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Tour de France 2013: Ehi Peter, lo sai che ti ho battuto? - Gerrans brucia Sagan. Bakelants sempre in giallo

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Simon Gerrans e Peter Sagan dopo lo sprint che ha premiato l'australiano a Calvi © BettiniphotoSì, certo, si dice sempre la frase di circostanza, il Tour è la corsa più difficile del mondo, nulla è scontato, è già tanto esserci, proverò, tenterò, farò in modo di, e si mantiene un basso profilo un po' per scaramanzia, un po' perché gli amici t'hanno detto di non fare troppo lo sbruffoncello perché poi i nemici te la fanno pagare, e insomma la si prende larga, la partecipazione alla Grande Boucle, anche se ci si chiama Peter Sagan e in cuor proprio si sa che, se le cose andranno in un certo modo, e cioè non in un modo miracoloso ma - basterebbe - almeno realistico, la possibilità di vincere una dietro l'altra le prime tre tappe sarà tangibile.

Poi invece al primo giorno cadi, al secondo ti sfugge un attaccante dell'ultima ora, e al terzo, quando senti che la volata più o meno ristretta non la puoi proprio sbagliare, ecco che ti spunta accanto un uomo venuto da un altro emisfero, e ti frega in maniera sublime per lui, bruciante per te. L'hai già sentita, questa asprezza addosso, quando a Sanremo Ciolek (che è tedesco ma veste sudafricano) ti beffò alla Classicissima; oggi il collega che ti soffia l'esultanza da dentro le braccia è Simon Gerrans, australiano di nome e di squadra.

Perché poi, la cosa, bisogna pure vederla dal lato di Gerrans: il grande esordio al Tour 2013 parte con una vicenda grottesca e incredibile che rende la tua squadra, la Orica, lo zimbello del mondo. La storia del bus incastrato al traguardo è degna di Buster Keaton, e allora serve uno slancio per superare quell'immagine e darne un'altra, quella di un team che sa lavorare bene e raccogliere i frutti di detto lavoro. Il velocista della formazione (Goss) è in fase involutiva, gli altri attenderanno tempi migliori, chi lo sa se, quanto, come cresceranno (Meyer, ad esempio), e allora tocca a te, all'uomo più rappresentativo, a quello che la Sanremo l'ha vinta nel 2012 e che quest'anno ha portato a casa tre tappette tra Down Under, Catalunya e Paesi Baschi. Quello che il segno nei grandi giri (in tutti e tre) l'ha lasciato, almeno una volta per ciascuno, ma che può e deve vincere ancora. E l'occasione eccola qui davanti agli occhi, una frazione mista, salitelle, una nel finale che farà fuori gli sprinter e lascerà in gara gli uomini da classiche, ecco tutto, basterà vincere la volata su questi personaggi, sul Campione del Mondo Gilbert, su Boasson Hagen, su certi uomini da classifica che sono pure veloci. E su Peter Sagan, il predestinato.

La fuga a 5, il progetto di Clarke, il ritorno del gruppo
La Orica aveva iniziato già bene la sua giornata, sganciando in fuga Simon Clarke, che l'anno scorso vinse la classifica degli scalatori alla Vuelta, e che stamattina, guardando l'altimetria della giornata, si sarà ingolosito guardando quei bei Gpm di terza categoria che parevano esser lì pronti per le sue brame. L'australiano si è accodato a Lieuwe Westra, che dopo 2 km di tappa è scattato all'attacco; e come lui hanno fatto i francesi Minard, Vuillermoz e Gautier, già visto all'assalto nel finale ieri.

I cinque in fuga andavano bene al gruppo, che infatti ha lasciato fare; ma non troppo, perché comunque la RadioShack ha controllato, rimanendo in testa per tutta la giornata, e lasciando che il vantaggio massimo non superasse i 4'20". E in assoluto, il margine ha oscillato abbastanza, nel corso della giornata (ai -70 era sceso a 40", poi da dietro han rallentato ed è risalito a 2' ai -50, per poi crollare nuovamente), in base ai calcoli fatti da quelli davanti e quelli dietro.

Da parte sua, Clarke ha svolto per intero il proprio compito, vincendo i primi 3 Gpm (tutti e tre davanti a Vuillermoz), uno di quarta e due di terza categoria, e assommando 5 punti (come il capoclassifica Rolland, che però restava in vantaggio per aver vinto ieri un Gpm di 2a). Al di là di queste segnalazioni, poco da annotare (possiamo fare un bollettino dei ritiri: Kashechkin non partito, Bagot fatto fuori - strada facendo - da un'intossicazione alimentare; oppure un bollettino delle cadute: Terpstra e Vichot, e nessun altro, pare).

A 25 km dal traguardo, col vantaggio ridotto di nuovo a 40", Minard ha capito che non si andava da nessuna parte, e ha provato a rilanciare, senza ottenere risultati; 4 km più avanti, lo stesso Minard ha seguito Clarke il quale, sentendo il gruppo in forte avvicinamento, ha voluto provare il tutto per tutto per avvantaggiarsi in vista dell'ultimo Gpm di giornata, il Col de Marsolino (3.5 km con vetta ai -13.5). Gautier ha provato invano a rientrare sulla coppia di testa (mentre Vuillermoz e Westra venivano ripresi dal gruppo ai -18), ma il massimo che è riuscito a fare è stato di raggiungere Minard, quando quello è stato staccato da Clarke ai -16, appena iniziata la salita. Ma poco dopo il gruppo, già liberatosi dei velocisti sulle prime rampe del Marsolino, è piombato sui resti della fuga, aprendo la fase decisiva della tappa.

