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Pagellone 2012: Un podio con Wiggins-Boonen-Rodríguez - Grande stagione british, l'Italia risponde con Nibali e Moser | Cicloweb

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Pagellone 2012: Un podio con Wiggins-Boonen-Rodríguez - Grande stagione british, l'Italia risponde con Nibali e Moser

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Bradley Wiggins tra Tom Boonen e Joaquim Rodríguez © Bettiniphoto - Elaborazione Cicloweb.it

Bradley Wiggins - 10
Il 2012 è stato indiscutibilmente il suo anno: simbolo (anche olimpico) di una Gran Bretagna che si è rimessa in massa sui pedali, il mod del ciclismo ha fatto segnare un'impressionante filotto di vittorie, partendo dalla Parigi-Nizza e proseguendo con Romandia e Delfinato prima di centrare l'impresa della vita al Tour e di coronare il tutto con l'oro nella cronometro dei Giochi di Londra. Una stagione praticamente perfetta, a parte qualche dettaglio (come ad esempio la troppa baldanza del compagno Froome sulle salite francesi), e nel corso della quale si è imposto come personaggio di livello planetario, col suo fare burbero, anticonformista e in fondo simpatico.

Chris Froome - 8
Secondo al Tour, terzo alle Olimpiadi a cronometro, quarto alla Vuelta: un 2012 di piazzamenti per l'anglo-kenyano, ma carico di promesse e presagi. In montagna è uno in grado di fare la differenza, a livello nervoso pare avere una marcia in più, e non gli manca la voglia di pedalare (altrimenti nessuno l'avrebbe obbligato a correre la Vuelta dopo il Tour). In più, ha un quid di sfrontatezza che non guasta affatto.

Vincenzo Nibali - 8
Doveva essere la stagione della consacrazione per lui, e non possiamo certo dire che abbia mancato l'appuntamento. Era chiamato a far bene al Tour, al cospetto della nobiltà mondiale delle corse a tappe, e non ha per nulla sfigurato, portando a casa il primo podio in carriera alla Boucle (nonché quarto totale in un grande giro). Le tre settimane francesi, corse senza strafare ma condotte con buon piglio, restano incastonate in una stagione piena di cose: il siciliano ha iniziato prestissimo a cercare il successo malamente sfuggitogli nel 2011, e tra gennaio e febbraio l'abbiamo visto protagonista tra Argentina e Oman. Tra marzo e aprile è stato un protagonista assoluto delle classiche, preparandosi il terreno con la vittoria alla Tirreno, e poi attaccando alla Sanremo (terzo posto finale) e alla Liegi (secondo, vittoria sfumata solo nel finale). La sua condotta arrembante lo ha portato in prima linea anche in maglia azzurra, sia alle Olimpiadi che ai Mondiali. Ha chiuso il 2012 con un po' di sfortuna al Lombardia (caduto), e quindi con un cambio di casacca che lo porterà nel 2013 a difendere i colori kazaki dell'Astana: nuove sfide con cui misurarsi.

Simon Gerrans - 7.5
Un avvio di 2012 con molti botti, a partire dalle sue corse, ovvero il titolo nazionale su strada e il Tour Down Under. L'abbiamo ritrovato nel magico terzetto della Sanremo, e di mestiere ha messo nel sacco Cancellara e Nibali, conquistando un successo che gli risolve definitivamente la carriera. Ha poi proceduto di conserva nel resto dell'anno, facendo capolino con un buon secondo posto a San Sebastián e grandi cose nelle corse canadesi del WT (vittoria al Québec, quarto posto al Montréal).

Tom Boonen - 9.5
Le vittorie di inizio stagione in Qatar non fanno più testo. La sconfitta alla Het Nieuwsblad da Sep Vanmarcke è stata l'ultima (a proposito: 6.5 all'unico che sia riuscito a mettere nel sacco Tommeke quest'anno, confermandosi come bel nome per il futuro ma risultando poi meno efficace delle attese nella Settimana Santa); da lì in poi uno schiacciasassi si è aggirato per tutte le gare fiamminghe, vincendo o guidando a distanza i compagni al successo. Il grande campione di Mol ha vinto in sequenza GP Harelbeke, Gand, Fiandre e Roubaix. E questa serie è da leggenda. Il corridore che solo un paio d'anni fa sembrava ormai irrimediabilmente sul viale del tramonto, ha accuratamente bypassato i grandi giri, ma ha vinto ancora (il campionato nazionale, la nuova World Ports Classic, la Parigi-Bruxelles...), mancando solo un eventuale squillo al Mondiale. Ma per quest'anno bastano e avanzano la volata su Pozzato e Ballan alla Ronde e il fantastico assolo di oltre 50 km alla Roubaix.

