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Vuelta a España 2011: Oye Cobo va? Con ritmo! - Il pagellone: Froome sorprende, Sagan esplode, Nibali delude

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Juan José Cobo - 10
Chi gli potrà dire alcunché al termine di questa per lui splendida Vuelta? Ha saputo cavalcare magnificamente il momento, ha messo le sue capacità al servizio di un progetto che giorno per giorno s'è fatto più grande e prestigioso, forse nemmeno lui pensava di poter vincere, alla vigilia, ma si è ritrovato il campo sgomberato da diversi temibili rivali (presenti in condizioni non eccelse, o sfavoriti in qualche modo dal percorso), e ha saputo tenere a bada tutti gli altri. Il capolavoro dell'Angliru (nella giornata più bella e importante della sua carriera) ha preceduto sette giorni in cui ha retto alla grande nella guerra di nervi col vicinissimo Froome, rispondendo a tono nello spettacolare finale di Peña Cabarga. Per Cobo, un capolavoro indimenticabile.

Christopher Froome - 9.5
Il ragazzino venuto dal nulla o quasi, quello che non ti aspetti e che invece si erge a protagonista assoluto della competizione. Forse - data la giovanile sfrontatezza sportiva - anche più del vincitore finale. Quei 22, poi 13" che l'hanno separato da Cobo sono stati quasi una condanna, l'hanno costretto a vivere l'ultima settimana sul filo di un rasoio a cui non era abituato. Ma ha dimostrato pelle dura, l'anglo-keniano, e se anche non è riuscito a piegare la resistenza dell'avversario (provandoci forse un pelo meno del previsto, nelle ultime frazioni, ragione del mezzo voto che manca all'eccellenza), se ne va dalla Vuelta con la gioia di aver dato spettacolo e la consapevolezza di essere entrato in un'altra dimensione. Perché per essere lì a giocarsi il successo fino all'ultima tappa, Froome ha dovuto sudare parecchio e costruire le sue fortune lungo due prime settimane complicate. Partito per scortare Wiggins in salita, nella crono di Salamanca si è dimostrato anche più forte del capitano, conquistando la maglia rossa. Ma già nella tappa successiva era lì a lavorare per Bradley, e a passargli le insegne del primato. Le successive salite hanno poi dato ragione a lui, rimasto il solo avversario di Cobo dopo l'Angliru. A Peña Cabarga un fantastico finale con meritatissima vittoria di tappa.

Bradley Wiggins - 6.5
Partiva tra i favoriti, anche se qualche dubbio sull'effettivo recupero dopo la caduta del Tour permaneva. Comunque per tutta la prima settimana è stato all'altezza delle attese, uno spauracchio messo lì a far paura a tutti in vista della cronometro. Poi a Salamanca qualcosa è cambiato, Wiggo ha mostrato di averne meno di quanto sembrasse. In rosso a La Manzaneda per grazia ricevuta (da Froome), ha tenuto la maglia per quattro giorni prima di cederla a Cobo sull'Angliru. Ultima settimana semianonima, col solo impegno di difendere un posto sul podio che è comunque il primo conquistato in carriera in un grande giro.

Bauke Mollema - 7
Dopo un Tour pessimo, aveva proprio il bisogno di riaffermare se stesso nel panorama dei corridori da corse a tappe con un bel futuro in quelle più importanti. Per cui, nel giorno di La Covatilla, quando ha vestito la maglia rossa (cogliendo il secondo posto di tappa), ha raggiunto il primo obiettivo importante della sua carriera. Destinato a perdere la leadership nella crono del giorno dopo, non si è perso d'animo e ha continuato la sua Vuelta con invidiabile regolarità, risultando sempre tra i migliori in salita. Il quarto posto finale è il miglior risultato per lui in un GT, la maglia verde della classifica a punti, strappata all'ultimo sprint a Joaquim Rodríguez, oltre a confermare la sua grande regolarità ad alti livelli, denota una tenacia non indifferente. Quella che è mancata a Kruijswijk (5), che al principio condivideva con Mollema i gradi di capitano nella Rabo, ma che alla lunga si è afflosciato. Con la buona scusante del bel Giro d'Italia nelle gambe.

