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Giro d'Italia 2013: Testa o cuore? Esce Paolini - Luca vince da solo, che bagarre tra i big! | Cicloweb

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Giro d'Italia 2013: Testa o cuore? Esce Paolini - Luca vince da solo, che bagarre tra i big!

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Luca Paolini al traguardo di Marina di Ascea © BettiniphotoUna gran bella tappa, possiamo dirlo? Al terzo giorno di Giro la corsa si è infiammata come non avremmo pensato, è bastata una salitella di terza categoria a 20 km dalla fine, con la prospettiva di una discesa selettiva, per mettere pepe alla lotta tra i big. Certo non siamo ancora su terreni su cui si possa decidere il Giro (se non in negativo, a causa di qualche intoppo a qualche protagonista), ma conforta vedere che in gruppo c'è la volontà, da parte di più menti diverse, di non suonare lo spartito che garberebbe alla squadra più forte (forse), o comunque quella che incute più timore, la Sky di Wiggins.

Se continua la volontà di attaccare e non rendere le cose facili agli inglesi (e banali per tutti quelli che seguono la corsa rosa), ci divertiremo parecchio, anche perché i percorsi quest'anno favoriscono più che mai finali incerti e la possibilità di inventarsi qualcosa è quasi sempre supportata dai profili altimetrici delle tappe cosiddette intermedie.

Se poi alla fine di tutto il piccolo show (molto più importante per ciò che prospetta che per ciò che ha realmente determinato oggi) ci ritroviamo a festeggiare un Luca Paolini che, da esordiente di lusso al Giro, estrae dal cilindro un colpo di mano che lo porta non solo a vincere in solitaria, ma anche a conquistare la maglia rosa, siamo dalle parti di una giornata ciclisticamente molto molto appagante.

In partenza è stata una fuga a 7 a indirizzare la corsa, sulla Costiera Amalfitana: partiti appena dopo il via Fabio Taborre, Manuele Boaro, Bert De Backer, Willem Wauters, Jarlinson Pantano, Dirk Bellemakers e Jackson Rodríguez. Al traguardo volante di metà tappa (Agropoli, km 114 su 222) il vantaggio massimo del drappello, misurato in 7'05", dopodiché la Sky si è messa in testa per limare il distacco; un po' per difendere la maglia rosa di Salvatore Puccio, un po' per dare una mano a squadre come la Omega Pharma che poi più in là potrebbero ricambiare il favore.

Sulla salita di San Mauro Cilento (a 75 km dal traguardo) il gruppo ha iniziato a perdere pezzi. I velocisti, molti perlomeno, hanno accusato le pendenze (pur non trascendentali) e il ritmo imposto ancora dalla Sky. Quando abbiamo visto non solo Cavendish, ma anche Bouhanni e altri perdere terreno, abbiamo cominciato a capire che l'epilogo non sarebbe stato allo sprint. Come era pur sempre preventivabile, ma poi dipende sempre da come la corsa si sviluppa, se il ritmo fosse stato più tranquillo magari qualche velocista si sarebbe salvato.

In ogni caso, sulla discesa successiva al Gpm (traguardo vinto da Wauters su Boaro e Taborre), tutti gli staccati sono bene o male rientrati; invece alla fine della picchiata, a poco più di 50 km dalla conclusione, Taborre ha salutato i compagni di fuga e si è autoimposto un progetto assai ambizioso: quello di arrivare tutto solo a Marina di Ascea. Il vantaggio che aveva al momento era di circa 4' su un gruppo in cui la Katusha (la squadra di Paolini, guardacaso) faceva capolino davanti a tirare.

Appena approcciata la salita di Sella di Catona, col vantaggio di Taborre che si era più che dimezzato (sceso a meno di 2' ai -30), la banda dei velocisti ha alzato definitivamente bandiera bianca; e se qualcuno tra loro aveva resistito ai primi spezzettamenti del gruppo, quando ai 29 km la Garmin di Hesjedal si è messa a fare il diavolo a quattro (su una salita al 4% di pendenza appena, lo rimembriamo), davanti son rimasti solo corridori di classifica o finisseur con una gran gamba o gregarioni all'appuntamento dell'anno.

Ma soprattutto, l'azione degli americani ha quasi polverizzato la Sky. Al primo affondo dei losangheles, solo Wiggins ha risposto presente, mentre ai principali luogotenenti Henao e poi Urán è servito del tempo per rifarsi sotto. Al contrario, l'Astana aveva intorno a Nibali la bellezza di Agnoli e Kangert (e, dopo un primo elastico, anche Aru è rientrato).

Quando è finito il primo spunto dei Garmin, proprio Nibali è passato in testa a forzare, lasciando poi che fossero i suoi uomini a tenere alto il ritmo. Tra i più brillanti nel frangente, anche Scarponi e Gesink, unici a resistere col terzetto Astana, con Hesjedal e con Wiggo+Henao. Ai 26 km Hesjedal, insoddisfatto della situazione, è andato via in forcing, ha preso e staccato un esausto Taborre ed è rimasto al comando da solo per un paio di chilometri. Il tempo per capire che, continuando così, non avrebbe fatto alcuna differenza (tanto è vero che, vista la morbidezza della scalata, si susseguivano sul plotoncino di Nibali rientri di corridori precedentemente staccati).