Peter Sagan - 7.5
Alcune belle sconfitte ne hanno segnato la stagione: alla Sanremo ha vinto la volata dei battuti; alla Gand si è arreso all'irresistibile sprint di Boonen; al Fiandre è stato fortissimo, ma generosità e inesperienza hanno fatto partita patta (quinto posto finale); all'Amstel doveva spaccare il mondo ma si è spento proprio in dirittura d'arrivo (salvando un terzo posto). Tra Olimpiadi e Mondiali, poi, aveva due percorsi anche adatti alle sue caratteristiche, ma in assenza di una squadra a supportarlo non ha avuto vita facile. Resterà, quindi, il 2012, un anno di transizione, in una carriera destinata a segnare un'epoca: un anno in cui comunque contiamo per lui 16 vittorie, le prime affermazioni al Tour (tre tappe e la maglia verde della classifica a punti), superiorità imbarazzante in tante tappe di molte corse (5 ne ha vinte in California, 4 in Svizzera... a La Panne si è ritirato quando era leader della generale...), e soprattutto l'impressione, destata quasi ogni volta in cui è stato in lizza per una vittoria, di poter fare un sol boccone degli avversari. Impressione confermata ad esempio nella tappa di Chieti, alla Tirreno; e sublimata dalle plastiche pose per le esultanze del Tour (rimane in mente l'imitazione di Hulk).

Fabian Cancellara - 6.5
La foto dell'anno, per l'elvetico, è quella dello straordinario assolo che gli ha regalato la seconda Strade Bianche in carriera; e bisogna dire che per tutto marzo Fabian è stato scintillante, passando anche da una vittoria di tappa alla Tirreno e da una Sanremo bella e sfortunata: animatore assoluto dell'azione a tre risultata decisiva, si è fatto uccellare sul traguardo da Gerrans. Purtroppo per lui non ha potuto prendersi rivincite immediate, perché una caduta al Fiandre gli ha causato una frattura alla clavicola e l'ha obbligato a saltare pure la Roubaix. Il cronoprologo del Tour, per uno come lui, è stato niente più che un dolcetto; ben più ambìto era il podio olimpico, ma a Londra Cancellara (che era visibilmente tra i più forti), ha sbagliato una curva a 10 km dalla fine ed è caduto un'altra volta: fine anticipata di una stagione sfortunata.

Edvald Boasson Hagen - 6.5
Pochi anni fa era temutissimo, in prospettiva; ma non era ancora arrivato sulla scena Sagan, che ha tolto al norvegese parecchio appeal. Lui, dal canto suo, ha avuto spesso a che fare con infortuni che l'hanno frenato. Nel 2012 ha però fatto intravedere che può tornare quell'iradiddìo che ci si attendeva fosse: non tanto per i successi stagionali (7, nessuno decisamente da prima pagina, anche se una tappa alla Tirreno, una al Delfinato e il GP di Plouay non sono certo disprezzabili), né per il grande aiuto - nelle vesti del gregario - che ha dato a Wiggins e Froome al Tour. Quanto per aver finalmente dimostrato di poter essere davvero protagonista anche nelle classiche più lunghe e dure: e tale dimostrazione è avvenuta al Mondiale, corso da protagonista e chiuso al secondo posto.

Thor Hushovd - 3
Chi l'ha visto? Lasciata la maglia iridata a Cavendish, ha vissuto la stagione probabilmente peggiore della sua carriera.

Filippo Pozzato - 6
Il secondo posto al Fiandre è un risultato importante, soprattutto dopo aver recuperato in maniera prodigiosa da una frattura alla clavicola patita in Qatar in febbraio. Ma alla Roubaix ha quasi avuto paura di vincere, non ripetendo la bella prestazione di 7 giorni prima, e poi cadendo sul pavé e ritirandosi. Da lì, quasi solo eventi negativi: qualche mugugno nel team Farnese, una caduta con frattura dello scafoide (e conseguente ritiro) al Giro, poi l'uscita della notizia sulle sue vecchie frequentazioni col dottor Ferrari, che gli è costata una sospensione di 3 mesi (e la partecipazione alle Olimpiadi, per le quali sarebbe stato il capitano azzurro), infine un infortunio al ginocchio che l'ha costretto a chiudere anzitempo col 2012. In mezzo (a fine aprile) l'unico sorriso al GP di Larciano. Alla Lampre nel 2013 per un'ennesima stagione del riscatto.

