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Giro d'Italia 2012: Rosa antico, gestione nuova - Bel Giro nel finale, manca qualcosa nelle prime due settimane

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L'altimetria del Giro d'Italia 2012 © www.gazzetta.it

Il Giro d'Italia, il 95esimo della lunga storia del ciclismo, è nato oggi a Milano. Quello che era ormai il segreto di Pulcinella di un percorso già ampiamente noto, è venuto a cadere con l'ufficialità data nel corso della cerimonia di presentazione, orchestrata da Auro Bulbarelli, vicedirettore di RaiSport.

Un Giro particolarmente "touristico", non solo nel senso del turismo ciclistico che si va a fare in Danimarca con la partenza e le prime tre tappe, ma anche in quello dello sviluppo del disegno. Infatti bisognerà aspettare tanto per arrivare alle vere montagne, due settimane piene fino alla frazione di Cervinia.

Nulla di male, intanto perché non tutti i tracciati possono essere uguali, quindi è normale che ogni tanto venga fuori un Giro dall'aspetto diverso da quello a cui eravamo abituati negli ultimi anni (se poi rinasce la tendenza di concentrare i tapponi negli ultimi giorni, lo scopreremo nelle prossime stagioni); e poi perché comunque non mancheranno i momenti di forte interesse anche nelle prime due settimane di gara.

Dell'inizio danese sappiamo tutto da tempo, la breve crono d'apertura (quasi 9 km), il 5 maggio a Herning, darà forma a una classifica che poi cambierà solo parzialmente, per qualche abbuono, nelle due veloci tappe successive, sempre a Herning e a Horsens. Quindi il maxitrasferimento, coincidente con un giorno di riposo che arriva subito, dopo appena 3 tappe, e che sarà un'ammazzata più che altro per gli addetti ai mezzi delle squadre, che dovranno rientrare in Italia via terra mentre corridori, direttori sportivi e team manager se la caveranno con un paio d'ore di volo.

Dopo quel che sarà un lungo prologo danese, una sorta di kermesse allargata a tre giorni, potremo partire col "vero" Giro, che riprenderà le mosse da Verona con una cronosquadre di 32 km: una prova che promette abbastanza spettacolo estetico (con l'Arena a ospitarla) e che resterà già indigesta a qualche big con squadra non eccellente. Anche nella successiva Modena-Fano non vedremo quasi altro che pianura, per i velocisti la prima settimana sarà insomma ricca di opportunità.

Il disegno cambia un po' faccia in piene Marche: da Urbino a Porto Sant'Elpidio le salite(lle) non mancano, e due di queste avranno anche lo sterrato (anche se la strada bianca sarà a 75 km dall'arrivo). Una tappa che spezzerà di continuo il ritmo ma che permetterà anche un po' di recupero nel finale. Cosa che non sarà invece possibile nel dittico del secondo fine settimana: sabato 12 e domenica 13 due arrivi in salita, a Rocca di Cambio e Lago Laceno, abbastanza facili (soprattutto il primo) ma posti al termine di due frazioni lunghe oltre 200 km. Ma se la prima delle due non causerà alcuno scossone, nella seconda qualche movimentino in classifica potremo vederlo.

La decima tappa, ad Assisi, posta in mezzo a due altre frazioni per velocisti (Frosinone e Montecatini Terme, quest'ultima la più lunga del Giro coi suoi 243 km), chiamerà invece all'azione i finisseur alla Gilbert, con l'arrivo posto su uno strappetto. Più interessante per la generale potrebbe risultare la 12esima, da Seravezza all'Appennino Ligure (arrivo a Sestri Levante dopo molti saliscendi), prima che a Cervere i velocisti abbiano la loro sesta chance.

Sabato 19 maggio a Cervinia il primo vero arrivo in salita, una salita - quella del traguardo - impegnativa, che farà riprendere ai corridori confidenza con le Alpi (preceduta dal facile Col de Joux). Rischia di essere parecchio spettacolare la frazione seguente, che vedrà il gruppo - che avrà ormai rotto il ghiaccio con le grandi salite - spostarsi da Busto Arsizio a Lecco, con Valcava, Berbenno, Forcella di Bura, Culmine di San Pietro e Pian dei Resinelli fino al traguardo: la tipica tappa in cui si potrà inventare qualcosa di serio, e in cui qualcuno potrebbe anche pagare i 12 giorni consecutivi di gara svoltisi fin lì senza un riposo a inframezzarli.