Un drappello di 33 uomini si è quindi appropinquato al Gpm (vinto da Visconti con un breve allungo), e tra le tre decine di corridori in testa non c'era la maglia rosa Puccio, in seria difficoltà già da diversi chilometri. Visto il buon lavoro dell'Astana, ci si attendeva che Nibali proponesse un assalto all'arma bianca in discesa, e invece è stato il suo scudiero Agnoli ad avvantaggiarsi appena iniziata la picchiata, chiamando al contrattacco ancora Hesjedal e poi Paolini. Il terzetto, formatosi ai -17, ha proseguito per tutta la fase tecnica della discesa al comando, ma senza avvantaggiarsi su un primo gruppo allungatissimo ma incombente alle spalle degli occasionali battistrada.

In realtà questo drappello si è spezzato in due proprio in questa fase, lasciando indietro quelli meno avvezzi a fare i kamikaze in bici, e quelli che sfortuna ha voluto incappassero in qualche scivolone: Betancur, ad esempio, finito in un uliveto ai 12 km, ripartito senza danni ma senza più riuscire a rientrare sul gruppo buono. Ai 9 km è caduto pure Kangert (in casa Astana anche Tiralongo - poi ultimo al traguardo - è andato giù a inizio tappa), e come vedremo non è stato l'ultimo ad avere un simile guaio.

Dopo un breve intermezzo in cui la Sky, finita la parte più difficile della discesa, ha messo Urán in testa, ecco lo scatto del giorno: quello di Paolini ai 6.6 km. Abbiamo scoperto solo successivamente che il buon "Gerva" (soprannome che rimanda a Gervasoni, personaggio di Aldo, Giovanni e Giacomo a cui il simpatico milanese somiglia un po'...) aveva una motivazione tutta particolare a far bene oggi: dopo il traguardo, infatti, il corridore della Katusha ha confessato con commozione di voler dedicare questa sua splendida affermazione al babbo sottoposto proprio in giornata ad un intervento chirurgico.

Paolini ha guadagnato subito 5-6", poi ha approfittato della fase di riorganizzazione degli immediati inseguitori per raddoppiare il proprio vantaggio; intanto alle sue spalle cadevano Pirazzi e Vicioso, e soprattutto ai 3 km si verificava uno dei casi del giorno: la Blanco, preso il comando delle operazioni con Gesink e Kruijswijk, è stata protagonista di uno scivolone proprio con quest'ultimo, che era in quel momento al comando del drappello. Gesink, con ottimo riflesso, è riuscito a evitare in qualche modo la caduta, saltado il compagno (ha dovuto mettere il piede a terra, appoggiandosi al muretto che delimitava il tornante su cui stavano passando, ma non ha perso che poche pedalate, e infatti è poi subito rientrato sul gruppo Nibali-Wiggins).

In terza ruota c'era Michele Scarponi, il quale ha invece avuto un istante di paura, ha frenato troppo, ed è andato giù pure lui, rompendo la bici e dovendo aspettare che da dietro arrivasse il compagno Stortoni a cedergli il mezzo e permettergli di ripartire (aiutato da Niemiec che l'ha aspettato poco più avanti). Il marchigiano ha comunque perso 44" rispetto ai favoriti per il successo finale, e non era certo il risultato con cui voleva uscire da questa tappa.

La caduta firmata Blanco ha di nuovo rallentato gli inseguitori, permettendo a Paolini di prendere il largo e di potersi godere il rettilineo finale ad andatura ridotta, esultando con un dito a indicare la testa e uno a indicare il cuore. L'esperto Luca, già primo alla Het Nieuwsblad in questa che rischia di essere la sua stagione migliore da quando è professionista, ha chiuso con 16" sui primi inseguitori, e i 20" di abbuono riservati al vincitore di tappa l'hanno aiutato a issarsi - come vedremo più giù nel dettaglio - in testa alla classifica.

La volatina dei battuti è stata vinta da Evans, secondo di giornata davanti a Hesjedal, Santambrogio, Sánchez, Giampaolo Caruso, Weening, Wiggins, Intxausti, Gesink e altri 7, con Nibali a chiudere il drappello (un piccolo problema meccanico ha impedito al siciliano di sprintare); Henao ha perso 20" rispetto a questo gruppo, Betancur e Pozzovivo 34, Scarponi 44 - come detto; l'ex maglia rosa Puccio ha chiuso al 77esimo posto a 7'05" dal primo.

Ora Paolini guida quindi la classifica con 17" su Wiggins e Urán, 26 su Intxausti, 31 su Nibali e Agnoli, 34 su Hesjedal, 36 sui compagni Caruso e Trofimov, 37 su Henao. Santambrogio ed Evans (a 39 e 42") sono appena fuori dalla top ten, e tra gli altri riportiamo i ritardi di Gesink (45"), Kiserlovski (1' netto), Sánchez (1'18"), Scarponi e Niemiec (1'23"), Betancur e Pozzovivo (1'41"), Garzelli e Di Luca (2'15"). In maglia bianca di miglior giovane troviamo Aru, in azzurro c'è Wauters (premiato dal Gpm di seconda categoria a San Mauro Cilento, ha 9 punti contro gli 8 di Visconti), in rosso rivedremo Cavendish anche se la classifica a punti è guidata ora dallo stesso Paolini (29 punti contro i 28 di Mark).

Tutto è ancora apertissimo, ovviamente; domani, al termine della tappa più meridionale del Giro, c'è quasi un arrivo in salita, a Serra San Bruno: una scalata di 12 km (nella prima metà anche abbastanza impegnativa) movimenterà il finale. Il Gpm di Croce Ferrata è a soli 7 km dal traguardo, la lunghezza della frazione (246 km) e il caldo potrebbero fare il resto. Dopo oggi, in ogni caso, qualcuno (in maglia nerazzurra, diciamo) avrà forse qualche certezza in meno.

Marco Grassi

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