Alessandro Ballan - 6.5
Due podi nella Settimana Santa, terzo sia al Fiandre che alla Roubaix; ma altre top ten di un certo peso (Strade Bianche, Harelbeke, Sanremo) e un paio di vittorie (Giro di Toscana e una tappa all'Eneco). Insomma, una stagione non certo disprezzabile per il trevigiano. Peccato che la FCI abbia bocciato la sua partecipazione al Mondiale, dove avrebbe dato certamente un buon contributo alla causa italiana. Negli ultimi giorni dell'anno una brutta caduta gli ha causato un grave infortunio che lo costringerà a una lunga riabilitazione e quindi a un 2013 (almeno per la prima metà) sotto tono.

Moreno Moser - 7.5
Il (cog)nome pesante che da tanto tempo mancava al ciclismo italiano è sbocciato con uno splendido colpo di mano in febbraio, al Trofeo Laigueglia. Ci si è accorti subito di avere a che fare con un predestinato, in grado poi di vincere il GP di Francoforte in maggio e il Giro di Polonia in luglio. I due successi di tappa polacchi sono rimasti negli occhi degli appassionati, ma non del ct Bettini, che l'ha incomprensibilmente lasciato fuori dal quintetto olimpico. Ottimo il suo campionato italiano (chiuso al terzo posto), mediocre il Mondiale di Valkenburg, che pure ha approcciato col viatico di un bel GP di Montréal. Ha 22 anni, il meglio per lui deve ancora venire, ma sono in tanti a sognare - di già - con lui.

Enrico Gasparotto - 7
Di fatto, una sola settimana di livello assoluto nel corso della stagione, ma foriera delle migliori cose del suo 2012: la sua vittoria (inattesa ma non troppo) all'Amstel Gold Race ha ridato all'Italia un successo in una classica dopo 3 anni; e nei giorni successivi, il corridore dell'Astana ha completato il lavoro con l'11esimo posto alla Freccia e soprattutto con il terzo alla Liegi. Nel resto dell'anno non ci ha fatto brillare gli occhi, ma è anche comprensibile che abbia vissuto un po' di rendita.

Maxim Iglinskiy - 7
La rincorsa nel finale di Liegi, coronata - per il kazako - dal successo, Vincenzo Nibali se la ricorderà per tutta la vita. Il sorprendente successo nella Doyenne fa il paio col buon secondo posto nella Strade Bianche, per il resto non si è mai fatto notare più di tanto.

Joaquim Rodríguez - 9
Protagonista tra i più assidui di una stagione che è spesso vissuta sulle sue vicende. I primi squilli li ha regalati tra Tirreno e País Vasco, ma è alla Freccia che la sua carriera ha preso un'altra direzione: prima classica vinta per lui, e grande iniezione di fiducia in vista di un Giro che ha onorato con due vittorie di tappa e una maglia rosa portata fin quasi a Milano: tra lui e il trionfo, una cronometro di troppo; "ci riproverà alla Vuelta", si son detti tutti senza crederci più di tanto, e invece anche nella corsa spagnola Purito ha dato il meglio di sé, con tre successi parziali e una maglia rossa persa in maniera inopinata nella tappa di montagna più facile, dopo aver superato indenne i tanti attacchi che gli avevano portato Contador e Valverde sulle tante salite del GT iberico. È stato bravissimo a reagire alla delusione di Fuente Dé non al Mondiale (in cui è stato impalpabile) ma al Giro di Lombardia, vinto con merito sotto una pioggia battente. Le due classiche e i due podi nei grandi giri gli hanno portato anche la conquista della classifica del World Tour.

Ryder Hesjedal - 8
Non se lo aspettava nessuno, tantomeno gli avversari, che al Giro l'hanno un po' sottovalutato. Ma nella terza settimana è emersa, giorno dopo giorno, dapprima la convinzione che non sarebbe stato facile batterlo, e quindi direttamente la sua superiorità. Maglia rosa che - per sue caratteristiche - non ha potuto entusiasmare le folle; ma il suo progetto di bissare il Giro col Tour, che nelle prime tappe della Boucle sembrava parecchio affascinante, si è interrotto a causa di una caduta. Il primo canadese a vincere la più importante gara a tappe italiana ha anche centrato un paio di buone top ten tra Liegi e Lombardia.

Thomas De Gendt - 7
Un Giro in crescendo fino alla grande impresa dello Stelvio, che stava addirittura per permettergli di far saltare il banco. Il terzo posto finale è un ottimo premio di consolazione, nell'attesa di possibili progressi nel futuro (ha 26 anni e quindi ha dei margini di crescita). Meno brillante alla Vuelta, dove non è riuscito a fare classifica.

