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Parigi-Roubaix 2011: Perché Ale e Thor boicottano Fabian - I favoriti e la chiave tattica della corsa

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Fabian Cancellara, Thor Hushovd e Alessandro Ballan sul pavé di Pont-Thibaut © BettiniphotoSe dopo il Giro delle Fiandre la tattica della Quickstep era stata giustamente vivisezionata, la Parigi-Roubaix di oggi lascia al (fu) superteam del pavé soltanto la palma di più bersagliato dalla malasorte: né Boonen né Chavanel hanno potuto recitare da protagonisti, oggi, e il bilancio dei biancoblu di Lefévère al Nord dice solo di una Gand-Wevelgem (portata comunque a casa dal generoso Tom) all'attivo, contro una sequela interminabile di eventi per i quali è lecito, in casa Quickstep, ululare alla sfortuna.

Il fatto che la formazione faro del ciclismo fiammingo non abbia in un modo o nell'altro brillato secondo le attese, non vuol dire che il ciclismo fiammingo - il vero vincitore di queste tre domeniche di grandi classiche: tre su tre per i leoni gialloneri - non si sia consolato più che abbondantemente: infatti dopo il già citato Boonen della Gand, abbiamo Nuyens trionfatore del Fiandre e Johan Vansummeren che si gloria oggi del successo più bello, sofferto, sudato, incredibile della sua non meno che discreta carriera: primo alla Parigi-Roubaix, ci avrebbe mai potuto credere anche solo stamattina, il simpatico lungagnone di Lommel?

A posteriori, possiamo dire che il successo della Garmin-Cervélo, il primo in una grande corsa quest'anno, ottenuto paradossalmente non con uno dei capitani (Hushovd, Haussler, Farrar), ma con il quarto uomo, onesto comprimario che trova la consacrazione nel fatto di essere un ingranaggio del meccanismo di un team che oggi ha funzionato più o meno alla perfezione, anche se questa cosa la possiamo dire solo a posteriori e a risultato acquisito, visto che come vedremo non è che manchino i punti interrogativi anche relativamente all'operato degli uomini di Vaughters.

A ben vedere, il momento decisivo della Roubaix 2011 non è quello vissuto a 30 km dal traguardo, quando in maniera spettacolare Cancellara ha smesso di tirare chiedendo (e non ottenendola) collaborazione a Hushovd e Ballan per chiudere sui fuggitivi che in quel momento avevano solo 25" di vantaggio. Bensì, lo possiamo situare, questo momento decisivo, oltre 30 km prima. Nella fuga del mattino, quella del gruppo di Elmiger per intenderci (su cui era già rientrato Greipel), di corridori Garmin non ce n'erano. Il primo ad aggregarsi è stato Vanmarcke, che già prima di Arenberg (e prima della caduta di Haussler) si era riportato tutto solo sui primi. Per quel che ne sapevamo fino a quel momento, nulla di rilevante da segnalare.

La felinità dei Leopardi avrebbe dovuto però sentirsi allertata quando, dopo la Foresta, l'azione degli attaccanti ha preso tutt'altra consistenza con l'arrivo di diversi rinforzi importanti. Tra questi, Roelandts della Omega Pharma (che andava a far compagnia a Greipel e Boucher, già davanti); Quinziato, molto forte sul pavé, e ideale testa di ponte per la BMC e Ballan; Boom, uno dei favoriti di seconda schiera, a rappresentare la Rabobank (che già aveva Tjallingii tra i primi); quel cane sciolto di Guesdon; e Vansummeren, che riunendosi a Vanmarcke andava a comporre una coppia Garmin abbastanza temibile, per essersi formata a oltre 70 km dalla fine. A quel punto, era chiaro che un disegno prendeva in qualche modo forma, ma la Leopard, abituata a dar palla al centravanti in attesa che lui s'inventi il gol, non ha avuto la prontezza per capire quanto si profilava.

Cosa ancor più grave, il team lussemburghese se ne è stato con le mani in mano quando anche un terzo uomo della Garmin, Gabriel Rasch, prendeva l'ennesimo treno buono, ai -60, prima del pavé di Orchies: a quel punto la Leopard avrebbe avuto l'obbligo di infilare un uomo nel gruppo di testa, e a ben pensarci ce l'aveva pure a portata di mano, quell'uomo, nella persona di Stuart O'Grady, che stava spendendo tutte le sue energie per tirare il gruppo di Cancellara, quando un ex vincitore di Roubaix come l'australiano avrebbe fatto meglio a provare l'evasione insieme ai vari Rasch, Rast, Degenkolb e Leezer.

Invece la condotta tenuta dai Leopard ha avuto solo il risultato di lasciare Cancellara costantemente in inferiorità numerica rispetto agli avversari negli ultimi 50 km: fatto forse non determinante se si deve fare corsa di testa, ma certo rilevante se invece bisogna portare a compimento l'inseguimento a diversi atleti (in quel momento erano in più di 15 lì davanti).

