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L'intervista: «Giro duro, onorerò la maglia» - La promessa dell'iridata Giorgia Bronzini

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La Campionessa del Mondo Giorgia Bronzini in azione al recente Campionato Italiano © BettiniphotoUn misto di romagnolo che si tuffa nell'emiliano, questa è la cadenza piacentina, questa è la voce di Giorgia Bronzini. Lo scorso Settembre urlava di gioia in quel di Geelong. È da poco tornata dal Nord America, l'iridata. Risponde al telefono con la solita voce squillante e pronta, con un bel retrogusto d'entusiasmo. Le parole ponderate ma veloci come in una volata delle sue, quelle volate a cui ci aveva abituati e che ha rispolverato in Canada e USA. GP de Gatineau prima, quindi la Liberty Classic, infine tre frazioni al Nature Valley Grand Prix, breve corsa a tappe del Minnesota. Un sospiro di sollievo, per Giorgia, il ritorno in Europa, al ciclismo conosciuto, al ciclismo amato, per anni pedalato, da una vita vissuto. Strade già battute, insomma. Quella americana è stata una bella avventura, ora è tempo di Giro d'Italia, di una tappa che terminerà proprio sotto casa, di voglia di alzare le braccia al cielo con quella maglia piena di colori importanti. Voglia di indossare, anche solo per un giorno, la maglia rosa che manca ancora alla Bronzini. Una risata, poi si inizia la chiacchierata. Perché da oggi si comincia a battagliare.

Allora ci siamo.
«Ci siamo quasi. Avrei bisogno di un po' più di tempo per recuperare, ma tra poco si inizia».

Come ti presenti al Giro?
«Dal punto di vista fisico sono al 90%. A livello mentale invece sono un po' più provata. Stare così lontana da casa e per un lungo periodo non è stato facile. Avrei avuto bisogno di un po' più di tranquillità per ricaricare le batterie ma sinceramente, con questa maglia addosso, per di più in un Giro d'italia, non so quanta ne potrò avere».

Stare via da casa ha significato correre in Nord America.
«Era la mia seconda avventura americana. Avevo corso solo una volta in U.S.A. su strada. Correva l'anno 2003, gareggiai a San Francisco ma non ero stata via per molti giorni. Poi più niente sino a quest'anno».

Cosa ti ha lasciato quest'esperienza?
«Il gruppo americano della Colavita ha accolto me e l'altra ragazza italiana, Barbara Guarischi, in modo molto amichevole. Stare con il blocco americano del team è stato molto piacevole. Per quanto riguarda l'organizzazione della squadra per le gare, là hanno dei modi diversi di condurre le cose».

Per esempio?
«Prima delle gare non si andava mai in Hotel ma si stava presso le famiglie. Lì anche i colleghi maschi fanno così, è un'usanza. Ti trovi un po' spaesata ma credo sia normale. In Europa diciamo che si riesce ad avere una maggior privacy».

Com'è il ciclismo americano?
«A livello qualitativo è migliore il ciclismo europeo, senza dubbio. La differenza è che il ciclismo americano rientra in una sfera amatoriale, mentre qui c'è maggior agonismo. Non parlo tanto delle ragazze che hanno partecipato a queste gare, visto che c'erano anche squadroni come l'HTC - Highroad, la Diadora - Pasta Zara o la Colavita Forno d'Asolo. Insomma, non erano tutte squadrette, ecco».

C'è un però.
«Però là il ciclismo è ancora vissuto e praticato a livello amatoriale mentre in Europa si riscontra un maggior livello di professionismo. Anche se noi ragazze, prima di arrivare ad essere professioniste come gli uomini, avremo ancora tanto da lavorare».

I riscontri del pubblico?
«Il pubblico è tanto e fantastico. Le gare erano in concomitanza con quelle degli uomini, così chi andava a vedere una corsa subito dopo assisteva anche all'altra. Ho sempre visto tanta gente a bordo strada, in definitiva. Quello che in Europa dovrebbero capire è il fatto di mettere le gare maschili e femminili in concomitanza. Su questo dobbiamo imparare molto dagli U.S.A.».

Torniamo in Europa, correrai il Giro con l'iride. Cercherai la rosa?
«Non cercherò la maglia rosa, di certo non quella finale! Indossarla per una tappa invece non sarebbe male. Ho una buonissima possibilità solo alla prima frazione perché già alla seconda ci sarà tanta salita con l'arrivo a Pescocostanzo».

Ci proverai alla prima, quindi?
«Nella prima tappa ci proverò sicuramente. Il primo giorno o la va o la spacca. Proverò a vincere, questo sicuramente».

E girare l'Italia da Campionessa del Mondo?
«Portare la maglia iridata in giro per l'Italia sarà un'esperienza per me nuova e bella da vivere. Spero di onorare al meglio la maglia che indosso. So di avere dei limiti e lo sa anche il pubblico che mi segue. Cercherò di tenere duro ma in salita dovrò andare avanti nel cosiddetto "gruppetto" delle velociste. Non è il massimo che la Campionessa del Mondo sia nel "gruppetto", lo riconosco, ma se voglio conservare le mie caratteristiche ed esprimermi al meglio nelle tappe che mi si addicono dovrò fare così, non ho scelta».

Pensi sia un Giro troppo duro?
«No, anche se mi lamento spesso con chi l'ha disegnato. Lamentele amichevoli e scherzose, sia chiaro. Ovviamente correre un Giro così impegnativo sarà una sofferenza per me e per tutte le velociste. Però chi vincerà la Maglia rosa l'avrà davvero meritata. Sarà una grande soddisfazione vincere quest'anno».