Michele Scarponi - 5
Dopo il picco del 2011, un anno senza vittorie, a partire da un Giro interpretato col freno a mano troppo tirato. Purtroppo per lui la stagione verrà ricordata più per la grottesca frase detta dopo la tappa di Pampeago («Forse ho attaccato troppo presto»: si era mosso ai 3 km dal traguardo!) che per i risultati. Poteva salvarsi in corner con un podio nella corsa rosa o almeno con un successo di tappa in un Tour disputato a marce ridotte, ma entrambi gli sono sfuggiti per poco. Invisibile negli ultimi mesi dell'anno.

Ivan Basso - 4
Grandi fanfare alla partenza del Giro, una corsa rosa gestita da primattore, coi suoi Liquigas che hanno sempre tirato (contribuendo ad ammazzare lo spettacolo), per poi arrivare al redde rationem di Pampeago, dove al varesino sono mancate le gambe per far la differenza: il declino prima o poi arriva per tutti, e un Tour disputato per aiutare Nibali (ma senza esserci riuscito granché) e una vittoria all'ultima corsa dell'anno (la Japan Cup) non rendono il bilancio positivo.

Damiano Cunego - 4.5
Sfortunato più che insufficiente nelle due classiche ardennesi disputate (caduta all'Amstel in dirittura d'arrivo quando poteva giocarsi un buon piazzamento; guaio meccanico sulla Roche aux Faucons che l'ha messo fuori gioco nella Liegi), proprio in quella settimana ha ottenuto, in una tappa del Trentino, l'unica vittoria stagionale. E al Giro si è chiusa una fase in cui qualche risultato l'ha ottenuto (quarto al País Vasco e sesto al Catalunya, per restare al WT). Il sesto posto nella corsa rosa, condito da qualche attacco ma senza la giusta efficacia per inseguire un podio, è l'ultimo momento accettabile della stagione, proseguita poi attraverso una Vuelta corsa con inconsistenza ai limiti dell'irritazione (per chi guardava) e attraverso l'indegna decisione della Federciclismo di non fargli disputare i Mondiali, che erano un altro dei suoi obiettivi stagionali.

Domenico Pozzovivo - 6.5
Finalmente ha disputato un Giro d'Italia senza cadere ogni due giorni, sicché abbiamo avuto una sospirata conoscenza della sua dimensione di corridore: veniva da un Trentino ottimo (tappa+classifica generale), e nella prima metà della corsa rosa ha fatto sognare molti tifosi, andando pure a imporsi a Lago Laceno. Purtroppo le grandi vette alpine, dove pure era molto atteso, l'hanno respinto, confinandolo non più su dell'ottavo posto nella classifica finale. Un'altra affermazione l'ha colta al Giro di Slovenia, dopodiché una miriade di piazzamenti nelle gare del calendario italiano hanno caratterizzato l'ultimo tratto della sua avventura col team dei Reverberi.

Mark Cavendish - 6.5
Le vittorie non gli mancano mai, tre al Giro e tre al Tour tanto per gradire, e altre 12 qua e là, a cominciare dalla bella giornata vissuta alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne. Il problema è che pare arrivato a un punto morto: nelle grandi classiche a lui più adatte non lascia più il segno (disastroso alla Sanremo, invisibile alla Gand), e in più quest'anno ha pure mancato l'appuntamento centrale della sua stagione, lasciandosi travolgere dagli eventi in una gara olimpica in cui tutti aspettavano lui ma che la Gran Bretagna padrona di casa ha interpretato con troppa sufficienza (per non dire arroganza). Quanto agli scazzi che ne punteggiano la carriera (vedi querelle con Ferrari al Giro), ormai fanno parte del folklore e non fanno più troppa notizia.

Cadel Evans - 5
Un altro atleta che pare indirizzato sul viale del tramonto: convincente in marzo al Critérium International, spettacolare nella vittoria della prima tappa del Delfinato, perfettamente in gara fino a metà Tour, è scoppiato nella seconda parte di Boucle, rotolando fino a un impietoso settimo posto finale. Dopodiché ha tirato i remi in barca.

Jurgen Van den Broeck - 6.5
È un corridore fortemente indiziato di diventare oggetto puramente da Tour, e ciò non ci piace. Però stavolta ha sfiorato il colpo grosso (nel suo caso, il podio) nella corsa francese, nella quale è stato tra i più regolari. Fin lì si era fatto vedere nelle posizioni di vertice in alcune brevi corse del WT, e in quelle di rincalzo nelle classiche valloni. Dopo il Tour, è svanito nel nulla.

