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Doping&Antidoping: Maremma maiala, Cipollini si dopava! - «Andava da Fuentes», Gazzetta dello Sport sconvolta...

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Mario Cipollini ricorda la vittoria del Mondiale 2002 © BettiniphotoQuegli svariati milioni di italiani che, acquistandola personalmente, o leggendola da un amico o al bar, si abbeverano quotidianamente a quella fonte rosea chiamata Gazzetta dello Sport, stamattina saranno quasi stramazzati dalla sorpresa di ritrovarsi in prima pagina non i consueti focus sulle Juventus-Fiorentina o Lazio-Napoli di turno, ma addirittura il faccione di un ciclista. Quasi un tuttapagina, roba che non si vede mai se non per qualche impresa eccezionale al Giro, ma stavolta c'era da parlare di doping, e si sa che i centimetri quadrati di giornale per questo argomento non sono mai abbastanza.

Mario Cipollini - sostiene la Rosea * - andava da Fuentes, il dottore al centro del processo spagnolo per attentato alla salute pubblica, il dopatore di professione che fu al centro di Operación Puerto (da cui questo processo origina). La Gazzetta è entrata in possesso di alcuni documenti che comproverebbero il coinvolgimento di SuperMario, e ha pubblicato la tabella relativa ai presunti trattamenti ricevuti dal lucchese nel 2002, l'anno migliore della sua carriera, quello in cui vinse Sanremo, Gand e Mondiale (oltre a 6 tappe al Giro). Il pezzo di Gazzetta dello Sport comprendente la tabella di Fuentes per Cipollini © Gazzetta.itCipollini, che (sempre secondo la Gazzetta) in codice veniva chiamato "Maria" (o "CP"), stando al codice di questa tabella si sarebbe sottoposto a successivi cicli di anabolizzanti, di EPO, di GH (ormone della crescita) e di altri ormoni (gonadotropine). La tabella, cliccabile, la riportiamo qui accanto.

Leggere nero su bianco quello che magari fino al giorno prima si era appena ipotizzato fa sempre un certo effetto, ma da qui allo stracciarsi le vesti per "un mito in pezzi" o per il "fango sulla stagione mondiale", o per "una verità che fa male" (tutti titoli della Gazzetta odierna), ci passa un mare di ingenuità. Quell'ingenuità che si può ancora ancora capire nell'appassionato medio (nemmeno in quello sfegatato e consapevole), ma non di certo giustificare nel giornale che in teoria sarebbe il più importante organo di informazione italiano per il ciclismo (visto che organizza varie corse tra cui il Giro).

Non si può continuamente dire che il ciclismo degli anni '90 (e, ma questo lo si dice solo da un po', anche quello della prima metà di anni '00) era marcio (nel senso del doping) e poi fare paginate sconvolte quando emerge qualcosa di preciso riguardo a un protagonista di quel periodo. Nemmeno se quel protagonista è Mario Cipollini, ovvero uno dei più celebrati e popolari corridori degli ultimi decenni.

Si parla di verità e riconciliazione (le parole usate dall'UCI e riprese dal direttore della Rosea nel suo editoriale), ma l'unica verità che emerge ancora oggi, a 7 anni dall'esplosione del caso Operación Puerto, è quella che vede un pezzo grosso del ciclismo finire "nella polvere". Lo stesso Andrea Monti (il direttore della Gazzetta) si chiede se sia «ancora credibile sostenere che i reprobi siano solo gli eroi del pedale» (finalmente! C'è voluta la certezza matematica che la Real Sociedad, squadra di calcio spagnola, fosse coinvolta con le pratiche di Fuentes...), e invita «giudici, poliziotti e colleghi d'ogni nazione» ad andare in fondo a questa storia, chiudendo l'articolo con un monito importante: «non prendiamoci per i fondelli».

Perfetto, allora, a futura memoria, ricordiamo a Monti e alla Gazzetta che la maniera migliore per non essere obbligati al ruolo delle vedove inconsolabili, un domani in cui dovesse venir fuori un nuovo scandalo doping (ce n'è uno grosso ogni sei mesi, in media), è di non spacciare illusioni. Scrivere che oggi, grazie al Passaporto Biologico, la situazione è migliorata rispetto a 10 anni fa, non equivale a scrivere che il doping sia stato debellato dal ciclismo (né tantomeno che i controllori oggi siano più affidabili rispetto al 2002). Quindi teniamo presente che anche i "giovani eroi" che incensiamo oggi, potrebbero incappare in qualche problema domani.

