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Parigi-Roubaix 2012: Ci spiace ragazzi, ma così è da perdenti - Pozzato e Ballan sul banco degli imputati

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Alessandro Ballan e sullo sfondo Filippo Pozzato caduto a Auchy-les-Orchies © Bettiniphoto

Diciamo subito che non staremo ore a piangere sul fatto che ancora una volta l'Italia manca l'appuntamento con una classica monumento: anche se ora siamo a 18 consecutive senza vittoria, un dato che merita un subitaneo approfondimento.

Se assumiamo come "monumento" le corse che oggi consideriamo tali, ovvero Sanremo, Fiandre, Roubaix, Liegi e Lombardia (lo sappiamo che è una forzatura storica perché ad esempio la Liegi nella prima metà del '900 era meno importante di altre gare come la Parigi-Bruxelles o la Bordeaux-Parigi, ma si tratta comunque di un dato sintomatico), e analizziamo dagli albori gli albi d'oro, scopriamo che per tre volte in passato (dalla Sanremo '59 alla Liegi '61; dalla Sanremo '62 alla Liegi '64; dalla Sanremo '71 alla Liegi '73) si è verificato un ritardo di 14 classicissime senza vittorie azzurre. E che mai eravamo arrivati a quota 18, ovvero il dato attuale, quello in atto dalla Sanremo 2009, successiva all'ultima vittoria di Cunego a un Lombardia.

Ora, è vero che dal 1959 al 1964, se non ci fosse stata la vittoria di Vito Taccone al Lombardia del 1961, avremmo contato ben 29 "sconfitte" consecutive, ma resta il fatto che un ruolino di marcia tanto negativo come quello in corso è una primizia statistica assoluta. Se anche il digiuno si interrompesse alla Liegi (ma chi dovrebbe interromperlo? Nibali, Scarponi e Cunego hanno qualche chance, ma non scommetteremmo ad occhi chiusi su uno di loro), avremmo infilato la striscia negativa più lunga della nostra storia nelle classiche.

Allarmati da questo dato, che pare andare anche oltre a un consueto ricambio generazionale (se consideriamo che dal '90 al 2008 avevamo al massimo "toppato" 6 monumento in fila, tra '91 e '92, ci allarmiamo ancor di più), ci accingevamo comunque ad assistere ad una Roubaix in cui, pur non credendo fino in fondo alla possibilità di un'affermazione, accreditavamo i nostri di buone chance di ripetere la bella prova del Fiandre di una settimana fa.

E fino a 56 km dalla fine della corsa, oggi, eravamo confortati in tale convinzione dall'aver visto un Ballan molto volenteroso (e all'attacco già a 80 km dal traguardo), e un Pozzato particolarmente grintoso, in grado di rimediare a un paio di incidenti di percorso (rallentamento da caduta altrui + ventaglio) e poi pronto a reagire al primo attacco di Boonen.

Poi è successo un fatterello di cui parleremo ancora a lungo e per anni, per dire di quanto anche un fatterello possa assumere una certa importanza, nello sport. Per puro caso, senza aver palesato la minima intenzione di attaccare, Boonen e il suo compagno Terpstra si sono trovati avvantaggiati di qualche metro su un terzetto di compagni d'attacco composto da Pozzato, Ballan e Turgot.

E in questo frangente è emersa in tutta la sua impietosa veridicità la controprova dell'incapacità di essere vincenti dei nostri attuali rappresentanti in questo tipo di gare. Pozzato, evidentemente convinto che non toccasse a lui chiudere il buco da lui stesso provocato, si è guardato bene dal dare quei 4-5 colpi di pedale in più per riprendere la coppia Omega Pharma (la quale, incredula di fronte a tanta generosità, ancora cincischiava incerta se allungare per davvero o aspettare quegli svalvolati dietro e rinviare a un momento successivo la resa dei conti).

Si è invece voltato, Pippo, all'indirizzo di Ballan, invitando il corregionale a farla lui, la trenata che avrebbe ricucito una situazione ancora ampiamente recuperabile. Ma Ballan ha a sua volta declinato: non perché stava rifiatando, come avevamo creduto sulle prime, ma perché via radio gli è arrivato dall'ammiraglia l'ordine di starsene sulle ruote, visto che dietro c'era l'altro BMC Hushovd (peraltro caduto poco prima, e quindi ragionevolmente non al meglio delle condizioni), oltre a una Sky in fase di riorganizzazione nell'ottica di un inseguimento alle lepri celesti.

Quando abbiamo sentito Ballan dichiarare questo retroscena ai microfoni della Rai, stentavamo a credere alle nostre orecchie: ma come è possibile aver fatto un simile errore di valutazione? Anche un bambino avrebbe capito che un'azione a due Boonen-Terpstra era potenzialmente esplosiva, e va bene aver rispetto dell'avversario, va bene aver la consapevolezza che, non fosse stato lì, sarebbe stato a Mons-en-Pévéle, o a Pont Thibaut, o a Bourghelles, o a Camphin, o al Carrefour de l'Arbre, ma insomma, alla lunga Tom se ne sarebbe andato comunque.

