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Mondiale 2012: Il Cauberg respinge Sagan e Gerrans - Brutta battuta d'arresto per due dei favoriti

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Peter Sagan impegnato in gara: a Valkenburg era uno dei favoriti © Bettiniphoto

Nel paesaggio degli sconfitti di Valkenburg si smarriscono i volti di Peter Sagan e Simon Gerrans. Giunti nel Limburgo accreditati dai bookmakers rispettivamente della seconda e quarta quota più bassa, i capitani di Slovacchia ed Australia hanno dato vita ad una prova da encefalogramma piatto, chiudendo entrambi fuori dalla top ten. 

Il primo, doveroso, distinguo va fatto sul potenziale bellico a disposizione di ciascuno. Una santa barbara inumidita per il 22enne di Zilina, faro di una selezione che al traguardo ha portato solo due elementi (con Jurco 91° a quasi 9' da Gilbert) dei sei schierati al via. Ben diversa la situazione per il leader maximo degli aussie, forte al via di 8 valletti per cercare di regalare a Matt White il quarto metallo consecutivo dopo l'oro di Evans a Mendrisio, il bronzo di Davis a Geelong e l'argento di Goss a Copenaghen. 

Analogo, invece, il percorso di avvicinamento. Entrambi hanno rinunciato alla Vuelta preferendo Plouay ed il doppio appuntamento nordamericano, Quebec e Montreal, per lucidare i muscoli in vista dell'iride. Le rampe del Cauberg si sono affrettate a confermare il monito lanciato dal passato recente: la tappa obbligatoria per il rito d'iniziazione del futuro campione del Mondo è fissata in Spagna. 

Seppur scottato dalla debacle olimpica, Sagan ha optato per la riproposizione della tattica londinese, snaturando di fatto l'indole da attaccante che ha contraddistinto i primi anni da pro'. Correndo sulle ruote, ora di Valverde, ora di Gilbert, Peter ha evitato di esporsi e di rischiare, mettendo il naso fuori dal gruppo soltanto in occasione del sestultimo passaggio sul Cauberg, in risposta alla stilettata di Uran e del contrattacco successivo di Rodríguez, per il quale la bocciatura si trasforma in un rinvio agli esami di riparazione (Lombardia?) esclusivamente in virtù del doppio piazzamento nei 10 della truppa iberica. Scartata (giustamente, a posteriori) la possibilità di inserirsi nella maxi fuga che ha caratterizzato la fase centrale della corsa, l'elemento simbolo della Liquigas negli appuntamenti di un giorno ha confermato, contestualmente, il crollo verticale dello stato di forma che lo ha consacrato uomo copertina sulle strade del Tour e l'idiosincrasia con l'ultima parte della stagione. 

Non passino le attenuanti generiche dell'età e dello scarso peso specifico del resto della truppa slovacca. Nei tre anni tra i più grandi, infatti, Sagan ha ripetutamente dimostrato di non aver bisogno di prendere confidenza con percorsi ed avversari per risultare vincente e nel finale, quando all'ausilio dei gregari occorre sostituire quello delle proprie gambe, dalla sua esplosività ci si sarebbe aspettati qualcosa in più: «La Slovacchia non è la Liquigas e non abbiamo potuto tenere in pugno la corsa – ha ammesso a caldo – così ho speso troppo per correre davanti. Sono dispiaciuto per il risultato, anche se al massimo avrei potuto lottare per il quarto o quinto posto». 

Capo chino e sguardo basso anche per Gerrans. Se Sagan ha dalla sua la carta d'identità per digerire ed assimilare rapidamente il boccone amaro, il campione nazionale australiano aveva cerchiato di rosso sul calendario la data odierna come quella in cui sparare la cartuccia migliore di una carriera impreziosita esponenzialmente dalla Sanremo conquistata in marzo. Proprio il precedente della Classicissima, unito all'impetuosa prova di forza in Quebec, aveva garantito di diritto l'iscrizione del nome del 32enne di Melbourne nel novero dei favoriti. Sin dalle prime battute, però, la strategia degli aussie ha fatto alzare le antenne sullo stato di salute del capitano il quale, pur godendo di un buono spunto veloce, avrebbe avuto bisogno di far "corsa dura". Nelle tre sortite di giornata, tuttavia, l'Australia ha lanciato in avanscoperta il solo Matthews, arroccandosi attorno a Gerrans ed al suo immobilismo. E così la fiammata è stata rinviata di giro in giro, con l'aggravante di una posizione tutt'altro che ottimale all'attacco del passaggio finale sul Cauberg, dove insieme a Gilbert se ne sono andate le speranze di medaglia. Il tutt'altro che lusinghiero 21esimo posto racimolato (a salvare, in parte, l'onore australiano ci ha pensato il sesto del sempiterno Davis) suona come il definitivo gong sulle velleità iridate. Tra un anno, su un tracciato che pure sarà maggiormente esigente e selettivo, le gerarchie potrebbero cambiare qualora Evans dovesse mettere sul piatto della bilancia i distintivi conquistati nelle campagne in giro per il mondo. Sbaragliando i galloni conquistati in stagione da Gerrans, già tristemente smarriti nelle campagne olandesi.

Marco Ferri

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