Robert Gesink - 4.5
Davvero deludente l'esito che sta avendo la carriera di un corridore che pure faceva presagire grandi cose. Spesso sfortunato (ma cade troppo), si è ritirato al Tour e non ha fatto granché in una Vuelta chiusa al sesto posto. Ce ne facciamo poco della vittoria al Giro della California da parte di un corridore della sua qualità. Ma l'annata è stata nera praticamente per tutta la Rabobank, con gente come Bauke Mollema (che però qualche bel piazzamento nelle classiche l'ha almeno conquistato) o Steven Kruijswijk, per un motivo o per l'altro largamente al di sotto delle proprie possibilità.

Thibaut Pinot - 7.5
La Francia ha trovato un altro giovane eroe da seguire con passione: il 22enne di Lure si è imposto all'attenzione generale disputando un Tour promettentissimo, baciato dalla grazia di una grande vittoria di tappa (a Porrentruy) e completato da una meritata top ten. E comunque il ragazzino ha lasciato ampie tracce della sua classe non solo nella Grande Boucle.

André Greipel - 7
19 vittorie sono veramente tante, anche se - come per l'amico-rivale Cavendish - gli manca una grande classica (ha fatto secondo ad Amburgo, ma chiaramente non basta). Però è entrato nel novero dei grandi velocisti da Tour, e in Francia ha fatto partita patta con Mark.

Pierre Rolland - 7.5
Forse un filo meno scintillante rispetto al Tour 2011, ma di sicuro più efficace: e accanto a un'altra vittoria di tappa di montagna (a La Toussuire) ha anche agguantato un ottavo posto finale che migliora di 3 posizioni il risultato di 12 mesi prima. Qualcosa l'ha fatta vedere anche alla Liegi, e al di là di piccoli particolari possiamo parlare, per lui, di un'altra stagione ampiamente positiva.

Thomas Voeckler - 7
Ripetere il fantastico Tour 2011 non era pensabile, infatti si è "accontentato" di due gran belle vittorie di tappa ma non è stato in grado di far classifica. In compenso si è avvicinato al successo in una grande classica (quarto alla Liegi, quinto all'Amstel, settimo al Mondiale), quello che ancora gli manca e che - quando arrivasse - completerebbe una carriera veramente degna di ammirazione. Faccette o non faccette.

Arnaud Démare - 6.5
6 vittorie al primo anno da pro', e non parliamo di corsette ma di gare di un certo spessore (su tutte la Classica di Amburgo). Messo peraltro un po' in ombra dal coetaneo e compagno di squadra Nacer Bouhanni (6.5 anche per lui), che ha conquistato il titolo di campione nazionale proprio davanti ad Arnaud, oltre a vincere altre 6 gare.

Alejandro Valverde - 6.5
Tornato dalla squalifica, ha subito vinto (in Australia), ma in realtà ci ha messo qualche mese a carburare: prova ne sia il fatto che nelle classiche valloni è stato impalpabile, e al Tour si è dovuto rifugiare in una fuga vincente per oscurare parzialmente la delusione di una classifica fiacchissima. Ma poi alla Vuelta ha finalmente ritrovato un po' del vecchio colpo di pedale, e soprattutto la capacità di recuperare gli sforzi. E infatti ha dato vita, con Contador e Rodríguez, a una sfida accesissima, che l'ha visto chiudere la corsa spagnola con due vittorie di tappa (più la cronosquadre) e il secondo posto finale. Di lì a poco, un altro podio pesante ai Mondiali.

Alberto Contador - 7.5
Nello spicciolo di stagione che gli è stato concesso (non consideriamo il Tour de San Luis in gennaio) è stato in grado di vincere un altro GT (il settimo, o il quinto se non contiamo quelli che gli sono stati tolti), pur faticando oltre ogni misura. La Vuelta era molto adatta a Rodríguez, e pure a Valverde; ma da Contador ci saremmo aspettati maggiore brillantezza, malgrado venisse da un periodo di stop. Ha corricchiato, si è difeso, ha perso abbuoni su abboni dagli avversari, ma alla penultima occasione valida, nel giorno memorabile di Fuente Dé, ha ritrovato il coraggio per attaccare da lontano e per far saltare il banco. Tappa e maglia per lui, che poi ha portato la roja fino a Madrid. A Valkenburg, nella prova iridata, è stato l'animatore di un bell'assalto a lunga gittata che avrebbe meritato maggior fortuna; quindi ha messo in carniere la Milano-Torino, per risultare un po' deludente nel Lombardia, in cui era considerato uno dei principali favoriti.

