclismo: Il grande sonno dell'estate di RDR - Di Rocco dorme su Pantani e Vigorelli. E quei 57 medici... | Cicloweb

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Federciclismo: Il grande sonno dell'estate di RDR - Di Rocco dorme su Pantani e Vigorelli. E quei 57 medici...

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Uno scorcio della Curva Nord dell'Olimpico di Roma, sede della Federciclismo © www.as.roma.itLo facciamo un bell'update su fatti e fatterelli della nostra beneamata Federciclismo dirocchiana/diroccata? Ovvio che sì, del resto notizie interessanti dalla Curva Nord dell'Olimpico (ovvero dalla sede della FCI) non ne mancano mai, e ogni tanto il riepilogo è d'uopo.

Ce ne dà spunto (ma serviva giusto un'occasione, eccola qua), un comunicato inviato ieri e col quale la FCI risponde «a recenti articoli pubblicati su giornali a diffusione nazionale e su siti on line di ciclismo, aventi come riferimento il deferimento agli organi di giustizia federali di medici sociali da parte della Procura federale, si sottolinea il carattere inesatto del tutto strumentale con il quale tali deferimenti vengono commentati». Per una volta Cicloweb - che finora non si è occupato direttamente della vicenda - non rientra tra i bersagli federali, ma salta all'occhio questo fatto per cui l'operato della stampa è sempre di carattere inesatto, e i commenti sono sempre del tutto strumentali, quando vanno a sottolineare le storture che si consumano in seno alla nostra amata Federazione Ciclistica.

E anche organi di informazione che in precedenza erano stati teneri con Di Rocco entrano nella black-list nel momento in cui si azzardano a porre qualche domanda. Purtroppo il presidente federale non si è ancora fatto una ragione del fatto che il consenso va conquistato con atti giusti e politiche illuminate, e non imposto con la forza o col gioco/giogo delle querele.

Una FCI che da una vita è lontana dal cuore dei problemi del ciclismo e che si fa scavalcare da chiunque nella tentata soluzione di tali problemi non ha del resto altra via se non quella di alzare la voce per imporre la propria visione (ammesso che si possa parlare dell'esistenza di una visione). Un paio di esempi freschi portano i nomi di Pantani e Vigorelli.

Anche i muri sanno che si tratta di due risorse inestimabili per il ciclismo italiano. Uno, il più grande corridore degli ultimi decenni; il secondo, il velodromo in cui s'è consumata tanta storia del nostro ciclismo.

Il caso Pantani-McQuaid
Nelle scorse settimane sono circolate con una certa insistenza voci secondo cui ci sarebbe il nome del Pirata in una lista di corridori che parteciparono al Tour de France 1998, e i cui campioni di urine e sangue, rianalizzati con nuove metodologie (all'epoca inesistenti), avrebbero dato luogo a positività all'EPO. Il Senato francese diramerà l'elenco a Tour finito (in origine avrebbe voluto farlo nel giorno della tappa dell'Alpe d'Huez, chissà perché... poi le vibranti proteste giunte da ogni dove hanno consigliato la dilazione), ma chiaramente per una mera questione di diritto (dopo 8 anni scatta la prescrizione), di garanzie (senza controanalisi - che non sono state effettuate - non può darsi luogo a positività) nonché di opportunità (i dati di questi nuovi test dovevano servire solo a fini di studio e si era detto che tutti i risultati sarebbero rimasti anonimi), tale azione risulta insensata oltre che inutile.

Ignaro di tutte queste elementari norme giuridiche e di buon senso, il presidente dell'UCI Pat McQuaid, interpellato sull'eventualità di togliere a Pantani la vittoria nel Tour del '98, si era detto possibilista. Ora, una Federazione nazionale che avesse a cuore non tanto e non solo il buon nome, ma anche l'eredità sportiva del campione più amato dagli anni '60 (per non dire '50) a oggi, protagonista, con la sua sola figura e la sua sola storia, del più grande boom di tesseramenti che la FCI abbia conosciuto in anni recenti (in quanti si sono avviati al ciclismo per seguire l'esempio del Pirata?), ecco, una Federazione un minimo sensibile e intelligente sarebbe intervenuta immediatamente per stoppare le fantasie erotiche di McQuaid. Non è successo.

