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Giochi Olimpici 2012: Quando le donne non ci salvano più - Fallimento Italia. Salvoldi, scelte sbagliate e un movimento da ripensare

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L'italia femminile che ha gareggiato per l'oro a Londra 2012. Qualcosa è andato storto © Getty Images

Ammettiamolo, non avevamo capito niente. Pensavamo che il percorso olimpico fosse un biliardo con una collinetta dal nome di una scatola (o di un posteggio al coperto), adatto a fior fiore di velocisti, con arrivi a ranghi compatti e invece, dopo la gara maschile, quella femminile di oggi è la seconda su due che vede arrivare la fuga. Sarebbe il meno, visto che i nomi da mandare avanti potevamo averli pure noi. La cosa preoccupante, invece, è che usciamo con zero medaglie (no, non crediamo nei miracoli, ancora meno nelle cronometro) dalle prove su strada.

Potevamo prendere atto della superiorità altrui ieri, con i maschi che tra convocazioni sballate ed avversari davvero superiori difficilmente facevano sperare in una medaglia. Non certo oggi, con le ragazze tutte per Giorgia Bronzini. Ci si può dunque consolare pensando ad una gara mai corsa in prima fila (l'unica inquadratura che l'Italia ha meritato è stata per Monia Baccaille, staccatasi già sulla prima Box Hill), mai capita (forse fin dalle ricognizioni del CT), sicuramente interpretata nel peggiore dei modi? Ci può consolare il 5° posto della Bronzini, quando da queste ragazze siamo stati abituati a quattro Mondiali su strada in cinque anni, senza contare Europei e gare su pista? Naturalmente no.

Proviamo però a capire i motivi di questo fallimento totale e parzialmente prevedibile. Dal 2007 ad oggi si è vissuti su successi meritati, fondati sul gruppo azzurro, su un bronzo olimpico di Tatiana Guderzo nel 2008, gara in cui la vicentina corse molto bene, a dire il vero. Insomma, negli ultimi anni le nostre han combinato poco o niente in stagione ma al Mondiale di turno si trasformavano in star grazie ad un gruppo solido, dai meccanismi ben oliati e dal successo più o meno garantito.

Il CT Edoardo Salvoldi ha sempre avuto perciò carta bianca in ogni scelta, di qualsiasi tipo, tanto si sapeva che alla fine le sue ragazze - e quindi lui - avrebbero avuto ragione. Non è accaduto oggi, con una Nazionale che è parsa scoppiata, non in grado di far fronte agli attacchi di Vos & C., quando in passato erano proprio le azzurre a far saltare i nervi alla fuoriclasse olandese. Si è trattato di scelte, come detto.

Anzitutto il gruppo, solido e ben oliato finché si vuole, ma dal 2007 ad oggi inesorabilmente invecchiato. Non che le altre nazionali brillassero per la freschezza delle loro atlete (Ina-Yoko Teutenberg, che ha preceduto Giorgia Bronzini, è una '74), ma dati alla mano l'Italia portava sul percorso londinese una squadra dall'età media di 28.5 anni (l'Olanda 27.5, per dire). Si è scelto di far scortare la Bronzini da tre ragazze, descritte così proprio da Edoardo Salvoldi al momento della convocazione ufficiale, il 7 luglio scorso. Monia Baccaille «veloce ma che può essere una valida alternativa anche per le azioni da lontano». Noemi Cantele «tra tutte le atlete dotate di fondo e resistenza è quella che ha anche un ottimo spunto veloce». Tatiana Guderzo, «atleta di grande resistenza ed esperienza». Dream Team? In teoria sì, in pratica sono stati nightmares, veri e propri incubi.

Giorgia Bronzini si è rivelata tanto preziosa quanto Cavendish ieri, giusto per giungere seconda nella volata delle battute. Monia Baccaille, vittima di una foratura e in bambola già sulla prima Box Hill, si trascinerà verso il traguardo di Buckingham Palace (chiuderà fuori tempo massimo) senza essere mai attiva né utile alla causa. La Guderzo si è vista spesso davanti ma mai ha mostrato la gamba per poter fare la differenza mentre la Cantele, forse la più adatta a questo tipo di percorso dai su e giù classici delle campagne britanniche, si è ritrovata a dare qualche trenata contro il gruppo Vos ormai andato alla caccia di tre medaglie.

Ci si chiederà: perché convocare queste atlete? Un po' perché il panorama attuale non offre ai nostri colori troppe alternative (su questo torneremo dopo) ma soprattutto perché queste atlete non avranno più la possibilità di correre un'Olimpiade. Un po' come se le convocazioni non venissero fatte in base alle prestazioni delle singole ma alla possibilità che il quartetto avrà di essere a Rio 2016. E siccome a Rio non le vedremo...

Ma andiamo ad analizzare, velocemente, le risultanze del quartetto. Monia Baccaille non vince una gara dal 10 maggio (era il Tour of Chongming Island), ha corso un Giro senza infamia e senza lode e per il resto s'è preparata in ritiro. Tatiana Guderzo, dopo un inverno incoraggiante ed il secondo posto al Trofeo Binda, ha ritrovato la vittoria dopo ben due anni agli italiani a crono. Noemi Cantele è la più continua ed affidabile e su questo percorso, come detto, andava giocata meglio: quattro vittorie da inizio 2012 ed un Giro anonimo, pensavamo in preparazione all'Olimpiade (probabile fosse così). Giorgia Bronzini, infine. Con i suoi miseri 30 giorni di gare ha racimolato tre cadute piuttosto serie (Qatar, Elsy Jacobs ed Exergy Tour) ma zero vittorie. Puntava tutto su tre numeri della roulette: Mondiali su pista, Olimpiadi e Mondiali su strada. Ora, la Corsa a Punti a Melbourne l'ha vista scendere ai piedi del podio, l'Olimpiade è andata com'è andata, il Mondiale di Valkenburg chissà.

