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Giochi Olimpici MTB: Marco Aurelio di bronzo e senza sella - Fontana "rompe" all'ultimo giro: terzo dietro a Kulhavy e Schurter | Cicloweb

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Giochi Olimpici MTB: Marco Aurelio di bronzo e senza sella - Fontana "rompe" all'ultimo giro: terzo dietro a Kulhavy e Schurter

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Marco Aurelio Fontana sul podio con la sua splendida medaglia di bronzo © Bettiniphoto

Ne è valsa la pena di attendere fino all'ultimo giorno, fino all'ultimo metro, fino all'ultima palpitazione. Alla fine però possiamo ben dirlo: l'Italia ciclistica non torna a mani vuote da Londra ed un grazie grosso così lo deve tutto a Marco Aurelio Fontana, splendido funambolo lombardo che già in quel di Pechino quattro anni orsono aveva capito di poter diventare grande. Ci sia consentita una considerazione però: lo zero del medagliere ciclistico è cancellato ma possiamo essere contenti in parte, se è vero che le medaglie più attese (quelle su strada e quella di Viviani nell'Omnium) non sono arrivate. Se vogliamo l'epilogo ha rispecchiato quella che è stata l'intera olimpiade italiana, in cui molti podi attesi sono sfumati e a rimpinguare il bottino ci hanno pensato soprattutto quelli che per gran parte dell'anno se ne stanno dietro le quinte, lontani dalle telecamere ma che poi, in determinati momenti, dimostrano di possedere dignità almeno pari (se non superiore) ad altri.

Riflettiamo quindi su cosa può significare questa prima storica medaglia olimpica della MTB italiana per quel che riguarda il movimento maschile, dal momento che, a distanza di due-tre lustri, ricordiamo ancora con orgoglio la doppietta dorata di Paola Pezzo nella prova di Cross Country al femminile. Escludendo la Bmx, la specialità ciclistica più giovane apparsa ai Giochi (siamo solo alla seconda edizione) ed in cui solo il tempo ci dirà dove potremo arrivare (tributando comunque i giusti onori a Manuel De Vecchi, il nostro "pioniere" della specialità per quel che riguarda le partecipazioni olimpiche), l'off-road era sicuramente il terreno in cui una medaglia azzurra era meno pronosticata sulla carta, anche se non impossibile vista la particolarità di un tracciato come quello di Londra in grado di esaltare alla grande le caratteristiche del nostro biker di punta.

Prendiamo questa medaglia per valorizzare ulteriormente questa specialità che in quanto a spettacolarità e agonismo non ha nulla da invidiare alle altre, sa essere molto televisiva ed in cui già una buona base di partenza c'è (sulla prova di Kerschbaumer ci soffermeremo poi). Ricordiamocene di queste cose, senza lasciarle cadere abbandonate a sè stesse nell'attimo successivo all'affrettarsi a mostrarsi orgogliosi al momento delle premiazioni (ogni riferimento ad alte cariche federali nostrane è puramente casuale).

Diamo però i giusti meriti a Marco Aurelio Fontana: quattro anni fa, non ancora ventiquattrenne, eguagliò con un quinto posto il miglior risultato di un azzurro alle Olimpiadi e capì che quel podio era meno distante di ciò che si pensasse. Quattro anni di lavoro, la rinuncia dolorosa ma necessaria agli ultimi mondiali di ciclocross (non dimentichiamoci che il milanese è attualmente anche il nostro miglior crossista) tutto per questo giorno. E Marco Aurelio ha risposto alla grande, grandissima, senza paura di sfidare mostri sacri della specialità e i dominatori delle ultime due stagioni. Una medaglia voluta con la perseveranza e con la rabbia di chi non voleva arrendersi neppure alla sorte che proprio nell'ultima tornata aveva voluto metterci lo zampino, strappandogli via di netto la sella nell'affrontare un tratto roccioso in salita, inconveniente che l'ha costretto a percorrere quasi mezza tornata sui pedali o inventandosi numeri da funambolismo per poter giungere al traguardo senza la possibilità di appoggiare comodamente il fondoschiena, con l'alito degli inseguitori (Stander ed Hermida, indomiti per tutta la prova) che iniziava a farsi sentire. Non ci è dato di sapere se la contesa per il successo invece che a due si sarebbe mantenuta a tre fino al termine senza l'odioso inconveniente, di certo però la gioia per un bronzo lucente più che mai resta tutta.