Di sicuro il progetto tattico attuato dai Garmin (con la consulenza evidentemente preziosa di Peter Van Petegem, vecchio volpone ingaggiato in ammiraglia proprio per dare qualche dritta a Hushovd e compagni nelle grandi classiche di primavera) avrebbe funzionato meglio, o sarebbe stato quantomeno più chiaro, se Rasch e Vanmarcke non si fossero poi staccati dal drappello dei primi a Mons-en-Pévèle, per dare una mano a quello dei secondi nell'opera di inseguimento. Come dire, anche un piano ben preparato è soggetto alle tipiche schizofrenie della corsa: tiro-non tiro, inseguo-non inseguo...

Infatti, se Vanmarcke e Rasch avevano dato sulle prime una bella mano al gruppetto di Hushovd, dopo il doppio attacco di Cancellara tra Mons e Pont-Thibaut, gli intenti della Garmin sono cambiati radicalmente, allorquando, formatosi il terzetto con Fabian, Hushovd e Ballan, il Campione del Mondo in linea non ha collaborato col suo omologo a cronometro. Perché? Eppure non era passato molto tempo dalle trenate di Vanmarcke e Rasch prima di Mons-en-Pévèle. Varie le interpretazioni possibili: intanto, Cancellara aveva battuto i suoi primi colpi, dimostrando di esserci eccome. Ottimo deterrente, in effetti, nei confronti dei sogni di gloria altrui.

Altra ipotesi, che va a sommarsi alla precedente non essendone certo antitetica: il primo gruppo era ancora troppo folto, 15 uomini sopravvissuti a 20 settori di pavé, con tanto di gioco delle coppie per la Rabobank (Tjallingii-Leezer) e per la HTC (Bak-Degenkolb) - mentre la Garmin era rimasta col solo Vansummeren - e con la presenza di diversi outsider di valore (Quinziato, Roelandts, Guesdon, Cooke su tutti). In queste condizioni, collaborare per rientrare significava intanto fare un favore a Ballan (che si sarebbe ricongiunto con Quinziato, a formare una terza coppia all'attacco); farlo indubbiamente a Cancellara, a cui non sarebbe certo dispiaciuto poter respirare in vista del Carrefour de l'Arbre; e soprattutto, una volta che un uomo veloce come Hushovd fosse arrivato davanti, tutti si sarebbero sentiti in dovere di provare a staccarlo, rendendo ai Garmin la vita molto più difficile di quanto non sia stata col solo Vansummeren a gestire un drappello di (stanchi, alcuni stanchissimi) colleghi grossomodo di valore pari al suo.

Gli sviluppi della corsa hanno poi dato ragione ai Garmin, un po' fortunati (a volte i cambiamenti di tattica in corsa si risolvono in grandi imbarcate), ma anche bravi (perché indubbiamente l'intuizione di lasciare in testa Vansummeren c'è stata, e se guardiamo le cose da una prospettiva più ottimistica, non possiamo negare che il predisporre una strategia e optare in pochi minuti - o secondi - per quella opposta, è anche una dote che non sarebbe giusto bollare come "indecisionismo").

E allora chi ha sbagliato, a parte la Leopard che non ha sganciato O'Grady? Per esclusione, gli indizi porterebbero alla BMC: ebbene sì, se hai Quinziato in fuga e Ballan poco dietro, potrebbe avere un suo senso provare a farli riunire, anche se questo dovesse significare riportare sotto Cancellara e Hushovd. Né Manuel né Alessandro dispongono della velocità che li avrebbe resi marcatissimi, e quindi si poteva pensare che in chiave podio potesse convenire agli uomini di Ochowitz il 2 contro 16, piuttosto che l'1 contro 14: un contropiede dell'iridato 2008, in fondo, sarebbe stato possibilissimo, con Quinziato a coprire le spalle al compagno. Qui però subentrano valutazioni di diverso genere: ma siamo sicuri che la BMC avrebbe gradito vincere (si va per ipotesi) con Ballan la Roubaix, col rischio di dover sospendere nel giro di poche ore (o giorni) il corridore, coinvolto nell'inchiesta antidoping di Mantova che promette sviluppi a breve?

Meglio un profilo più basso, quindi: se proprio si deve provare a fare il colpaccio, lo si fa con Quinziato (e del resto, se il bolzanino non fosse stato ostacolato da una moto, non possiamo giurare che non avrebbe tenuto Vansummeren sul Carrefour de l'Arbre: poi magari si sarebbe staccato più avanti...). Per Ballan, stavolta, era sufficiente una presenza nel vivo della corsa, per far vedere la maglia, ma senza prevedere colpi di testa. E ci sembrerebbe, questa ipotesi, molto più fantascientifica se il ciclismo, in questi anni, non ci avesse abituati proprio a certe storie di fantascienza.

Marco Grassi

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