È successo invece che la famiglia Pantani (per altre ragioni colpevole di una troppo incespicante battaglia per la verità su Marco) abbia diffuso un'accorata lettera in cui si chiede rispetto non solo per la memoria del Pirata, ma anche per la giustizia e per il diritto. Tale lettera è stata indirizzata agli organi di informazione, al direttore del Tour de France Christian Prudhomme, al presidente FCI Di Rocco e al presidente UCI McQuaid. Quest'ultimo, informatosi presso un qualsiasi avvocaticchio di provincia su quel che si poteva o non poteva fare, ha risposto alla lettera dei Pantani, assicurando che il Tour del 1998 non sarà stato mai tolto a Marco per i motivi che abbiamo elencato sopra, e aggiungendo (siamo pur sempre in campagna elettorale per l'Unione Ciclistica Internazionale) tutte le varie smancerie del caso.

Forse che Di Rocco abbia sentito la necessità di intervenire, rispondendo alla lettera, o commentando con una almeno affettata soddisfazione la risposta di McQuaid? Macché. Del resto che cosa importa alla Federazione Ciclistica Italiana di tutelare in qualsiasi modo un personaggio come Pantani?

Il caso Vigorelli
L'altro elemento centrale della storia patria del ciclismo, il Vigorelli, è stato completamente dimenticato dalle politiche dirocchiane. Il Comune di Milano aveva emesso nei mesi scorsi un bando per appaltare la ristrutturazione dell'edificio, e la vittoria era stata assegnata a un progetto che prevedeva di fatto la scomparsa della pista (sì, si parlava di una struttura mobile che però, nei fatti, sarebbe risultata costosa, difficilmente utilizzabile e comunque non nella disponibilità dei pedalatori milanesi).

Anche qui, assenza totale della FCI. Ci si son dovuti mettere decine di cittadini informati, bravi a far nascere un comitato per la salvaguardia (in senso ciclistico) del Vigorelli, a farsi massa critica e a coinvolgere nella loro battaglia di sensibilizzazione il Ministro dei Beni Culturali Massimo Bray. Il quale non ha fatto mancare il suo fattivo appoggio a questa lotta, di fatto imponendo al Comune di Milano di scegliere un progetto che salvasse la pista del Vigorelli.

E di nuovo, hai voglia ad aspettare una reazione federale, di sicuro Di Rocco era impegnato in faccende molto più importanti. E suona quindi ulteriormente sintomatica la lettera che Brian Cookson, deus ex machina di British Cycling (ovvero la federciclismo britannica, che proprio sulla pista ha basato il grande rinascimento pedalatorio in terra d'Albione), ha indirizzato alla FCI, al Comune di Milano e al Ministero dei Beni Culturali. Una lettera in cui Cookson (che è candidato a succedere a McQuaid alla presidenza UCI) promette il massimo supporto logistico, tecnico e di qualsiasi natura per il progetto di rinascita dell'anello vigorelliano. Ancora una volta, la FCI viene sorpassata in tromba da altre entità ciclopolitiche, senza che da Roma si batta un colpo. La domanda di fondo è sempre quella: è così che la FCI tutela i suoi asset principali?

Dalle province del Grande Impero
Se a Roma si tende al lassismo, come visto nei due casi citati sopra, nella periferia federale si verificano piccole e grandi storie che contribuiscono a mettere in rilievo determinati usi e costumi dell'era Di Rocco. Ad esempio in Puglia ha fatto discutere la cancellazione - dal sito ufficiale del Comitato Regionale - di un comunicato che riportava alcune sanzioni a danno di alcune società del posto, a quanto pare vicine al nuovo presidente del CR Pasquale De Palma. L'atto (commentato anche da Ciclismo-online) è alquanto irrituale, e si teme che sottenda all'annullamento de facto di tali sanzioni.

Il comunicato in questione l'abbiamo recuperato (è disponibile a questo link), il presidente De Palma ci fa comunque sapere che non c'è niente di strano nella vicenda. Secondo la sua versione, il comunicato è stato rimosso perché mancavano alcune indicazioni su tempistiche e iter degli eventuali ricorsi, e si attende ora che il Giudice Sportivo regionale De Bellis aggiunga questa riga e mezza. Certo un'impresa improba, se ancora dopo un mese e mezzo (il comunicato risale al 31 maggio) l'addendum non è stato inserito. Siamo comunque fiduciosi di veder tornare quanto prima on line (e quindi ufficiale) il documento. Altrimenti qualche cattivo pensiero sarà più che legittimo.