Che la giornata del nostro potesse rivelarsi realmente speciale lo si è capito già nella prima tornata del tracciato (sette in totale quelle previste), lungo 4 chilometri e 700 metri e reso suggestivo e impegnativo da vari passaggi tecnici, alcuni dei quali costruiti artificialmente, che rendevano la gara veloce e priva dei lunghi single tracks nei boschi ai quali spesso si è abituati. Nino Schurter, vincitore della Coppa del Mondo, è partito subito molto forte assieme al compagno di nazionale Vogel, con Kulhavy, Fontana, Fumic e il giovane polacco Konwa subito pronti a seguire. Già dopo la Snake Hill ed il Rock Garden però il campione del mondo Kulhavy assieme a Schurter ed al nostro Fontana sono riusciti a scalare un piccolo gap, andando a comporre un terzetto molto interessante, in grado di infiammare subito la gara (evidente l'intento dei due campioni di rendere subito molto impegnativa la prova). Primo giro coperto in poco più di tredici minuti, con lo spagnolo Hermida distante dai primi pochi secondi e con alcune cadute che già condizionavano la prova di alcuni. Ed è proprio qui la prima notizia clamorosa di giornata: in una di queste cadute, in cui ha danneggiato anche la bici, è rimasto coinvolto nientemeno che Julien Absalon, il dominatore incontrastato delle ultime due edizioni olimpiche. Per il francese un gap che superava già abbondantemente il minuto e corsa inevitabilmente compromessa, conclusasi con un malinconico ritiro nel corso della seconda tornata. Il trio di testa ha continuato a spingere anche nel corso della seconda tornata, mantenendo sempre quei dieci secondi scarsi nei confronti dello spagnolo Hermida, che nel frattempo cominciava ad essere insidiato dal sudafricano Stander, altro dei nomi attesi in questa prova. Proprio l'azione dell'iberico, argento ad Atene nel 2004 e campione del mondo nel 2010, a cui ha dato man forte immediatamente il sudafricano, ha ridotto sempre di più il gap, cosicchè alla conclusione del terzo giro, proprio in occasione del passaggio sul traguardo, è avvenuto il ricongiungimento che ha portato in testa un quintetto di atleti.

E' apparso chiaro come un'azione di simile portata potesse di fatto decidere la gara, visto che alle loro spalle Fumic è rimbalzato indietro, Tempier cercava di tenere alti i colori transalpini con una gara tenace e costante ed il giovane austriaco Gehbauer (tenace avversario di Gerhard Kerschbaumer tra gli Under 23, sconfitto proprio dal nostro nella classifica finale di Coppa del Mondo lo scorso anno) si stava regalando una giornata indubbiamente da ricordare. Le capacità di guida di Stander e Schurter sono apparse più marcate nei tratti più tecnici (specie nel Rock Garden), dove i due cercavano di costruire il gap per riuscire a distanziare gli altri ma Kulhavy, dall'alto della sua esperienza, ha controllato agevolmente mentre Fontana in questo frangente ha perso qualche metro, prontamente recuperato poi. Maggiormente affaticato è invece apparso Hermida, che ha sicuramente finito per pagare anche il dispendioso inseguimento iniziale, i cui effetti si sono visti in maniera eloquente nel corso del quinto giro: lo spagnolo ha mollato in salita ed il ritmo imposto dai soliti tre (con Schurter sempre in bella evidenza e con Fontana che ha saputo reagire immediatamente ad un contatto con la ruota posteriore dello svizzero che gli ha fatto rischiare la caduta, costringendolo a mettere il piede a terra) ha finito col mandare in crisi anche Stander.