Denis Menchov - 6
Partito col freno a mano tirato al punto che nei primi giorni si faticava a ritrovare in lui il vincitore di una Vuelta (e mezza...), mediocre per metà gara, è poi cresciuto, tanto da diventare pedina importante per Cobo nella seconda metà della corsa. Sull'Angliru (terzo posto a togliere a Froome 8 importantissimi secondi di abbuono) ha poi costruito il suo discreto piazzamento finale (quinto posto). In ogni caso, in una stagione sottotono, porta a casa due top-10 tra Giro e Vuelta. La sua parabola non è insomma ancora finita.

Maxime Monfort - 6
Sesto della classifica generale, ma saremmo tentati di dargli ng perché a dire il vero in corsa non si è mai notato. Aiutato dal team nella cronosquadre d'apertura (vinta dai Leopard), non ha poi sbagliato le tappe più importanti, ovvero la crono di Salamanca e la frazione dell'Angliru. Con ciò, ha tolto i gradi al compagno Fuglsang, (5 per Jakob, prima maglia rossa della corsa, ma poi fuori dai 10 senza aver mai impressionato) ma non è impresa che faccia tremare i polsi. Sufficienza stiracchiata, proprio perché questo sesto è il suo miglior piazzamento in un GT.

Vincenzo Nibali - 5
Che facciamo, scriviamo un romanzo per spiegare questa secca insufficienza al nostro miglior uomo di classifica? Non saremmo tanto severi se Vincenzo non fosse quello che dodici mesi fa questa corsa l'ha vinta. Stavolta è solo settimo, anche se per 13 tappe è sempre stato in lizza per ripetere l'exploit del 2010. Quando però lo separavano solo 4" dalla maglia rossa, è saltato in aria ai Lagos de Somiedo. E il giorno dopo, all'Angliru, ha completato la disfatta anziché trovare la forza per ribaltare l'avverso destino di una Vuelta che comunque qualche chiaroscuro l'aveva avuto anche nei primi giorni (l'abbuono sprecato a Córdoba, i troppi secondi lasciati per strada all'Escorial). Benché supportato da una squadra molto più tonica di quella vista a Giro e Tour (diamo un 6.5 a Capecchi in rappresentanza degli altri Liquigas), non è comunque stato all'altezza del se stesso di un anno fa. Un passo indietro da cui ripartire per capire cosa non ha funzionato e magari costruire futuri successi. A parte tutto, è stato in ogni caso bravo a non sbracare ma a portare a casa il pur dignitoso settimo posto finale.

Jurgen Van den Broeck - 5
Ottavo alla fine, ma ci aspettavamo di vederlo molto più pimpante, molto più spesso. Andato avanti d'esperienza e media regolarità, conclude con un piazzamento che non aggiunge poi troppo alla sua carriera.

Daniel Moreno - 7.5
A 30 anni (da compiere proprio in questa settimana) ha trovato maturità e continuità. Sin dall'inizio uno dei corridori più vivaci, poi per lui tutto un salire e scendere in classifica a seconda di attacchi da lontano o débâcle variegate. Primo a Sierra Nevada, ottima spalla di JRO, a furia di fare il luogotenente del compagno ha perso brillantezza. Riagguantata la top-10 con la fuga di Ponferrada, è stato poi bravo a conservarla, salvando un nono posto e risultando così il miglior uomo Katusha.

Mikel Nieve - 5.5
Non che ci si aspettasse che vincesse la Vuelta con una gamba; e per dirla tutta, il decimo posto finale è in linea con quanto poteva fare, probabilmente. Perché la bocciatura allora? Perché al Giro vinse a Gardeccia; qui è stato molto meno efficace, mettendo poco pepe alla sua corsa. Anche se va detto che ottenere due discreti risultati in una stagione di GT non è per niente disprezzabile.

Daniel Martin - 7
Uno dei giovani più intriganti al via, non ha deluso sul piano dei risultati (primo a La Covatilla, terzo a Sierra Nevada, quarto a Peña Cabarga) quanto su quello della costanza di rendimento. Diversi passaggi a vuoto l'hanno spinto fuori dai primissimi posti della generale (per lui alla fine un 13esimo posto), ma considerando che era la sua prima esperienza da capitano in un grande giro possiamo vedere tranquillamente la metà piena del bicchiere trascurando quella vuota.

Marzio Bruseghin - 6.5
Il buon vecchio Marzio ci ha regalato più di un'emozione, trenando per giorni come ai tempi migliori. A volte un po' dissennato nelle tattiche (tirava e tirava per che pro, al di là del voler impressionare Bettini?), ma generosissimo. Secondo a Bilbao, 14esimo della generale, tutto sommato una bella Vuelta.

