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Giro d'Italia 2012: Fattore R sotto la pioggia - Resinelli, Rabottini, Rodríguez: finalmente spettacolo al Giro!

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Matteo Rabottini e Joaquim Rodríguez, i due grandi protagonisti di giornata © Bettiniphoto

dal nostro inviato

Com'era nell'ordine naturale e probabilistico delle cose, dopo il quasi niente di Cervinia, un po' di eventi da raccontare la tappa di Pian dei Resinelli ce li doveva per forza dare. Se poi di mezzo ci si mette la pioggia, come avvenuto oggi dalle parti di Lecco, si può star certi che la cosa non lascerà indifferente il gruppo.

La prima fuga del giorno, partita al km 18, non dava le più ampie garanzie di arrivare al traguardo: solo due uomini ad animarla, Matteo Rabottini e Guillaume Bonnafond, lasciati andare fino ad un vantaggio massimo di 8'50" senza che la Liquigas (come al solito in posizioni di controllo) si preoccupasse più di tanto. Maggiori attenzioni riscuotevano, all'inizio della tappa, i ritiri eccellenti di Fränk Schleck (guai a un ginocchio o fuga - a casa - strategica per non correre troppo prima del Tour?) e Giovanni Visconti (alle prese con qualche problema di asma).

Qualche sussulto l'ha poi provocato il contropiede nato sulla Valcava (a -93 dal traguardo) con Sella, Txurruka e Pinotti, raggiunti lungo la salita da Bruseghin, Pirazzi, Carrara, Ulissi, Malori, Petrov e Losada, e poi in discesa da Cunego, Amador (già vincente a Cervinia) e Larsson. Sì, avete letto bene, il nome di Cunego era tra quelli che hanno attaccato a 80 km dalla fine. Già in avanscoperta ieri sul Col de Joux, il veronese sta dimostrando quantomeno un grande coraggio, spendendosi come non mai per la causa Lampre.

Intanto Rabottini, sulla stessa Valcava, aveva abbandonato la compagnia di Bonnafond per iniziare un'azione solitaria che l'avrebbe portato quantomeno ad avere qualche ora di visibilità, in attesa di essere ripreso (questo è quello che pensavamo sulle prime). Con l'abruzzese a +8'30" sul gruppo, e il drappello di Cunego intercalato a 4' dal battistrada (e quindi maglia rosa virtuale per il Principino!), Liquigas e Garmin hanno capito che non era il caso di traccheggiare ulteriormente. La squadra della maglia rosa Hesjedal, e quella del primo favorito al successo finale (Basso secondo molti lo è), hanno lavorato per impedire soprattutto che Cunego - supportato anche da un buon Ulissi (mentre Malori si era staccato sulla Valcava) - si mettesse in testa di poter ribaltare così il Giro, senza colpo ferire.

Sul Culmine di San Pietro, Gpm la cui vetta era a 25 km dal traguardo, Rabottini vedeva avvicinarsi un quintetto formato da Cunego, Pirazzi, Txurruka, Amador e Losada (gli altri si erano staccati uno dopo l'altro sotto i colpi di Damiano soprattutto): in cima 2'46" tra il corridore della Farnese e i suoi più immediati inseguitori, ai quali il gruppo della maglia rosa pagava 3' scarsi. Situazione quantomai gravida di novità, visto che ci si poteva aspettare di tutto: avrebbe attaccato Scarponi, trovando Cunego a dargli man forte? L'avrebbe fatto Rodríguez, che aveva Losada davanti? (Tra l'altro quest'ultimo non aveva dato un cambio per tutto il giorno ai compagni di fuga).

Sulla discesa, ipertecnica, la riprova che non per forza si deve attaccare solo quando la strada sale: Cunego provava a isolarsi e avvicinare Rabottini; l'Astana di Kreuziger e Tiralongo, in gruppo, tentava di mettere alla frusta quelli meno dotati per le picchiate, da Basso a Pozzovivo a Rujano. Il risultato: tanti rischi, la strada strettissima, gli strapiombi laterali, l'asfalto bagnato (ricordiamo che pioveva ancora copiosamente), le curve sbagliate da diversi corridori, adrenalina a mille, cuore a tratti in gola anche per lo spettatore, e nulla di rilevante realmente accaduto: Cunego si è fatto riprendere a fine discesa (non aveva guadagnato che poche centinaia di metri); il gruppo, a parte Rujano rimasto sensibilmente attardato, si è ricomposto in maniera abbastanza veloce una volta finita la parte più pericolosa della picchiata.

Chi ha seriamente rischiato di far le spese di tanto pericolo è stato proprio il battistrada Rabottini, scivolato a 18 km dal traguardo e finito a picchiare con la schiena sul bordo del marciapiede. Pur acciaccato ed escoriato, l'abruzzese si è comunque rimesso in bici in un lampo, ed è ripartito verso quello che ormai si profilava come il risultato della vita.