Tutto da rifare quindi a due tornate dalla conclusione, con il ritardo di Stander ed Hermida attestatosi attorno ai venti secondi, che di fatto li tagliava fuori dalla lotta per le medaglie, e con un Fontana apparso sicuramente pimpante, tanto che l'azzurro (anche se la divisa italiana per questi Giochi olimpici come avevamo già avuto modo di vedere è bianca) per la prima volta è passato a condurre i giochi sulla Snake Hill, facendo quindi capire ai due più quotati avversari che c'era da fare i conti anche con lui. Una sensazione che ha trovato splendida conferma una volta suonata la campana dell'ultimo giro, con il terzetto a porter gestire ancora un margine di sicurezza: fin dalle prime battute della tornata decisiva infatti Fontana è apparso brillante, allungando in testa per cercare di sorprendere sia Kulhavy che Schurter e disegnando al meglio le traiettorie nei passaggi più tecnici in discesa. Un'azione decisa, che per più di un'istante ha dato l'impressione di poter mettere in difficoltà proprio il campione del mondo, il ceco Jaroslav Kulhavy, che ha preferito mantenersi ad una decina di metri di distanza per evitare pericolosi fuorigiri. Momento propizio anche per Schurter, che cercava di sfruttare la verve di Fontana per dar sfogo alla sua proverbiale guida aggressiva. Giunti all'ultimo passaggio al Rock Garden però le frustate dello svizzero e di Kulhavy, abilissimo a gestirsi, sembravano mettere in difficoltà Fontana ma questo è stato nulla in confronto a ciò che di lì a poco sarebbe successo: la sella della bici del milanese non ha più improvvisamente retto alle sollecitazioni in un tratto di salita ed è saltata di botto con tutto il reggisella, obbligando l'atleta lombardo a giocare d'equilibrismo per poter difendere la propria posizione. E' chiaro però che il sogno della medaglia più pregiata o quantomeno dell'argento è svanito in questo frangente, visto che i buoi erano scappati ed il nostro, che poteva gestire un gap visivamente ancora rassicurante, era chiaro che avrebbe dovuto difendere con i denti un bronzo comunque storico dal ritorno di Hermida e Stander.

Corsa a due quindi per l'oro ed è così che l'ultimo strappo ma soprattutto le ultime curve potevano rappresentare il fattore decisivo: in questo si è vista tutta l'esperienza di Jaroslav Kulhavy, abile a superare Schurter proprio al culmine della salita e difendendo nelle ultime curve la posizione dal ritorno dell'elvetico, regalandosi così la definitiva consacrazione in un percorso agonistico che in dodici mesi l'ha portato a vincere tutto (mondiale, europeo e Coppa del Mondo nel 2011, oro olimpico nel 2012). Il fatto poi che l'iridato in carica per tutto l'anno si sia spesso nascosto (zero successi in Cdm) la dice lunga su quanto il ceco ci tenesse a centrare l'obiettivo (e per la Repubblica Ceca, che già ha applaudito Stybar più volte nel ciclocross, è sicuramente un'altra giornata storica). Grossa delusione invece per Nino Schurter, apparso il più volitivo per tutta la prova e deciso, dopo aver vinto la Coppa del Mondo per la seconda volta in carriera, a regalarsi quell'oro che gli sfuggì (ma all'epoca era appena ventiduenne) quattro anni fa, quando si aggiudicò il bronzo, così come cocente è la delusione per la Svizzera, che puntava naturalmente al bersaglio grosso e che ha visto anche gli altri suoi rappresentanti (Naef e Vogel, rispettivamente 18esimo e 25esimo) finire molto distanti. A 25" e con la commozione di chi sa di aver fatto qualcosa di grande, è giunto Fontana, seduto in posizione per forza di cose anomala sulla canna e sfuggito per appena quattro secondi ad una beffa che certamente non avrebbe meritato. Hermida ha così concluso dopo 29", appena dinanzi a Stander mentre via via si sono susseguiti gli arrivi di Coloma (altro spagnolo), Fumic, il canadese Kabush, l'austriaco Gehbauer (bravissimo a centrare la top-10 alla prima olimpiade) e l'americano Wells. 

