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Giochi Olimpici 2012: Calcoli sbagliati, Gran Bretagna! - Le pagelle: che spreco per Fabian Cancellara

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La Gran Bretagna ha tirato il gruppo per tutta la gara: non è bastato per arrivare in volata © Bettiniphoto

Alexandre Vinokourov - 10
Qualcuno potrebbe dire che il cerchio della carriera di "Vino" s'è chiuso oggi proprio laddove tutto era iniziato, ai Giochi Olimpici: se oggi Vinokourov è il personaggio che è, lo deve soprattutto all'argento di 12 anni fa a Sydney. Dopo il brutto infortunio al Tour de France 2011 la sua carriera sembrava terminata ma Vino, con il suo carattere, non poteva accettare di uscire di scena in quel modo, s'è rimesso in bici, ha recuperato e ha puntato tutto proprio sui Giochi Olimpici, quella che aveva indicato come l'ultima gara della sua carriera. Per il kazako non esistono percorsi non adatti e a Londra ha corso alla perfezione, scegliendo sempre i tempi giusti per tutte le sue mosse: prima è entrato nel gruppo giusto di contrattaccanti, poi è scattato con Urán ed infine ha beffato il colombiano nelle ultime centinaia di metri con una bella sparata. La presenza di un paio di compagni di squadra all'Astana nel gruppo di testa può averlo anche un po' aiutato a tenere il vantaggio nei momenti decisivi. Secondo i piani la cronometro dovrebbe essere la sua ultima gara da professionista: dopo questa splendida vittoria ha confermato il ritiro per mercoledì ma la speranza sotto sotto è che ci ripensi e che resti a dare spettacolo ancora per un anno.

Rigoberto Urán - 8.5
Sulle qualità di questo colombiano di 25 anni se ne parla bene già da tanti anni, ma gli è sempre mancato qualcosa per dare continuità a delle buone prestazioni. Quest'anno invece sembra aver cambiato decisamente rotta e dopo la maglia bianca al Giro d'Italia è arriva questa medaglia d'argento forse inaspettata. Il percorso del Giochi, infatti, non pareva adatto ad una squadra colombiana composta da tre ottimi scalatori, quasi 40 chilometri finali in pianura li sfavorivano troppo sulla carta: ed invece è proprio in quel tratto che Urán ha deciso la corsa muovendosi con Vinokourov. Nelle ultime centinaia di metri il divario di esperienza con il kazako s'è visto tutto perché Vino ha sfruttato da maestro l'unica disattenzione momentanea di Rigoberto, che in volata era anche il più veloce dei due. L'impressione comunque è che questo sia più un argento vinto che un oro perso e quindi bisogna fare tanti complimenti al ragazzo della Sky. Una curiosità, nella lista ufficiale dei partenti comunicata ieri dagli organizzatori Urán, probabilmente per una svista, non era stato inserito: gli deve aver portato bene questo.

Alexander Kristoff - 8
Anche lui come Urán è un classe 1987 e questa medaglia può farlo guardare con ottimismo al futuro. Di sicuro alla vigilia non era il primo nome da cui attendersi qualcosa tra i norvegesi: Kristoff, però, si è superato in salita riuscendo ad entrare nel gruppo di testa, mentre dietro Edvald Boasson Hagen non ha vissuto una delle sue giornate migliori ed è stato costretto a ritirarsi. Il connazionale Nordhaug lo ha aiutato a restare coperto e lui nel finale s'è reso protagonista di una volata di grande potenza che gli ha permesso di conquistare almeno la medaglia di bronzo lasciando molto indietro la concorrenza: proprio visto il margine con cui ha vinto questo sprint, Kristoff potrebbe avere qualche rimpianto perché, se Vinokourov e Urán fossero stati ripresi, avrebbe potuto giocarsi addirittura la medaglia d'oro.

Taylor Phinney - 7.5
Dopo il Giro d'Italia, la giovane promessa americana non s'era più vista davanti in gara ed era quindi impossibile capire quale fosse il suo stato di forma nell'avvicinamento alla gara: dopo questo risultato la risposta vien da sé. Certo, in una gara come quella olimpica il quarto posto vale poco o nulla ma dobbiamo considerare che Phinney ha solo 22 anni e quindi l'americano ha un grande futuro davanti. Parte del merito di questo buon risultato è anche del compagno e amico Tejay Van Garderen che s'è distinto per generosità provando ad animare in più occasioni il circuito di Box Hill.

Vincenzo Nibali - 8.5
Difficile, forse impossibile, chiedere di più a Vincenzo Nibali al termine della corsa di oggi. Quando il gruppo è entrato sul circuito di Box Hill è stato proprio lo Squalo dello Stretto ad aprire le danze, esponendosi per primo e portando via una gran bel gruppo: è proprio da questa azione di Nibali che la Gran Bretagna ha cominciato a vedersela brutta. Dopo aver attaccato, comunque, Vincenzo ha fatto sempre un grande lavoro per far sì che il vantaggio sugli inseguitori non scendesse mai sotto al minuto: è uscito dal Tour con una condizione stellare ed il nostro rammarico è che il percorso non fosse più impegnativo perché in tal caso le possibilità di vederlo a medaglia sarebbero state molto elevate.

Luca Paolini - 6.5
Partito con il ruolo di regista in corsa, alla fine Paolini si ritrova a dover essere il finalizzatore: porta a casa un nono posto che, va ammesso, è abbastanza in linea con quelle che erano le aspettative della vigilia per i colori italiani. Paolini comunque non ha corso male ha saputo farsi trovare al posto giusto al momento giusto: forse gli è mancata un po' di cattiveria o un po' di abitudine a lottare per vincere in un appuntamento così prestigioso. 