Riposo che giungerà il giorno dopo, lunedì 21 maggio, e che precederà la classica frazione da fuga, da Limone sul Garda a Falzes. La 17esima tappa, verso Cortina d'Ampezzo, transiterà su Valparola e poi, in rapidissima successione, su Duran, Forcella Staulanza e Giau: l'arrivo in discesa non impedirà che volino i minuti in una tappa dal disegno realmente ultraspettacolare. Tutta discesa il giorno dopo fino a Vedelago (settima e ultima occasione per gli sprinter), e poi tre giorni conclusiva e decisiva che passa da due tapponi e dalla crono finale.

La Treviso-Alpe di Pampeago (con Sella di Roa, Manghen, primo passaggio sulla salita dell'arrivo, Lavazè e secondo passaggio verso Pampeago) e la Caldes-Stelvio (con Tonale, Aprica, Teglio, Mortirolo nel versante da Tovo e Stelvio sede d'arrivo) sazieranno la fame di salite mitiche (o quantomeno durissime) che anima molti appassionati (se non tutti). La crono di Milano, praticamente uguale a quella di quast'anno, darà l'ultima parola ai passisti nei confronti degli scalatori, ma rischia di risultare ininfluente.

In generale, un disegno non equilibrato perché la terza settimana renderà le prime due abbastanza accessoriali, e con diverse novità rispetto ai Giri ideati da Zomegnan: segnale della volontà da parte di RCS di marcare una forte distanza rispetto alla visione di Zome. Addirittura abbiamo l'impressione che, se non fosse stato troppo tardi (nel senso di impegni già presi), la nuova direzione di RCS Sport avrebbe volentieri evitato anche la maxitrasferta danese.

Si segnalano più riguardo per i velocisti, e la scomparsa del cicloalpinismo, che era stato un tratto distintivo della precedente versione: niente Zoncolan, niente Kronplatz, ma tappe di montagna disegnate in maniera più "antica": non la durissima rampa finale dopo tanta pianura, ma il susseguirsi di varie salite difficili. E questa novità (in realtà è un ritorno al passato) ci piace, così come ci piace la conferma di un po' di sterrato (felice intuizione degli ultimi Giri).

La planimetria del Giro d'Italia 2012 © www.gazzetta.it

Quello che non ci piace invece? Avremmo inserito una frazione più significativa nella seconda settimana, che rischia di restare un po' anonima, schiacciata tra gli entusiasmi dell'avvio e i fuochi d'artificio attesi negli ultimi giorni; e ci sarebbe piaciuto l'esperimento di un'altra breve cronometro a metà Giro (15-20 km, non di più), ma qui si entra nel campo della soggettività. Molti si lamentano per l'assenza di gran parte del Sud Italia nel disegno del 2012, ma se si parte dalla Scandinavia è chiaro che la coperta sarà per forza corta e qualche territorio resterà digiuno di Giro.

Riguardo ai chilometraggi, bene che la media della lunghezza delle tappe in linea sia di quasi 190 km (7 frazioni oltre i 200 km, e altre 5 non lontane dalla soglia), il che conferma il Giro come corsa vera; benissimo il calo (del 35%, dicono in RCS) dei trasferimenti post-tappa, al netto ovviamente della trasvolata dalla Danimarca.

Il fattore fondamentale, comunque, resta quello della partecipazione, qualunque sia il percorso; certo, la presenza di tappe spettacolari, disegnate benissimo - e questo possiamo dirlo praticamente di tutte quelle di montagna: non c'è un metro di salita che rischia di andar sprecato - aiuta ad avere un Giro bello e divertente; ma se se lo giocano corridori non al top mondiale, qualche problema può esserci.

Zomegnan ha fatto tanto per internazionalizzare la corsa rosa, questo gli va senz'altro riconosciuto, e anche se è stato indubbiamente aiutato da eventi particolari che hanno permesso per due volte in quattro anni di avere il numero uno al mondo (Contador), ha portato al Giro tanti protagonisti del ciclismo odierno. Se si perde terreno su quel fronte, potremo tranquillamente parlare di sforzi andati sprecati. Ci piacerebbe che Acquarone e i suoi attenuassero la fastidiosissima tendenza dei più forti corridori da grandi corse a tappe a considerare il Giro un ripiego. Se qualche dividendo in meno per RCS facesse da contraltare a un innalzamento del montepremi, chi considererebbe ciò qualcosa di diverso da un investimento forte per il futuro?

Marco Grassi

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