In una giornata quindi assolutamente positiva per i colori azzurri va annotato anche l'incoraggiante buon piazzamento di Gerhard Kerschbaumer: l'alto atesino, capace di vincere tutto a livello giovanile, ha disputato una gara costante, rimontando alcune posizioni e chiudendo la sua prima esperienza olimpica in 13esima posizione a 2'55" e tra quattro anni potrebbe essere uno dei maggiori protagonisti della prova che si andrà a disputare a Rio. Di tempo per crescere ne ha eccome e l'aver disputato una prova più che discreta in un anno che non l'aveva visto particolarmente brillante fa essere sicuramente fiduciosi. Grossa delusione invece per la Francia, capace di fare doppietta a Pechino e che confidava almeno in un podio ed invece si deve accontentare dell'11esima piazza di Tempier, dal momento che anche l'argento uscente, ovvero quel Jean-Christophe Peraud che sull'Olimpiade aveva riposto molte aspettative del suo 2012, sacrificando così anche un po' la strada, è terminato lontanissimo dai primi, concludendo al 29esimo posto, distanziato di ben 8 minuti.

Una Francia che comunque può consolarsi con la radiosa medaglia d'oro conquistata ieri da Julie Bresset, 23enne che rappresenta sicuramente il miglior prodotto del fuoristrada transalpino nelle ultime stagioni e capace di imporsi alla sua prima partecipazione ai Giochi dopo aver già vinto il titolo iridato tra le Under 23 e la Coppa del Mondo. La Bresset aveva saputo fare la differenza nel terzo dei sei giri previsti, prendendo il largo assieme all'inossidabile Sabine Spitz e all'americana Georgia Gould e scavando il gap decisivo nel momento in cui la tedesca è stata vittima di una caduta, rallentando anche la statunitense. 1'02" il suo vantaggio sul traguardo, andando a precedere la campionessa olimpica uscente, una Sabine Spitz che si congeda dai giochi con un'altra medaglia d'argento a quarant'anni suonati (nel prossimo dicembre saranno quarantuno) mentre la Gould, giunta poco più indietro, ha impedito alla russa Kalentieva di riconfermarsi sul podio, guadagnandosi la medaglia di bronzo. Grandi deluse di questa edizione sono state sicuramente la canadese Catherine Pendrel, vincitrice della Coppa del Mondo e terminata soltanto nona a oltre tre minuti e mezzo; la norvegese Gunn Rita Dahle, presentatasi in ottima forma ai Giochi ma costretta a fare i conti con la malasorte, essendo vittima di una caduta e di una foratura che l'hanno di fatto portata al ritiro; infine la ceca Nash, protagonista nel corso della stagione ma non andata oltre la quattordicesima piazza. Peggio ancora è andata a Eva Lechner, l'unica rappresentante azzurra al femminile, apparsa in difficoltà dopo un discreto avvio (settima nel primo giro) e terminata in diciassettesima posizione a 6'44". Al di là della brutta giornata comunque anche il settore femminile, guidato proprio da Paola Pezzo (mentre tra gli uomini il compito spetta all'ex iridato Hubert Pallhuber), appare in crescita e non appare così utopica la possibilità di avere due rappresentanti al via nella prossima edizione dei Giochi.

Ringraziamo quindi il fuoristrada che ci salva in extremis nel medagliere ma l'ottima prestazione di Fontana non ci distolga dal reale obiettivo, ossia il cercare la crescita concreta in tutte le discipline, agendo ancor di più con i fatti di quanto non si faccia ora. Poichè di talenti se ne possono tirare su ancora. Basta solo volerlo realmente.

Vivian Ghianni

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