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GP Harelbeke 2013: Standing ovation per Fabian - 35 km da solo, Cancellara stronca gli avversari. Podio con Sagan e Oss

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Fabian Cancellara: non ci sono parole, solo applausi, per la sua ennesima impresa fiamminga © Bettiniphoto

Gliela facciamo una standing ovation? Del resto, se non ora, quando? ("Prima", risponderà qualcuno). È vero, Fabian Cancellara se la meritava già da prima, quest'ovazione, visto che da tempo ha raggiunto una statura di campione tale da rappresentare il ciclismo contemporaneo come pochi. Risulta anche superfluo, oramai, stare ad elencare il lungo rosario dei suoi successi, tanto lo sappiamo tutti che ha vinto svariate corse di importanza assoluta, con predilezione particolare per pavé e muri fiamminghi (oltre che per le crono in cui da sempre ha eccelso).

La novità odierna è che ne ha vinta un'altra, lo svizzero. Un'altra di quelle garette che rendono il ciclismo un mondo ancora degno di essere frequentato, una di quelle corsette belghe che ti tengono incollato allo schermo, se le guardi in tv, e che incarnano in profondità il senso di questo sport. In ultima analisi, quelle corse che, accada quel che accada, garantiscono sempre (senza eccezioni) quella quota di spettacolo che altrove (vedi i tapponi di montagna dei grandi giri, ad esempio) non sempre viene rispettata.

E siccome sappiamo tutti quanto Cancellara sia poco aduso a vincere in volata (sia essa anche ristretta a pochi elementi), è facile immaginare come egli si sia imposto nel GP di Harelbeke di oggi: con una splendida azione da lontano che ha stroncato, come d'abitudine nelle giornate migliori, tutti gli avversari, uno per uno. Così Fabian aggiunge questo successo a quelli già conseguiti in questa gara nel 2010 e nel 2011, e rilancia - se mai ce ne fosse bisogno - le proprie quotazioni in vista di Giro delle Fiandre e Parigi-Roubaix. Il rovescio della medaglia è che, di fronte a una simile esibizione di potenza, i suoi rivali possano corrergli contro nelle due prove principali della Settimana Santa (ciclisticamente parlando): è ancora fresca l'esperienza del 2011, anno in cui furono Nuyens e Vansummeren a portare a casa le due classiche monumento del pavé proprio perché la corsa aveva preso in entrambi i casi una piega particolare, con Cancellara che sembrava troppo più forte di tutti e non trovava chi collaborasse con lui per annullare azioni di rimessa delle seconde punte (emblematico il caso della Roubaix, con Hushovd e Ballan che rifiutarono di aiutare l'elvetico a inseguire Vansummeren).

Un Boonen scalpitante inizia la selezione
Ma anziché stare a rivangare il passato, parliamo del presente. Parliamo di oggi, iniziando dalla fuga che Eloy Teruel ha promosso dopo 37 chilometri di gara, trovando poco dopo la risposta di Lund, Mol, Tleubayev, Barbé e Van Dijk, accodatisi allo spagnolo e andati con lui a conquistare un vantaggio massimo di 3'10" sul gruppo. La Omega Pharma di Boonen si è incaricata dell'onere di inseguire, coronando il proprio impegno a 64 km dalla conclusione, esattamente prima del Taaienberg (ottavo dei 15 muri di giornata), esattamente prima che proprio Boonen desse la stura alla vera lotta tra i big.

Sul citato muro, infatti (ai -62), Tom è scattato, e nulla è stato più lo stesso. Alla ruota del campione nazionale belga s'è messo, con ottimo tempismo, Roelandts, ma non hanno tardato a rifarsi sotto anche Cancellara, Hayman e un compagno di Boonen, ovvero il crossista (non riusciamo a definirlo ex!) Stybar; a stretto giro, anche Boasson Hagen è rientrato, con un sorprendente quanto tenacissimo Daniel Oss.

Dopo il Berg Ten Houte (muro ai -58) dal gruppo - già molto selezionato - è uscito Langeveld, insieme a Jérôme, Boom e un altro Omega Pharma, Vandenbergh (già protagonista a Het Nieuwsblad e Dwars door Vlaanderen). Philippe Gilbert non è riuscito, malgrado gli sforzi, ad accodarsi a questo quartetto; Peter Sagan - che già si era fatto cogliere alla sprovvista sul Taaienberg - nemmeno ci ha provato: addirittura lo slovacco ha dovuto cambiare bici per un problema meccanico, perdendo terreno anche rispetto al gruppo inseguitore.

