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L'intervista: «Maglia rosa, io ci credo!» - Grandi ambizioni per Elena Berlato

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Elena Berlato in azione sul Muro di Huy: alla Freccia è arrivata quarta - Foto Dailypeloton.com © Bart HazenTranquilla, rilassata, determinata. Soprattutto determinata. All'indomani della prova in linea del Campionato Italiano Elena Berlato si concede qualche giorno di riposo nella sua casa di Malo, altopiano di Asiago, in mezzo alle montagne. Quelle montagne che scala in sella alla sua specialissima con semplicità e concretezza. Tempo di riposare il corpo e la testa per Elena. Meno di una settimana ed ogni suo pensiero sarà rivolto al Giro d'Italia, ad una maglia rosa che sogna, ad una vittoria che tra le élite ancora non vuole arrivare. Soppesa le parole, la forte scalatrice vicentina. Riflette molto, sa bene quello che vuole. Un quarto posto alla Freccia Vallone è il risultato migliore della stagione. Ha davanti un Giro che, proprio come il Muro di Huy, guarda molto, moltissimo all'insù. Cosa poteva chiedere di più la 22enne della Top Girls? Nel 2010 al Giro ha concluso decima, seconda nella classifica delle miglior giovani, seconda nella graduatoria riservata alla miglior italiana. Quest'anno, come sempre, punta a migliorarsi. Segreti, aspirazioni, sogni, obiettivi. Tutti, o quasi, dipinti di rosa.

Venerdì si comincia.
«Finalmente ci siamo! Mi sento abbastanza bene, devo ancora lavorare, fare un po' di rifinitura, ma le sensazioni sono buone».

Ti sei testata molto tra Spagna e Trentino.
«È vero. In Trentino mi sono messa alla prova nell'ultima tappa con quello scatto. Non ero proprio tra le prime in classifica, così ho cercato di vedere che sensazioni avevo in ottica Giro».

All'Emakumeen Bira ti ha ripresa la Vos.
«Già, anche lì ci ho provato, scattando sulla prima salita. La Vos mi ha stupita. Forse voleva sentire la gamba, forse voleva controllare la corsa, fatto sta che si è mossa in prima persona per riprendermi. Ad ogni modo, anche le corse in Spagna sono state disputate per poter disputare un buon Giro d'Italia. Dopo il mese di Maggio trascorso a Livigno, in altura, è venuto il momento di raccogliere i frutti».

Sei sempre là davanti però manca una vittoria.
«Manca una vittoria ma soprattutto manca un bel piazzamento che confermi la mia costanza. È da inizio stagione che battaglio con le migliori, che sono quasi sempre con le prime, mi manca un bel podio».

Il quarto posto alla Freccia Vallone vale quasi un podio.
«Arrivare quarta dietro a campionesse come Vos, Johansson e Arndt è certamente una grande soddisfazione. Avrei tanto voluto il podio ma pazienza».

Tempo per ritentare ne hai.
«Di sicuro. Penso che per una ciclista sia un sogno nel cassetto vincere una corsa come la Freccia Vallone. E ad essa vanno aggiunte il Trofeo Binda, dove pure ero davanti, il Giro d'Italia e molte altre corse».

Parliamo di Giro?
«Posso dire che mi piace molto. Anno dopo anno gli organizzatori disegnano un percorso sempre più duro e ciò non è un problema per me, anzi. Osservando con attenzione le singole tappe si può notare che frazioni adatte alle velociste quasi non ce ne sono. Si parte subito forte e già alla seconda giornata ci sarà l'arrivo a Pescocostanzo, alla terza Fermo, che ricalca il percorso dei Muri Fermani».

Come si vince un Giro?
«Bella domanda! Questo è un Giro che si vincerà con la preparazione atletica e con gli allenamenti fatti per bene. Sarà importante andar forte così come riuscire a gestirsi mentalmente, restare concentrati dal primo all'ultimo metro di corsa. Quest'anno l'ultima tappa sarà a crono, non ci si potrà distrarre e correre come se fosse una sfilata, come accadeva negli anni scorsi all'ultimo giorno di gara».

Pensi che la crono finale potrà decidere le sorti del Giro?
«Credo che, dopo tante difficoltà altimetriche, correremo una crono come se fosse un'esibizione. Sedici chilometri contro il tempo non sono nulla dopo le tante montagne».