Ruote veloci: oltre a te ci saranno Teutenberg, Vos, Olds, Armitstead e tante altre 
«Tra tutte, quelle che ad oggi ha la miglior condizione è la Vos. Lei in questo momento ha concrete capacità di puntare alle tappe ed alla Maglia rosa finale. Sarà strano per molti spettatori vederla vincere la tappa di Pescocostanzo, magari, e due giorni dopo essere in prima fila per sprintare nella tappa di Forlì. Non sono situazioni che si vedono tutti i giorni».

E le altre?
«La Teutenberg è ancora un gradino sopra a tutte le altre. Lei - come la Wild che però non correrà - ha una mole diversa rispetto a me, alla Armitstead, alla Johansson o alla Olds. Noi siamo piccoline, in una volata lanciata non riusciamo a raggiungere punte di velocità elevatissime in quanto il peso non ce lo consente. La Teutenberg e la Wild invece hanno un rapporto peso potenza diverso dal nostro».

Come le si batte?
«Ci dev'essere un arrivo particolare o deve capitar loro un imprevisto. Oppure deve venir fuori una gara talmente dura che alcune di noi riescono a salvare la gamba per il finale, sfruttando il loro spunto veloce meglio della Wild e della Teutenberg».

Come al Mondiale, quindi.
«Esatto, come al Mondiale. C'è stata una serie di situazioni favorevoli ma alla fine ero io la più veloce tra le non velociste di razza. La Johansson, la Vos ed io. Ho tenuto duro e ci ho creduto sino alla fine, il finale lo conoscono tutti».

Là battesti la Vos.
«Fu una grande soddisfazione. In gruppo non abbiamo ancora capito come prendere la Vos. Intendo dire che va forte su ogni terreno, sembra quasi un'extraterreste. È da prendere così, né più né meno, e da essere molto soddisfatte quando la si riesce a battere, proprio com'è accaduto a me al Mondiale».

Di solito chi vince sempre non si attira troppe simpatie dal gruppo.
«Non so dire come Marianne si comporti con le ragazze olandesi ma con noi la Vos non è molto espansiva. Non è antipatica, solo se ne sta sulle sue. È riservata, ecco. Invece la Teutenberg, per fare un esempio, ha sempre la battuta pronta. Ma quando la Vos domina in modo così netto come sta facendo dobbiamo solo farle i complimenti. È l'unica al Mondo che sia riuscita a vincere tutto quello che ha vinto».

Un fenomeno.
«Tra di noi diciamo che non è normale, che è una forza della Natura. Io credo che se le si desse in mano un pallone diventerebbe meglio di Ronaldo. È eclettica e ciò la porta ad eccellere in qualsiasi disciplina pratichi. Inoltre ha una capacità di sofferenza infinitamente maggiore rispetto ad ognuna di noi. Giù il cappello quindi, non posso che farle i complimenti quando vince».

Tornando al Giro, si arriverà nella tua Piacenza.
«Non oso immaginare la festa che ci sarà quel giorno per me, quanta gente sarà venuta a vedermi. Spero solo di non deludere nessuno e di dare il meglio di me stessa. Quando sarò scesa dalla bici ringrazierò le ragazze. Avrò dato tutto e sarò contenta, qualsiasi risultato sarà arrivato. Spero che per i piacentini sarà bello vedermi al Giro».

Vincere in casa sarebbe ancora più bello.
«Certamente. La tappa è sì pianeggiante, ma fino ad un certo punto. Diciamo che è mossa, piena di mangia e bevi. Alla fine c'è una collina più importante. Spero davvero di vincere davanti ai miei concittadini, ma tutto dipenderà da chi avrà la maglia, da chi non avrà ancora vinto, quali saranno le squadre che tireranno nel finale, e via dicendo. Senza dimenticare che saremo già alla sesta tappa, ci si arriverà un po' provati. Insomma, vedremo quale sarà stato l'andazzo sino a quel momento».

Chi vedi bene per la vittoria finale?
«Le favorite del Giro sono la Vos, ancora una volta. Poi penso a Judith Arndt e ci metto anche un'italiana. Sì, insomma, spero che Tatiana Guderzo possa esprimersi al meglio quest'anno e conquistare almeno il podio».

E la Colavita Forno d'Asolo come correrà?
«Noi avevamo la Chetley da giocarci. Poteva entrare benissimo nella top ten della Classifica generale. Purtroppo nelle gare statunitensi s'è rotta l'osso pelvico e non potrà correre il Giro. Siamo tutte passiste veloci. Il nostro è un bel gruppo, non c'è che dire».

Tutte per la Bronzini, quindi.
«In linea di massima sì, ma vorrei fare pubblicamente i complimenti ad Alessandra D'Ettorre, un punto fermo della nostra società. Lei è molto astuta e sa sempre buttarsi nella fuga vincente. Ecco, spero davvero che al Giro possa trovare l'azione giusta, facendo vedere che la nostra squadra è presente anche con lei».

Quali obiettivi hai per il 2011?
«L'obiettivo numero uno della stagione è arrivare in forma al Mondiale di Copenhagen, senza ombra di dubbio. Come traguardi intermedi cercherò di rimediare ancora tre o quattro vittorie, per arrivare alla fine della stagione con una decina di primi posti nel carniere. Questo potrebbe essere un grande traguardo per me, raggiungerlo con la maglia iridata sarebbe ancora più bello».

Francesco Sulas

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