Andy Schleck - 3
Quel che può succedere quando si incentra una stagione praticamente su un'unica corsa (il Tour) è che una caduta al Delfinato può far saltare tutti i piani, lasciando il nulla più totale negli almanacchi, alla voce "Il 2012 di Andy Schleck". Infortunio a parte, sembra in fase calante.

Fränk Schleck - 4
Alla fin fine gli rimane il secondo posto al Tour de Suisse, da accoppiare a un Giro d'Italia corso senza mordente e chiuso da un ritiro, e a un Tour de France senza sugo, finito in una sospensione all'antidoping (per un diuretico). Una stagione da archiviare il prima possibile.

Roman Kreuziger - 4
L'anno della verità per il ceco, che partiva per diventare un protagonista da grandi gare a tappe, e si è ritrovato in un'involuzione che gli apre le porte di un gregariato di lusso (al limite punteggiato da qualche bella vittoria di tappa, come successo al Giro a Pampeago). Spiace bocciarlo così, ma purtroppo nella corsa rosa ha perso molti punti.

Denis Menchov - 4
Una sola giornata veramente da salvare in una stagione che segna un altro passaggio a vuoto in una carriera declinante. Deludente al Tour, un fantasma alla Vuelta, dove però si è parzialmente riscattato con la bella vittoria di Bola del Mundo.

Alexandre Vinokourov - 8
Sarebbe da 10 alla carriera, visto che alla fine si è ritirato. Il comunque bel voto è tutto figlio dell'oro olimpico, conquistato dopo un Tour in tono minore (in cui non era stato così efficace nei suoi consueti arrembaggi). A Londra è stato perfetto per scelta di tempo e anche di compagno d'azione (lo svagato Urán, puntualmente uccellato in volata), e ha posto degli splendidi titoli di coda a una carriera che era decollata proprio alle Olimpiadi (con l'argento di Sydney).

Rigoberto Urán - 7
Sta maturando, e bene, il giovanotto. Argento olimpico (e per la Colombia è un risultato da standing ovation), primo al Giro del Piemonte, terzo al Lombardia, protagonista al Catalunya (vittoria di tappa, altri piazzamenti e il quinto posto finale), e bravissimo al Giro, dove ha fatto corsa parallela con Henao portando a casa una top ten (come anche il compagno). Ha poi disputato, per spirito di servizio, anche una Vuelta in cui ha dato una mano a Froome. Una stagione importante.

Sergio Henao - 7
Un neopro' che chiude al nono posto il Giro d'Italia, che non sfigura nelle classiche più dure (con il picco del quinto posto al Lombardia), che porta a conclusione un secondo GT stagionale (14esimo alla Vuelta) e che soprattutto mostra grandi margini di miglioramento: tutto questo è Sergio Henao, a cui solo uno spunto irresistibile di Moser ha tolto, in Polonia, la gioia di una vittoria. Crescerà, così come cresceranno i tanti giovani colombiani (il Winner Anacona visto bene alla Vuelta, il Johan Chaves che si è portato a casa il GP di Camaiore, il Carlos Betancur che ha vissuto un'annata di transizione senza poter disputare GT ma vincendo comunque 3 corse, il Darwin Atapuma che ha impressionato sul Pordoi al Giro del Trentino) che nei prossimi anni saranno chiamati a infiammare il ciclismo soprattutto nei grandi giri.

Franco Pellizotti - 6.5
Al rientro dalla squalifica, ha colto una sola vittoria, ma di quelle che restano: è il campione italiano in carica, e come tale ha portato il Tricolore in giro per tutte le corse italiane, trovando spesso il modo di non sfigurare.

Tony Martin - 6.5
Sfortunato e fratturato al Tour, ha pagato i postumi alle Olimpiadi (dove Wiggins l'ha battuto nella crono), ma si è rifatto confermandosi Campione del Mondo contro il tempo (oltre che avendo vinto il titolo nella cronosquadre con la sua Omega Pharma). Spesso utile anche ai compagni, ha trovato il modo di lasciare qualche zampata qua e là, vincendo ad esempio il Giro del Belgio e quello di Pechino.

Danilo Di Luca - 5.5
Quando ha potuto correre con continuità, ad esempio in marzo (tra Tirreno e Coppi&Bartali) o in estate (con tutto il calendario italiano e il Giro d'Austria), i risultati non sono stati malvagi. Tanti piazzamenti, ma anche due vittorie (GP Nobili e una tappa in Austria). Certo, siamo lontani dal corridore che fu, ma anche il fatto che non abbia potuto disputare il Giro d'Italia ha pesato a livello di stimoli.

