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Sindacato - Ragazze, è ora: muovete il culetto - L'Assocorridori invita le cicliste: fondamentale partecipare

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Le ragazze del ciclismo italiano venerdì chiederanno all'ACCPI qualcosa di più che una premiazione al Giro d'OnoreLe ragazze del ciclismo, quelle che secondo qualcuno potrebbero correre le loro gare dentro una portineria, si troveranno per davvero in un androne, venerdì pomeriggio. Niente corse però, sicuramente qualcosa migliore.

L'incontro tra l'ACCPI (Associazione Corridori Ciclisti Professionisti Italiani) e le cicliste élite, infatti, se non rappresenta una svolta ci va molto vicino. Un passo in più per dare maggior importanza e risonanza ad un movimento, quello femminile, che ad oggi viene dai più definito di nicchia.

O semplicemente non ancora all'altezza, «non sufficientemente sviluppato», disse il Presidente Pat McQuaid ai Mondiali di Copenhagen, per avere dei diritti o anche solo uno stipendio base garantito. Allora alzarono la voce, in Italia, la Campionessa del Mondo Giorgia Bronzini e Noemi Cantele (all'estero in molte presero a cuore la situazione che le riguarda, dalla Vos alla O'Donnell).

Così la due volte iridata piacentina dalle pagine della Gazzetta dello Sport il 7 novembre tuonava: «[Nel ciclismo femminile] mancano le strutture: dai dirigenti alle squadre. Mancano soprattutto i soldi. All'estero hanno capito che le donne migliorano il ciclismo nello spettacolo, nell'immagine e nella cultura. E alcune fra le maggiori squadre hanno aperto un settore femminile: il costo è limitatissimo, perché l'organizzazione esiste già, dai meccanici ai massaggiatori, dalle biciclette alle ammiraglie [...] In Italia si fa solo una grande fatica. Tant'è vero che, quando mi chiedono un consiglio sul ciclismo femminile, io dico subito che è meglio smettere, o non cominciare neanche, e dedicarsi ad altro».

Un'accusa pesante ma alquanto realistica, quella della Bronzini: piuttosto che fare le cicliste meglio dedicarsi ad altro, senza nemmeno iniziare. Le fece eco, sempre dalle pagine della rosea, Noemi Cantele.

La ragazza di Arcisate faceva notare come le pari opportunità tra uomini e donne non esistessero nemmeno - e soprattutto! - nel ciclismo: «Non esistono pari opportunità fra uomini e donne, non esistono neanche solo fra le donne. Il nostro movimento dà più di quello che riceve. [...] Il minimo contrattuale di un uomo equivale a uno dei più alti ingaggi di una donna. E le tabelle dei premi per le corse sono ridicoli: il rapporto tra uomo è donna di uno a venti. Invece nel tennis sono ormai quasi identiche».

Critiche aspre, amare ed amareggiate che si basano su dati ben precisi. Accadde però che passarono quasi nel silenzio tra i non addetti ai lavori. Un paio di grida di dolore a rappresentare un intero movimento vennero quasi ignorate da chi segue queste ragazze una volta all'anno per poi vantare i successi di una Nazionale - brillante su strada, semisconosciuta al di fuori - che ha portato 4 titoli Mondiali su strada in 5 anni (e tralasciamo gli Europei e le medaglie in pista). Parliamo naturalmente di Renato Di Rocco e della FCI.

Ora, se anche McQuaid ha ribadito il concetto che il ciclismo femminile deve crescere (e su questo non ci sono dubbi), e solo allora potrà chiedere dei diritti e delle pari opportunità (su ciò qualche dubbio invece ci assale), l'ACCPI ha anticipato i tempi. Bronzini & Co. incontreranno i professionisti venerdì pomeriggio (ore 15, Palazzo del CONI a Milano) e dovranno chiarire le loro esigenze, i loro desiderata, i loro malesseri.

Il dialogo avrà il fine di portare a capire che cosa l'ACCPI potrà fare per il movimento femminile, in sostanza. Alle ragazze - che, lo ricordiamo, ad oggi non possono difendersi presso alcun loro sindacato - verrà altresì chiesto se vorranno entrare a far parte dell'Associazione e se la maggior parte si dirà favorevole verrà nominata una rappresentante per ogni squadra. Prossimamente si terrà una riunione vera e propria in cui iniziare ad elaborare un piano d'azione. Vi pare poco?

A quanto sembra, il Segretario generale dell'ACCPI, l'Avvocato Federico Scaglia, vero motore dell'iniziativa, ha preso molto a cuore la situazione del ciclismo femminile ben più di quanto fatto dalla Federazione nei decenni passati. Il timore è che, dopo i proclami e le proteste, alla riunione si presentino poche atlete, che alle parole non seguano i fatti, insomma.

Auspichiamo che non accada ciò ma che tutte quante le cicliste élite italiane (escluse purtroppo quelle impegnate in Coppa del Mondo a Beijing: Cecchini, Tagliaferro, Frisoni e la vulcanica Scandolara) si presentino al cospetto dell'Assocorridori reclamando quelli che sarebbero loro diritti, aprendo un dialogo con l'Associazione, unendo le forze.

E, si badi, non ci si aspetta di vedere a questa riunione soltanto le big (o le azzurre, che spesso coincidono), ma anche le cosiddette ragazze 'di secondo piano', quelle che però sono fondamentali, nonché parte integrante del movimento. Avanti con le più famose, sicuramente, ma sarebbe come calciare un rigore al vento non vedere un'ampia partecipazione anche da parte delle meno celebrate del gruppo. Pari opportunità ma bisogni e problemi diversificati da atleta ad atleta.

È una svolta epocale che non aveva nemmeno sfiorato l'anticamera del cervello di McQuaid né di Di Rocco ma che Scaglia ha tenuto a portare avanti. Sarebbe un peccato non sfruttarla, non prendere parte a quest'incontro attivamente, sfoderando il migliore spirito propositivo. Perché questo treno, care ragazze, non è passato negli anni scorsi e chissà mai se ripasserà in futuro. Insomma, ragazze, anche se non per una corsa riempitela quella portineria di Via Piranesi, 46. Andate e traducete in proposte le tante parole di rabbia e frustrazione che abbiamo sentito uscire dalle vostre bocche in questi mesi, in questi anni.

Alzatevi in piedi e non per scattare su uno strappo ma per affrontare una salita ben più irta, quella che avvicinerebbe (seppur di poco, ma sempre meglio che niente) il ciclismo femminile a quello maschile. Uno scatto che potrebbe dare al movimento ciò di cui ad oggi è totalmente privo. Se non ora, quando?

Francesco Sulas

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