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Liegi-Bastogne-Liegi 2012: Nibali, la Sindrome dell'inseguito - Altra bella azione ma sfugge la vittoria

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Sul volto di Nibali tutta la delusione per l'impresa sfumata © Bettiniphoto

A questo punto possiamo tranquillamente, e non senza un pizzico di amarezza, parlare di Sindrome da inseguito. Una sindrome che ha colpito Vincenzo Nibali negli appuntamenti a cui più teneva, da un annetto a questa parte. Sempre l'unico italiano ad attaccare veramente, l'unico a crederci. Arriva a tanto così dalle vittorie nelle Classiche monumento, quand'ecco che qualcosa va storto, qualcuno si mette ad inseguire, altri trovano la gamba che in una vita ciclistica non avevano mai avuto, e la magia, la vittoria che Vincenzo già pregusta, svanisce all'improvviso.

È sucesso anche oggi, quando tutto sembrava filare per il verso giusto. La cavalcata di Nibali dalla Roche aux Faucons verso il traguardo di Ans somigliava molto a quella del 2009 di Andy Schleck, che con uno scatto ed un ottimo passo fece sua la Doyenne. Nibali era andato via nel tratto più duro della Roche aux Faucons, quello dove serve solo avere le gambe, e lui le aveva. Non era un fuoco di paglia, tant'è che il messinese aveva dato séguito alla sua azione, proseguendo nel tratto immediatamente successivo la penultima côte della corsa.

La pianura e la discesa lo favorivano, la pedalata era ancora leggera ed agile, il vantaggio in leggera crescita. Ai piedi dell'ultima asperità, il Saint-Nicolas, la côtes degli italiani, ben 37" separavano Nibali da un gruppetto di inseguitori. La pedalata del portacolori Liquigas è ancora buona, non brillantissima ma buona; i problemi giungono semmai da dietro, con Iglinskiy e Joaquim Rodríguez che escono dal gruppetto inseguitore e provano a riportarsi sulla testa della corsa.

Il vincitore della Freccia Vallone, forse ancora affaticato dopo l'impresa di mercoledì, cede presto, il kazako invece rientra. Ai 1200 metri Nibali è raggiunto, due pedalate dopo è già superato. Vittoria a Maxim, Vincenzo chiude tra le lacrime trattenute a stento (e nemmeno troppo celate). È stato un Nibali coraggioso, quello ammirato sulle strade attorno a Liegi, ma non solo in Belgio ha mostrato il suo coraggio nel correre, il buon Vincenzo. Facciamo quattro passi indietro.

Marzo 2011, Milano Sanremo. La corsa è già entrata nel vivo dalle Manie e Scarponi ha compiuto un numero d'alta scuola tra Cipressa e Poggio. La scrematura, insomma, è bell'e fatta. Nibali, che veleggia tra i primi, scatta sulle rampe del Poggio; mancano 7 chilometri o poco più all'arrivo. Il contrattacco di Van Avermaet renderà vano il tentativo dello Squalo dello Stretto che, non pago, proverà ad allungare ai 900 metri, arrendendosi alla volata ristretta (la corsa finirà a Goss). Ci ha provato, d'altronde la Sanremo è una Classica in cui è difficile sparigliare le carte se non prima degli ultimi metri di corsa, è risaputo. Dagli alberi in fiore passiamo alle foglie marroncine, cambiando anche strade.

Nel Giro di Lombardia Philippe Gilbert è ancora il favorito ma la gamba, dopo i numerosi successi colti durante l'anno, non pare essere quella dei giorni migliori. Così all'imbocco del Ghisallo è ancora Nibali ad allungare, Gilbert non tiene il passo del siciliano che s'invola verso Como. Davanti ha 53 km da percorrere in totale solitudine. Superato il Ghisallo parrebbe essere fatta, il vantaggio è di 1'44" sul gruppo e manca solo la salita di Villa Vergano. Missione compiuta? Figuriamoci! Tra Ghisallo e Villa Vergano la pianura è troppa, le forze di Nibali vengono meno a poco a poco, la Sky dietro tira e recupera su Vincenzo. Sarà Zaugg a conquistare quel Lombardia.