Óscar Freire - 5.5
Sembrava proiettato verso un'altra stagione ricca di soddisfazioni, visto che ancora in inverno vinceva tra Down Under e Ruta del Sol. Ma poi nelle corse importanti ha sempre trovato chi lo battesse (Boonen ad Harelbeke, Voeckler alla Freccia del Brabante), altre volte è stato abulico di suo (Sanremo, Gand), e all'Amstel non gli è bastata un'interpretazione della gara molto generosa. A bocca asciutta nel suo ultimo Tour, e soprattutto in un Mondiale in cui credeva molto. Solo decimo a Valkenburg, e tanta rabbia (non del tutto giustificata) nei confronti dei compagni di nazionale, che non avrebbero lavorato abbastanza per lui. Una caduta di stile all'atto dell'addio al ciclismo da parte di un grandissimo dell'ultimo decennio.

Andrea Guardini - 6.5
Un ragazzo che continuerà a far discutere, per le sue caratteristiche fisiche che lo vedono spesso in difficoltà nelle gare che contano. E così potremo continuare a contare 6 vittorie di tappa in un Langkawi (record della corsa), o 3 in un Qinghai, ma alla Sanremo? Però quest'anno Guardini uno scatto in avanti l'ha fatto, e non di poco conto: al Giro, nella tappa sì più facile, ma nella terza settimana, ha regalato ai suoi tifosi una giornata memorabile, dando una dura lezione a re Cavendish. Prima vittoria nella corsa rosa per lui, e la dimostrazione di avere lo spirito di abnegazione per arrivare alla fine di un GT montagnoso, quindi di migliorarsi sui terreni che non sono i suoi. Peccato si sia fatto buttare fuori dalla gara per essersi agganciato all'ammiraglia nella penultima tappa.

Roberto Ferrari - 6.5
Lui è l'altro dei nostri a poter dire di aver battuto Cavendish: è successo al Giro a Montecatini, dove oltre che veloce è stato pure scaltrissimo nell'evitare un capitombolo nel finale. Vinto lì, il resto è chiaramente contorno (ma ci sono altri 3 successi in stagione per lui). Resta nella memoria, purtroppo, anche la sconsiderata traiettoria con cui ha buttato giù, sempre al Giro, proprio Cavendish, nella terza tappa.

Matteo Rabottini - 7
In tema di Giro, come trascurare la notevole prestazione di Matteo Rabottini? Spesso all'attacco, molte volte per cercare punti per la maglia azzurra di migliore scalatore (che poi ha infatti vinto), ha esaltato tutti nella tappa di Pian de' Resinelli, attaccando dalla distanza, resistendo al ritorno dei big, venendo raggiunto dal solo Rodríguez, ma trovando ancora le forze per batterlo in una volata al cardiopalma. Una delle imprese più belle dell'anno.

Taylor Phinney - 6.5
Vincitore del prologo e maglia rosa nei giorni danesi del Giro, si è imposto all'attenzione generale come un personaggio da copertina, oltretutto simpaticissimo. Nella sua stagione, però, ha probabilmente più importanza quel 15esimo posto nella sua prima Roubaix: ha vinto la versione per dilettanti della classica delle pietre, e ha tutto per diventarne un dominatore, in futuro. Tra i vari piazzamenti del 2012, poi, impossibile non citare i due quarti posti olimpici (sia in linea che a crono, grande la delusione per le due medaglie sfumate) e i due secondi posti mondiali (crono a squadre e individuale, battuto sempre da Tony Martin).

Eros Capecchi - 5
Ha avuto la grande chance di fare il capitano unico alla Vuelta: per metà gara è rimasto in linea di galleggiamento, ma poi è naufragato. E pazienza, anche lui - come altri - si voterà a una luogotenenza di lusso presso grandi team, di fatto la sua dimensione può tranquillamente essere quella del lavoratore che ogni tanto imbrocca la giornata per vincere (quest'anno è accaduto al GP di Lugano).

Dario Cataldo - 5
Altro grande deluso degli anni che passano. All'ennesimo 12esimo posto al Giro, ha capito che l'alta classifica non fa per lui. Meglio determinati obiettivi di giornata, quali possono essere il titolo nazionale a cronometro o una fuga vincente alla Vuelta. E anche lui troverà grandi capitani da aiutare in futuro.

Philippe Gilbert - 7
Siamo stati per tutto l'anno in attesa di un'epifania che ha tardato parecchio a manifestarsi. Classica dopo classica, il rendimento del vallone aerostatico è stato però sempre deludente, un piazzamentino qua, uno là, ma nulla di paragonabile alla grande campagna ardennese del 2011, per dire. In settembre il vento è però cambiato, e, annunciato da due vittorie di tappa alla Vuelta, è arrivato il trionfo iridato, anch'esso a lungo inseguito. Una giornata, quella di Valkenburg, che ha spazzato via mesi di malinconia, e che gli ha regalato una maglia che potremo vedere protagonista in alcune delle corse più belle del calendario internazionale.