Evitiamo di fare professioni di fede nei confronti di chi corre oggi (Michele Acquarone, gran capo del Giro, ne ha fatta una via twitter dedicata a Hesjedal, Nibali, Phinney e Cavendish. I quattro sono autorizzati ai più biechi riti apotropaici...), per non dover fingere di essere stati traditi domani. Il doping è un aspetto del ciclismo come di ogni altro sport, ma il ciclismo fa più controlli di tutti gli altri messi insieme, e quindi il sensazionalismo che accompagna ogni nuova positività (o ogni nuova indagine) è del tutto fuori luogo.

Lo dice la probabilità, lo dice la matematica: più controlli, più trovi. Di cosa ci dobbiamo stupire, allora? Vogliamo una volta per tutte derubricare il doping (coi suoi titoloni, i suoi paginoni, le sue lacrime di coccodrillo) a fattore accessorio e non centrale del ciclismo (così come già facciamo per tutti gli altri sport)? Noi invece siamo ancora nella condizione di dover leggere, oggi, sparata a tutta pagina, l'ultima sconvolgente notizia. Cipollini si è dopato. 11 anni fa...

 

* Mario Cipollini ha incaricato il suo avvocato Giuseppe Napoleone di diffondere il seguente comunicato.
«In nome e per conto del Sig. Mario Cipollini ed in relazione alle notizie apparse in data odierna sul sito web Gazzetta.it, riportate sull'omonimo quotidiano sportivo nazionale e riprese da diversi organi di informazione, con il presente comunicato sono a smentire categoricamente le infondate ed assurde accuse mosse al mio assistito.
I documenti pubblicati non sono in alcun modo riferibili allo stesso. Il numero di fax che compare sulla tabella incriminata, che secondo la suggestiva ricostruzione giornalistica sarebbe riconducibile al Sig. Cipollini, non è un numero di fax, bensì un numero telefonico italiano non intestato al mio cliente, peraltro annotato manualmente. A tal proposito occorre evidenziare come il Sig. Cipollini sino a tutto il 2004 fosse residente nel Principato di Monaco, come inconfutabilmente confermato nella Sentenza definitiva pronunciata dalla Corte di Appello Penale di Firenze, che ha assolto lo stesso dai reati di evasione fiscale con formula piena (art. 530 1^ comma Codice di Procedura Penale), ovvero, per insussistenza dei fatti reato contestati. In buona sostanza le copiose prove testimoniali e documentali prodotte, valutate dal collegio giudicante, hanno dimostrato senza alcun dubbio l'effettività della residenza monegasca dell'atleta. Tutto ciò è, evidentemente, inconciliabile con le notizie diffamatorie propalate.

Ma vi è di più. Nel suggestivo articolo si legge che il presunto nome in codice  sarebbe "Maria" o "CP". Davvero singolare tale circostanza, ove si consideri che gli altri atleti implicati nell' Operacion Puerto sono indicati, come si evince dal testo dello stesso articolo, con un solo pseudonimo:  "Birillo", "Piti", "Zapatero", El Bufalo". Mario Cipollini avrebbe addirittura due pseudonimi! L'articolo  omette però di riferire che già in passato,  in data 24 agosto 2006, il quotidiano Repubblica, pubblicava la notizia che  l'atleta in questione avesse quale nome in codice "Pavarotti".  Quindi, a questo punto gli pseudonimi forzatamente riconducibili all'atleta sarebbero addirittura tre.

Il Sig. Cipollini, quale ulteriore prova della sua estraneità ai fatti, si rende sin d'ora disponibile a qualunque verifica ematologica di confronto con le 99 sacche ancora da identificare in possesso dell'autorità giudiziaria spagnola.
In considerazione di quanto sopra, ho ricevuto ampio mandato di tutelare gli interessi del mio cliente in sede giudiziaria sia civile che penale».

Marco Grassi

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