Nel dubbio, come te la cavi contro il tempo?
«Non ho disputato crono da un bel po'. All'Emakumeen Bira eravamo senza bici da crono ma devo ammettere che ho tralasciato la specialità da qualche tempo. La cronometro è una disciplina a cui Lucio Rigato tiene molto. Per prepararle però ci vuole molto tempo, io sono una scalatrice pura e tutti sanno che ho come obiettivo quello di migliorare ancora in salita».

Conviene essere scalatrice con tanti percorsi facili?
«Con i percorsi di oggi nel ciclismo femminile non conviene essere una scalatrice pura come me. In realtà non dà nemmeno risultati essere soltanto una velocista, perché appena la strada sale ci si stacca».

Lavorerai per diventare più completa, quindi.
«Naturalmente dovrò iniziare a buttarmi nelle volate ristrette, lavorare per migliorare negli sprint, almeno in quelli ristretti, che ad oggi perdo regolarmente. Il tutto senza perdere la brillantezza in salita, chiaramente. Bisogna essere determinate a migliorarsi, solo così si può riuscire».

Anche perché sono poche quelle che arrivano al traguardo da sole.
«È vero, è molto raro arrivare da sole al traguardo, ma questo non succede per colpa dei tracciati. Non solo, almeno. Sono le squadre che non ti lasciano spazio, non ti permettono di arrivare. Se non sei un fenomeno come la Vos non conviene fossilizzarsi su una sola specialità, sia essa la volata o la salita. Bisogna sapersi adattare alle situazioni di corsa ed allenarsi di conseguenza».

Tornando al Giro, hai dato un'occhiata alle tappe?
«Sì, mentre eravamo in ritiro a Livigno abbiamo approfittato per visionare la tappa che arriva a Grosotto. Quella del Mortirolo, per capirci. Siamo salite anche alle Torri di Fraele».

Impressioni?
«Entrambe le tappe sono molto impegnative. La parte più difficile della tappa del Mortirolo sarà la discesa; quando l'abbiamo testata stavo per cadere perché non riuscivo più a tenere i freni».

Come bisognerà affrontarlo?
«Sarà importante guadagnare margine in salita ma saper guidare la bici e lasciarla correre nella discesa per non vanificare gli sforzi fatti».

Sei un'ottima scalatrice, ma quando la strada scende?
«Sono migliorata ma se dovesse piovere molto probabilmente mi staccherei. È quello che mi è accaduto in Trentino, nella prima tappa. Mi sono sfilata in discesa con la Luperini e lì ho accumulato tutto il ritardo finale».

Dove si deciderà la corsa?
«Ci sono molte tappe insidiose ma credo che la vincitrice uscirà tra la settima e l'ottava tappa. Il Mortirolo sarà importante ma l'arrivo alle Torri di Fraele secondo me è la salita più dura e sarà decisiva».

Che tipo di salita è?
«È come uno Stelvio in miniatura ma molto più impegnativo. Si tratta di una decina di chilometri, l'ultimo paio sono in strada sterrata».

Parliamo di sicurezza, sarà il primo Giro senza radioline.
«Purtroppo sì. Penso che le radioline siano molto importanti, soprattutto in una corsa a tappe. Le hanno usate i professionisti, non capisco perché noi, che siamo élite, quindi professioniste - anche se troppo spesso molti se ne scordano - non possiamo farlo».

All'Emakumeen Bira come vi siete trovate?
«Là abbiamo corso senza radioline, cercando di stare più vicino possibile tra compagne di squadra. Questo succede sempre, in realtà, con o senza radioline. Fortunatamente non abbiamo avuto nessun tipo di problema, ma si trattava di una corsa a tappe di quattro giorni».

Diverso è il discorso per il Giro.
«In una gara spalmata sui dieci giorni come il Giro, con le salite che creeranno distacchi enormi e con un'ammiraglia sola, basta una ragazza che dietro fora o ha un incidente ed è tagliata fuori. Finora non è successo nulla di grave ma non riesco a capire perché nelle gare di Coppa del Mondo le radioline siano ammesse mentre nelle corse a tappe no».