Va bene tutto, ma lasciarsi sfuggire di mano le redini di una corsa come fatto oggi dai nostri due pavidi alfieri a 56 km dal traguardo sa di tradimento. Non dell'orgoglio nazionale, ci mancherebbe, ma della virtuale clausola compromissoria che nel ciclismo vorrebbe che tutti si impegnassero al massimo delle proprie possibilità, sempre.

Possibile che un ex vincitore di Fiandre e di Mondiale come Ballan non abbia tirato fuori la personalità per mandare garbatamente a quel paese il direttore sportivo che nell'auricolare lo invitava a stare a ruota in quel frangente? O è proprio Alessandro che magari ha capito male, e secondo i dettami della sua ammiraglia avrebbe dovuto stare sì a ruota, ma di Boonen e non di Pozzato?

Che sia qualche problema di comunicazione, o che sia una sorta di malcelata gratitudine nei confronti di una squadra che, al contrario di quanto accaduto in passato allo stesso Ballan, gli ha garantito la presunzione di innocenza in una vicenda ancora da chiarire nei confronti della magistratura italiana (infatti Ale sta correndo, quando avrebbe potuto essere sospeso cautelativamente dal suo stesso team), fatto sta che un corridore come il trevigiano dovrebbe ormai sapere benissimo come muoversi in una situazione come quella della Roubaix di oggi. Che abbia dimostrato di non saperlo, è una delusione che fa il paio con quella che patimmo alla Roubaix 2011, quando Alessandro non collaborò con Cancellara nel timore di perdere dallo svizzero o da Hushovd (ma si sarebbe comunque potuto giocare la vittoria: invece preferì lasciare campo libero a Vansummeren e accontentarsi in partenza di un piazzamento di rincalzo).

Dubitiamo che il battagliero Ballan di qualche anno fa avrebbe avuto un comportamento così poco generoso.

Su Pozzato, invece, la letteratura è talmente sterminata che non è nemmeno necessario spendere troppi ragionamenti. L'afflosciarsi sul più bello da parte sua è una situazione che si è verificata già spesso in passato, e stavolta c'erano tutti i presupposti per smentire una volta per tutte o confermare in pieno tale assunto: dopo l'ottimo (seppur non perfetto) Fiandre di domenica scorsa, Pippo aveva l'occasione per pennellare una Roubaix almeno all'altezza di quella chiusa al secondo posto nel 2009.

E invece si è letteralmente sciolto su se stesso, implodendo moralmente e anche esteticamente, con quello sbadatissimo scivolone (per il quale può incolpare solo se stesso) a Auchy-les-Orchies. Les-Orchies... l'esorcista, semmai (scusate la spericolata assonanza), è quello che ci vorrebbe per liberare il corridore della Farnese dalla gabbia mentale che da una vita lo rende un bel (e a volte bellissimo) perdente.

Ecco, rilanciamo questa parola, "perdente", per dare una coloritura forte ma veritiera alla mentalità che guida i nostri da un po' di tempo a questa parte: da quanto non vediamo, negli italiani, la capacità e prima ancora la volontà di "gettare il cuore oltre l'ostacolo", di andare a esplorare i propri limiti, di giocare pesante con le proprie attitudini, di bluffare se necessario, ma insomma di fare di tutto per provare a portare a casa un risultato grosso in cambio di 10 pallidi piazzamenti? L'unico che ci ha dato un'impressione positiva in questo senso è stato Vincenzo Nibali, alla ricerca di qualcosa di grosso su terreni potenzialmente amici (il Ghisallo al Lombardia) ma anche potenzialmente nemici (le ultime due Sanremo).

Insomma, il concetto è: se il siciliano ci ha provato sul Poggio, perché Ballan o Pozzato non potevano restare con Boonen oggi, provando a immaginarsi un finale diverso da quello col grande Tom a braccia alzate al Vélodrome? Poi magari sarebbe andata ugualmente così, ma il rendere l'onore delle armi senza nemmeno averle impugnate sa molto di paradosso e di controsenso.

Intanto un'altra stagione di pavé è finita, e per corridori come Pozzato e Ballan non sarà facile trovare un obiettivo altrettanto grande di una Roubaix, nei prossimi mesi. Non le tappe di un GT, non le troppo facili Olimpiadi, chissà se un Mondiale che pare disegnato per altre gambe... Insomma, il rischio di lasciarsi passare addosso un'altra annata pallida nell'attesa dei prossimi settori di pavé o dei prossimi muri, è alto: e a maggior ragione, allora, non valeva la pena provarci seriamente, oggi, per tornare a casa con la consapevolezza di aver tentato tutto il possibile per provare a vincere, a spodestare Boonen, a regalare un sorriso ai tifosi italiani? Noi diciamo di sì; loro evidentemente la pensano in maniera diversa.

Marco Grassi

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