Dopo i guai, Sagan rientra prepotentemente in scena
Sul Kanarieberg (-54) Boom ha perso temporaneamente le ruote del quartetto alle spalle di Boonen, Cancellara e soci, mentre invece Langeveld, Vandenbergh e Jérôme riuscivano a rientrare sui battistrada (imitati solo qualche chilometro più avanti dall'olandese della Blanco); e solo dopo questo muro (su cui abbiamo anche assistito a tentativi di forcing di Van Avermaet e Selvaggi, in gruppo) la Cannondale, rientrato Sagan, è riuscita a organizzare un vero e proprio inseguimento, con un bel trenino formato da Sabatini, Bodnar e Koren. Tanto hanno tirato forte i verdi a un certo punto, che, su un lungo rettilineo su cui si riusciva a vedere il drappello di testa, un gruppetto coi Cannondale e pochi altri si è avvantaggiato sul resto del plotone.

Ai piedi del Kapelberg, quint'ultimo muro di giornata (ai -43) sembrava comunque vicino un ricongiungimento generale, ma il nuovo strappo d'andatura dato da quelli davanti appena la strada ha iniziato a salire ha fatto sì che solo Sagan e Thomas, con notevole guizzo, riuscissero a rientrare sugli 11 battistrada. Flecha e Amador, perso il treno buono, ci hanno provato dopo il Kapelberg, ma con scarsa fortuna, anche perché davanti non rallentavano di certo, in vista del Paterberg, uno dei muri più duri del percorso.

Lì, a 40 km dall'arrivo, Boonen ha dato un'altra sgasata, facendo a pezzetti il drappello dei 13 (e facendo staccare Roelandts e Boom), mentre il suo compagno Chavanel rinveniva fortissimo da dietro e, raccolto per strada Jérôme (che pure non aveva tenuto le ruote dello scatenato Tom e degli altri che, a fatica, si erano accodati al belga), si è riportato sul gruppo al comando.

La sparata di Cancellara, la confusione degli Omega
Ma quando ci eravamo quasi convinti che fosse Boonen il più in palla della compagnia, il Kwaremont ha dato tutt'altre indicazioni. È stato lì che, a 35 km dal traguardo, Cancellara si è messo in testa e ha accelerato, e aggiungendo un chilometro all'ora ogni due pedalate ha letteralmente frantumato le altrui gambe: Sagan era in quel momento il primo alle spalle dell'elvetico, e chissà, questo fatto avrà dato ancor più spinta a Fabian: l'idea di partire e di far sì che il folletto slovacco non riuscisse a evitare di prendere un buco subito trasformatosi in voragine, deve aver messo le ali ai piedi al capitano della RadioShack.

Fatto sta che, se Sagan è stato incapace di seguire la Locomotiva di Berna, gli altri lì presenti non è che stessero tanto meglio. E allora Fabian se n'è andato, e alle sue spalle non son rimasti che cocci: Thomas, Langeveld, Sagan, Chavanel e un ancora lucido Oss, con Stybar e Vandenbergh, si son tenuti quasi a vista (una quindicina di secondi dietro allo svizzero); un plotoncino più nutrito, con Boonen, Flecha, Amador, Stannard, Van Avermaet, Hayman e Kwiatkowski (le carte si erano rimescolate parecchio sul Kwaremont). Tra i due gruppetti, solo soletto Boasson Hagen è rimasto al vento per un po', prima di farsi riprendere da quelli dietro.

A questo punto, a poco più di 30 km dalla fine, è successa una cosa bizzarra: Stybar e Vandenbergh, compagni di Boonen ma al momento sistemati accanto a Chavanel che era nel primo gruppo inseguitore, si sono staccati: all'unisono, in discesa, tenendo un'andatura che pareva controllata. Tutto lasciava pensare che l'ammiraglia Omega Pharma avesse fatto una scelta sofferta ma a suo modo comprensibile: visto che tra i primi inseguitori c'è Sagan, che vincerebbe a mani basse in caso di ricongiungimento con Cancellara, proviamo a riportare sotto Boonen, che in volata se la giocherebbe di certo molto più che Chavanel.