Come si corre senza radioline?
«Sicuramente un'atleta è costretto a pensare con la propria testa, senza essere pilotato. Senza radioline sono un po' cambiate le corse: a volte il gruppo non è più così grintoso. C'è una certa titubanza, diciamo. Si cerca l'imbeccata del direttore sportivo o della capitana di turno. Quando bisogna decidere se entrare in una fuga o meno, se tirare o meno, viene fuori l'armonia di una squadra».

Questo sarà il tuo terzo Giro. Hai riscontrato miglioramenti in te stessa?
«Ho visto miglioramenti con il passare del tempo. Ho imparato a dosare al meglio le forze, a correre senza dare nulla per scontato e curando ogni minimo particolare: alimentazione, recupero, riposo, tutto insomma».

La squadra sarà importante.
«Sì, noi abbiamo molte giovani tra le nostre fila. Punteranno a fare esperienza. Lo staff mi ha dato la possibilità di prepararmi nel migliore dei modi. Ringrazio fin d'ora Lucio Rigato e tutti coloro che ci seguono, insieme alle ragazze che mi stanno molto vicine. Il nostro è un gruppo molto forte ed affiatato».

Punti a una tappa in particolare?
«La tappa con arrivo in salita alle Torri di Fraele è senz'altro un obiettivo che mi piacerebbe conquistare, anche se a me non piace lo sterrato. Però quando sei lì, in ballo, continui a ballare. Anche perché sarà uno sterrato in salita, non discesa».

Quali ruote curerai maggiormente?
«Alla fine delle corse più o meno siamo sempre le stesse a trovarci davanti, a giocarcela. Curerò quelle ruote e farò attenzione a chi lo scorso anno è andata forte al Giro. Sicuramente dovrò controllare Judith Arndt perché è una che nelle corse a tappe punta sempre a fare classifica. L'ho vista pedalare bene sia in Spagna che al Giro del Trentino, dove infatti ha vinto».

Non è l'unica pericolosa.
«No, infatti anche Marianne Vos, che è un talento, ha posto tra i suoi obiettivi il Giro e vorrà centrarlo. L'anno scorso forse era un po' troppo inesperta ed ha patito sulle lunghe salite. Quest'anno è molto migliorata, farà benissimo, ne sono convinta».

C'è poi la vincitrice uscente.
«Mara Abbott, anche se ha corso poco quest'anno. L'ultima volta l'ho vista a Cittiglio, però vorrà confermare la vittoria del 2010».

La Pooley non ce la mettiamo?
«Anche lei è temibilissima ma ci sono le discese, non proprio il suo terreno. Ha sì vinto a Cittiglio ma dopo l'infortunio alla clavicola non l'ho più vista correre al 100%. La pedalata è molto agile e bella, mai pesante. In Trentino ha fatto una sorta di allenamento in vista del Giro, secondo me. Staremo a vedere».

Le italiane?
«Tatiana Guderzo vorrà certamente migliorare il podio dello scorso anno. Per quanto riguarda Fabiana Luperini non so se sarà in grado di vincere, ma farà vedere senz'altro il motivo per cui è tornata. Non è rientrata così, tanto per fare. I percorsi sono impegnativi, proprio come piacciono a lei. Ha una squadra forte a fianco, sarà un osso duro».

E la Berlato?
«Io spero di riuscire a tenere duro, visto quello che la squadra ha fatto per me e la fiducia riposta nei miei confronti. Sarebbe un modo eccezionale per ripagare il team e le ragazze».

Il tuo obiettivo?
«Migliorare il decimo posto dell'anno scorso. Vorrei entrare tra le prime cinque nella generale, ecco. Potrei vincere anche la maglia bianca di miglior giovane ma non è giusto fermarsi su un solo obiettivo perché il mio è fare classifica. Con un bel piazzamento la maglia giovani verrebbe da sé. È più importante puntare alla rosa, guardare chi mi arriva davanti. Prendere in considerazione chi mi arriva davanti, non chi mi arriva dietro».

Ti ritieni pronta per la maglia rosa, allora.
«Penso di sì. Alla maglia rosa penso, senz'altro. Se dovessi prenderla spero di poterla tenere fino in fondo, fino alla fine».

Francesco Sulas

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