Passato l'inverno lo Squalo si ritrova sulle strade sanremesi che lo respinsero dodici mesi prima: la forma è strepitosa (viene dalla vittoria nella Tirreno-Adriatico) e la Liquigas può contare anche su Sagan. Rieccoci al Poggio, riecco lo scatto di Nibali. Quest'anno fa più male rispetto al 2011, tant'è che il solo Gerrans tiene le ruote del messinese. Cancellara si riporta subito sul duo di testa, di fatto scombinando i piani di Vincenzo e della Liquigas. La trenata del campione svizzero fino al traguardo porterà soltanto un terzo posto a Nibali, la vittoria finirà ancora in Australia, come dodici mesi prima, a Simon Gerrans.

Siamo ad oggi. La storia è ben nota, scatto sulla Roche aux Faucons, fuga verso Ans, vantaggio discreto. Sembra fatta quando l'Iglinskiy che non t'aspetti (in una Liegi ha colto al massimo un 22° posto nel 2009) si riporta sul messinese, lo passa come se nulla fosse e va a vincere la sua prima e - abbiamo ragione di credere - ultima doyenne. Una prima constatazione: Nibali corre in modo coraggioso, l'azione odierna è lì a dimostrarlo, quelle passate ci raccontano pure di un Vincenzo senza paura, anzi, con la voglia di grandi imprese.

Venendo al sodo, premia questo coraggio? Alla luce di quanto accaduto, evidentemente no. E non che l'attacco da lontano non sia un'arma potente ed ampiamente utilizzabile (fenomeni come Boonen e Cancellara sulle pietre ne fanno virtù), evidentemente gli attacchi così portati sono penalizzanti in una Sanremo, sconvenienti in un Lombardia (vuoi mettere aspettare l'ultima salita anziché attaccare a 53 km dall'arrrivo?), non sempre vincenti in una Liegi.

Visto che da quando è stata immessa, la Roche aux Faucons ha scavato grosse differenze (ma non sempre lanciato uomini verso la vittoria), parlaeremo degli ultimi chilometri, degli ultimi anni. Numeri come quello tewntato e non riuscito per un soffio a Nibali oggi l'abbiamo visti fare ad Andy Schleck nel 2009. Lo scatto, il passo in pianura, la tenuta sul Saint-Nicolas, l'arrivo trionfale. Era quello che sognava il Nibali che taglia il traguardo in lacrime, senza ombra di dubbio.

Possibile che il problema non stia solo nei tracciati, nelle distanze da percorrere da soli, nel sapore di impresa, ma in Nibali stesso? Sicuramente Classiche come una Sanremo, un Lombardia ed una Liegi spremono il corridore più di ogni altra corsa; chi scatta e se ne va deve sapersi gestire ma avere anche la fortuna di non vedersi arrivare l'Iglinskiy di turno alle spalle, colui che rende vana ogni azione bellissima.

Nibali ha attaccato bene, proseguito ancor meglio, nonostante il vento fastidioso in pianura, tenuto sul Saint-Nicolas. Gli sono mancati quei 1200 metri che ti cambiano la carriera, c'è andato vicino e probabilmente al prossimo tentativo dopo un'azione del genere coglierà il bersaglio grosso. Tanto di cappello a Nibali che ha voluto e saputo provarci, anche da questo si discerne un campione da un qualsiasi.

Si potrebbe controbattere: questo campione d'un Nibali sta mettendo in atto tante azioni, tante fughe che non danno frutti. Ripetiamo, è solo questione di tempo, ed anche poco. La Sindrome da inseguito prima o poi passerà.

Francesco Sulas

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