Marco Marcato - 7
Il sospirone si è sentito in tutta Europa, quando, dopo anni di arrembaggi sfortunati, è riuscito finalmente a vincere una corsa bella e importante. È successo alla Parigi-Tours, conquistata dopo un'altra serie di attacchi all'arma bianca per tutta la stagione. Non l'unica perla del suo 2012, visto che già si era imposto in febbraio in una tappa dell'Étoile de Bessèges. Lo attendiamo a ulteriori passi in avanti.

Samuel Sánchez - 6
Una tappa vinta (e il secondo posto nella generale) al Catalunya, due tappe più la generale al País Vasco, il secondo posto al Lombardia, il settimo all'Amstel e alla Liegi. E poi tanta sfortuna, tra una caduta e l'altra (infortunato e ritirato anche al Tour). Ma forse si è convinto a cambiare programmi per il 2013 e a venire a visitare finalmente il Giro. Decisamente peggio di SSG ha fatto Igor Antón, alla cui carriera il nono posto finale alla Vuelta aggiunge ben poco; aggiunge invece qualcosina il piccolo miglioramento di Mikel Nieve, che per la prima volta si è aggrappato alla top ten di un Giro comunque più anonimo - per lui - del precedente.

Nairo Quintana - 7.5
Non l'abbiamo inserito in gruppo con gli altri colombiani del domani perché lui pare avere una marcia in più: gran gregario di Valverde alla Vuelta, ma gran vincente in proprio, visto che di gare conquistate ne conta ben 6, e parliamo di robetta come un Giro dell'Emilia, una tappa di montagna al Delfinato, e poi Vuelta a Murcia (più una tappa) e Route du Sud (più una tappa). Prossimo ai 23 anni ma anche a un ruolo di primo piano in un grande giro. Della sua stessa squadra ci piace citare anche Andrey Amador, primo costaricano a vincere una tappa (dopo bellissima fuga) al Giro d'Italia.

Marcel Kittel - 6.5
Sfortunato a incappare in problemi fisici al Tour, presto abbandonato; forte come al solito nel resto della stagione, con 13 vittorie tra cui una tappa alla Tre Giorni di La Panne e due all'Eneco Tour. Non si è fatto inoltre sfuggire una delle più belle classiche da velocisti, la Scheldeprijs. Ma occhio al crescere della concorrenza interna da parte di Degenkolb.

John Degenkolb - 7
È pur vero che sprintava senza troppi rivali, ma 5 vittorie tutte in una Vuelta non sono un risultato di poco conto. A queste aggiungiamo, in ambito WT, un'affermazione al Polonia, ma soprattutto la capacità di essere presente e dire la propria in diverse classiche: quarto al Mondiale, quarto alla Parigi-Tours, quinto alla Sanremo. E di sicuro il meglio deve ancora venire.

Jonathan Tiernan-Locke - 6.5
Nome nuovo (anche se ha già 28 anni) e parecchio sorprendente del ciclismo anglosassone, a tratti ha dato l'impressione di essere un'iradiddìo soprattutto a inizio stagione (vedasi a tal proposito il Giro del Mediterraneo letteralmente dominato). Non è facile, correndo in una Continental, imporsi all'attenzione generale, lui c'è riuscito, portandosi a casa anche corse non prive di un certo spessore (Alto Var, Giro di Gran Bretagna). Lo attendiamo alla conferma su palcoscenici più importanti.

Reinardt Janse Van Rensburg - 6.5
La bellezza di 14 vittorie senza essere un velocista: alcune le ha conquistate in Africa, continente da cui proviene (è sudafricano), ma altre le ha ottenute nella vecchia Europa, tra Belgio (Circuit de Wallonie), Francia (Tour de Bretagne), Olanda (Ronde van Overijssel e Ronde van Zeeland) e Portogallo (due tappe alla Volta nazionale). Anche per lui vale il discorso fatto appena sopra: lo vogliamo vedere in gare di maggior livello, ma ha dalla sua anche l'età (non è ancora 24enne). Visto che si parla di Africa, una parola la spendiamo anche per Daniel Teklehaymanot, che ha portato a termine la sua prima stagione da pro' nella Orica, riuscendo anche a concludere il suo primo GT (la Vuelta). Non un risultato banale per un atleta proveniente dall'Eritrea.

Marco Grassi

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