Nicolas Roche - 4.5
Passi indietro rispetto a precedenti esibizioni in grandi giri ne ha fatti sì, se è vero che è uscito praticamente subito dalla contesa, quando invece era lecito attendersi maggiore presenza in classifica. Poi, di riffa o di raffa, è riuscito a centrare un 16esimo posto finale che è un po' malinconico, quasi come la sua Vuelta.

Wouter Poels - 6.5
Una bella prestazione, ovvero la media tra due prime settimane ottime (con la perla della doppietta Somiedo-Angliru, quarto e secondo posto di tappa), e una terza in cui ha mostrato chiaramente la corda. Aveva dato tutto e gli ultimi giorni sono stati una sofferenza; tutto il contrario del compagno Lagutin (6.5 anche a lui), che è stato più regolarista e alla fine gli è finito un po' davanti (15esimo contro 17esimo) nella generale.

Robert Kiserlovski - 4.5
Involuto anzichenò, speriamo che non stia pagando ancora i guai alle vertebre figli della caduta alla Parigi-Nizza. Visto all'opera giusto in qualche fuga finita male, non pensi di portare all'incasso lo scialbo 18esimo posto conclusivo (anche se va detto che ha dato una mano a Kessiakoff).

Joaquim Rodríguez - 6.5
Ha vinto due belle tappe, costruite su misura per le sue caratteristiche, a Valdepeñas e all'Escorial, e in questa seconda occasione ha pure vestito la maglia rossa. Il problema è che l'ha ripersa immediatamente, il giorno dopo a La Covatilla. E poi non s'è più ripreso, rotolando via via più lontano dalle prime posizioni (fino al 19esimo posto finale a un quarto d'ora da Cobo) e capendo forse definitivamente di non avere la possibilità di far classifica in un GT. E dire che non ha disdegnato anche l'attacco da lontano, quando ormai tutto era perduto fuorché l'onore. In tal modo, tra un traguardo volante e un piazzamento secondario all'arrivo, ha messo insieme qualche punto per tentare di conquistare la maglia verde: niente da fare, anche quella gli è sfuggita, proprio all'ultimo sprint. In sintesi, la Vuelta del vorrei ma non posso.

Carlos Sastre - 4.5
Onesto fino alla fine (all'attacco verso Vitoria alla penultima tappa), ma ormai decisamente sfiatato. Spiace dirlo, ma è una controfigura del Sastre che fu.

Janez Brajkovic - 4.5
Dopo i capitomboli del Tour, la RadioShack partiva con malcelate aspirazioni di riscatto. Ma se il capitano doveva essere Brajkovic, si era proprio nelle mani sbagliate. Mai efficace, lontanissimo alla fine (22esimo). Certo, meglio dei vari Zubeldia e Machado (facciamo un 4.5 collettivo?), ancor più indietro di lui, e di un Klöden che lasciamo s.v. per carità di patria.

Fredrik Kessiakoff - 5.5
A un certo punto ci stavamo credendo un po' tutti, il corridore venuto dalla Svezia e che mai si faceva vedere davanti pur essendoci, era a 9" dalla roja dopo 13 tappe. Peccato che ai Lagos de Somiedo abbia iniziato a perdere colpi (complice un problema fisico), per saltare poi definitivamente nella tappa dell'Angliru, per lui un vero calvario.

Alessandro Petacchi - 5
A fine Vuelta stava pure trovando la gamba giusta, se è vero che dopo il secondo riposo ha messo insieme un secondo posto ad Haro e un terzo a Madrid. Encomiabile per aver lottato fino alla fine, ma la vittoria latita, e dopo il Giro non ne ha più imbroccata una. Ma conoscendolo, una nuova risurrezione può essere ancora dietro l'angolo.

Adrian Palomares - 6.5
Incoronato come il più combattivo della Vuelta, ci piace accomunarlo nel voto (6.5) all'altro forzato della fuga Julien Fouchard, nonché al prode che ha terminato la Vuelta al 167esimo e ultimo posto (a 5h24'52" da Cobo), Tom Veelers.

Daniele Bennati - 7.5
Anche se nelle volate a gruppo compatto è stato sempre battuto, esce dalla Vuelta con un bottino di una vittoria (due se consideriamo anche la cronosquadre), un giorno in maglia rossa, un secondo e due terzi posti. Niente male per lanciare se stesso nel ruolo di capitano dell'Italia al Mondiale.