Fabian Cancellara - 5.5
Per quanto riguarda le grandi classiche e comunque i grandi appuntamenti, questo 2012 è stato fin qui un anno assolutamente da dimenticare per Fabian Cancellara. Anche questa volta, come al Giro delle Fiandre, la corsa si era messa benissimo per lui e ad un certo punto era diventato anche il favorito numero uno per la vittoria: ci sono momenti, però, in cui anche uno con la sua abilità in bici sbaglia e l'errore di Fabian è arrivato in una curva, abbastanza stretta, verso destra. Cancellara non è entrato bene in quella svolta e nel correggere la traiettoria, la ruota posteriore è leggermente scivolata e lo svizzero s'è ritrovato ad andare dritto contro le transenne. Dolorante, Cancellara è riuscito comunque a concludere la gara: polso e spalla fanno male e adesso potrebbe essere a rischio anche la cronometro.

Stuart O'Grady - 7.5
Tra poco più di una settimana Stuart O'Grady compirà 39 anni e alla sua sesta partecipazione ai Giochi Olimpici s'è regalato un prova maiuscola che ha contribuito a far passare in secondo piano una gara non eccelsa dei suoi quattro compagni di nazionale dell'Australia. O'Grady era entrato già nella prima fuga che s'era venuta a creare e per più di 220 chilometri non ha mai mollato le posizioni d'avanguardia nella corsa, neanche sui nove passaggi sulla facile salita di Box Hill: nel finale ha trovato ancora le forze per fare la volata piazzandosi al sesto posto. Sei, come le sue Olimpiadi.

Philippe Gilbert - 6.5
Anche nel caso del forte vallone il percorso non era quello più adatto, e questo va tenuto in considerazione. La nazionale del Belgio s'è divisa sostanzialmente in due con Boonen ad aspettare l'eventuale volata (con Vandenbergh vicino a lui) e Gilbert, Roelandts e Van Avermaet a fare da battitori liberi, attaccanti con licenza di inserirsi in tutte le fughe. Tutti i belgi hanno svolto bene il loro compito: Roelandts, Gilbert e Van Avermaet si sono mossi bene e proprio Philippe ha cercato anche una fuga solitaria negli ultimi passaggi a Box Hill. Forse proprio quell'azione ha tolto a Gilbert un po' di energie che sarebbero potute essere più utili se usate per attaccare negli ultimi chilometri: ma quest'anno non è come lo scorso e quindi probabilmente non sarebbe bastato comunque. Il miglior piazzato è stato Jurgen Roelandts, settimo.

Peter Sagan - s.v.
Correndo per 250 chilometri da solo il giovane slovacco della Liquigas doveva fare una scelta: credere all'inseguimento di Gran Bretagna e Germania e quindi puntare tutto sulla volata, oppure scegliere l'opzione della fuga? Non aveva margine di d'errore, ha scelto la volata e non ha avuto fortuna. Era in una situazione complicata e se pure fosse riuscito a rientrare sulla fuga non avrebbe avuto vita facile per conquistare una medaglia: così ha finito per non farsi vedere mai e per questo è difficile giudicare la sua gara.

Gran Bretagna - 5
Prova di grande compattezza e sacrificio quella della Gran Bretagna: dall'inizio alla fine la squadra è rimasta sempre stretta attorno al suo capitano Mark Cavendish. L'obiettivo era di provare a tenere cucita la corsa per 250 km ma, nonostante la splendida condizione fisica di Wiggins e compagni e lo sporadico aiuto di qualche nazione minore (Bielorussia e Austria in particolare), la missione s'è rivelata impossibile. Il limite della Gran Bretagna, forse, è stato proprio quello di avere un unico piano di battaglia: quando gli scatti si susseguivano e davanti s'era formato un gruppo di almeno trenta corridori non hanno saputo cambiare strategia provando ad inserire anche loro un uomo passivo tra i fuggitivi. Forti, generosi, ma si poteva fare di più.

Germania - 3
La delusione più grande della corsa è rappresentata dai tedeschi che, da favoriti, hanno toppato clamorosamente la gara più importante dell'anno. Nonostante la presenza in gara di un corridore versatile come Degenkolb, la Germania ha scelto come la Gran Bretagna di puntare tutto sull'arrivo a ranghi compatti e quindi le sue maglie non si sono mai viste tra quelle degli attaccanti. Una decisione che viste le tre vittorie di André Greipel ci poteva anche stare ma il problema è che i tedeschi si sono visti pochissimo in testa al gruppo a tirare, anche quando la situazione stava sfuggendo di mano. Forse qualche uomo non era in gran giornata, forse speravano che facessero tutto i britannici: in ogni caso una bocciatura pesante non gliela leva nessuno.

Spagna - 6
Cadute, infortuni e sfortuna hanno condizionato l'avvicinamento ai Giochi della Spagna ed il trend è sembrato continuare quando Ventoso è finito a terra nel primo tratto di gara. Nel complesso gli iberici non si sono mossi male, Castroviejo, Luisle Sánchez e Valverde sono sempre stati presenti nelle fasi decisive ed il loro lavoro nel tratto finale in pianura ha contribuito a tenere lontano il gruppo di Cavendish. Si sono eclissati solo negli ultimi chilometri quando l'ottimo Castroviejo era ormai stremato e Sánchez e Valverde non sono sembrati organizzarsi bene per tentare attacchi o per una volata: all'arrivo i due murciani sono stati rispettivamente 13° e 17°.

Sebastiano Cipriani

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