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Ciclismo in crisi: E intanto la Geox ce la giochiamo... - Lo sponsor non paga più: ciao Gianetti?

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Mauro Gianetti e Geox: un connubio finito male © BettiniphotoCi piacerebbe entrare per qualche minuto nei traspiranti panni di Mario Moretti Polegato: per provare a capire cosa l'abbia mosso in passato dalle calzature al ciclismo, e cosa lo muove oggi a compiere il tragitto inverso, dal ciclismo alle calzature. Un tragitto stavolta irreversibile, vien da sospettare, se è vero che la fine del rapporto tra l'azienda e la squadra da essa sponsorizzata è ormai praticamente assodata.

Il comunicato del team del resto parla chiaro: «Bike Live, società che gestisce la squadra Geox-TMC, ha presentato oggi presso l'UCI i contratti dei corridori che formeranno parte della sua rosa per l'anno 2012, al fine di ottenere una licenza World Tour. Tuttavia non c'è ancora la sicurezza che la squadra partecipi alle competizioni nella prossima stagione. Di fatto, non attendendo ai suoi obblighi contrattuali, l'azienda Geox si è inspiegabilmente rifiutata di depositare la fidejussione bancaria necessaria per completare l'iscrizione del team. Il club sportivo Bike Live chiederà all'azienda Geox il rispetto del contratto e un risarcimento per i danni, davanti al Tribunale di Arbitrato dello Sport di Losanna. È sorprendente e sgradevole che, dopo la brillante vittoria nella Vuelta a España, la squadra gestita da Bike Live potrebbe non proseguire nelle competizioni a causa di questi motivi».

E quindi, tornando all'idea di partenza, ci piacerebbe capire perché la Geox si è impelagata in una simile situazione. Che Moretti Polegato volesse entrare nel ciclismo dalla porta principale (e quindi dal World Tour) era cosa nota, e può essere che dapprima la mancata assegnazione della licenza WT, e poi il clamoroso mancato invito al Tour de France, abbiano incrinato molte delle certezze dello sponsor, se non proprio i rapporti con Mauro Gianetti, deus ex machina del club sportivo Bike Live.

Tra l'altro anche tra Gianetti e il secondo sponsor, Transitions, erano sorti problemi a metà stagione, per l'identico motivo dell'assenza del team al Tour de France. Ed evidentemente non è bastata l'ottima Vuelta, vinta con Cobo, per far cambiare idea agli sponsor, che si ritrovano ora a fuggire in massa da una squadra che solo 12 mesi fa sembrava lanciata verso un posto di rilievo nello scacchiere del ciclismo mondiale.

A lungo si era detto che l'ingresso di un Moretti Polegato, nell'asfittico movimento di vertice italiano (rappresentato solo da due squadre nella massima serie), poteva essere solo un toccasana; sono bastati pochi mesi per mandare all'aria un progetto che, nato a fine 2010, era peraltro stato a lungo in incubazione (saranno tre anni che si parla dell'ingresso di Geox nel ciclismo), a conferma di un interesse non transitorio dell'azienda nei confronti di questo sport.

Eppure, in serata, l'azienda emette uno scarno comunicato che non aggiunge nulla a quanto già sapevamo, a parte qualche frase di convenevoli: «Geox, alla fine di un anno di esperienza nel ciclismo professionistico come sponsor principale del team guidato da Mauro Gianetti, non considerando più strategica la propria presenza in questa disciplina sportiva, conferma l'uscita dal suo impegno di sponsorizzazione alla fine della stagione in corso. Geox ringrazia Mauro Gianetti per l'attività svolta culminata con la vittoria della Vuelta di Spagna».

A valle di tutti i giochi tra i vari management, c'è la situazione di un'intera squadra che, a ottobre inoltrato, si ritrova - ci si perdoni la rudezza - col culo per terra. Non che mancassero le avvisaglie, alcuni esponenti del team già nelle ultime corse di stagione lasciavano trapelare qualche perplessità sul futuro, e purtroppo le previsioni più fosche si sono avverate. Al momento sono 24 i corridori tesserati, e Gianetti aveva già ingaggiato alcuni atleti per la prossima stagione (ad esempio corridori come Sohrabi e Mizbani, buoni per i punti guadagnati nel circuito asiatico che si portano in dote e che aumentano il punteggio della squadra proprio in vista di una possibile licenza World Tour). Capire ora che ne sarà di questi 24 ciclisti (oltre che di tutto lo staff) è impresa difficile.

Che il team manager svizzero non sia stato all'altezza di quanto aveva venduto di sé, o che la squadra abbia deluso (ciò vale in effetti per uomini come Menchov e Sastre, anche se Cobo aveva poi rimesso la bilancia almeno in pari), o che gli sponsor risultino alla fine inadempienti, lo sapremo con maggior chiarezza nei prossimi giorni. Ma tutto ciò non cambia la sostanza di un'ennesima squadra avviata alla chiusura, dopo i casi di fusioni eccellenti che hanno punteggiato gli ultimi mesi (Omega Pharma con Quickstep, Leopard con RadioShack), o proprio della clamorosa scomparsa dell'Highroad, per non dire del fatto che nuovi progetti (GreenEDGE) appena nati non paiono avere l'ampio respiro che gli si ascriveva.

E quasi non passa giorno senza che dal ciclismo si levino grida di dolore, per una situazione generale che si fa apparentemente sempre più insostenibile.

Marco Grassi

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