L'attacco di Rolland, il tentativo di Chavanel, la vittoria di Gerrans
Il primo a partire, dal plotone, è stato Igor Antón, a 16 km dalla conclusione (e a 3.5 dalla vetta); in quel momento davanti era rimasto il solo Clarke, con 15" di vantaggio; l'azione dell'iberico è comunque sfumata in fretta, e allora ai 15 km Davide Malacarne, prezioso gregario della Europcar, ha tirato via dal gruppo proprio Rolland, gasatissimo nel suo vestitino interamente a pois rossi, e decisamente intenzionato a indossare tale divisa anche nei prossimi giorni.

Clarke, subito raggiunto da Rolland, ha resistito pochi metri, quindi si è staccato (dicendo addio ai sogni di pois, almeno per oggi), proprio mentre da dietro sopraggiungeva un altro Euskaltel, Nieve, e poco prima che Malacarne, esaurito il suo compito, si spostasse, lasciando il suo capitano da solo con lo spagnolo. Rolland, manco fosse sul Tourmalet, ha ulteriormente sgasato, staccando Nieve e transitando tutto solo al Gpm, mentre dal plotone usciva Nordhaug, andando poi ad accodarsi allo stesso Nieve sulle prime rampe della discesa.

Il gruppo, a circa 20" da Rolland e con Contador (e Van den Broeck) tra i più pimpanti in testa, non poteva certo organizzare un inseguimento organico nella picchiata del Marsolino, benché non mancassero al suo interno molti uomini motivati a riprendere gli attaccanti. Allora Sylvain Chavanel, già all'attacco nel finale di tappa ieri, si è avvantaggiato tutto solo, è rientrato su Nordhaug e Nieve ai 10 km, li ha piantati in asso, e ai 9 km si è riportato su Rolland.

Le distanze non erano comunque incolmabili, sicché ai 7.5 km anche Nieve e Nordhaug sono rientrati sulla coppia di testa, mentre il gruppo, in cui ora faceva capolino in testa la Cannondale (dopo tanto tirare dei RadioShack) era a 10" di ritardo. Quando anche la Orica ha dato una mano agli uomini di Amadio, il margine ha iniziato ad essere limato, finché, ai 3.5 km (dopo un paio di disperati tentativi di contropiede operati da Nordhaug prima e da Rolland poi), tutti i fuggitivi sono stati ripresi. E a quel punto non restava che la volata.

Tom Dumoulin, giovanotto di belle speranze (in novembre compirà 23 anni), ha tentato un'evasione ai 2.2 km, ed è stato anche bravissimo, se è vero che solo dopo un chilometro e mezzo il gruppo lanciato verso lo sprint ha saputo raggiungerlo; diciamo che l'olandesino, al primo Tour de France, sta iniziando a prendere le misure. I favoriti per il successo di giornata li abbiamo citati in apertura; aggiungiamo a quei nomi quello di Rojas (rientrato come Boasson Hagen in discesa, dopo essersi staccato sul Marsolino), dei nostri Gavazzi e Favilli, del francese Simon e di quel Kwiatkowski già terzo ad Ajaccio e in crescita visibile (quasi minuto per minuto).

La Cannondale ha preso la volata in testa, con Koren a fendere l'aria a Sagan. Ma sull'ultima rotonda a destra, da dietro un magistrale Daryl Impey è riuscito a inserirsi all'interno, trainando alle sue spalle Gerrans e ponendo il minitreno Orica in posizione di sparo più conveniente, perché già lanciato dall'uscita della curva più aerodinamicamente rispetto alla Cannondale, obbligata ad allargarsi un tantino. Gerrans ha quasi lasciato sfogare il suo ultimo uomo, quindi ha aspettato altri 50 metri prima di partire, forse perché voleva evitare che Sagan, prendendogli la scia, lo superasse in tromba, come in effetti stava per succedere.

E invece l'australiano è stato preciso al centimetro, partendo forte ai 150 metri e resistendo alla rimonta di Peter, che peraltro ha pure sbagliato il colpo di reni (troppo anticipato), perdendo sì al fotofinish, ma nettamente (lo slovacco si consola parzialmente con la maglia verde della classifica a punti, strappata a Kittel). Alle spalle di Gerrans e Sagan si sono piazzati nell'ordine Rojas, Kwiatkowski, Gilbert, Flecha, Gavazzi, Bouet, Simon e Gorka Izagirre, con Boasson solo 11esimo ed Evans 13esimo e primo degli uomini di classifica (tutti nel gruppo tranne Gesink, che oggi è andato in crisi nera e ha pagato alla fine 8'26").

In classifica Bakelants resta in maglia gialla con 1" di vantaggio sul secondo, che ora è - in base alla somma dei piazzamenti - Julien Simon. Seguono, con lo stesso distacco, Gerrans, Kwiatkowski, Boasson Hagen, Impey, Millar, Lagutin, Evans e Bardet. Posizioni che domani verranno spazzate via (comunque rivoluzionate) dalla cronosquadre di Nizza, 25 km del tutto pianeggianti e decisamente favorevoli a team molto affiatati e specializzati nell'esercizio. Garmin, BMC, la stessa Orica, Movistar, contenderanno alla Sky di Froome e Porte la vittoria di giornata e anche una certa supremazia in classifica in questa prima fase di Tour de France.

Marco Grassi

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