Più rilevanti sono le notizie (riportate da Repubblica) che giungono invece dalla Sicilia, che vedrebbero l'ex vicepresidente FCI Gianni Sommariva coinvolto in una vicenda riguardante appalti sui grandi eventi nella regione insulare. Sommariva è iscritto nel registro degli indagati dal pm di Palermo Gaetano Paci, in seguito a un'intercettazione telefonica nella quale l'ex dirigente diceva «io ho tutto il piacere di farti guadagnare, perché se guadagni... vuol dire che forse... prendo qualcosa anch'io». Tali auspici erano rivolti a Luciano Muratore, presidente della General Service, società che prese in appalto l'organizzazione della Settimana Tricolore di ciclismo 2011 (budget 1.184.000 euro).

Secondo gli inquirenti, tale appalto (alla cui gara General Service era l'unica partecipante) era una sorta di risarcimento per il fatto che la società si era precedentemente di fatto messa da parte nella gara per l'assegnazione dei Mondiali di scherma di Catania, per un appalto (di 4.800.000 euro) andato alla Jumbo Grandi Eventi, società al centro delle indagini.

Sempre secondo la tesi di chi indaga, Sommariva sarebbe stato ricompensato con l'assegnazione - alla sua società ASD Domus - dell'organizzazione tecnica della Settimana Tricolore. Anche in questo caso, attendiamo gli sviluppi.

E poi il grande caso dei medici federali
Una vicenda che invece coinvolge in pieno gli uffici romani della FCI è quella da cui siamo partiti e che qui proviamo a spiegare più dettagliatamente: quella che investe in questo periodo la categoria dei medici federali. La Commissione Tutela della Salute, per mezzo del suo presidente Luigi Simonetto, ha segnalato al procuratore federale i nomi di 57 medici che avrebbero commesso delle infrazioni al regolamento FCI. Per alcuni le accuse sono di aver aggiornato tardivamente (o per nulla) i quadri clinici (ma i medici rispondono che c'erano dei bug nel sistema informatico di riferimento), per altri si arriva a ipotizzare la mancata tutela della salute degli assistiti, con esposizione degli stessi a rischi seri per l'integrità psicofisica (in pratica, responsabilità in casi di doping).

I 57 medici sono stati tutti rinviati a giudizio sulla base di questi addebiti, e da martedì 16 inizieranno le udienze da parte della Commissione Disciplinare della FCI, col procuratore Giovanni Grauso nei panni dell'accusatore. Cosa non torna in tutto ciò? Intanto che si mette in discussione un terzo dei medici del ciclismo, in molti casi per questioni di lana caprina; e al contempo non si è invece deciso di indagare lo stesso Simonetto, sul cui conto pure ci sono state delle segnalazioni da parte di altri medici.

Per non parlare poi della posizione del dottor Pierluigi Fiorella, il quale, benché si trovi nell'occhio del ciclone per la vicenda di cui è protagonista il marciatore Alex Schwazer (in seguito a ciò, ha abbandonato gli incarichi in FIDAL - la Federazione di atletica leggera), ma continua a far parte della Commissione Tutela della Salute della FCI, né gli organi di giustizia della Federciclo hanno proceduto nei suoi confronti. Anche qui, insomma, si parla di figli e figliastri, secondo un consolidato modus operandi della FCI targata Di Rocco.

Lui, il presidentissimo, interpellato da Marco Bonarrigo del Corriere della Sera (il quale da tempo segue la vicenda sul blog di Cycling Pro), smentisce che sia in corso una manovra politica mascherata da azione giudiziaria, ma di certo i numeri delle persone coinvolte fanno più pensare a una grande purga staliniana che a una tranquilla operazione chiarificatrice. Se sottolineare ciò equivale a esprimere commenti di «carattere inesatto del tutto strumentale» (come da comunicato citato in apertura), non si può fare a meno di notare una volta di più quanto la FCI di Di Rocco sia impermeabile a critiche e valutazioni oggettive sul proprio operato. Nulla di nuovo sotto il sole, insomma, purtroppo però c'è un ciclismo che sotto a questo sole boccheggia, mentre il Palazzo a tutto pensa meno che a dare da bere all'assetato.

Marco Grassi

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