Si è sbagliato a dare alla Nazionale un impronta Bronzinicentrica quando il percorso non era così favorevole alla piacentina, né la condizione di avversarie quali Vos, Pooley ed Arndt, pronte ad attaccare per tutti i 140 km di corsa (e s'è visto), facevano sperare che Giorgia andasse dietro a tutte, cosa che non è nelle sue corde. Piuttosto, questo lavoro poteva essere svolto dalla Cantele, ma con Guderzo e Bronzini la varesina s'è "persa" proprio in cima all'ultima Box Hill, quando Olds, Armitstead e Vos attaccavano in modo inesorabile e decisivo. Una distrazione imperdonabile, questa. L'affidamento sul quartetto noto agli addetti ai lavori da più di un anno era relativo, perciò: in caso di vittoria nessuno avrebbe alzato la minima obiezione contro il pur bravo Salvoldi (una gara andata storta non cambia certo il percorso di un tecnico) ma con un quinto posto qualche dubbio viene.

Ad esempio, come mai una giovane 20enne come Elisa Longo Borghini (classe '91), una vittoria ed un secondo posto di tappa (più il quinto nella generale) al Thüringen Rundfahrt di una settimana fa, viene tenuta come riserva? Motivata, gasata ed adatta a queste strade, avrebbe come minimo chiuso su qualche scatto, attaccato in prima persona o semplicemente tirato seriamente il gruppo quando l'Italia (insieme alla Germania) è venuta a mancare. Vincente, giovane ed in gran forma, ma vuoi mettere con lo zoccolo duro della Nazionale...

Ancora. Salvoldi, cui in fatto di tecniche d'allenamento non dobbiamo certo insegnare nulla, ha dimostrato di amare molto i ritiri in altura. Così tanto che, mentre gran parte delle favorite dell'Olimpiade si davano battaglia tra Thüringen Rundfahrt e Tour en Limousin, le nostre restavano a rifinire la preparazione in quel di Livigno. Niente gare? Come no! I 117 km del Trofeo LDM, gara maschile per Juniores disputatasi domenica scorsa, per le azzurre parevano bastare. Si è visto come viaggiavano quelle che erano uscite da una corsa a tappe e quelle che avevano corso con gli Juniores.

C'è poi da dire che l'Italia, all'infuori di competizioni quali i Mondiali, non vince una corsa di livello dal 2008: sembra pazzesco, con l'iridata di casa a Piacenza, ma l'ultima gara di Coppa del Mondo portata a casa da un'azzurra fu il GP de Plouay 2008 con Fabiana Luperini. Proprio Fabiana Luperini, classe '74 (ha compiuto 38 anni il 14 gennaio), dovrebbe far riflettere in quanto è stata lei la miglior italiana all'ultimo Giro d'Italia. Una 38enne, seppur rispettabilissima, prima italiana in classifica, è sintomo che qualche cosa non va nel movimento.

Oggi all'orizzonte i team manager vedono un paio di talenti - Elisa Longo Borghini e Rossella Ratto - già in grado di spaccare il mondo, di andar forte nell'immediato. Tutte le altre, dalle ottime Elena Cecchini a Maria Giulia Confalonieri, da Beatrice Bartelloni a Chiara Vannucci, fino a Valentina Carretta o a Susanna Zorzi o a Dalia Muccioli (e senza dimenticare il talento polivalente Valentina Scandolara, ultimamente in chiaroscuro), sono un gradino sotto e non saranno vincenti da subitissimo. Sicuramente Salvoldi, che sulle giovani ha costruito più di una vittoria, sa che ha per le mani un bel po' di ottime ragazze e saprà gestirle al meglio. L'importante sarà non fare più convocazioni in base all'anzianità, fatto che sicuramente demoralizza le più giovani e che è anche un terno al lotto, come dimostrato da quest'Olimpiade.

Una rassegna che deve dare la sveglia a chi ha basato campagne elettorali ed una fittizia immagine del ciclismo azzurro vincente sulle «nostre ragazze», mai filate durante l'anno (ma nemmeno prima di un'Olimpiade, se è vero che non sono state invitate alla conferenza stampa insieme ai maschi) e poi celebrate per la vittoria del Mondiale. Già, presidente Renato Di Rocco, il ciclismo italiano non è grande perché vince i Mondiali con le bistrattate ragazze. Un Mondiale, come ogni corsa di un giorno, è una prova basata per buona metà sulla grandezza dell'atleta, per l'altra metà sulla fortuna. Se gira dal lato giusto arriva l'iride, altrimenti vince chi, come Marianne Vos, durante tutto l'anno domina (le nostre durante l'anno restano nell'ombra ed al Mondiale si svegliano). C'è bisogno di una ventata di rinnovamento, nascondersi dietro ai finti sorrisi esibiti in prima fila durante le cerimonie (non solo olimpiche) non serve. Se questo non è palese ora che «le nostre ragazze» non hanno salvato il bilancio azzurro quando potrà mai esserlo?

Francesco Sulas

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