Chris Sutton, Marcel Kittel, Tony Martin, Michael Albasini, Rein Taaramäe, Juan José Haedo - 7
Grande infornata di vincitori di tappa, chi allo sprint (Sutton, il giovane Kittel, Haedo), chi dopo una fuga (Albasini e Taaramäe), chi dominando la cronometro di Salamanca (Martin). Indipendentemente dal fatto che alcuni di loro si siano ritirati e altri abbiano portato a termine la Vuelta, e senza pensare che in classifica c'è qualcuno di questo elenco che è stato lontano dagli standard migliori, è difficile pensare che la Vuelta potesse riservare a tutti un esito migliore.

Igor Antón - 6.5
Se non avesse estratto dal cilindro la gloriosa giornata di Bilbao, vincitore acclamato dall'intera regione basca, sarebbe da insufficienza piena. Con l'impresa solitaria in Euskadi ha salvato la sua Vuelta, ma rimane il dubbio pesante su quanto valga effettivamente Antón nei grandi giri.

Peter Sagan - 9
Uno dei protagonisti assoluti della corsa iberica, tre vittorie di tappa compresa l'ultima a Madrid. Tre successi (accompagnati da altri piazzamenti) spettacolari, in cui ha esibito una potenza fuori dal comune e anche una sagacia tattica invidiabile (si sa districare benissimo anche da solo negli sprint di gruppo). Che avesse un grande futuro davanti l'avevamo intuito, ora che con la Vuelta ha iniziato a familiarizzare coi GT, possiamo dire che quel futuro sta diventando presente. La Liquigas chiude la corsa in attivo proprio grazie alle vittorie dello slovacco, se non altro paga la linea verde della squadra in verde (vedasi anche Damiano Caruso, 6.5 per lui che ha concluso la Vuelta in crescendo tentando la via della fuga e trovando anche un terzo posto di tappa a Vitoria).

David Moncoutié - 8
Era partito - chissà con quanta voglia - coltivando distrattamente l'idea di conquistare la quarta maglia a pois consecutiva. Detto fatto, il francese ha centrato l'obiettivo (avendo la meglio su un tenace Matteo Montaguti, 6 al romagnolo che ha fatto quanto ha potuto per contrastare il dominio di Moncoutié nella speciale classifica dei Gpm), corredandolo con una bella vittoria di tappa (anche qui siamo a 4 consecutive) alla Manzaneda. Cosa chiedere di più alla vita?

Francesco Gavazzi - 7
Ha posto fine allo psicodramma italico, visto che a quattro tappe dalla fine il pedale azzurro era ancora a secco di vittorie. Ha cercato e trovato la fuga buona, è stato attento a controllare gli avversari più quotati, e poi ha centrato il successo, primo in un GT per lui, nella cittadina di Noja. Tutto il resto (vedi la mancata convocazione in nazionale) è... noia.

Pablo Lastras - 7.5
A Totana ha indovinato e dominato la prima fuga della Vuelta, e oltre al successo di tappa ha ottenuto in regalo la maglia rossa (persa l'indomani). Tre giorni dopo era di nuovo sugli scudi, unico a tentare di contrastare 4 Liquigas lanciati verso il traguardo di Córdoba: c'è mancato poco che li infilasse tutti e quattro...

Sylvain Chavanel - 6.5
Senza fare niente di trascendentale, ha conquistato la maglia rossa a Sierra Nevada e l'ha ben difesa per tre giorni, prima di arrendersi alle pendenze dell'Escorial. Una prestazione dignitosa ancorché non scintillante.

Matthew Goss, Mark Cavendish, Oscar Freire, Tyler Farrar - 4
Ritiratisi troppo presto dalla contesa, non hanno reso un bel servigio alla Vuelta né alla propria immagine.

Michele Scarponi - 4.5
Su di lui c'erano grandi speranze, malgrado alla vigilia facesse professione di umiltà dichiarando di essere solo al 70-80% della condizione. Nei primi giorni ci ha pure un po' illusi, risultando brillante soprattutto tra Valdepeñas (quinto posto) e Escorial (secondo). Ma sulle montagne è saltato, andando via via sempre più in crisi, fino al ritiro nella 14esima tappa. Una controprestazione inattesa dopo il secondo posto all'ultimo Giro.

Luis León Sánchez - 4
Da uno come lui ci si aspetta sempre almeno un graffio, tantopiù nella corsa di casa. Invece nulla di nulla, né classifica né stoccate degne del suo rango. E non gli bastano una o due fughe (peraltro senza esito) per salvare una Vuelta.

Marco Grassi

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