Insomma, non tiriamo per Sagan (sta diventando una moda), e stringiamoci attorno al nostro capitano, lasciando Chachà libero di fare la sua corsa ma anche di arrangiarsi. Duro, cinico (nei confronti di Sylvain, che era pur sempre leader della classifica World Tour), ma filante, come ragionamento; il problema è che Vandenbergh e Stybar sono rimasti una vita a bagnomaria tra il gruppetto di Sagan e quello di Boonen. E solo tra i -20 e i -11 i due gregari della OPQS sono stati raggiunti, prima il ceco e poi il belga. Il senso di tutto ciò resta avvolto nel mistero.

Dal monologo di Fabian all'incoraggiante podio di Oss
Ciò che veramente contava, in tutto ciò, è che mentre dietro accadevano tali amenità, Cancellara continuava a mettere secondi su secondi tra sé e il resto del mondo. Ai -30 c'era mezzo minuto su Sagan e un minuto su Boonen; ai -25 eravamo già a un minuto su Sagan e 1'40" su Boonen. Una dimostrazione di forza impressionante, anche considerando che non mancavano, soprattutto nel primo gruppetto, uomini motivati, a partire proprio da Oss, ma proseguendo anche con lo stesso Sagan e con Langeveld, finendo con Chavanel e Thomas i quali, chissà perché, solo ai -23 hanno deciso di collaborare in maniera seria all'inseguimento. Il risultato è stato che il margine dal battistrada è sceso dal minuto a 40" nel giro di una decina di chilometri; ma Cancellara ha saputo gestire al meglio se stesso e la situazione, riprendendo a mulinare da par suo e riportando alla fine il vantaggio oltre il minuto.

Quando Fabian aveva già da tempo varcato la linea d'arrivo, trionfatore, Daniel Oss ha provato a mettere la ciliegina su una prova incoraggiante non meno che brillante: agli 800 metri è partito per anticipare lo sprint dei battuti, e ha preso e poi difeso un bel margine. Sembrava quasi fatta per lui (vai a disprezzare la piazza d'onore dietro al Cancellara di oggi!), ma la volata orchestrata da Sagan non ha lasciato scampo al trentino: proprio al colpo di reni Peter ha messo la sua ruota davanti a quella dell'italiano della BMC, mentre Thomas (che si stava giocando tale volata con lo slovacco) non è riuscito a fare altrettanto, rimanendo alle spalle di Oss.

Fatto che salva un podio comunque ottimo per un ragazzo che sembrava fatto su misura per questo tipo di gare, ma che si era un po' perso per strada. E quando ci stavamo abituando all'idea di vederlo fare il gregario a vita, lui ci sorprende con l'ottimo piazzamento di oggi, al cospetto di tanta nobiltà. Bravo bravo.

Langeveld e Chavanel, quinto e sesto, hanno chiuso il gruppetto (e il francese perde pure il primato nel World Tour, a beneficio di Sagan). Boonen si è dovuto accontentare, a 2'15" dal rivale di sempre (ma il gruppo dietro aveva un po' mollato) di lottare per il settimo posto, riuscendo a vincere la sua volata davanti a Paolini ottavo (un altro piazzamento, anche se al termine di una prova non scintillante, se escludiamo un'escursione in testa al plotone sull'Eikenberg, a 70 km dal traguardo), con Boasson Hagen e Turgot a chiudere la top ten. Solo 26esimo Pozzato (subito alle spalle di Selvaggi), autore di una prestazione del tutto anonima: il vicentino s'è fatto vedere solo per un breve allungo sul Kwaremont, ma il punto è che al momento si trovava già tra i ritardatari.

In generale, gran bella gara, con un magnifico vincitore, per un nuovo capitolo della sfida che vede contrapposti Cancellara e Boonen (ora sono 3-5 nel computo delle vittorie ad Harelbeke), solo che ora nel duello si è inserito anche Sagan, il quale se pure ancora non vince in queste corse, è comunque in grado di influenzarne pesantemente l'andamento. Resterà da vedere, nel giorno in cui si troveranno tutti e tre, faccia a faccia (a faccia), a giocarsi un traguardo pesante, chi si alleerà con chi e contro chi. Le vie del ciclismo sono infinite, non ci resta che attendere per scoprire come proseguirà quest'appassionante novella sportiva.

Marco Grassi

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