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Mondiale 2012: Italia sì, Italia no, Italia su, Italia giù - Agli antipodi le prove di donne e Under 23

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Elisa Longo Borghini, vincitrice di uno splendido bronzo a Valkenburg © BettiniphotoSe dalle due gare disputate oggi volevamo capire qualcosa in più sul circuito di Valkenburg su cui domani si correrà il Mondiale di ciclismo, siamo stati dei poveri illusi. Non potevano infatti esserci sviluppi più diversi, tra la prova riservata agli Under 23 e quella delle Donne Élite. Tanto è stata deludente la gara dei giovani, quanto scoppiettante quella femminile, a livello di distacchi e di evoluzione dei vari attacchi. Le punturine degli Under portavano azioni da 20" di margine (al massimo), tra le donne invece quando si è mosso il calibro grosso (con altri interessanti calibretti intorno) son volati i minuti.

Tra i ragazzi l'epilogo è stato una volata ben nutrita, tra le cicliste una è arrivata da sola con le altre tutte abbastanza sgranate alle sue spalle. Insomma, anche a voler tener conto di tutte le specificità delle due categorie oggi in gara (in rapporto ai professionisti), non raggiungeremmo un sufficiente grado di certezza: ci sarà selezione, non ci sarà selezione, non è un quesito a cui stasera è facile rispondere senza citare il luogo comune (che affonda comunque nella realtà del ciclismo) secondo cui sono i corridori a fare la corsa.

Possiamo però analizzare quel paio di cose che di sicuro ci hanno detto le due gare di oggi: la prima la prendiamo dagli Under, ed è la convinzione che il circuito di Valkenburg si presti parecchio al recupero, coi suoi stradoni larghi molto adatti ai treni; la seconda invece ci deriva dalla prova femminile, ed è la considerazione che comunque, su questo tracciato, qualcosa si può costruire. Ci vuole fantasia ma soprattutto ci vogliono meccanismi, ma se sia l'Olanda che l'Italia sono riuscite a imbastire l'importante azione che ha deciso la gara, significa che ciò non è impossibile, tutt'altro.

Le olandesi hanno avuto il merito di credere che su una fughetta con pochi secondi di vantaggio sul gruppo potesse essere edificato il castello della vittoria; è vero che hanno potuto spendere una carta come la Vos, ma anche Elisa Longo Borghini è riuscita a portare a casa il risultato (nel suo caso il bronzo) facendo corsa parallela a Marianne. Quindi non occorreva essere la cannibale del ciclismo moderno per attaccare e arrivare al traguardo.

Sia Vos che Longo Borghini avevano davanti a sé una compagna; la preziosissima Van der Breggen per Marianne, l'impagabile Ratto per Elisa. E ciò ha permesso che le due, una volta rientrate sul gruppetto di testa, vedessero l'azione lievitare chilometro dopo chilometro, grazie alla collaborazione delle luogotenenti. Dietro, a quel punto (cioè nel finale di gara), si è proceduto per dispersione: come dire, anche se non si affronta lo Stelvio ad ogni giro, alla fine del Mondiale ci sta che le energie siano comunque al lumicino e che si possa far parecchia differenza.

La sostanza è che bisogna crederci, e non sarà comunque un caso che alla fine sia oggi che già ieri con Lucy Garner tra le juniores abbiano vinto i rispettivi favoriti (il kazako Alexey Lutsenko era tra i 2-3 gettonatissimi della vigilia). Chi fa la propria corsa fino in fondo rischia di ottenere un bel bottino, su questo circuito.

Cosa che non possiamo dire sia successa tra gli Under 23 azzurri, che sono stati molto visibili negli ultimi 3 giri del loro Mondiale, ma che hanno dato l'impressione di correre senza un filo conduttore che ne unisse le azioni. E nel paio di occasioni in cui si è riusciti a creare una situazione favorevole (ad esempio con Fedi e Bongiorno dopo il terz'ultimo Cauberg, o con Cattaneo e lo stesso Fedi dopo il penultimo Bemelerberg), tutto è sfumato nel giro di pochi secondi. Non abbiamo visto, in campo maschile, una Van der Breggen o una Ratto che si sacrificassero per la causa. E a parte Fedi, molto generoso, è stato come se gli altri azzurri tenessero sempre una riservina per un dopo che mai più è giunto.

Ancora all'ultimo passaggio sul Cauberg, Villella si trovava in testa ma si voltava a guardare indietro anziché buttarsi a capofitto verso il traguardo. Aspettava forse Felline, che a ben vedere è l'uomo che ci è mancato negli ultimi 5 chilometri, dopo un ultimo velleitario tentativo sul Bemelerberg? Ma i ripetuti attacchi di Fabio (che forse un po' è partito sottovalutando qualche avversario), ognuno praticamente fine a se stesso, segnalano un disegno tattico preciso o un'improvvisazione di fondo nell'approccio alla gara? Forse la risposta giusta è la seconda, perché se poi tanti attacchi non conducono a niente se non alla scomparsa totale delle maglie italiane nel momento topico, siamo di fronte a un risultato che è difficile non definire come una disfatta.

Non vogliamo usare eccessi retorici e dire che il 39esimo posto di Felline, migliore azzurrino oggi, è quasi un'offesa alla storia del movimento italiano; né tantomeno vogliamo gettare la croce addosso al solo commissario tecnico Amadori, che si trova a gestire spesso situazioni in cui la coesione in squadra non è facile da creare (uno Zalf si spenderà mai per intero per far vincere un Trevigiani? Un Trevigiani darà mai tutto per far vincere uno Zalf?).

Non c'è dubbio che il compito di Dino Salvoldi, ct delle ragazze, è molto più semplice, da questo punto di vista: tra le donne non ci sono rivalità di squadra tanto radicate (nei decenni!), e inoltre ogni anno si può procedere a qualche innesto su un meccanismo già rodato da tante battaglie: ecco che quindi quando un inserimento (come quello di Longo Borghini o Ratto oggi) riesce, il meccanismo intero fa un salto di qualità e si apre verso scenari futuri; tra gli Under invece ogni paio d'anni si deve come ricominciare da zero, con corridori nuovi e senza la possibilità di avere uno spirito di gruppo che duri e si rafforzi stagione dopo stagione.

Detto ciò, non si può nemmeno negare che i risultati, su questo fronte, latitano da un po' di tempo, e quindi forse è giusto prospettare un cambio al timone dell'ammiraglia azzurra. A fine anno anche Bettini, ct dell'Italia maggiore, farà le sue valutazioni. La Federazione cambierà presidente (se tutto va bene); ma se anche tutto va male e Di Rocco resta in sella, è ipotizzabile che il nuovo quadriennio olimpico porti in ogni caso qualche novità. Non sarebbero, in questo secondo caso, novità troppo più incisive della sostituzione del (o dei) ct. Ma ormai sappiamo tutti che il ciclismo italiano ha bisogno di uno scatto in più.

Marco Grassi

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