La salita finale, verso Pian dei Resinelli, presentava le pendenze maggiori nella prima metà. L'anarchico Pirazzi ha iniziato a dar prova di sé e della sua principale caratteristica (l'anarchismo, appunto), sin dai 7.5 km alla vetta, con un primo scatto che ha avuto quantomeno l'effetto di far fuori Amador, mentre Cunego, in compagnia di Losada e Txurruka, rimaneva poco distante dal laziale. Ai 5 km Rabottini aveva ancora 1'50" su Pirazzi, 2'10" sul gruppetto di Cunego e 3'10" su un gruppo che, tirato in maniera impetuosa da Szmyd, era in forte rimonta. A quel punto è stato Losada, fin lì inerte, a scattare, portando se stesso e Txurruka su Pirazzi, mentre Cunego perdeva terreno e abbandonava i sogni di gloria.

Pirazzi, una volta preso dai due spagnoli, non ci ha pensato due volte e ha fatto un altro scatto, ma Losada ha chiuso bene, mentre in quest'occasione è stato Txurruka a pagar dazio. Ai 2 km restava a Rabottini un minutino su Losada e Pirazzi e 1'40" sul gruppo in cui Szmyd finiva di trenare e lasciava al capitano Basso l'incombenza di tenere un ritmo adeguato. È stato quello il momento in cui abbiamo visto le cose migliori tra gli uomini di classifica (sì, ancora una volta negli ultimi 2 km, anche se in quest'occasione ci eravamo divertiti abbastanza in precedenza, cosa non avvenuta ieri per esempio).

Ad accendere la miccia è stato Scarponi, che è partito ai 2 km, ha preso e superato Cunego e poi si è voltato notando che solo Basso, Rodríguez e il bravissimo Henao resistevano alle sue spalle. Gli altri, tutti più indietro. Pozzovivo, alle prese con una crisi di fame (stando a quanto dichiarato dallo stesso lucano a fine tappa), era già sensibilmente staccato da diverse centinaia di metri.

Rodríguez, resosi conto che Hesjedal non lo teneva, si è mentalmente caricato all'idea di riprendersi la maglia rosa dopo un giorno di interregno del canadese; e così, mentre il suo compagno Losada si liberava della compagnia di Pirazzi, Purito poco più indietro partiva secco, ai 1500 metri.

All'ultimo chilometro, Rabottini aveva ancora 20" su Losada e poco più di 30" su JRO che intanto aveva preso e staccato Pirazzi e Txurruka. Il gregario del catalano ha allora rallentato un attimo, aspettando il suo capitano e dandogli un cambietto prima di vederlo ripartire in tromba. Quel chilometro conclusivo aggiungeva pathos su pathos: Rodríguez vedeva Rabottini, Rabottini sentiva Rodríguez e soprattutto l'acido lattico nelle gambe, ahi ahi mi prende, e inesosabilmente ciò è avvenuto: ai 350 metri JRO è piombato su Rabottini e forse pensavamo che se lo sarebbe pappato in un boccone, ma Purito ha riflettuto, ha ricordato che abbuoni all'arrivo non ce n'erano, che una tappa lui l'aveva già vinta bene ad Assisi, e che chissà, magari una manina i Farnese nei prossimi giorni potevano dargliela, nel caso.

Volata, non volata? Forse mezza volata, diciamo. Ma magari non è nemmeno giusto pensare ciò, perché Rabottini, dal canto suo, non ha certo mollato ma ha raccolto le forze, tutte quelle che gli rimanevano, per scivolare accanto a Purito e passargli davanti all'ultima curva, prendendo in testa il breve rettilineo d'arrivo e restando lì, in quella ambita, sognata, sospirata prima posizione.

Vittoria con pieno merito e dopo 150 km di fuga, in gran parte solitaria, per Matteo, al successo più importante della sua ancor giovane carriera di 24enne. JRO si accontenta eccome, visto che la maglia rosa gli è tornata addosso e, continuando nell'ottica dei pochi secondi guadagnati qua e là (oggi ne ha dati 25" a Henao, Scarponi e Basso, 29 a Kreuziger e Gadret, 36 a Nieve, 39 a Hesjedal e Cataldo), il suo bottino si sta facendo sempre più corposo: Hesjedal è a 30", Basso a 1'22", Tiralongo a 1'26", Kreuziger a 1'27", Scarponi a 1'36". Pozzovivo rotola a oltre 3', così come Gadret e Cunego tra gli altri.

Il Giro 2012 continua a non esibire giornate campali, anche se quella di oggi va annoverata senz'altro tra quelle che ricorderemo di questa edizione della corsa rosa. Joaquim Rodríguez, passetto dopo passetto, è ormai assurto al ruolo di cliente scomodissimo, e non erano in troppi alla vigilia a riconoscergli una tale possibilità: mancano solo 5 tappe alla fine (domani finalmente si riposa!), anche se le tre dolomitiche potranno realmente proporre una rivoluzione al giorno (da appassionati diciamo: magari!). La Katusha è forte, JRO pure, ma gli avversari principali, che rispondono ai nomi di Basso, Scarponi e Kreuziger, hanno ognuno delle carte da giocare, e in questi giorni abbiamo comunque visto che tali carte non configurano bluff, ma numeri reali. Se poi le variabili impazzite Pozzovivo (non avrà mica una crisi di fame al giorno!), Rujano, Henao e chi per loro sapranno recitare un ruolo, forse riusciremo davvero a recuperare per questo Giro una caratura memorabile. Guardando la classifica, tutto è ancora possibile: concentriamoci su questo concetto, riposiamo domani, e ripartiamo martedì con le migliori intenzioni.

Marco Grassi

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